Indigestione di "rospi": la senatrice Franca Rame preannuncia le ... - Agenzia Radicale

Indigestione di "rospi": la senatrice Franca Rame preannuncia le ... - Agenzia Radicale - 2 gen 2008 - Franca Rame, "stanca di ingoiare rospi", ha deciso di dimettersi dalla carica di senatrice. Il preannuncio è stato dato in un'intervista a La Stampa dalla ...


TUTTI A TORINO!

DOMANI, ALLE ORE 14,30, L’ADDIO AL COMPAGNO GIUSEPPE DEMASI PERITO TRAGICAMENTE CAUSA IL ROGO DELLA FABBRICA DOVE LAVORAVA. SPERIAMO DI NON DOVER PIU' SEPPELLIRE LAVORATORI CHE MUOIONO PER POTER CAMPARE. SAREMO PRESENTI, CON TUTTO IL NOSTRO DOLORE E LA NOSTRA RABBIA. franca rame e dario fo
 
Immigrati contro la Rame: "Traditi da te". "Chi siete?" (Corriere della Sera)
Dario Fo: "beati gli schiavi" (Il Manifesto)
Peggio dei Barbari (La Stampa ed. Torino)
Più sicurezza nel Medioevo (La Stampa ed. Torino)
Franca Rame contro il Cardinale (La Stampa)
Thyssen, ultimo funerale. La rabbia di Torino (il Mattino)
Oggi l'ultimo funerale (La Stampa ed. Torino)
Tragedia Thyssen: ai funerali di Demasi anche Franca Rame


DOPO UN DELUDENTE 2007 CI ASPETTIAMO UN PROFICUO 2008

di: Antonio Diomede, Presidente REA - Radiotelevisioni Europee Associate

description

-->Il 2007 è oramai alle nostre spalle e meno male che sia andato via! E’ stato un anno di forti preoccupazioni per il nostro Paese in preda ad una crisi politico - istituzionale di grande portata dalla quale non se ne intravede ancora una credibile positiva via d’uscita. La litigiosità dei partiti è ai massimi livelli mentre la nazione arretra ed i cittadini diventano sempre più poveri ed impotenti di fronte alla arroganza del potere ed ai privilegi dei politici.

Il nostro settore, quello delle emittenti locali, della stampa e dell’informazione in generale, essendo la cartina di tornasole che misura il livello della vita democratica presente nel Paese, ha registrato un pauroso arretramento. I primi sintomi furono segnalati nel rapporto della nota organizzazione americana non governativa Freedom House in occasione della giornata mondiale per la libertà di stampa (edizione 2007). L’Italia risulta al 61° posto, dopo il Portogallo (12°), Germania, Irlanda e Stati Uniti (16°), Canadà e San Marino (22°), Gran Bretagna (31°), Francia e Giappone (39°), Spagna (46°).

Dopo di noi troviamo Capo Verde, Guyana, São Tomé (?). I Paesi al mondo dove l’informazione è più libera risultano essere la Finlandia e l’Islanda. Nella conferenza stampa di fine anno, il Presidente Prodi ha ammesso l’inattività del Governo sulla riforma del sistema radiotelevisivo «nonostante le decine di lettere di sollecito ricevute da più parti» per l’attuazione del Programma dell’Unione «Più Informazione, più libertà». Tra quelle lettere c’è anche quella della REA, firmata dal Presidente Antonio Diomede e controfirmata dal Consiglio Generale (www.reasat.it/content/documenti/Lettera%20a%20Prodi.pdf), forse mai letta da Prodi, ma certamente letta dal Ministro Gentiloni al quale non è affatto piaciuta in quanto mette in discussione alcuni passi strategici della Sua legge di presunta riforma.

La lettera della REA evidenzia il fatto che il «duopolio» non viene sostanzialmente ridimensionato, che Rete Quattro rimane a terra, che il digitale è solo strumento di propaganda politica e non di serio sviluppo tecnologico per il Paese, che l’emittenza locale non viene tutelata dalle Reti nazionali... Siamo convinti che quella proposta di legge Gentiloni, se approvata così com’è, farà arretrare l’Italia dal 61° al 161° posto nella graduatoria mondiale in fatto di libertà di stampa e d’informazione.

