scusate il ritardo, ma non ho avuto un attimo di tempo! franca

Roma 24 gennaio 2008
guarda qui la manchette in uscita su Repubblica
E se domani tornasse Berlusconi? (La Stampa)
Governo: si, non è andato tutto come si voleva, ma se tornasse Berlusconi (Liberazione)
Ieri sera, dopo la giornata trascorsa alla Camera, sono rientrata a casa senza alcuna voglia di parlare, e tanto meno di discutere. Manco ho cercato di reagire. Mi sono sdraiata sul letto a riflettere. Pensare e ripensare a quanto visto e udito in quella lunghissima giornata. Avevo addosso un grande sconforto.
Che non se ne andrà di certo in qualche ora.
Né in qualche giorno.
Sono entrata a Montecitorio alle 15.30. Il governo era presente al completo, Prodi con tutti i suoi ministri, meno l’ineffabile Mastella.
Ho ascoltato le dichiarazioni di voto dell’opposizione e di qualche rappresentante della sinistra cosiddetta estrema. Erano entrambi violente e insultanti. Parola d’ordine: “Vattene Prodi”.
Non mi giudicate “facile al patetico”, non lo sono. Piuttosto mi sono messa nei panni di Prodi e ho vissuto il suo stato d’animo. Stavo male per lui. Me ne sono uscita interamente svuotata.

Già la mattina era cominciata male. Una normale e amichevole conversazione con un compagno che stimo è degenerata in un attimo, partendo dal voto alla fiducia a Prodi.

La coerenza è stata una costante assoluta della nostra vita (mia e di Dario), coerenza che abbiamo anche pagato caramente. Coerenza “sì”, espressa sempre ad ogni costo. E le rarissime volte che abbiamo mediato è stato solo perché non eravamo gli unici esseri viventi del pianeta con problemi “solo nostri”, ma c’erano altre persone coinvolte. Eravamo quindi costretti a riflettere su “causa ed effetto” nella totalità delle situazioni.
In questi 19 mesi, come ho spesso ripetuto, m’è capitato più di una volta di dover votare contro coscienza. Perché? Proprio per rispettare la “causa e l’effetto”. Il leit motiv delle mie riflessioni girava sempre su una costante domanda: dove porterà il governo del quale faccio parte il mio voto “contro” da anima bella?
Sono salita su questa strana nave che a momenti mi ricorda quella dei folli, pensando di poter fare qualcosa di utile. Non è successo. Non mi è stato possibile. Non ce l’ho fatta.
Essere coerenti con le proprie scelte ideologiche è onesto, giusto, indispensabile… ma se non te lo puoi permettere? Non ti resta che rassegnare le dimissioni. Cosa che ho fatto.
Senza presunzione dico che non so se il governo avrebbe retto senza i miei “Sì” con i piedi saldi a terra, dettati dal senso di responsabilità.
Se qualcuno di quelli che mi hanno votata pensa che io abbia tradito i miei elettori e me stessa, io rispondo che l’esame di coscienza me lo sono imposto ogni giorno. Adesso tocca a loro, mettendosi anche nei miei panni fino in fondo.
Ribadisco che personalmente ho solo mantenuto l’impegno che ho preso accettando questa assai pesante carica: fedeltà al governo. Mai avrei potuto far qualcosa che lo mettesse a rischio.
Punti di vista.
E’ bello, esaltante, far l’eroe sul cavallo bianco con il vento che ti gonfia il mantello… soprattutto quando c’è qualcuno che ti permette di montare in groppa e galoppare glorioso. 
La coerenza va ragionata, come ho già detto, e non perseguita a piedi giunti ad oltranza, muovendosi esclusivamente lungo le proprie convinzioni.
Causa ed effetto.
Oggi (salvo miracolo) il governo cadrà. I responsabili di ‘sto sfacelo dovranno render conto del loro operato a “molti” italiani.

Sì, non tutto è andato come si voleva. Sì, la gente sta male… Sì, ci siamo trovati in mezzo a guerre, così dette “missioni di pace”, sì i precari, sì gli operai che si alzano alle 5 e vedono crescere i figli quando li vanno a guardare mentre dormono, solo la sera al rientro… Sì, le pensioni fanno schifo… beh, non tutte : un importante politico intasca circa 500 mila euro l’anno… sì, non s’è mosso un dito per il conflitto d’interessi e la cancellazione delle leggi ad personam… Ma in quanti “mangioni” si saranno dati da fare perché a Prodi non si permettesse di affrontare l’argomento? Sì, sì, sì… tutto giusto. Ma che Prodi, in quel suo governo, di fatto, si trovasse come un condannato agli arresti domiciliari con manco un cane che gli portasse le arance… non l’avete mai considerato? Andavano da lui solo a imporgli, a chiedere e a ricattare.
Bella gente!
Che Berlusconi ci ha lasciati con le pezze al sedere nessuno se ne ricorda? E che i soliti furbacchioni hanno collezionato cariche e privilegi in quantità?
Non ha fatto proprio niente Prodi? In un editoriale di qualche giorno fa Scalfari faceva un elenco che dimostrava proprio il contrario. Sono poi passati solo 19 mesi. Bastavano per rimettere in piedi un Paese completamente allo sfacelo?

Cosa pensano i responsabili della caduta di Prodi, che tornando Berlusconi a Palazzo Chigi la classe operaia andrà in fabbrica con la Ferrari, i pensionati sverneranno a Sanremo e i precari avranno contratti d’oro che erediteranno i loro figli e i figli dei loro figli?
E se non andasse così?
E se si peggiorasse come è più che probabile?

No, l’estremismo non mi è mai piaciuto.  
Penso a un tale, di cui ci si ricorda sempre meno, che sentenziava: “Attenti. L’estremismo è la malattia infantile del comunismo.”
Ha sbagliato: non è una malattia infantile, ma senile! Ed è una malattia all’ultimo stadio.
franca rame

NB. GIU’ LE MANI DALLA 194!


Chi tradisce la classe operaia?

Sul Corriere della Sera, e ripetutamente tra le agenzie il Senatore Turigliatto dichiara che non darà la fiducia al governo Prodi: 'Per una questione di coerenza saro' presente in aula e votero' no alla fiducia cosi' come ho gia' fatto in passato. Non posso che esprimere un giudizio negativo sull'operato di questo Governo' e per il futuro “sarà pronta per un'alternativa di classe e anticapitalista anche sul piano elettorale".
“Occorre un’opposizione di sinistra”, dice il Deputato Cannavò, dello stesso movimento, Sinistra Critica.
Il movimento si colloca con le lotte degli operai, nelle fabbriche, nei call center, in battaglia contro il precariato, la guerra, ecc. Pare inconcepibile che per perseguire questi condivisibili obiettivi, la strada che Turigliatto vuole percorrere sia quella di consegnare l’Italia a Berlusconi.
 
Saranno senz’altro contenti gli operai una volta governati da un premier di destra! All’opposizione, Sinistra critica potrà ottenere grandi successi per le lotte operaie! Sterminate code di lavoratori precari esuteranno alla decisione del Senatore Turigliatto, sempre più a sinistra degli altri, di ripiombare in governi già visti, caratterizzati da malversazioni, strangolamenti, angherie, sopraffazione.
 
Quanta spavalderia e sovrastima di sé ci vogliono, sapendo che il proprio voto è decisivo, per mettere i propri ideali “belli ed impossibili” davanti alle sorti di milioni di persone?
 
Il Senatore Turigliatto dovrebbe prendere in considerazione l’insegnamento del decano Andreotti, quando dice che “ogni governo è peggiore rispetto al precedente”.
 
Anacronistici, oltre che insensati, i membri di sinistra critica sembrano sottolineare come nessuno degli attuali partiti di maggioranza si sia mai speso per i temi sociali a loro cari. Ingenuamente, additano le misure economiche del governo Prodi:” Non ha ridistribuito!” “non ha dato!” “non ha aiutato!”. Come se la complessità di un governo composto da 15 forze politiche così diverse da loro, fosse la stessa del consiglio comunale di Vigevano!
Lo sapevamo fin dall’inizio: con conti così disastrati, non si poteva fare altro che aggiustarli. E questo non per favorire i padroni, confindustria, gli USA, l’Opus Dei, le lobby plutocratiche, ma per porre i cittadini al riparo dai pericoli di inflazioni, licenziamenti di massa, cassintegrazioni e via discorrendo.
 
Non si tratta di difendere il Governo, che davvero ha seminato pericolose delusioni, ma di prendere coscienza che più in là c’è solo il baratro.
 
Chi ha quindi strenuamente difeso le politiche governative, pur sapendo che di più e di meglio si sarebbe certo potuto avere, lo ha fatto con la coscienza che l’alternativa era molto, molto peggiore.
 
c.n.


franca: il 22 gennaio 2008 - cronaca della giornata.

