Libera fantasia ad Alcatraz, Foto Stefano Sapora
Di Luca Pakarov
Insistiamo, perché vogliamo andare a fondo. Perché ci sembra che valga la pena approfondire il discorso. Siamo tornati ad Alcatraz e abbiamo massacrato di domande il padrone di casa.
Allora, per i detrattori è solo il figlio di Dario Fo e Franca Rame e l’Unità lo mise alla porta quando scrisse un articolo intitolato “Anche i comunisti rubano!” sui rapporti fra mafia e Partito Comunista. Gli ammiratori invece lo seguono numerosi sul suo blog e su
Il Fatto Quotidiano o lo invitano nelle università per discutere di ecologia e sessualità. Chi lo conosce bene parla di un uomo, padre e nonno, semplice e ispirato. Jacopo Fo attualmente, dopo aver realizzato un centro di saperi fra Gubbio e Perugia, la
Libera Università di Alcatraz, uno stimolante luogo di riflessione che ha abbracciato gli stessi principi delle università del Medioevo, cioè essere un punto d’incontro e di scambio di conoscenze, è da più di 18 anni immerso in quello che è il suo progetto più utopico: l’ecovillaggio solare, che detto così può sembrare una mossa di Daitarn 3 nella lotta contro i meganoidi.
Una follia ambiziosa che prevede la prossima costruzione di case ecologiche nel parco umbro, con la particolarità di avere spazi condivisi per garantire la convivenza nel rispetto della libertà di ognuno, la relazione tra famiglie e le proprie regole di vita e, quindi, l’adesione alla propria filosofia di vita, appoggiati da Banca Etica e supervisionato dalla Libera Università di Alcatraz. L’ecovillaggio è anche la storia di mille e mille carte, permessi, calcoli e studi geologici di chi crede sia una maniera diversa di “abitare liberi” in Italia. In un mondo narcisistico in cui si è principalmente spettatori, per edificare un futuro e modificare la direzione della discendente storia contemporanea, la rivolta, come dice lo stesso Fo, deve essere fatta con altri mezzi. E se non fossi stato in quei luoghi e non avessi visto con i miei occhi (se evangelizzassi sarei San Tommaso) gru e progetti, non avrei toccato con mano l’ideale fatto (quasi) realtà. Anzi se quella coppia di Milano che era lì per vedere un appartamento volesse pensare anche ad una cameretta per me, sono pronto a farmi adottare.
Nei giorni che ho trascorso felicemente ad Alcatraz, Jacopo Fo non si è risparmiato su nessun argomento, senza divagare, affrontando a viso aperto quello che per lui è, o si augura che sia, il cambiamento. Oltre quattro ore di chiacchierata dense e mai scontate. Non proprio una passeggiata per chi scrive! Quindi, mettetevi comodi, stampatelo, stappate una birretta, non è breve, c’è molta carne sul fuoco, soprattutto perché emerge, per contrasto, la nostra predisposizione all’immobilità, a essere imbrigliati in un sistema che in molti affermiamo di voler combattere ma che riesce ogni qual volta ad allargare i propri confini, inglobando ogni aspetto del quotidiano come l’opposizione e la rivolta senza lasciarci via d’uscita. Non è più sufficiente essere informati quando ormai percepiamo chiaramente che le problematiche (climatiche, energetiche, sociali, etc.) per la loro complessità sono inarrestabili e quindi – non c’è da essere pessimisti – è probabile che prima o poi tutto vada in malora, con un mondo stanco non più disposto a sostenere i nostri comodi ma, pare, nemmeno capace di fermarsi. La segreta devozione al conto alla rovescia, il malinconico ristagno in cui ci crogioliamo, l’angoscia impotente, devono essere superati. L’automobile è stata lanciata a duecento all’ora contro un muro. È chiaro. Ma abbiamo uno spirito di sopravvivenza cazzuto che anche con l’acceleratore bloccato e lo sterzo rotto vorrebbe evitare lo schianto.
La lucida lezione di Jacopo Fo permette di fare il punto. Poi, qualcuno, sono sicuro, alla fine dirà: "Certo, bravo, ma lui se lo può permettere". E da capo si ritorna, a cercare giustificazioni, a compiangersi.