E’ proprio vero che «non tutti i mali vengono per nuocere» e se la riforma del sistema radiotelevisivo deve essere quella proposta da Gentiloni è meglio che Prodi se la tenga nel cassetto piuttosto che tradire il Programma dell’Unione, per il quale, seppure per poco più di ventimila voti, ha vinto la competizione elettorale. Ad una promessa di Programma elettorale non mantenuta si può sempre rimediare.

Tradimento, invece, sarebbe considerato l’approvazione di una legge contraria alle promesse del Programma (www.reasat.it/content/documenti/Unione.pdf). Lasciato, dunque, un 2007 deludente, ci aspettiamo un proficuo 2008 che ci porti una legge elettorale democratica, un nuovo Parlamento con rappresentanti eletti dal popolo e non dai partiti, un Governo stabile, un programmma di Governo a favore della crescita economica del Paese, una vera riforma del sistema radiotelevisivo che preveda l’abbattimento del duopolio e sostenga lo sviluppo del pluralismo informativo attraverso la tutela dell’emittenza radiofonica e televisiva locale.

Come ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, vogliamo fortemente far parte «dell’Italia che vuole crescere» e per il 2008, la REA intende intraprendere grandi iniziative a sostegno delle imprese associate. Il primo tangibile risultato e che il 2008 le emittenti riceveranno contributi a fondo perduto raddoppiati; entro gennaio 2008 decollerà definitamente il circuito de «Le 100 radio + Belle d’Italia» e si inizierà a pianificare la pubblicità nazionale; a febbraio sarà realizzato un servizio speciale da Sanremo; entro marzo sarà costituito il consorzio di radio e tv locali per la raccolta della pubblicità istituzionale; ad aprile/maggio si giocherà a Modena la partitissima di calcio NazionaleDJ - REA in favore dei bambini di Nassirya; per l’estate sono in cantiere diverse manifestazioni nazionali con la partecipazione di artisti famosi ed emergenti; a novembre è in programma la seconda edizione del forum nazionale «Musica, Informazione & Pubblicità».

Inoltre, la REA, come sempre, terrà costantemente d’occhio l’attività politica e parteciperà a tutte le riunioni istituzionali dell’anno proponendo istanze per la tutela delle emittenti associate e del settore in generale.
 
Creato da mariaricciardig
 
 
http://www.liberacittadinanza.it/

Argomento: 

Le migliori trenta buone notizie di Amnesty International sui diritti umani del 2007

Le migliori trenta buone notizie di Amnesty International sui diritti umani del 2007

24 gennaio: Siria / diritti dei migranti e dei rifugiati
Yassin Suleiman e suo padre, Akash Suleiman, due curdi espulsi dalla Norvegia in violazione delle norme internazionali e arrestati il 21 dicembre 2006 al loro arrivo in Siria, sono stati rilasciati a seguito di un'azione urgente di Amnesty International. Il loro arresto era, con ogni probabilità, collegato alla militanza di Yassin Suleiman nel Partito curdo democratico progressista, le cui attività non sono tollerate in Siria.

23 febbraio: Canada / “guerra al terrore”
La Corte suprema ha bocciato una legge che permetteva di tenere in carcere, senza processo, cittadini stranieri sospettati di terrorismo sulla base di informazioni raccolte dai servizi segreti.

9 marzo: Iran / rilasci
A seguito di un'azione urgente di Amnesty International, 31 delle 33 donne arrestate il 4 marzo 2007 nella capitale Tehran nel corso di una manifestazione per i diritti delle donne, sono state rilasciate.