Il 22 gennaio 2008
Mi sveglio prestissimo. Con la testa piena delle mille e mille parole ascoltate  per tutta la giornata di ieri. Mastella. Mastella. Mastella. (Vi dispiace se lo chiamo “Ma”? È per via del tempo che ne ho poco se voglio postare questa sera). L’ho visto da ogni parte. Su tutti i canali a tutte le ore, a ripetere sempre le stese cose. Irato. Indignato. Aggressivo. Prepotente. Sicuri di sé. Si gode il suo momento di gloria (alla faccia della gloria!).
- “Ma”, l’ombelico del mondo! -
Quanto  è importante!
Ne è conscio.
Anche troppo.
Il viso è teso, gonfio… accaldato. Gli occhi a tratti hanno guizzi di scintille.
Attacca duro. E’ stanco e ne ha ben ragione. Son cinque giorni che parla, parla, parla…  la moglie agli arresti domiciliari, il partito anche.
Che botta!
Anch’io sarei nervosetta. Eccolo a Porta a Porta. Vespa fa andare la coda.
Mentre lo  osservavo ieri sera ho notato la sua eleganza. No, non fisica… parlo dell’abito. Trucco a posto. Non sembrava più il “Ma” furioso vestito casual che ho visto e rivisto fino un attimo prima. Forse tra una conferenza stampa e l’altra si è ritagliato un bel bagno ristoratore… forse c’è scappato pure un bel massaggio. I massaggi sono fantastici. Totò “il grande” se li faceva sempre fare nei momenti d’estrema stanchezza. “Sono resuscitato!” esclamava felice. Quanto era simpatico!
Ecco. Anche “Ma”, (no, non mi è simpatico) mi sembrava  resuscitato.
Non ho ascoltato il suo dire. So tutto a memoria. Pensavo al salto mortale che sta subendo questo nostro Paese per sua causa. Ha violato i patti. Ed è un fatto grave. Perché? QUAL’E’ LA VERA RAGIONE DI QUESTO SCOMBUSSOLAMENTO PSICOFISICO?
Sì, lo sentivo in difficoltà… non più tanto sicuro di sé… m’è sembrato in certi momenti sulle difensive. Un pensiero mi attraversa il cervello: la paura fa 90. Lo guardavo e pensavo: una maggioranza che cade in Parlamento, non sulle ragioni sofferte di 16 milioni d’italiani che non arrivano alla terza settimana e su le altre mille tragedia. No, cade per problemi di famiglia. Quanto è offeso! “Non mi hanno sostenuto!” Eppure l’hanno applaudito numerose volte. Forse erano tutti quelli che potranno usufruire dei tre anni d’indulto della sua bella legge. Son cose che possono capitare solo in questo Paese, che ha perduto il senso del  “discernere” del ridicolo e che sta avviandosi, grazie ai nostri allegrotti-faciloni,  sulla strada dell’ inaffidabilità.
Quando  ho spento il televisore ripensavo a dove è arrivato “Ma”. Accidenti che carriera! Guardasigilli. Mi viene da sorridere. Guardasigilli. Pensavo a questo uomo che vedo rimpicciolito dagli eventi,  al suo gran girare per partiti… che alla fine si è ritrovato pure a sinistra. Ma pensa te! Il “Ma”, nella sinistra!

Il tempo è grigio, ma non c’è freddo. Mi fiondo all’edicola. Ho fame di notizie. Una bella mappata di giornali. Me la divido con Carlotta. Vediamo, vediamo. Il Manifesto. Quanti anni sono che leggo il Manifesto? Questo che sto sfogliando è il numero 18 del trentottesimo anno. Esagerati! Stiamo insieme da così tanto tempo?... Scoppio a ridere. “Piove sul Bagnasco”  ma dove li trovate ragazzacci, ‘sti titoli che tutti vi invidiano?
“Con un terribile uno-due Prodi va in crisi. Il cardinale Bagnasco attacca: “La visita del papa alla Sapienza  stoppata dal governo. L’Italia è a pezzi” Poi detta il suo programma elettorale. Poco dopo “Ma” annuncia: “Ce ne andiamo, l’alleanza è finita”.
Non sputarci troppo sopra a  ‘sta alleanza… ti è servita e tanto… caro Ma. TANTO!!
“I vescovi sfiduciano il governo” Anche loro?! Ma stessero un po’ zitti! E giù le mani dall’aborto.
Oh,oh… a pagina 5. Titolo: Brutti (Pd): “Ormai era indifendibile” di Sara Menafra.
Oila… c’è qualche novità?
“Non si stava mettendo bene. E l’ex ministro Clemente “Ma” lo sapeva quando, ieri pomeriggio, ha deciso di far cadere il governo, era l’unico modo per tentare di andare al voto con l’attuale sistema elettorale ed evitare la valanga dell’inchiesta di Santa Maria Capua Vetere.
Per tenere conto solo degli elementi direttamente collegati all’inchiesta giudiziaria, nelle ultime 24 ore si sono verificati fatti che hanno messo “Ma” alle strette.
1)    Non tutto il Pd era disposto a votare a favore dell’ex ministro e di quel che ha detto la scorsa settimana davanti al  parlamento (…)
Il sentore Massimo Brutti, che dei Ds era responsabile giustizia, aveva già annunciato che avrebbe votato no (…) Ieri, prima che la mossa di “Ma” travolgesse ogni previsione, l’aveva anticipato al Manifesto: “Ho avuto il tempo di leggere l’ordinanza della procura di Santa Maria C V, al di là dell’esposizione indubbiamente caotica, mi pare chiaro mostrasse un sistema di potere inaccettabile. E’ stato già grave quell’ applauso collettivo alla Camera.”
Qui salto un pezzo lungo e vengo al sodo: “C’è chi dice che l’ex ministro – che conosce da tempo almeno il contenuto delle carte rimaste bloccate DUE MESI all’ufficio gip di Santa Mar Ca Ve – abbia mosso più di una pedina per cambiare il vertice della procura beneventana, prima della chiusura dell’inchiesta.
Fino a qualche mese fa, infatti l’attuale procuratore Maffei era in corsa per andare a occupare la poltrona più alta di Salerno. E per la procura di SANTA Mar Ca Ve “correva” invece il capo degli ispettori di via Arenula, Arcibaldo Miller, rimasto al ministero proprio grazie alla scelta del ministro della giustizia (il nostro “Ma”) e candidato certo gradito, al ras di Ceppaloni.
Csm ha però agito di testa sua. (…)
Terzo elemento. Questa mattina la giunta per le autorizzazioni del Senato dovrebbe ricevere le 9 telefonate in cui l’ex ministro parla con altri indagati (7 con il con suocero Camilleri e 2 con Vincenzo Lucariello, ex segretario generale del Tar Campania e attuale difensore civico della regione). Il Presidente del Senato Marini ha chiesto chiarimenti alla procura nei giorni scorsi e pare che il documento sia arrivato in queste ore, pronto per la giunta convocata per questa mattina.” (Trovatevi l'articolo e leggetelo tutto).
Che si saranno mai detti in queste 9 telefonate?
Ci saranno buone novità, o cattive? Domani lo sapremo.
Passerà alla storia il ras di Ceppaloni tra il papa e Berlusconi? E come passerà? Come verrà ricordato dalla gente? Sarà ricordato? Come un grande statista? O come un voltagabbana che fa solo i suoi interessi?
Mandatemi un messaggio…

Alle 9 entro alla Camera. Mi fan sempre impressione gli scatti sull’attenti dei militari al mio passare. Dico sempre sottovoce: “Ciao ciao”. Montecitorio mi è simpatico, sono in tanti, sembran tutti allegri… Chiedo notizie in giro. Alle 11,30 parlerà Prodi. Mi trovo con qualche difficoltà un posto tra la stampa in galleria. L’intervento del nostro primo ministro è importante, lineare e stringato, interrotto di quando in quando dalle urla dell’opposizione. Finisce con tutta l’Unione in piedi che applaude per almeno 10 minuti. Vorrei batter le mani anch’io, ma “ferma”! quando sei lassù, tanta grazia se ti fanno respirare.
Domani alla Camera si vota la fiducia.
Non mancherò.
baci franca
 


L'INCERTEZZA DI QUESTE ORE: IL CASO MASTELLA, LA CRISI DI GOVERNO, PROPOSTE PER IL FUTURO

Cari Amici,
 
la situazione politica è davvero esplosiva: siamo ad un passo dalla crisi di governo e la miccia è stata accesa dallo statista di Ceppaloni. Nega la fiducia, dice, perché non ha ricevuto la solidarietà del governo per le vicende giudiziarie che hanno travolto la sua famiglia e che, a quanto pare, nei prossimi giorni andranno crescendo.
 