Jacopo Fo con la madre, Franca Rame, Foto Stefano Sapora
Jacopo, cominciamo con Alcatraz. Come sei arrivato qui nel mezzo del bosco?
"Avevo una ragazza bellissima a Roma che aveva una casa vicino Gubbio, ci siamo venuti a fare il capodanno nel 1978 e, semplicemente, decisi di voler restare a vivere con lei qua...".
Quindi ti ha mollato...
"Ovvio. Mi ha lasciato in una casa diroccata e faceva tanto freddo (ride). Contemporaneamente al lavoro fisico, per aprire dovemmo ricostruire tre case, mi immersi anche nella scrittura dell’Enciclopedia Universale che doveva essere di 22 volumi ma già ne ho editati 28. Lo scopo di questa enciclopedia andava di pari passo con l’idea di fare l’università di Alcatraz, cioè raccogliere nuove idee che venivano dalla Marija Gimbutas o dalla Eisler sulla storia e le società matriarcali o l’antiginnastica delle femministe scandinave, tutte le nuove idee sulla psicologia e le relazioni delle femministe americane, la pedagogia non autoritaria di Malaguzzi... Cioè tutto il patrimonio che della rivolta del ’68 che aveva creato un’enorme cultura diversa ma di cui mancava l’indice... Io modestamente penso di averla catalogata: il sottotitolo era “Come quella di Diderot più sexy. L’unica enciclopedia rilegata ancora viva”.
Che rapporti ci sono con il vicinato e con l’immaginario collettivo? Come siete resistiti 31 anni? Io dei fricchettoni avrei paura...
"Ah ah! Non solo te... Comunque, con i vicini nessun problema, con l’immaginario collettivo parecchi. Ogni volta c’è stato qualcuno che mi chiedeva della mia comunità (io stesso la prima volta che telefonai a Fo chiesi se potevo essere ospitato nella sua comunità, N.d.R.). Ho rispetto della comunità ma è un’altra roba. È un posto dove si coltiva l’eccellenza professionale. Siamo rimasti aperti tanto tempo perché Alcatraz ha costituito una rete di professionisti ad altissimo livello. Io sono in grado di lavorare sul mercato ancora oggi perché, per esempio, il 28 luglio dell’anno scorso mi hanno chiesto per il 20 agosto, 20 puntate televisive di un’ora e io ho fatto due telefonate, a un regista e a uno che ha una sala di montaggio. Entrambi mi hanno risposto sì, e ho firmato il contratto. So che quella gente, o è morta o mi consegna il lavoro... In Italia questa cosa è molto rara... Un grave peccato della sinistra è aver rinunciato a due parole: professionismo e onore. Lì c’è la differenza fra farcela e non farcela".
Qual è la funzione di Jacopo Fo?
"Per trent’anni è stata non far emergere nessun leader... Oltretutto, caratterialmente non potrei fare il leader di nessuno! Nemmeno facciamo assemblee, le riunioni sono il meccanismo per creare partiti che si scontrano. Non a caso i dirigenti di Google fanno le riunioni in piedi perché non devono durare più di 5 minuti, le riunioni le fanno camminando... Posso essere una persona rappresentativa, ma è un’altra cosa, se chiedono di fare un’intervista sono il figlio di Dario Fo, ecco tutto".
A proposito, quanto ha e non ha aiutato provenire da una famiglia così prestigiosa?
"Essere figli di papà è una cosa estremamente vantaggiosa. Essere figlio di mio padre e mia madre ha dei vantaggi particolari perché spesso mi trovo in situazioni in cui incontro persone che mi dicono salutami, soprattutto donne, tua madre perché nei momenti difficili ho pensato a lei e ho trovato la forza. D’altra parte è un problema stare in una famiglia in cui ti rapiscono tua madre e te la rimandano a casa massacrata, ti buttano bombe in casa o a teatro, devi andare a scuola con i carabinieri, a 7 anni la mafia mi ha condannato a morte, con la lettera scritta con il sangue e con tutte le torture che mi avrebbero inflitto prima di sgozzarmi. È chiaro che questo ti crei qualche problema psicologico ma anche una certa determinazione nel senso che poi cresci incazzato e hai voglia di distruggere questo sistema. Ho capito che non ci si può sparare perché facciamo il loro gioco. Ci tengo però a dirti che Alcatraz non è nata come una rinuncia all’opposizione a questo sistema, è la cosa più efficace che potevamo fare essendo noi, altri hanno fatto altre cose importantissime".
