Alle 23e30 dell'11 gennaio, Dario mi telefona e mi dice con voce preoccupata e "circospetta", come uno che teme di essere intercettato: "Ho ricevuto un fax... (pausa come cercasse le parole giuste...) uno strano fax..." "Chi l'ha inviato?" "Non so. (altra pausa...) Non ci sono numeri di telefono... né firma..." "Lo vedrò domani in ufficio... non ho il fax a casa. Ma che dice?" "E' meglio che tu lo legga subito, l'ho fatto ribattere. Lo mando per e-mail. Te lo spedisco."
Lo sento veramente agitato, preoccupata mi agito a mia volta. Pochi secondi ed ecco il documento nelle mie mani.
Leggo e rileggo e non credo ai miei occhi... ci penso su per un po'... e alla fine richiamo il mio legittimo: "Dario... ma perché mi fai 'sti scherzi a mezzanotte?" Scoppia in una gran risata: "Ci eri cascata, eh!" Ecco, Dario è imprevedibile... pensa, ragiona e "VEDE" (e aveva visto giusto!), e di botto si deve mettere a scrivere, a qualsiasi ora. Ha sempre posseduto questa "allarmante" veggenza. Un esempio tra i tanti? Nel 1964 scrisse "Settimo: ruba un po' meno!", una commedia su Tangentopoli, situazione venuta alla luce quasi trent'anni dopo, nel 1992. E nel 1974 con "Non si paga! Non si paga!" anticipò la spesa proletaria, avvenuta un anno dopo.
Lo scritto che mi ha inviato comincia così:
Ecco il documento della trascrizione di una conversazione telefonica segreta fra il Guardasigilli, Clemente Mastella, e l’ex premier, Silvio Berlusconi. La registrazione risale all'11 gennaio 2008, quattro giorni prima dell'arresto della Signora Mastella e di gran parte dei componenti dell'UDEUR.
Purtroppo si tratta di un frammento interrotto.
Clemente: Pronto? Con chi parlo?
Silvio: Un momento… dica lei prima con chi parlo io.
Clemente: Sei tu, Silvio?
Silvio: Dipende da chi parla. Chi sei tu? Dammi la parola d’ordine.
Clemente: C’è una parola d’ordine?
Silvio: Sì purtroppo ma anche se me la dici giusta non so se sei attendibile perché io per primo me la sono dimenticata. Ad ogni modo... chi sei?
C: Ma come? Non mi riconosci? Sono Clemente.
S: Clemente Mastella?
C: Sì, sono lui…
S: Ma sei pazzo a telefonarmi? Siamo sotto controllo… intercettati di sicuro!
C: Calmati, il mio telefono non lo è di certo. Non è un apparecchio di qua, è completamente fuori controllo. E, per quanto ne so, anche il tuo sfugge alle registrazioni.
S: Va bene, speriamo. Parliamo pure ma abbottonati, frasi generiche e allusive, nessun termine esplicito.
C: D’accordo. Attento, comincio: tanto per aprire avrei deciso di fare il botto.
S: Che botto?
C: Eh ma Silvio, se mi preghi di non essere esplicito e poi mi chiedi che significa fare il botto...! Scusa, qual è il tuo maggiore cruccio? La spallata, no?
S: Ah certo, che stupido! La spallata a Romano mortadella!
C: Ehi, non sbracare così piatto…
S: Ma Clemente, andiamo, non c’è niente di segreto, lo sanno tutti che è da due anni che aspetto ‘sto botto che lo sgnucchi a capofitto giù dal seggio… e non viene mai!
C: Ma si sa anche che con tutte le tue offerte di mercato, non sei mai riuscito a comprare un voto, a cominciare da quello del topolino…
S: Topolino?
C: Ma sì… il fognaro saltabecco!
S: Topolino fognaro saltabecco? Ah… ho capito, Dini.
C: Eh dai, Silvio, già che ci sei dà pure anche l’indirizzo di Lamberto, dove abita, e il codice del suo antifurto.
S: Ma dico, mi prendi per idiota? Non lo darei mai il suo codice... anche perché non lo conosco…
C: Meno male…
S: No, adesso che mi viene in mente ne conosco uno: 9A6B75, è quello fiscale.
C: Senti Silvio, ma mi stai a sfottere o sei impazzito?
S: Ma sì, facevo per gioco… così se ci stanno spiando si fanno anche loro quattro risate. Piuttosto, non tiriamola alla lunga… non ho ancora capito perché mi hai telefonato. Cosa sarebbe ‘sto botto?
C: Beh Silvio, adesso ti spiego, ma fai molta attenzione giacché ti parlerò per allegoria.
S: D’accordo, vai con l’allegoria. Io sono una forza a capire le allegorie. Io stesso sono un’allegoria.
C: Va bene, va bene, allora ascolta. Ho saputo per vie traverse che i giudici della Magna Grecia hanno deciso di tarantolarmi. E' chiaro?
S: Certo, certo, Clemente, i giudici della Magna Grecia tarantolano sempre.
C: Bene. E con me tutti i miei macedoni, compresa Penelope. In tutto siamo sotto le caudine in ventitre. Intendi?
S: La miseria cosa mi dici! Guarda, sono sconvolto. Ho capito tutto, però mi sfugge qualche particolare…
C: Dimmi…
S: Scusa, chi sono i giudici della Magna Grecia? E cosa significa tarantola? E Penelope chi è? Per non parlare dei macedoni e delle caudine… per il resto ho capito tutto.