Si, perché come si legge sul Manifesto, oggi sarebbero dovute arrivare alla giunta per le immunità del Senato i testi delle nove intercettazioni a carico del Senatore Mastella. Fatto rilevante, unito alla notizia dei disperati tentativi dell’Ex Guardasigilli che da due mesi a questa parte premeva per le nomine delle procure di Salerno e Santa Maria Capua Vetere... Coincidenze sbalorditive!
 
Così come lascia di sale la coincidenza della fustigata del Presidente della Cei, Cardinale Bagnasco e l’abbandono di Mastella: che sia vero quanto dice Giordano, leader PRC, “Bagnasco chiama, Mastella risponde”? Quella a favore del Vaticano è una serrata di ranghi con una regia: prima i politici vengono chiamati a raccolta all’Angelus, dove si recano contriti a manifestare l’appoggio in Piazza San Pietro a Benedetto XVI censurato alla Sapienza, poi il sibillino ordine del Cardinale che invita i politici cattolici ad agire secondo la loro morale, ed in fine l’esecuzione della pena: Mastella abbandona il governo. Un, due, tre, stella.
 
Infatti, il neomartire cristiano dichiara di subire, assieme alla moglie, il fumus persecutionis della giustizia, gli sgambetti dei laici e gli agguati dei comunisti. Vittima (di berlusconiano sapore) dunque, ma con poco senso della misura: intercettato ed indagato in prima persona da De Magistris per le inchieste Why not e Poseidone, non ha paventato neanche per un secondo l’ipotesi di dimettersi. Lo fa, incredibilmente, questa volta quando l’indagato numero uno è la moglie, Sandrina Lonardo. Coup de Theatre! La signora Mastella dal canto suo, Presidente del Consiglio Regionale della Campania, pur agli arresti domiciliari, dichiara che rimarrà in carica.
 
Non c’è un po’ di confusione in casa Mastella?
 
A sancire la fine di questo governo dunque, potrebbe essere la “lezione di stile”(come dichiarato ai quotidiani) che il Senatore Mastella vuol dare all’Italia, e non le più meritevoli battaglie per i salari del Senatore Turigliatto, gli sforzi contro le missioni all’estero dei senatori Fernando Rossi, Fosco Giannini, Mauro Bulgarelli e Franca Rame. Non cadremo con onore, ma con stile senz’altro.
 
Per ora, ci è dato sapere che domani ci sarà il voto di fiducia alla Camera, mentre al Senato non è ancora stata calendarizzata. Le agenzie si rincorrono, una dichiarazione dopo l’altra, e tutto è gracile e incerto. Ciò che ha messo radici invece, sono i diktat vaticani: revisione della legge sull’aborto, nessuna concessione per le coppie di fatto, nessuna revisione per le cure staminali, ed RU486, legittimazione dei contraccettivi od altro.
Tutto questo, si consoliderà nel prossimo governo del Popolo-Partito della libertà, AN, La Destra, UDC e, probabilmente,il nuovo alleato, l’ UDEUR.
 
Chissà se la nuova compagine governativa sarà in grado di mettere a disposizione di Clemente Mastella e alla sua pletora di attendenti quanto gli ha offerto l’Unione: solo al Senato infatti i tre Senatori del Campanile accentrano tre cariche di prestigio:c’è un ministro, un presidente di commissione ed un segretario d’aula. Incredibile! Il 100% dei membri ha incarichi rilevanti, pur avendo un peso elettorale ridottissimo! Non esiste, io credo, nella storia del Senato un precedente di questo tipo. Per ottenere questo risultato però, ci sono voluti sforzi titanici: per premiare il Senatore segretario d’Aula infatti, si e’ dovuto modificare il regolamento del senato ad hoc.
Tutti questi sforzi profusi, e così poca riconoscenza.
c.n.


Appello "verità sui rifiuti"

http://www.appellorifiuti.blogspot.com/
Appello "verità sui rifiuti"

La gravissima situazione determinatasi in Campania è la chiara dimostrazione che il problema rifiuti non può essere risolto né con misure di emergenza né con misure settoriali, ma solo attraverso una strategia integrata che metta al primo posto, così come impone l'Unione europea, la riduzione dei rifiuti alla fonte ed al secondo posto il riciclaggio come materia.

Ed è appena il caso di evidenziare che ridurre i rifiuti alla fonte significa intervenire sulle scelte produttive e di consumo, nonché sugli stili di vita della popolazione. E che per riciclare i rifiuti come materia occorre incentivare al massimo la raccolta differenziata, in primo luogo coinvolgendo ed informando i cittadini.
Ciò è esattamente quello che non ha fatto il nostro paese che, al di là delle diverse maggioranze governative, ha invece preferito concentrarsi sulle discariche e sugli inceneritori con recupero di energia, emanando, nel contempo, leggi a ripetizione per sottrarre residui industriali alla disciplina comunitaria sui rifiuti, facendoci guadagnare il non invidiabile primato del paese più condannato in sede europea per violazione della citata disciplina.

E' per questo che non possiamo accettare il tentativo, proprio da parte delle forze e dei poteri che, rifiutando di fatto l' approccio integrato comunitario, hanno determinato questa situazione, di scaricare oggi le proprie colpe sul mondo ambientalista e sull'attuale Ministro dell'ambiente, al fine di ottenere due risultati: da un lato trovare un capro espiatorio e dall'altro eliminare ogni resistenza ad un modello, culturale ancor prima che politico, incentrato sui valori di mercato e sulle loro convenienze economiche.

Noi riteniamo, invece, che proprio il caso Campania debba essere l'occasione per affrontare finalmente il nodo del tipo di sviluppo imposto al paese e dei profondi guasti che esso sta producendo, in primo luogo sotto il profilo della salute pubblica.

Al di là delle scelte emergenziali immediate che oggi si dovranno attuare in Campania, non saranno i cd. termovalorizzatori né le discariche a risolvere realmente il problema ma solo la consapevolezza che, nell'attuale situazione di rapido esaurimento delle materie prime e di mutamenti climatici, una corretta gestione del ciclo dei rifiuti oggi potrà garantirci nuove risorse per il mondo di domani.
Per tutte queste ragioni esprimiamo la nostra solidarietà al ministro Pecoraro Scanio e chiediamo che si aprano gli occhi sulle vere ragioni che hanno portato alla situazione emergenza rifiuti in Campania.

Primi firmatari:
Gianfranco Amendola (Magistrato)
Alberto Asor Rosa (Docente universitario)
Edoardo Bennato (Cantautore)
Flegra Bentivegna (Acquario e stazione zoologica Anton Dohorn Napoli)
Donatella Bianchi (Giornalista)
Rita Borsellino (Presidentessa onoraria associazione Libera)
Giobbe Covatta (Attore)
Carmen di Penta (Attore)
Jacopo Fo (Attore)
Dario Fo (Premio Nobel)
Rosalba Giugni (Presidente associazione Marevivo)
Elio Lannutti (Presidente Adusbef)
Gianni Mattioli (Docente universitario)
Gaia Pallottino (Urbanista)
Mauro Paissan (Giornalista)
Guido Pollice (Presidente VAS)
Arnaldo Pomodoro (Scultore)
Fulco Pratesi (Presidente onorario WWF)
Franca Rame (Attrice ed autrice)
Bernardo Rossi Doria (Architetto)
Maurizio Santoloci (Magistrato)
Giuliano Tallone (Presidente LIPU)

Mario Tozzi (Giornalista)
Rosario Trefiletti (Presidente Federconsumatori)
Alessandro Zan (Presidente nazionale Linfa Lega italiana nuove famiglie)

 
 Per firmare l'appello mandare una mail a:    [email protected]

Argomento: 

Camorra di stato e Stato di Emergenza: il caso dei rifiuti in Campania

 dal sito www.peacelink.it
articolo di Michelangiolo Bolognini che ripercorre le vicende campane evidenziando quali siano state le scelte capestro, politiche ed affaristiche, che hanno condotto ai disatri attuali.
La vera emergenza rifiuti in Campania - si scrive - è dovuta alla presenza di un sistema camorristico di Stato, che si avvale, per funzionare "ordinariamente", di uno stato di emergenza permanente.
10 gennaio 2008 - Michelangiolo Bolognini (Medicina democratica)