Ho l’impressione che tutto questo agire e poco parlare possa essere mal digerito dalla politica, già che l’hai tirata in ballo che rapporto hai con la sinistra?
"Ogni tanto, senza far nomi, sono saltati grossi lavori con gruppi editoriali di sinistra perché sapevano che di mezzo c’ero io. Non sono nemmeno laureato e ho parlato di sesso, ecologia, economia alternativa... A certi livelli non è ben vista questa cosa. Ho lanciato un gruppo di acquisto per comprare gli impianti fotovoltaici; un gruppo di sinistra che si mette a fare gli impianti fotovoltaici in tutta Italia per far avere i finanziamenti al 100% da Banca Etica! C'ho messo la faccia di brutto! Quando abbiamo iniziato c’era gente di sinistra che ci diceva: non ce la farete mai! Noi abbiamo organizzato una rete nazionale di installatori quando non esistevano ancora. Ho fatto incazzare pure la CGIL perché nel momento dello scontro con Marchionne feci una domanda semplice: scusate compagni, avete confrontato il sistema FIAT con il sistema Volkswagen? È in crisi l’automobile o il signor FIAT perché non sa lavorare? Quanti pannelli fotovoltaici ci sono sopra gli stabilimenti FIAT? Mi rispondono: non lo sappiamo. Quindi non sapete come la FIAT spende i soldi per l’energia? La Volkswagen produce direttamente tutta l’energia che consuma... La sinistra non parla di questo. A Padova (sindaco del PD) abbiamo fatto tagliare un milione e mezzo di euro all’anno con un investimento ZERO sostituendo tutto il sistema d’illuminazione stradale della città, abbiamo preso il primo premio nazionale per l’amministrazione pubblica per il miglior progetto realizzato in campo del risparmio e dell’efficienza e, guarda un po’, l’Unità non pubblica la notizia... Nel frattempo faccio uno, due, tre, quattro interviste con loro che, casualmente, non escono. Sai perché? Gli altri sindaci di sinistra si erano incazzati perché dicevano che così gli facevano le scarpe... Come dei bimbi scemi...".
Chissà si potrebbe fare a meno dei partiti. Gli ultimi scandali mi sembrano emblematici, che ne pensi?
"Non c’è bisogno dei partiti né dei leader: se dovessero gestire una salumeria, questa chiuderebbe dopo due giorni. Il fatto che i leader non sanno come funziona la cassa, al di fuori se poi effettivamente ci siano stati o meno dei furti, è vero! Della gestione finanziaria non conoscono nulla perché è una roba per i servi, le cameriere e i commercialisti. La gestione finanziaria non è la base della politica".
Temo che non saranno contenti Jacopo... Che aria tira in Italia ora?
"Ottima. Penso che ci sarà una risposta. Quello che è successo con Beppe Grillo andrebbe unito con il dato di Taranto dove i centri civici, un’unione di organismi di base, pesa il 12%, che rappresenta chi in Italia fa le cose localmente. Nel nostro paese abbiamo un patrimonio di migliaia di associazioni locali con tanti Santi e Superman che fanno un lavoro meraviglioso. Localmente siamo all’avanguardia sulle scelte ecologiche con tipologie di esperienze che vengono imitate in tutto il mondo. Ci sono vecchie idee dominanti ma spero che la crisi attuale porti all’esplosione di un’altra cultura e un altro modo di agire concreto. Sono convinto che sistemi di baratto, la banca del tempo, sistemi di recupero possano fare la differenza, noi buttiamo via cibo per 40milioni di persone all’anno perché sono in scadenza. In Italia abbiamo un consumo di energia medio per famiglia che è tre volte quello tedesco. Non è una società che rischia di finire alla fame come al Medioevo, si tratta solo di buonsenso e di sensibilizzare le aziende e non criminalizzare l’imprenditore. Per esempio le aziende possono agire come gruppi di acquisto per i loro dipendenti facendoli risparmiare di molto".