29 marzo: Stati Uniti d'America / “guerra al terrore”
Bisher al-Rawi, un cittadino iracheno residente nel Regno Unito, catturato in Gambia nel novembre 2002, grazie a informazioni dei servizi di sicurezza britannici, consegnato ad agenti Usa e trasferito nel centro di detenzione di Guantánamo Bay, è stato rilasciato. Amnesty International chiedeva da quattro anni al governo inglese di premere sulle autorità Usa per ottenere un processo equo o il suo immediato rilascio.

5 aprile: Eritrea / diritti delle donne
Il governo ha messo al bando le mutilazioni genitali femminili. Il provvedimento 158/2007 prevede che "chiunque richieda, inciti o promuova la circoncisione femminile, mettendo a disposizione strumenti o in qualunque altro modo, o sia al corrente che una circoncisione femminile sia avvenuta o stia per avvenire e non ne informi prontamente le autorità competenti, sarà punito con una multa o il carcere".

12 aprile: Arabia Saudita / pena di morte
Una donna, conosciuta come "signorina S" o "la ragazza di Khamis Mushayt", condannata a morte nel 2005 per aver ucciso un uomo che la ricattava, è stata perdonata dalla famiglia della vittima. In base alla legge islamica la famiglia di una persona uccisa può perdonare l'assassino, con o senza un risarcimento in denaro.

18 aprile: Stati Uniti d'America / prigionieri di coscienza
Agustin Aguayo, obiettore di coscienza adottato da Amnesty International, è stato rilasciato da una prigione militare Usa situata in Germania. Un mese prima, era stato condannato a otto mesi per aver rifiutato di prendere parte alla guerra in Iraq.

2 maggio: Sudan / giustizia internazionale
Il Tribunale penale internazionale ha emesso due ordini di cattura per altrettanti cittadini sudanesi accusati di 51 distinti crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi nel Darfur. Si tratta dell'attuale ministro per gli Affari umanitari, Ahmad Harun, e del leader delle milizie janjawid, Ali Muhamad Ali Abdelrahman.

3 maggio: Bulgaria / diritto d'asilo
Rispondendo alle pressioni dei soci di Amnesty International, la Corte d'appello di Varna ha deciso che Annadurly Khadzhiev, cittadino del Turkmenistan, non potrà essere estradato nel suo paese. Khadzhiev è il leader del gruppo di opposizione in esilio "Watan". A febbraio le autorità turkmene avevano chiesto la sua estradizione a quelle bulgare. Amnesty International aveva lanciato un'azione urgente evidenziando il rischio che, se la richiesta fosse stata accolta, l'oppositore avrebbe potuto essere torturato e condannato al termine di un processo iniquo.

14 maggio: Israele / detenzione amministrativa
Ahmad Abu Haniya, un cittadino palestinese il cui caso era seguito da Amnesty International, è stato rilasciato dopo aver trascorso due anni in detenzione amministrativa. Era stato arrestato il 18 maggio 2005 a un posto di blocco, mentre si recava al lavoro al Centro per l'informazione alternativa, un’associazione israelo-palestinese che ha sede a Gerusalemme. Ahmad Abu Haniya è rimasto in detenzione amministrativa, senza accusa né processo, perché considerato dalle autorità israeliane “un pericolo per la sicurezza della regione”, prima nella prigione militare di Ofer in Cisgiordania, poi in quella di Ketziot, nel sud di Israele.

30 maggio: Bosnia / giustizia internazionale
Zdravko Tolimir, ufficiale serbo bosniaco incriminato per genocidio e altri crimini commessi nella città bosniaca di Srebrenica nel 1995, è stato arrestato in Bosnia Erzegovina e trasferito al Tribunale internazionale per l'ex Jugoslavia. Tolimir è accusato dell'uccisione di oltre 7000 abitanti di Srebrenica, della deportazione di migliaia di civili dai villaggi bosniaci e dell'esecuzione sommaria di prigionieri bosniaci catturati dai militari serbi. Amnesty International sollecitava da tempo il suo arresto.