 Il 9 marzo 2005 la Commissione bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti procedeva all'audizione dei piú importanti gruppi bancari italiani, Capitalia, Banca Intesa, San Paolo Imi e Gruppo Unicredito Italiano[1], preoccupati per i loro finanziamenti alle società Fibe e Fibe Campania del gruppo Impregilo, allora controllato da Cesare Romiti, facente parte del "salotto buono" della finanza, editore del maggior quotidiano italiano. Le banche avevano voglia di smarcarsi: si erano esposte per decine e decine di milioni di euro finanziando con la massima leggerezza Fibe e Impresilo. La relazione della Commissione afferma infatti: «non è chiaro come gli istituti bancari possano aver pensato, nel momento in cui fornivano i finanziamenti, di essere in condizioni di "normalità", come espressamente affermato, posto che l'emergenza campana era pluriennale e nota a tutti; considerato, peraltro, che vi era piena consapevolezza del fatto che tale sistema, come proposto da Fibe, era "certamente pionieristico", "il primo in Italia di queste dimensioni"»[2].
Il sistema a cui si riferisce la Commissione è la messa in atto, in modo generalizzato e "dogmatico" nella regione Campania, commissariata da oltre tredici anni, del cosiddetto «ciclo integrato dei rifiuti», assai propagandato dall'associazione ambientalista "parastatale" Legambiente e fatto proprio dalla quasi totalità delle forze politiche italiane.
Dietro un elenco delle azioni da intraprendere per gestire i rifiuti apparentemente corretto - partendo dalla riduzione, il riciclaggio e il recupero di materia, da effettuarsi con raccolta differenziata -, il sistema punta, però, tutto su quello che dovrebbe essere l'ultima e residuale azione, quella del cosiddetto recupero energetico, mediante la «termovalorizzazione», ossia l'incenerimento dei rifiuti.
Questo aspetto è stato gravemente inquinato da uno scandaloso sistema di incentivazione pubblica, previsto nel 1992 dall'allora Commissione interministeriale dei prezzi e conosciuto come CIP 6, che, tassando con oltre il 7% le bollette elettriche, ha finanziato e finanzia, con la scusa delle energie rinnovabili, soprattutto gli impianti di incenerimento. A titolo di esempio, gli ultimi dati disponibili, riferiti al 2006, riguardo alle fonti «rinnovabili», assegnano agli inceneritori di rifiuti e biomasse 1.135 milioni di euro, quasi i due terzi degli oltre 1.758 milioni di euro erogati, a fronte di 40.370 euro assegnati al solare fotovoltaico, pari allo 0,00002% di quanto erogato - con buona pace della la retorica "ambientalista" e "solare"di molte delle forze politiche italiane.
È bene ricordare che il sistema dei contributi CIP 6 rappresenta, in risorse reali, la quasi totalità del sistema di finanziamento alle fonti energetiche «rinnovabili», ed è in questo modo che si è fatta, e si fa, concretamente, la politica energetica e ambientale in Italia - il che viene costantemente ignorato da politici e mezzi di comunicazione di massa. Ma il meccanismo di finanziamento dei CIP 6 era ben chiaro alle banche che finanziavano l'operazione «rifiuti in Campania». Sempre riprendendo il testo della Commissione, vediamo come «i profili vantaggiosi e positivi, dal punto di vista dei finanziatori, dell'iniziativa di finanziamento del progetto del sistema integrato del ciclo dei rifiuti proposto dalla Fibe in Campania erano stati riposti - a quanto emerso - nella produzione del Cdr, con i connessi benefici del CIP6»: «bruciare energia e venderla era parte fondamentale del business di FIBE» e per le banche «rappresentava il 60 per cento dei ricavi del progetto»[3].
Il Cdr era stato peraltro la trovata retorica per far digerire meglio la «termovalorizzazione» dei rifiuti: invece che bruciare il "tal quale" era meglio inventarsi un "combustibile" derivato dai rifiuti - questo è il significato dell'acronimo Cdr -,alla cui promozione si erano applicati una parti rilevanti del mondo "ambientalista" italiano, la solita Legambiente in testa.
Peccato che il Cdr prodotto dalla società Fibe - del gruppo Impregilo, finanziato dalle piú importanti banche italiane - negli stabilimenti realizzati in Campania, non rispondesse al minimo delle specifiche tecniche previste dalla normativa, per quanto riguardava sia l'insufficiente potere calorico, sia la presenza di sostanze tossiche, e ciò nonostante che in un primo tempo «i rilievi effettuati dalla Asl, dall'Arpa e dall'aggiudicataria, conducevano a una valutazione di conformità del Cdr nei limiti della normativa»; successivamente però, soprattutto a seguito dell'inchiesta giudiziaria, veniva rilevato che «il Cdr prodotto non risponde ai requisiti richiesti: tra le molte "anomalie", nelle ecoballe sono state rinvenute percentuali di arsenico superiori ai limiti imposti, oltre che a oggetti interi (per esempio, una ruota completa di cerchione e pneumatico), fatto questo che acclara l'omissione della fase della lavorazione; inoltre la frazione umida ha presentato valori superiori ai limiti previsti nella tabella»; peraltro «anche il sovvallo e la Fos sono risultati irregolari, a ulteriore conferma che la gestione del ciclo integrato non è riuscita a rispettare il contratto sin dal momento del conferimento del rifiuto da parte dei Comuni. Situazione che non può certo essere spiegata unicamente in riferimento all'emergenza nell'emergenza (connessa ai sequestri delle discariche soprarichiamati) o come risultato di una cattiva metodologia di raccolta differenziata, ma che finisce per apparire vulnus strutturale del progetto, sia in relazione all'adeguatezza tecnica degli impianti, che riguardo al know how di settore che si sarebbe dovuto richiedere e pretendere dalla società affidataria»[4].
Le banche comunque riescono a smarcarsi, rinunciano a subentrare a Impregilo di Cesare Romiti e società collegate, in quanto una volta «ricevuta l'informativa dell'inadempimento di Fibe dal Commissario Catenacci, non hanno esercitato la facoltà di sostituirsi a Fibe», però «hanno in pratica finito per divenire gli interlocutori del Commissario in riferimento alle successive scelte che il Commissario ha poi dovuto assumere»[5].
Le banche, sempre nel 2005, fanno approvare da un governo compiacente un decreto di risoluzione del contratto che mantiene le società di Impregilo solo come esecutrici, mentre lo Stato, tramite il Commissariato per l'emergenza, si assume, da allora in poi, tutti i rischi imprenditoriali, con buona pace, questa volta, della retorica "liberale e liberista" imperante nella cultura politica ed economica italiana - esempio concreto e usuale di capitalismo assistito. Viene cosí azzerata la gara di appalto che aveva assegnato, a suo tempo, a Impregilo e società collegate la gestione di tutto il ciclo dei rifiuti in Campania.
Una strana gara di appalto, quella che le società del gruppo Impregilo di Cesare Romiti avevano vinto, nel lontano 1999, «promettendo servizi nettamente sottocosto» - secondo quanto giudicato da un esperto, come Walter Canapini, in un'intervista a un quotidiano[6]. Del resto i criteri di valutazione di quella gara d'appalto puntavano su bassi costi e rapidità nei tempi di realizzazione e messa in esercizio (300 giorni!), mentre alla qualità degli impianti era riservato un misero 10%, tanto che Impregilo e collegate avevano avuto per il «valore tecnico delle opere» il punteggio di gran lunga piú basso, rispetto agli altri partecipanti alla gara.
Del resto, proprio la gara di appalto svela il trucco della retorica dell'ambientalismo egemone "legambientino" del «ciclo integrato dei rifiuti»: da allora e per tutto il seguito della vicenda, si punterà tutto sulle soluzioni impiantistiche finalizzate all'incenerimento. Filippo Granara, Rappresentante di Banca Opi gruppo San Paolo Imi, che aveva posto in essere il project financing alla Fibe per circa 400 milioni di euro, riferendosi alla gara di appalto e all'inceneritore di Acerra, dichiarava alla Commissione che «era previsto nella gara espressamente il beneficio CIP6 per quell'impianto»[7], valutato, al 2005, solo per le «ecoballe» già stoccate, in «300 milioni di euro»[8]. E sarà però proprio questa delirante ortodossia inceneritorista che causerà la crisi.
L'ortodossia "ambientalista", riproposta in modo martellante anche dai mass media e da frotte di politici ignoranti, vede la «termovalorizzazione» mediante incenerimento non solo come soluzione del problema rifiuti, ma anche come alternativa alle discariche - dato, quest' ultimo, assolutamente fantasioso, in quanto se anche la «termovalorizzazione» fosse integrale per tutti i rifiuti, non li eliminerebbe fisicamente, ma si limiterebbe a ridurli a circa il 30% della massa iniziale, oltre a produrrne, a sua volta e in quota non irrilevante, un ulteriore 3-5% e di una tipologia estremamente pericolosa, e tutti questi rifiuti hanno a loro volta bisogno di discariche.
A dispetto delle retoriche inceneritoriste, la chiusura delle discariche allora esistenti e la mancata previsione di nuove discariche nel «ciclo integrato dei rifiuti» campano innescherà, nel proseguo, inevitabilmente la crisi e lo stato di emergenza.
Gli impianti realizzati dalle imprese del gruppo Impregilo di Cesare Romiti risulteranno essere di infima qualità - come dimostra la vicenda del Cdr diventato semplicemente «ecoballe» negli impianti realizzati e, ancora di piú, il progetto del primo impianto di «termovalorizzazione», quello di Acerra, per il quale non viene previsto, originariamente, nemmeno un soddisfacente sistema di abbattimento degli inquinanti, tanto che il gruppo di lavoro del ministero dell'Ambiente, che successivamente revisionerà il progetto, imporrà «adeguamenti» tecnici per un costo di 25 milioni di euro[9].
La qualità degli impianti veniva invece vantata dall'amministratore delegato di Impregilo, Alberto Lina, che dichiarava alla Commissione di avvalersi di know how tedesco proveniente da Deutsche Babcock Anlangen Gmbh, impresa collegata a Impregilo nell'affare "gestione rifiuti" in Campania, e che avrebbe avuto ben «570 referenze al mondo nel campo degli inceneritori»[10]. Queste affermazioni erano state evidentemente prese per buone dal ministro dell'Ambiente, retto allora dall'ambientalista di lungo corso Edo Ronchi, che il 31 dicembre 1999 esprimeva il parere finale favorevole di «compatibilità ambientale» in quanto «sulla base delle informazioni disponibili non si sono rilevati significativi elementi di incompatibilità ambientale e territoriale connessi con la costruzione e realizzazione dell'impianto»[11].
Il parere di «compatibilità ambientale» dovrebbe arrivare solo dopo una formale e corretta procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), che in questo caso non c'è stata, se si deve tener conto anche di quanto affermato dall'ing. Bruno Agricola, alto dirigente del ministero dell'Ambiente, a capo di un gruppo di lavoro ministeriale che, avendo avuto il compito di "aggiornare" il parere ministeriale, cosí dichiarava alla Commissione: «stiamo intervenendo in un processo in cui vi è una necessità di carattere generale che ha portato ad alcune decisioni, che per noi sono un punto di partenza. È ovvio che, se si fosse seguita una procedura non di emergenza, i risultati, a mio avviso, sarebbero stati sicuramente differenti, però non si può immaginare di cambiare le condizioni a monte, perché queste per noi sono un vincolo». Dichiarazioni che, da buon burocrate navigato tendente a smarcarsi da responsabilità ritenute esclusivamente politiche, ribadisce quando, di seguito, afferma: «quello che noi non possiamo fare è dire dove avremmo voluto o potuto mettere l'impianto. Noi dobbiamo dire se è compatibile o meno; abbiamo indicato le condizioni alle quali si ritiene compatibile: questa è l'opinione della commissione, poi vi è l'opinione del ministro. Sulla base di ciò si potrà dire se è compatibile o meno - il parere, alla fine, è del ministro»[12]. Comunque, per tutelare l'ambiente, e anche se stesso, il gruppo di lavoro ministeriale imponeva all'inceneritore di Acerra oltre gli «adeguamenti» tecnici anche l'esclusivo utilizzo di Cdr di qualità adeguata.
Del resto il Capitolato speciale di appalto prevedeva che i concorrenti si impegnassero «con mezzi finanziari propri» a «realizzare tre impianti produzione Cdr e un impianto dedicato alla produzione di energia mediante termovalorizzazione Cdr da porre in esercizio entro il 31 dicembre 2000, assicurando nelle more della messa in esercizio di detto impianto il recupero energetico del combustibile prodotto», oltre a «possedere e/o disporre immediatamente di sito per la realizzazione di impianto di termovalorizzazione»[13].
Si noti come la gara d'appalto - oltre a prevedere tempi "certi" di realizzazione, slittati però, per alcuni aspetti, di oltre 7 anni - conferissea la piena potestà all'impresa aggiudicataria, in barba a qualsiasi minimo criterio di pianificazione territoriale, di scegliere i siti per realizzare gli impianti.
Questo aspetto della vicenda darà luogo a strane vicende legate alla crescita estemporanea dei valori commerciali delle aree da destinarsi agli impianti, con compravendite effettuate da soggetti terzi, poco prima dell'acquisto definitivo da parte dalle imprese del gruppo Impregilo di Cesare Romiti[14].
A fronte delle incredibili carenze da parte delle strutture industriali "nordiste", come delle amministrazioni locali e dei governi romani dai colori piú variegati, senza dimenticare gli apparati culturali "ambientalisti" e i mass media asserviti a concreti interessi economici, l'unica struttura che in questa vicenda è riuscita a essere adeguata ai compiti - insieme a gruppi di cittadini consapevoli, con i loro comitati -, è stata la magistratura napoletana che, perlomeno, ha evidenziato con chiarezza alcuni aspetti di questa gigantesca truffa, portando avanti alcune precise denunce, a cominciare proprio dalle «ecoballe» fatte passare per Cdr, fino al nodo, particolarmente importante, delle carenze impiantistiche e gestionali degli impianti, nodo che viene al pettine nel giugno 2007 quando il Gip del Tribunale di Napoli dispone il sequestro di circa 750 milioni di euro alle imprese del gruppo Impregilo, oltre alla interdizione ai contratti con la pubblica amministrazione per un anno.
Ma questa azione della magistratura era stata prevista in tempo utile dalle banche, a dimostrazione che il sistema bancario, in questa vicenda, si è dimostrato, nel concreto, piú accorto del velleitario sistema politico, non avendo voluto accollarsi un fallimentare sistema di gestione, a partire dal «termovalorizzatore» di Acerra.
Per il futuro vengono proposte alcune ricette per uscire dalla crisi, anche elaborate proprio da chi è stato la sua principale causa e, non a caso, sono precisamente queste a essere assunte da tutta la classe politica tradizionale.
Un esempio è quello che suggeriva, a suo tempo, l'amministratore delegato di Impregilo Alberto Lina: modificare la normativa sul Cdr e rendere finalmente utilizzabili e profittevoli, come combustibile, le «ecoballe» stoccate. Queste le sue parole: «a questo punto bisogna andare avanti e realizzare, il piú velocemente possibile, i due termovalorizzatori - noi o altri, se ne può parlare - e, in essi, bruciare le ecoballe che si sono accatastate. Non mi sembra che queste ecoballe possano essere smaltite presso degli inceneritori di terzi e quindi dovremo bruciarle noi. Per questo, basterà solo aggiungere qualche copertone e, sicuramente, nei termovalorizzatori della Campania queste ecoballe diventeranno combustibile e produrranno energia. Quindi, in questo momento, stiamo producendo non materiale inutile, bensí rifiuti che il sistema, nel suo complesso, discrimina e ci dice che non sono a norma e che non possono essere stoccati. In realtà, dobbiamo uscire da questa situazione abbastanza intricata e assurda»[15]. In tal modo si supererebbero anche le prescrizioni pilatesche dei tecnici del ministero dell'Ambiente, che avevano vietato l'utilizzo delle «ecoballe» perlomeno nell'inceneritore di Acerra.
Questa soluzione diventa piú solida se, adesso e anche per il futuro, l'incenerimento di queste «ecoballe» verrà incentivato come energia prodotta da «fonte rinnovabile», proprio per la presenza di frazioni significative di rifiuti biodegradabili, frazione che in un sistema decente di gestione rifiuti dovrebbe essere destinata alla produzione di compost e non certo incenerita.
L'incentivazione all'incenerimento della frazione biodegradabile dei rifiuti viene invece prevista dall'ultima Legge finanziaria, art. 2, comma144 e comma 145, nella misura di 22 centesimi di euro per kWh, in misura uguale all'energia idraulica e in misura maggiore rispetto all'energia geotermica e ai gas prodotti dai processi di depurazione o ai gas di discarica: in questa ottica il detto camorrista "a monnezza è oro" diventa legge dello Stato.
Dall'esame dei fatti dovrebbe risultare chiaro quale è la camorra che sta dietro all'emergenza rifiuti della Campania.
Piú che la locale e tradizionale malavita - che si è occupata di gestire i rifiuti industriali e tossici per conto del sistema produttivo nazionale -, la vera camorra è quella finanziaria-industriale dei "salotti buoni" milanesi, padrona dei governi romani e dell'editoria nazionale - e che poi è lo "stato" che governa gli italiani. Il fatto che questo "stato" sia padrone dei mezzi di comunicazione di massa risulta essere particolarmente utile per scaricare le vere responsabilità su un'indeterminata malavita e su una classe politica locale - peraltro assolutamente indifendibile. Meglio poi se l'operazione viene eseguita da eroici e minacciati scrittori dalla barba incolta o da giornalisti professionalmente intenti a fustigare la morale politica - tutelando, nel contempo, l'immoralità e la criminalità economica ufficiale e istituzionale.
La soluzione proposta, invece, dai gruppi di cittadini consapevoli e dai loro comitati, riassumibile nella strategia «verso i rifiuti zero», non sembra avere, al momento molte possibilità, sia perché non è abbastanza dispendiosa - non prevedendo la realizzazione degli impianti di incenerimento che, se sono quelli piú pericolosi per la salute, sono però anche i piú lucrativi per la realizzazione e gestione -, sia perché responsabilizza il sistema produttivo a un uso piú sostenibile delle merci e dell'energia, senza ricorrere alla faciloneria di soluzioni impiantistiche, che promettono miracoli e poi, nel concreto, comportano il piú delle volte danni non previsti, oltre che, in alcuni casi, veri e propri disastri.
A ogni modo, in Italia sono ormai milioni gli abitanti di Comuni o Consorzi che hanno realizzato concretamente questa strategia; partendo dalla raccolta differenziata «porta a porta» si raggiungono risultati quali la minore (intorno al 20%) produzione di rifiuti pro capite, le maggiori (fino al 75%) rese di raccolta differenziata, i minori (mediamente del 15%) costi del servizio. Questi dati risultano dallo studio effettuato dall'Ecoistituto di Faenza, confrontando, con dati del 2005, 918 Comuni di Lombardia e Veneto, per un totale di 6.750.734 abitanti, che effettuavano la raccolta «porta a porta», con 110 comuni, per un totale di 1.749.734 abitanti, che effettuavano invece la tradizionale raccolta stradale[16] - e si deve rimarcare come questi dati rendono del tutto superflua una specifica impiantistica di trattamento del residuo mediante la combustione dei rifiuti, combustione che comporta sempre rischi sanitari non trascurabili.
Si deve anche ricordare che le scelte virtuose in materia di rifiuti non sono iniziate per volontà dalla classe politica tradizionale, compresi i sedicenti "amici del popolo" o "amici dell'ambiente", bensí per volontà di cittadini consapevoli, che si sono organizzati in liste civiche proprio per evitare la realizzazione di inutili impianti nocivi o scempi territoriali.
Un primo esempio è quello di Sernaglia della Battaglia, in provincia di Treviso dove, nel 1987, a fronte di un'amministrazione che, dopo aver venduto il territorio ai cavatori, lo voleva poi rivendere all'azienda dei rifiuti di Padova onde riempire i buchi con milioni di tonnellate di rifiuti, un comitato dei cittadini, non limitandosi a organizzare i blocchi delle strade di accesso alle cave, ha dato vita a una lista civica che, dopo aver spazzato via i vecchi amministratori, ha realizzato, tra i primi in Italia, la raccolta «porta a porta» - arrivata, nel frattempo, anche oltre l'80%. Un secondo esempio è quello di Montebelluna, sempre in provincia di Treviso, dove, contro il progetto di un inceneritore perseguito da una precedente amministrazione, due liste civiche sono riuscite nel 2002 a insediare un sindaco che, dopo aver bloccato quel progetto, ha puntato sul sistema di raccolta «porta a porta» - arrivato al 75% di raccolta differenziata.
Come si è potuto rilevare, la vera emergenza rifiuti in Campania - ma non solo rifiuti, e non solo in Campania - è dovuta alla presenza di un sistema camorristico di Stato, che si avvale, per funzionare "ordinariamente", di uno stato di emergenza permanente. Uno stato di emergenza che va superato, partendo dall'azzeramento di una classe politica e imprenditoriale completamente fallimentare, per arrivare alla messa all'ordine del giorno della democrazia, di un'"ordinaria" e necessaria democrazia.
È cosí che allo "stato di eccezione" deve essere opposto il diritto alla resistenza, come del resto aveva previsto l'esponente cattolico Giuseppe Dossetti come specifico articolo della Costituzione Italiana[17]: «quando i poteri pubblici violano le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all'oppressione è un diritto e un dovere del cittadino».
Michelangiolo Bolognini