Come ti spieghi il successo di Beppe Grillo?
"Semplice, è l’unico che non prende soldi pubblici e dice le cose come stanno e permette a ogni ragazzo di fare politica. Mi fa ridere che qualcuno s’incazza e ci costruisce intorno delle polemiche perché non va in televisione. Sono vincitori a Parma proprio perché la gente non li vede in mezzo ai politici. La cosa geniale è che Beppe non è candidato, fa solo da garante esterno al potere, il potere ce l’ha il ragazzo sindaco di Parma. Nell’assurdo, oggi, con il premio di maggioranza, potrebbe vincere le prossime elezioni".
Boh, scusami ma ti sento tanto ottimista…... Sicuro che veramente cambierà qualcosa?
"Sta cambiando alla velocità della luce! Per me la vittoria di Beppe Grillo è stupenda, se in Italia salisse al potere un vero governo legalitario vedresti che la tangentopoli che fino a ora abbiamo conosciuto è solo il plafone. È finito il gioco perché sono finiti i soldi, la borghesia al momento è esposta al rischio del tracollo economico o dei giustizialisti al potere. Oppure, la terza via, cioè una diversa mediazione fra cittadini e potere, fra industria e lavoratori. Non c’è altra soluzione. Le stiamo vincendo tutte, ci vuole tempo, non servivano i fattacci del Giappone per vincere sul nucleare, era già una truffa, l’obiettivo non era fare la centrale era fare il progetto, l’Enel mi fa un preventivo in cui con il nucleare mi dà il costo dell’energia a 2,8 euro al kW dopo 11 anni quando con le turbine marine mi costerebbe uguale ora. E fra 11 anni le turbine marine mi costerebbero la metà, senza contare che siamo un paese circondato dal mare".
È il principio che sta dietro alla TAV...
"Pure quella è indifendibile anche se è più difficile smontargliela, sul nucleare però c’è un prezzo. È conveniente il nucleare? No. Al solito poi la sinistra si è divisa, una parte del PD era d’accordo col nucleare, una parte del SEL non era d’accordo, però tentennava. Chi può sbancare ora in Italia è un partito di tecnici senza un vecchio politico con un programma elettorale vero. La cosa che non ha capito la sinistra è il fattore psicologico, è vero che questo è un governo di tecnici delle banche ma hanno anche l’occasione di entrare sui libri di storia, il loro scopo non è guadagnare 100 milioni di euro, loro hanno la Storia davanti. Il presidente di Confindustria dice dell’articolo 18: non mi frega un cazzo, levateci la burocrazia perché in Italia non si può lavorare, vuol dire che è cambiato qualcosa. Non stiamo parlando delle Brigate Rosse. Se togli la burocrazia levi il potere ai partiti perché il potere dei partiti è determinare se tu farai la TAC oggi o tra sei mesi. Infatti, fingono di fare riforme contro le burocrazie. Anche il capitalista dice: fino a questo momento mi ha convenuto questo sistema, ora stiamo chiudendo. Sono 18 anni che peno per fare l’ecovillaggio, qual è l’imprenditore che aspetta 18 anni? Una parte della lettera dell’Unione Europea, oltre all’articolo 18, ci chiedeva in italiano corrente di far funzionare l’amministrazione e ridurre la lentezza delle leggi... Quella frase è stata saltata da tutti i giornali. Secondo Il Sole 24 Ore la lentezza della giustizia e della burocrazia incide col 20% di tasse in più. Fanno una legge e poi nel giro di qualche mese te la cambiano e ti trovi costi colossali per adeguarti (com’è stato per il fotovoltaico). Oppure, posso secondo te investire in Italia, un paese dove se tu non mi paghi per rivedere i soldi ci impiego 9 anni?".
Il problema però è che il potere si difende con le unghie...