8 giugno: Ruanda / pena di morte
Il parlamento ha abolito la pena di morte con 45 voti a favore e 5 contrari. Il provvedimento consentirà, tra l'altro, di processare persone accusate del genocidio del 1994 e residenti all'estero, la cui richiesta di estradizione veniva rifiutata proprio a causa della presenza della pena di morte nell'ordinamento del paese africano.

8 giugno: Viet Nam / prigionieri di coscienza
Nguyen Vu Binh, cyberdissidente adottato da Amnesty International come prigioniero di coscienza, è stato rimesso in libertà. Era stato arrestato nel 2002 e condannato per "spionaggio" a sette anni di carcere, per aver pubblicato su Internet articoli sulla democrazia e aver scambiato mail con esponenti dell'opposizione in esilio.

12 giugno: Sierra Leone / diritti delle donne
Il parlamento ha approvato una legge che mette al bando la violenza domestica e tutela i diritti delle donne in materia di eredità e di registrazione dei matrimoni tradizionali.

21 giugno: Federazione russa / giustizia internazionale
La Corte europea dei diritti umani ha condannato la Russia per violazione degli articoli 2, 3, 5 e 13 della Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, in relazione al caso di Zura Bitiyeva, una nota attivista per i diritti umani, assassinata in Cecenia il 21 maggio 2003. Amnesty International si era occupata del suo caso già nel 2000, quando la donna era stata imprigionata in un centro di detenzione di Chernokozovo. È stata assassinata, con ogni probabilità, perché, tornata in libertà, si era rivolta allo stesso organo di giustizia internazionale, denunciando l'illegalità e le condizioni inumane della propria detenzione.

27 giugno: Consiglio d'Europa / “guerra al terrore”
L'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha adottato la risoluzione e la raccomandazione su "detenzioni segrete e trasferimenti illegali di prigionieri che coinvolgono gli Stati membri del Consiglio d'Europa", presentate dal senatore Dick Marty.

29 giugno: Uzbekistan / pena di morte
La Camera alta del parlamento ha approvato un emendamento costituzionale che abolisce la pena di morte.

2 luglio: Italia / diritti dei migranti e dei rifugiati
Una direttiva emessa dal ministero dell'Interno, sollecitata dalla campagna "Invisibili" della Sezione Italiana di Amnesty International, introduce la presunzione di minore età in caso di incertezza nella determinazione dell'età di un migrante giunto alla frontiera italiana. La legge italiana prevede il divieto di espulsione per i migranti minorenni.

24 luglio: Libia / pena di morte
Sei operatori sanitari bulgari, arrestati nel 1999 e condannati due volte a morte con l'accusa di aver contagiato col virus dell'Hiv oltre 400 bambini degenti in un ospedale libico, sono stati rimessi in libertà al rientro in Bulgaria. Una settimana prima, i sei avevano ottenuto la commutazione della condanna a morte in ergastolo. Un successivo accordo tra Libia e Bulgaria, sotto gli auspici dell'Unione europea, aveva consentito il loro trasferimento in patria. Amnesty International aveva seguito il loro caso sin dall'arresto.

11 agosto: Cuba / prigionieri di coscienza
Francisco Chaviano, prigioniero di coscienza adottato da Amnesty International, è stato rilasciato. Era stato arrestato nel 1994, quando presiedeva il Consiglio nazionale cubano per i diritti umani e condannato a 15 anni di carcere per aver rivelato "segreti riguardanti la sicurezza dello Stato".

12 settembre: Iraq / rilasci
Tre attivisti turchi, aderenti a "Ozgur-Der", un'associazione per i diritti alla libertà di pensiero e di educazione, sono stati rilasciati e hanno fatto rientro in Turchia. Metin Demir, Mustafa Egilli e Hasip Yokus, erano stati arrestati nel giugno 2006 dai servizi segreti curdo iracheni. Accusati di spionaggio, erano stati torturati e tenuti in isolamento per lunghi periodi di tempo. Amnesty International aveva lanciato appelli in loro favore.