Note:
[1] Tutti i resoconti della Commissione sono reperibili nel sito
http://www.camera.it/_bicamerali/nochiosco.asp?pagina=/_bicamerali/leg14/rifiuti/home.htm
[2] Relazione territoriale sulla Campania della Commissione bicamerale, approvata il 26 gennaio 2006.
[3] Seduta della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti del 9 marzo 2005.
[4] Relazione territoriale sulla Campania della Commissione Bicamerale approvata il 26 gennaio 2006.
[5] Seduta della Commissione Bicamerale sul ciclo dei rifiuti del 6 luglio 2005.
[6] Intervista del 4 gennaio 2008 al quotidiano «il manifesto».
[7] Seduta della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti del 9 marzo 2005.
[8] Dichiarazione del Commissario Tommaso Sodano nella Seduta della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti del 6 luglio 2005.
[9] Seduta della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti dell'8 febbraio 2005.
[10] Seduta della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti del 6 luglio 2005.
[11] Relazione territoriale sulla Campania della Commissione bicamerale approvata il 26 gennaio 2006.
[12] Seduta della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti dell'8 febbraio 2005.
[13] Relazione territoriale sulla Campania della Commissione bicamerale approvata il 26 gennaio 2006.
[14] Seduta della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti del 6 luglio 2005.
[15] Seduta della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti del 6 luglio 2005.
[16] Reperibile nel sito
http://www.ecoistituto.com/file/studi/Lombardia-Veneto%20confronto%20sistemi%20di%20raccolta.doc
[17] G. Agamben, Stato di eccezione, Torino, Bollati-Boringhieri, 2003, pp. 20-21.
 