"No, non si difendono più, non abbiamo contro un potere organizzato, abbiamo una banda di gente che si accoltella tra di loro. Questa è la cosa grandiosa, che non riescono a fare complotti, dopo poco si tradiscono e si uccidono fra loro. Da un giorno all’altro fanno il culo a Bossi, poi ad Alfano e così via... È una guerra tra bande. Il cambiamento reale è l’unica cosa sensata che conviene a tutti, non a caso l’anno scorso abbiamo fatto l’Ecoshow (un incontro sul web sui temi di ambiente ed ecologia, N.d.R.), i partner erano Alcatraz e Il Sole 24 Ore. Tre anni fa col cazzo che veniva a fare il mio partner con la fama di merda che ho. Noi ci alleiamo con tutti quelli che vogliono cambiare".
Perché però dovrebbero starci i poteri forti? Cosa converrebbe loro?
"Nessuno vuole dirlo ma noi siamo falliti, gli altri sono disposti a salvarci il culo se facciamo alcune operazioni. I poteri forti sono andati da Berlusconi e gli hanno detto: "Hai rotto il cazzo". Il sistema mafioso ha anche dei vantaggi, questi signori sono capaci di imporre brutalmente delle decisioni, quello che è in gioco sono le grandi fortune degli italiani, a nessuno conviene fare la fine della Grecia. Quando la situazione precipita poi si finisce tutti nella merda... Prova a farti un giro a Città del Messico con un Rolex al polso... Qui, cioè, si discute dell’assetto esistenziale dei potenti, se hai paura di andare all’inaugurazione della Scala perché temi una bomba, perché in queste situazione si muovono mafiosi, terroristi e pazzi... Quando tu spingi certi livelli sociali rimane la violenza".
E Monti, in questo quadro, che figura è?
"Monti, come ti dicevo prima, vuole passare alla storia. È in difficoltà perché non ha un partito, il suo è un potere di ricatto, ma è un potere enorme altrimenti non riusciva a fare quello che ha fatto. È passata la legge contro la corruzione, non era quella che volevamo noi ma è già qualcosa. Sono sicuro che Monti nella sua testa ringrazia Beppe Grillo, perché un coglione lo strizza i poteri forti un altro coglione lo strizza Grillo, questi sono costretti a muoversi".
Come ti immagini un’opposizione ideale, scevra da quei compromessi che sembrano irretire ogni atto politico che non sia costruito sulla sterile polemica?
"Quello che manca oggi è un diverso tipo strutturale dell’opposizione che non deve essere solo politica, deve essere politica esistenziale, professionale, è il discorso che facevamo negli anni ’70, non puoi dividere il personale dalla politica, l’economia è politica, come guadagni i soldi a fine mese è politica, se dai la tua intelligenza alle multinazionali del dolore, è politica. La prima proposta che facciamo è non comprare i prodotti dei cattivi e non lavorare per i cattivi, mi sembra elementare. Poi, però, il potere reagisce e non ti fa più lavorare, non ti danno finanziamenti e sei fuori da tutti i giochi. La mia reazione è stata che ho smesso di bere Coca Cola a 13 anni quando bombardavano i vietnamiti. Poi trovo i compagni che mi dicono: sto facendo la raccolta dei punti per prendere la telecamera e devo rinunciare a fare il pieno alla Shell? E allora vaffanculo! E non mi dire che sei pacifista".
Come si fa o come deve essere l’opposizione?
"Abbiamo in Italia 5 milioni di oppositori radicali, se centomila decidessero di comprare un tipo di auto in maniera collettiva, vai da un fabbricante dicendogli, contratti alla mano, che comprerai 10mila auto l’anno, però come dici te. La vuoi elettrica, che con due litri faccia 200 km? Cosa vuoi? Vuoi la foto dell’operaio massaggiato nella catena di montaggio? Ecco perché non c’è l’opposizione in Italia, perché ti vuoi comprare l’automobilina per i cazzi tuoi. Siamo, però, arrivati al punto di rottura, comincia a esserci fame e disperazione. Voti ogni volta che fai la spesa, lo disse Gesualdi a suo tempo, anche di questo ne parlai anni fa sul mio libro Come fare il comunismo senza farsi male... Un giorno mi fece una telefonata anonima uno delle Brigate Rosse che mi disse di esserne uscito dopo averlo letto".
Esiste un magnetismo, una forza esterna che ci lega a questo modello, perché non si riesce a orientare diversamente le nostre vite?