25 settembre: Italia / pena di morte
Amnesty Italia ha espresso grande soddisfazione per il voto con cui il parlamento ha eliminato dalla Costituzione la possibilità di reintrodurre la pena di morte in Italia. La modifica dell'articolo 27 della Costituzione completa anche formalmente il cammino abolizionista del nostro paese, escludendo una reintroduzione della pena di morte mediante una legge ordinaria.

1° ottobre: Stati Uniti d'America / “guerra al terrore”
Mohamed Ali Mohamed Nasser, cittadino yemenita, è stato rilasciato dal centro di detenzione di Guantánamo Bay e ha fatto rientro nel suo paese di origine. Arrestato in Pakistan alla fine del 2001, era stato trasferito alla base navale Usa all'inizio del 2002. Dichiarato "rilasciabile" già un anno fa, è rimasto in prigione per altri 12 mesi.

17 ottobre: Mali / pena di morte
Il governo ha presentato al parlamento un disegno di legge che abolisce la pena di morte. Il presidente Amadou Toumani Tourè, in un passaggio relativo a questa iniziativa all'interno di un suo discorso alla Nazione, ha fatto riferimento ai valori di umanità, compassione, perdono e clemenza.

23 ottobre: Consiglio d’Europa / giustizia internazionale
Il 23 ottobre 2007 Cipro ha ratificato la Convenzione europea sull'azione contro la tratta di esseri umani. Questa ratifica consente a oltre due anni dalla sua adozione l'entrata in vigore della Convenzione. L'Italia l'ha firmata nel giugno 2005 ma non l'ha ancora ratificata. Amnesty Italia continua a sollecitare questa ratifica.

24 ottobre: Myanmar / prigionieri di coscienza
U Paik To, leader della Lega nazionale per la democrazia, il principale partito di opposizione del paese, è stato rilasciato. Era stato arrestato il 25 settembre nella città di Pakokku, dove erano state organizzate le prime manifestazioni di protesta represse nel sangue dalla giunta militare. Amnesty International aveva lanciato un'azione urgente chiedendo la sua scarcerazione.

9 novembre: Messico / prigionieri di coscienza
Magdalena Garcia Duran, prigioniera di coscienza adottata da Amnesty International, è stata scarcerata dopo 18 mesi di carcere. Era stata arrestata il 4 maggio 2006 a San Salvador Atenco, insieme ad altre 206 persone, quando oltre 3000 agenti di polizia posero fine a una serie di manifestazioni promosse dal Fronte dei popoli in difesa della terra. Incriminata per sequestro di persona e attentato alle vie di comunicazione, è rimasta un anno e mezzo in carcere prima di essere scagionata da ogni accusa.

13 novembre: Repubblica Ceca / discriminazione
La Corte europea dei diritti umani ha concluso che la Repubblica Ceca ha discriminato le bambine e i bambini Rom assegnandoli, a causa delle loro origini, a scuole speciali per alunni con difficoltà di apprendimento. Il caso riguarda 18 bambine e bambini Rom della città di Ostrava che, tra il 1998 e il 1999, erano stati assegnati a scuole speciali sulla base di test inattendibili e pregiudicati dalla valutazione sulla loro origine. La Corte europea ha stabilito che la Repubblica Ceca ha violato l'art. 14 (divieto di discriminazione) in connessione con l'art. 2 (diritto all'istruzione) della Convenzione europea dei diritti umani.

6 dicembre: Stati Uniti d'America / pena di morte
Anche l'ultima esecuzione prevista nel 2007, quella del quasi settantenne Tommy Arthur in Alabama, è stata sospesa in attesa della decisione della Corte suprema federale, attesa nella primavera del 2008, sulla possibile incostituzionalità del metodo dell'iniezione di veleno. Da quando la Corte suprema federale ha deciso di occuparsi della questione, negli Usa è in vigore una sorta di moratoria di fatto. L'ultima esecuzione ha avuto luogo il 25 settembre.

18 dicembre: Nazioni Unite / pena di morte
Con 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astensioni, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione per una moratoria sulle esecuzioni capitali.