Sanità e tessere, così fan tutti di Gian Antonio Stella - Corriere della Sera

Dalle intercettazioni su Mastella la conferma che la politica ha allungato le mani sulla sanità
«Cercasi radiologo targato Ds». «AAA. Cercasi pediatra vicino An». «AAA. Cercasi neurochirurgo convintamente Udc». Dovrebbero avere l'onestà di pubblicare annunci così, i partiti: sarebbero più trasparenti. Perché questo emerge dalle intercettazioni della «Mastella Dynasty»: la conferma che la politica ha allungato le mani sulla sanità. Padiglione per padiglione, reparto per reparto, corsia per corsia. A donna Alessandrina, che oltre a preparare cicatielli con ragù di tracchiole si diletta di spartizione di poltrone, sarebbero servite «due cortesie: una in Neurochirurgia e una in Cardiologia». Il marito invece, a sentire lo sfogo telefonico del consuocero Carlo Camilleri, si sarebbe arrabbiato assai per «l'incarico di primario a ginecologia al fratello di Mino Izzo... Ma ti pare... Proprio il fratello di uno di Forza Italia che è di Benevento ed è contro di me... Ma non teniamo un altro ginecologo a cui dare questo incarico?». Vi chiederete: che se ne fa Clemente d'un ginecologo «suo»? E poi, con nove milioni di processi pendenti e i tagli folli ai bilanci dei tribunali e i giudici che si portano la carta igienica da casa, come faceva il ministro della Giustizia a trovare il tempo di occuparsi della bottega clientelare?
Ecco il punto: è in corso da anni, ma diventa sempre più combattuto e feroce, un vero e proprio assalto dei segretari, dei padroni delle tessere, dei capicorrente al mondo della sanità. Visto come un territorio dove distribuire piaceri per raccogliere consensi. Vale per il Sud, vale per il Nord. Per le regioni d'un colore o di un altro. Nella Vibo Valentia in mano al centrosinistra ardono le polemiche sulla decisione di distribuire 40 primariati (di cui 38 a compaesani vibonesi: evviva l'apertura alle intelligenze mondiali), 85 «primariati junior» e 153 bollini d'«alta specializzazione» in coincidenza con le primarie del Pd e il consolidamento del Partito Democratico Meridionale di Loiero, capace di folgorare un uomo noto in città come il primario del 118 Antonio Talesa, prima con An. Nel Veneto divampano quelle sull'«arroganza» (parola del capogruppo leghista in Regione Franco Manzato) di Giancarlo Galan. Il quale è messo in croce da un paio di settimane dai suoi stessi alleati del centro-destra per le nomine dei direttori generali nelle Asl. «Poltrone per la Lega, una. Per An, zero. Per l'Udc, zero. Per i fedelissimi del presidente, tutte le altre», ha riassunto un giornale non sinistrorso come Libero. «Un sistema feudale», secondo Raffaele Zanon, di An. In pratica, accusa Stefano Biasioli, il segretario della Cimo, la più antica delle sigle sindacali dei medici ospedalieri, additata come vicina ai moderati, «Galan ha nominato 23 fedelissimi su 24 direttori. Tranne che a Bussolengo (lì ha dovuto cederne uno al sindaco di Verona Tosi) sono tutti suoi. Di Forza Italia...».
Ma non diverse sono le accuse, a parti rovesciate, contro la gestione delle Asl «unioniste» toscane, umbre, emiliano-romagnole, «solo che lì il "partito" è così forte che se ne stanno tutti quieti e zitti», rincara Biasioli. Per non dire dei veleni intorno alla distribuzione di cariche nella sanità campana, cuore delle inchieste di oggi. O degli scontri interni alla destra per l'accaparramento dei posti in Sicilia, dove su tutti svetta l'Udc di Totò Cuffaro. Il quale non casualmente è un medico in una terra in cui i medici (compresi quelli legati alla mafia come Michele Navarra o più recentemente Giuseppe Guttadauro) hanno sempre pesato tantissimo. Quanto questo peso sia attuale si è visto, del resto, alle ultime comunali di Messina. Quando tra i candidati c'erano almeno 111 medici. In buona parte ospedalieri. Tra i quali, in particolare, una ventina del «Papardo», la più importante struttura peloritana: il primario di oculistica e quello del laboratorio analisi, il primario di medicina e quello di neurologia, il primario di pneumologia e quelli di chirurgia vascolare, cardiologia, rianimazione. Quasi tutti schierati con An. E indovinate a che partito apparteneva il direttore generale? Esatto: An. «Li hanno militarizzati tutti», accusò indignato Nunzio Romeo, il candidato del Mpa. Peccato che lui stesso fosse medico e presidente dell'Ordine dei Medici e guidasse a nome del medico Raffaele Lombardo una lista con 41 medici.
Pietro Marrazzo, il governatore del Lazio, dice che basta, per quanto lo riguarda è ora di finirla: «Se vogliamo marcare una svolta di sistema io ci sto. Sono qui. Disposto a rinunciare già domani mattina alla facoltà di nominare i direttori generali». Ma quanti colleghi lo seguirebbero? E cosa direbbero i partiti che sostengono la sua giunta all'idea di rinunciare alla possibilità di incidere su un settore chiave come questo? E' una tentazione comune a tutti, accusa Carlo Lusenti, segretario dell'Anao: «Se non sempre, la politica mette il naso 9 volte su 10. Per carità, non c'è solo la politica. Ci sono le lobby universitarie, le cordate, i sindacati... Però...». «E' un'intrusione massiccia. Capillare», conferma Biasioli, presidente della Società ligure di chirurgia Edoardo Berti Riboli: «Nel nostro ambiente si procede soltanto grazie al partito. Fra destra o sinistra non faccio differenze. Hanno la stessa voracità, solo che la sinistra è molto più strutturata». Capita nell'«azzurra» Lombardia dove la stessa Padania scatenò due anni fa una campagna contro «lo strapotere di Comunione e Liberazione negli ospedali regionali». Arrivando a pubblicare un elenco di «primari ciellini» e un'indimenticabile lettera di Raffaele Pugliese. Lettera in cui il primario del Niguarda ricordava ai «suoi» pazienti quanto fosse fantastica la sanità lombarda. Quindi? «Mi permetto di suggerirLe di sostenere la rielezione dell'attuale presidente della giunta regionale Roberto Formigoni». E torniamo al tema: alcuni saranno bravi, altri geniali, altri straordinari. Ma perché dovremmo affidare la nostra pelle a un medico scelto per la tessera? E se il «mio» chirurgo fosse un fedelissimo trombone?
Gian Antonio Stella
18 gennaio 2008