C: Silvio, sei una frana. Allora attento. I giudici della Magna Grecia sono i Ceppaloni, o meglio i gip del tribunale campano, e tarantolare significa mettere sotto processo.
S: Ah beh, allora…
C: I macedoni sono i miei compagni di partito, tutti ventitre che dovranno passare sotto la forca caudina, cioè tutti per ora agli arresti domiciliari.
S: Ma quando?
C: E’ questione di qualche giorno e a tutti noi arriverà l’avviso di garanzia. Compreso a Penelope.
S: Anche Penelope!
C: E con una lista di accuse pesanti!
S: Penelope?
C: Sììì!
S: E chi è?
C: E' mia moglie!
S: Ma non si chiama Sandra? Ne hai un’altra? Ah! Ah! Ah! (Ride)Furbacchione! Hai capito il Mastella? Democristiano che va a protestare per i dico… e poi se la fa con due mogli.
C: Ma cos’hai capito, Silvio! Penelope è la moglie fedele per antonomasia, contornata dai proci che la vorrebbero impalmare… Mia moglie!
S: Impalmare? I froci? Per favore, piantiamola con ‘st’allegoria, mi sto scocciando, parla chiaro e chi se ne frega se ci spiano e capiscono tutto: voglio capire anch’io. Allora Clemente, dicevi che fra qualche giorno riceverai una tempesta di incriminazioni.
C: Oh finalmente! E a questo punto come me la cavo?
S: Beh, basta scagliarsi contro i giudici e accusarli di essere al servizio dei comunisti.
C: Ma io sono coi comunisti al governo! O meglio... li sopporto, siamo insieme.
S: E allora cosa pensi di fare?
C: Do le dimissioni da Ministro della Giustizia.
S: Accidenti che colpo! Ma ti conviene?
C: Certo che mi conviene. Ma questa è soltanto la prima mossa. Dicevo: tanto per cominciare, appena mi arriva l’avviso di incriminazione, do le dimissioni con dichiarazione in diretta al Senato. E qui mi scaglio contro i giudici accusandoli di fare un gioco basso per sputtanare la mia onorabilità di eccetera eccetera bla bla bla. Anzi, siccome so già che la prima botta arriverà contro Penelope, voglio dire, mia moglie, reciterò una sceneggiata di uomo sconvolto che per amore della propria sposa sacrifica la sua carriera e i suoi interessi politici, e si immola per lei sull’altare dell’amore.
S: Bravo! Bella questa ‘scelgo l’amore e non la politica!’ Bella frase, la adopererò nel mio discorso. Ma che figlio d’androcchia!
C: Puoi giurarlo, con questa mia tirata, caro Silvio, riceverò applausi come Giulio Cesare quando lo scannarono con trentacinque pugnalate, perché tutti i senatori presenti nell’emiciclo si sentiranno parte della stessa congrega, o meglio... della stessa casta!
S: Caspita che casta! Casta diva!
C: E' certo: guai a chi tocca i politici! I politici sono sacri e inviolabili! Ah ah ah (sghignazzo). Guarda, anche tu, Silvio, dovrai dichiararti subito solidale con il mio gesto di straordinaria lealtà verso il governo.
S: Vai tranquillo. Sai cosa ti dico? Te lo mando subito il mio applauso solidale.
C: No, aspetta che reciti il mio sermone, almeno.
S: Senz’altro, come vuoi Clemente. Certo che hai un nome che è proprio l’opposto del tuo essere. Ma dov’è la clemenza in te? Dovevano chiamarti orrendo... spietato... satanasso! E poi? Cosa combini?
C: Aspetto un paio di giorni e con un affondo da picador lancio il botto finale: pubblicamente annuncio che esco con tutti i miei seguaci del partito dal governo Prodi e dalla coalizione di centro sinistra. Vado al centro, sempre che tu, Silvio, mi assicuri un’accoglienza adeguata al mio sacrificio. Ma t'avverto: quando tu dirai che le porte sono aperte per me, io negherò. "Non mi interessa, io vado soltanto nel centro, se poi lì ci sei anche tu, ci incontriamo lì."
S: Ma cos’è una sceneggiata o stai parlando sul serio? Davvero fai saltare il governo di centro sinistra?
C: Certo, un tonfo della madonna!
S: Ma è splendido, è meraviglioso, domani vado dal Papa e gli bacio i piedi per ringraziarlo del miracolo.
C: No, calma... Il primo da ringraziare sono io! E appresso a me c’è anche Dini, il topino. Siamo in coppia in questo affare, come bibì e bibò! Anche lui ha la moglie inquisita, anzi, condannata per bancarotta fraudolenta.
S: Sì, sì, vi ringrazio! Sono di nuovo in sella, non so come dimostrarvi la mia gratitudine.
C: Te lo diremo noi, ci metteremo d’accordo al momento di formare il tuo nuovo governo.
S: Accidenti che coppia di voltagabbana! Fate quasi schifo!
C: Sì, siamo i meglio della zozza, i trasformisti più veloci del pianeta! E tu, Berlusca, preparati a mettere in piedi qualche altra legge delle tue, di quelle salvafurbi. Allegria! La festa comincia fra qualche giorno, spero di non scoppiare a ridere mentre recito la sceneggiata delle mie dimissioni. Se non resisto scoppio in lacrime, così trucco lo sghignazzo. Come diceva Andreotti: "Il potere logora solo chi non ce l’ha". E noi ne abbiamo a volontà. Alleluia.