"Perché sono processi culturali complessi, perché dietro hai tanta disinformazione e bisogna riprendere i valori fondamentali della vita, quella di un’altra civiltà. Ci vuole tempo ma c’è un’accelerazione. Il problema è che tutto il sistema di referenziazione è contro di noi, i vari enti che rendono credibili un progetto, un’idea o una persona ancora non capiscono e guardano altrove".
In questo senso va la costruzione dell’Ecovillaggio qui nella valle dove sorge Alcatraz? Non c’è comunque un rischio che si crei un luogo elitario?
"Sono 47 ettari di terra con 70 appartamenti dove ognuno ha il suo pezzettino di verde che va a risolvere un problema fondamentale come la casa. È un progetto esistenziale a cui partecipano persone che non reggono più il tipo di lavoro che fanno, i tipi di relazioni che hanno. C’è il professionista come quello che ha aperto il negozio di collanine. È gente che ha voglia di reinventarsi e che oggi magari fa tre lavori diversi, ma per loro più gratificanti. Ricordati che quando uno vuole cambiare sistema di vita, il modo lo trova".
Non ti manca la città?
"Ogni volta che vado in città è una sofferenza, se vado al bar qua vicino mi accolgono sorridendo e scherzando. A Roma o Milano vedere la gente sdraiata per terra lo trovo un orrore, non lo sopporto più. E il comune butta via cento volte i soldi che servirebbero per dare una casa, un salario minimo e un’assistenza psichiatrica a questi poveracci in condizioni mostruose. Quando sono andato a proporre a Veltroni di tagliare 10 milioni di spese del comune di Roma non mi ha concesso un appuntamento nemmeno con il segretario dell’assessore. Ci ho provato per 4 anni, puoi immaginare quante persone conosco che potevano conferire personalmente con Veltroni che sono andate a rompergli il cazzo per me?".
Senti, ho visto diverse puntate de La vera storia del mondo (trasmissione di Jacopo Fo in cui si offre una diversa lettura dei maggiori fatti di storia, N.d.R.), perché gli storici avrebbero dovuto raccontarci tante minchiate?
"La domanda è: perché quando racconti queste cose così banali ti dicono che sei cretino? Per riprendere Deaglio, il problema è la banalità del male e anche quella del bene".
Un'altra immagine di Alcatraz, Foto Stefano Sapora
In un certo senso, essere immersi in un’esistenza molto discutibile ma allo stesso tempo trincerata fra le righe del suo monografico copione, ci riporta alla metafora di Foster Wallace su Questa è l’acqua, in cui la realtà più lampante, come l’acqua per i pesci, è anche la più difficile da scoprire e osservare, tiranneggiata com’è dalla cecità e dai personali luoghi comuni (anche quelli più sofisticati), che ci fanno interpretare il mondo solo attraverso i nostri occhi (ciechi), che non ci permettono di allontanarci da noi stessi facendoci trascinare da quel frastuono di stimoli definito che ogni filologia (politica, sentimentale, esistenziale, etc.) dispensa a iosa. Nella chiacchierata con Fo i luoghi comuni stigmatizzati sono quelli relativi al nostro illusorio moto di rivolta, che creano con forza schieramenti e fazioni, quelli che mettono dubbi inesistenti, quelli che il capitalismo ha già assorbito proprio al fine di garantire la sua stessa autocelebrazione e in cui, sembra, siamo ingabbiati.
Come nel testo di Wallace, bisogna saper scegliere, saltare fuori dal meccanismo, tornare a considerare meno sicura la nostra conoscenza immediata per poterci distaccare dai bisogni immediati (pensate a quanti si dichiarano di sinistra perché VOTANO a sinistra, per legittimare uno status di cui conoscono appena la teoria), uscire dai facili standard condivisibili e impegnarci per ridimensionare i valori (per esempio, come dice Fo, non criminalizzando ogni imprenditore) per non innalzare solo avamposti e poter opporre, in ogni settore, sforzi concreti. Insomma che opposizione non rimanga solo il sostantivo astratto che ci attraversa la strada solo quando dobbiamo comprare il giornale o cambiare canale.
E adesso vai con le critiche. Io intanto stacco il telefono.