 


Poltrone e torroncini Le «armi» di lady Sandra di Gian Antonio Stella, Corriere della Sera

«Nella buona e nella cattiva sorte»: non poteva che andare così, la love story di Clemente & Alessandrina, sancita quando lui diede a lei il primo bacio sulla spiaggia newyorkese di Oyster Bay, Long Island. Insieme al catechismo, insieme nella gioventù cattolica, insieme all'altare, insieme nella scalata al potere, insieme nei guai giudiziari. Roba da fotoromanzi d'altri tempi. Quelli in cui lui dice a lei: «Salvati! Sono perduto!» E lei: «Mai! Piuttosto morta!» Certo, non è la loro l'unica coppia della politica italiana. Basti ricordare Palmiro Togliatti e Nilde Jotti (contro i quali i parroci affiggevano perfidi manifestini: «Non solo Togliatti ci ha l'amante / ma la ricopre di pellicce e brillanti») oppure sul fronte opposto Raffaele Jervolino e Maria de Unterrichter, ministro lui e sottosegretario lei. O ancora, in tempi recenti, Piero Fassino e Anna Serafini. Clemente e Alessandrina («Così mi chiamo: il segretario comunale era fissato coi diminutivi e registrava tutte le neonate così: Franceschina, Carmelina, Assuntina...») hanno però qualcosa di speciale. Lui ammise un giorno: «Io non sono Clinton e Sandra non è Hillary». Per anni, però, dopo averla svezzata portandosela dietro ai congressi democristiani («Stavo seduta in prima fila per un'intera settimana») ha cercato d'imporla nel «suo» mondo. Prima piazzandola su poltrone come quella di commissario straordinario della Croce rossa regionale o di amministratore dell'Azienda di soggiorno di Capri. Poi tentando di farla eleggere alla Camera, quindi ipotizzando lanciarla come sindaco di Benevento («La gente mi vorrebbe ma al Nord non capirebbero») e infine sistemandola non solo come consigliere ma addirittura alla guida dell'assemblea regionale. Familismo? Fece spallucce: «La verità è che senza Sandra il Consiglio sarebbe rimasto imballato. Ringraziassero il cielo con la faccia per terra».
Lei ricambiò compiendo a Ceppaloni il primo viaggio ufficiale da presidentessa, accolta dal marito ministro e sindaco del paesello sannita con la fascia tricolore: «Signor sindaco...», «Signora presidente...». Non bastasse, non ha perso occasione in questi anni di dipingere il consorte con toni agiografici non si sa quanto venati di ironia: «È il più grande statista del mondo». Ne parla, ha scritto Aldo Cazzullo, come se parlasse di Adenauer. E giura che non è amore: «Lo stimo». Quando hanno letto il provvedimento giudiziario firmato dal giudice per le indagini preliminari Francesco Chiaromonte, quelli che conoscono un po' Clemente & Alessandrina, il loro entourage familiare, la loro rete di rapporti politici hanno sorriso. Perché, se in Internet c'è chi esulta, a partire da www.mastellatiodio.com e dal blog di Beppe Grillo che mette in primo piano un video mastelliano con la canzone «Vaffanculo» di Marco Masini, è fuori discussione che almeno una parte delle accuse contestate appaiono a prima vista sconcertanti anche al più incallito degli anti-mastelliani. Una multa stracciata? Un'interrogazione parlamentare presentata per dare fastidio al direttore generale dell'ospedale Caserta Luigi Annunziata? Una pressione su Bassolino perché «desse loro una utilità consistita nell'assicurare loro la nomina a commissario dell'Area Sviluppo Industriale di Benevento di una persona designata dal Mastella»? Per carità, può darsi che i magistrati abbiano in mano prove schiaccianti di reati non ancora rivelate. Come può darsi che la scelta di cedere subito l'inchiesta a Napoli riconoscendo la propria incompetenza ma solo «dopo» avere spiccato gli ordini di cattura e avere terremotato la politica italiana sia formalmente corretta. Si vedrà. Una eventuale forzatura, però, sarebbe devastante. Perché ciò che i critici rimproverano a Clemente e Alessandrina, fermo restando l'obbligo di colpire i reati, ha a che fare più con la sanzione morale che con i provvedimenti giudiziari. Mai negato, Clemente, il suo modo di fare politica. Lo scrisse anche in un vecchio diario spiegando come occupa i momenti liberi: «Ne approfitto per sbrigare qualche pratica clientelare: pensioni, richieste di trasferimento, assunzioni, sussidi vari, orfani e invalidi civili». E ammiccava: «Mi raccomandano i figli che devono fare gli esami di maturità. Rispondo di sì a tutti, in realtà non mi impegno». Cos'è poi una raccomandazione? «Un peccato veniale. Per molto tempo servita a riequilibrare le ingiustizie nord-sud». Per lui la politica è questo: «Non può essere testimonianza od oltranza». Se lo sfidano risponde: «Sono Mastellik, sulle poltrone non mi fregano». Vogliamo dirlo? Nella sfrontatezza con cui parla di potere, sindaci, ministeri o sottosegretariati, c'è un candore che fa di lui un politico meno ipocrita e più trasparente di tanti altri. La moglie, che Dagospia incoronò come «femmina d'irreparabile bellezza », è uguale. Parola di Clemente: «È Sandra che tiene per me i contatti con la gente comune. Da lei capisco quello che pensa. Partecipa a comunioni e matrimoni. Cinquanta regali solo in giugno. Ci vorrebbe un'indennità supplementare per i deputati del Sud». Lei manda torroncini natalizi a centinaia di persone e lei si batte per la Falanghina e il caciocavallo di Castelfranco in Miscano e le provole affumicate del Matese e lei porta il marito al Columbus Day per incontrare gli emigrati di New York che possono tornare comodo e ancora lei organizza spettacolari serate a casa con decine di invitati («A mio marito per i 25 anni di matrimonio non ho chiesto l'anello col brillante ma una cucina da ristorante ») ed elettori e amici e clienti. Perché, certo, anche ieri ha ripetuto che lei e Clemente fanno politica in difesa «dei valori cattolici». Ma come li difendi, questi valori, senza un po' di primari, di assessori, di consiglieri comunali, di caporedattori o direttori nelle Asl?
Gian Antonio Stella
17 gennaio 2008


Ciechi e sordi di regime - Di Antonietta M. Gatti

 
 
Io sono virtuosa. Io divido il mio rifiuto domestico in modo che possa essere riciclato.
Ho in giardino un bidone per il compostaggio che poi utilizzo per le mie quattro piante. Ma soprattutto divido la plastica, il cartone e il vetro. Ho tre bidoni che regolarmente porto nelle apposite campane, sperando che il gestore (HERA nel mio caso) le utilizzi nel “modo giusto”, cioè convogli quel rifiuto a ditte che lo riutilizzino. Ad esempio, tutta la carta ed il cartone può essere riciclato per avere di nuovo carta, così come pure la plastica ed il vetro per avere plastica e vetro. La plastica può essere inglobata in materiali compositi per creare panchine, setti divisori, ecc.,  mentre il vetro può far parte di cementi o di asfalti. Purtroppo tutte le persone cui mi sono rivolta per sapere che cosa diventa la mia plastica a Modena non hanno avuto una risposta da darmi. Quello che vedo è che una ditta di San Cesario sita a ridosso dell’autostrada che sicuramente raccoglie il vetro dalle campane, lo tritura e lo accumula creando colline che diventano sempre più grandi. Dunque, viene riutilizzato in minima parte. Non è un vero riciclo.
Questo, comunque, sarebbe il modo giusto di procedere per smaltire i rifiuti, ma purtroppo ci può essere anche un modo non giusto. Chi raccoglie il materiale (l’azienda HERA, società per azioni, che ha anche una partecipazione municipalizzata) è anche il gestore dell’inceneritore che incenerisce il nostro pattume. Questi si trova nella bellissima situazione di avere a disposizione materiali già separati che potrebbero essere utilizzati in modo diverso. La plastica, ad esempio, è un materiale  molto calorico che se bruciato fa aumentare la temperatura della camera d’incenerimento. Quindi la mattina presto, dopo una notte in cui l’inceneritore, ovviamente, non è stato spento ma ha lavorato a regime  diverso la plastica serve per alzare la temperatura senza spendere troppo in gas metano.
Ma a mezzogiorno, quando la temperatura è alta, le immissioni di NOx aumentano molto e potrebbero sforare i limiti, allora si può  immettere il verde (fresco e bagnato) per diminuire la temperatura.
Io riciclo anche gli oli per friggere, le vaschette di alluminio, le scatolette di stagno, ossia separo anche i metalli, il legno, e gli elettrodomestici obsoleti e/o pericolosi. Io credo che il mio lavoro attento possa essere utile alla società e credo che meno roba mando a incenerire meno aria “sporca” respiro. La nostra aria è sempre più polverosa con polveri sempre più sottili e sempre più pericolose per la nostra salute.
Io sono virtuosa, ma tanti altri non lo sono. Alcuni non hanno la sensibilità verso l’ambiente che ho io. Basta guardare che cosa sta succedendo a Napoli. Gli amministratori non sono, né lo sono stati in passato, in grado di gestire i rifiuti dei cittadini che pagano le tasse ma non hanno in cambio servizi idonei.
Sono sotto gli occhi di tutti le montagne dei rifiuti e le soluzioni personali che alcuni trovano: incendiare i cassonetti per attirare l’attenzione degli amministratori che guardano sempre da un’altra parte ma che continuano a ricevere lo stipendio (per fare che cosa, resta da chiarire). Ma questa non è una soluzione: anzi, si aggrava il problema. E’ vero, le montagne di rifiuti sono brutte, maleodoranti, attirano i topi, sono un ben di Dio per i batteri e possono essere pericolose per la salute dei cittadini, ma bruciarle peggiora i rischi perché le esalazioni e le polveri che la combustione genera possono causare patologie ancora più gravi.
Se qualcuno dei bambini o delle persone anziane che hanno respirato quei miasmi comincia ad avere sintomi di stanchezza, vomito o diarrea, sarebbe bene si mettesse subito in contatto con me.
Ora il problema sta figliando problemi anche per l’economia perché i turisti dribblano Napoli. Del resto, le montagne di rifiuti scoraggerebbero chiunque. Ora l’emergenza è scoppiata in tutta la sua virulenza. Occorra risolverla. Ci ha pensato l’Onorevole Prodi che ha bacchettato le Regioni e le Province chiedendo a gran voce di dare una mano. Alcuni amministratori hanno raccolto l’invito. Anche Modena, la città in cui vivo, non si è tirata indietro. La nostra provincia in prima fila ha detto sì: inceneriremo 5000 tonnellate d’immondizia.
Non è stato chiesto il parere alla popolazione. Abbiamo un tetto e soprattutto avevamo una promessa dai nostri amministratori che non avremmo incenerito rifiuti da altre regioni. Dopo aver incenerito i rifiuti della Karen B, (ve la ricordate la nave carica di veleni che nessun porto accettava?) ci avevano fatte delle promesse che saltano appena si intravede un vantaggio politico personale o un vantaggio monetario.
Allora che cosa succederà la prossima settimana?: che tutti noi respireremo i rifiuti di Napoli. Rifiuti non differenziati, per cui plastiche, batterie, scatolette e altro finiranno nella nostra aria già compromessa dalla nostra industrializzazione (la Pianura Padana è tra le zone più inquinate del mondo). Sì, perché noi superiamo i limiti consentiti dalla legge, limiti, peraltro, larghissimi, un giorno su due. E le cose stanno peggiorando perché la nube di polvere che ci avvolge come una cappa non se ne va quando vogliamo noi. Ristagna e se ne frega dei limiti. Se piove o nevica o tira il vento una parte si deposita al suolo, ma noi lo rigeneriamo con le nostre combustioni (automobili, fabbriche, inceneritori, ecc.). Siamo oltre al limite di legge e paghiamo multe alla Comunità Europea per questi sforamenti continui. Allora, che cosa fanno i nostri amministratori?: tentano di raddoppiare l’inceneritore, prendono rifiuti da altre regioni e fermano il traffico per un giorno. I conti, signori, non tornano.
È matematico: se aumento le combustioni, le polveri aumentano. Quindi, più multe pago alla Comunità Europea e più danni facciamo alla nostra salute.
Come può un amministratore pubblico, perché pubblico pagato dai cittadini, prendersi la responsabilità di mettere a rischio la salute dei suoi datori di lavoro? Capisco che se “un Prodi” chiede un favore ad un politico locale, questo si sente in dovere di esaudire la richiesta, in cambio, magari, di un credito da riscuotere. Se poi si guadagna anche, perché no. Dei cittadini.. chi se ne…
I nostri amministratori come quelli di Napoli sono affetti da una robusta miopia che impedisce loro di arrivare a vedere fino a domani, ma ultimamente sono diventati anche sordi. I cittadini di tutta Italia si sono riuniti in comitati per la salute e gridano nelle piazze che c’è una emergenza salute, anche perché ormai ogni famiglia ha un malato di cancro in casa (lo dicono le statistiche) . Ormai è un problema nazionale che però solo i cittadini vedono. Gli amministratori non percepiscono. Almeno, non nelle giuste proporzioni e con il giusto approccio.
I nostri politici hanno aderito subito, anche perché così si può “ridire” che serve il raddoppio dell’inceneritore di Modena: c’è materiale da bruciare!
Come far capire a sordi e ciechi che le emissioni gassose o di particolato fanno male? Respirare poi ad esempio il nichel, il cadmio, il litio delle batterie combuste (materiali considerati tossici dalle associazioni del cancro, non può far bene.
Se la Comunità Europea ha già allestito una legge per regolare le polveri, vuol dire che ha già verificato che queste sono dannose alla salute. Polveri più o meno sottili possono provocare cancro e patologie cardiovascolari. Gli inceneritori, i cosiddetti “termovalorizzatori” come le discariche a cielo aperto, fumanti o no rappresentano un pericolo per la nostra salute. E’ già arcinoto a tutti tranne ai nostri amministratori. Quindi, ci dovremo respirare le batteria e le plastiche di Napoli e dovremo farlo in silenzio; chi protesta, chi cerca di tutelare la salute dei propri figli può venire caricato e picchiato, come è successo a Pianura.
Abbiamo un’unica, piccola soddisfazione: anche loro e i loro figli e nipoti, loro degli amministratori, intendo, si respirano la stessa nostra aria; e loro e le loro cellule non sono immuni dal “contagio”. Pertanto anche i nostri amministratori si potrebbero ammalare esattamente come chiunque. Aumentando la quantità di polveri in aria aumenta la probabilità. Aumentando le polveri metalliche, la probabilità aumenta esponenzialmente. Qui non si tratta di fare la Cassandra, ma si sta facendo della matematica probabilistica.
Che cosa dobbiamo fare per avere amministratori non ciechi e non sordi?