19.12.2007


Buon Capodanno da Franca

 

 

Care amiche e cari amici, purtroppo Franca in questi giorni non ha possibilità di connettersi alla rete.  In attesa di potere tornare a scrivere nel blog vi saluta con un grande abbraccio e augura a tutti una buona fine 2007 e un anno nuovo pieno di sorrisi.

 

La redazione si unisce all'augurio.

                                  
                                               


Quella messa in carcere che mi ha commosso - di Dario Fo

CORRIERE DELLA SERA – Lombardia - Milano
Il  Nobel
RITROVARE IL CUORE
Commosso da una messa.
di DARIO FO  -  Per sentirmi a posto con l’anima questo Natale vado in galera. Sì, proprio in galera.
Quella messa in carcere che mi ha commosso.          
 
 
Uno dei pochi posti in questa città dove non si può chiudere gli occhi davanti agli esclusi, ai disperati. Per me che sono laico questo è un modo di dar senso alle feste. L’ho già fatto una volta, sono andato a messa a San Vittore. Non per devozione ma perché lo ritengo un dovere civico. In più, a officiare il rito, c’era il cardinale Tettamanzi. Uno che quando parla parla chiaro. Solo qualche giorno prima, in occasione della festa di Sant’Ambrogio aveva ricordato il monito evangelico della collettività dei beni. Un messaggio che oggi suona rivoluzionario. Perché Milano è una città che si è dimenticata di avere un cuore e anche una dignità. Ciascuno, anche se si proclama cattolico, vive il Natale chiuso nella sua nicchia, tappandosi occhi e orecchie per non farsi turbare dalla sofferenza e dalle difficoltà degli altri. Non era questa la tradizione di Milano, qui vigeva la cultura dell’accoglienza. E proprio già dai tempi di Ambrogio, quando Agostino, un nord africano, qui era accettato e riconosciuto come un intellettuale di grande levatura che la città si onorava di ospitare. Ma quella che oggi è sopravvissuta ben poco ha a che fare con la grande tradizione industriale di un tempo. Quando chi faceva i “danè” riteneva suo dovere civile spenderne una parte per opere di valore sociale. Non era buonismo, ma semplice orgoglio cittadino. Salvaguardare la dignità degli altri, nel lavoro e nella vita quotidiana, vuol dire salvaguardare anche la propria. Per dirla con Victor Hugo, siamo tornati dei Miserabili.
Abitanti egoisti di una città truffaldina che pensa solo a fare affari.
Dario Fo

Argomento: 

L’Italia non legittimi azioni unilaterali in Kosovo - Appello di senatrici e senatori

E’ ormai evidente come la secessione del Kosovo dalla Serbia rischi di innescare un nuovo conflitto nei Balcani, estendibile a breve ai già delicati equilibri in Bosnia e Macedonia. Questo pericolo è segnalato da un rapporto dell'intelligence NATO del 13 dicembre scorso e deve essere assolutamente evitato. Sarebbe oltremodo contraddittorio concedere al Kosovo ciò che si nega alla Repubblica Serba di Bosnia, alimentando così quel legittimo sospetto che vede le diplomazie dei maggiori stati adottare la politica dei “due pesi e delle due misure”. Vogliamo augurarci che il governo italiano abbia tratto lezione dagli avvenimenti passati e non si appresti a sostenere scelte unilaterali che alimenterebbero nuovi conflitti.

E’ altrettanto evidente come la partecipazione italiana ad una nuova missione militare europea in Kosovo, senza il mandato delle Nazioni Unite, si configurerebbe come una legittimazione delle forze secessioniste in Kosovo e un atto ostile nei confronti della Serbia. Di questo non ha alcun bisogno la politica estera italiana né quella europea.

Il fallimento del negoziato in sede di Nazioni Unite conferma che la strada della secessione unilaterale del Kosovo, sostenuta apertamente dagli Stati Uniti e da alcuni stati dell’Unione Europea, getterebbe nuovamente il peso del conflitto sulla spalle dell’Europa, rendendo drammatiche le responsabilità negative dell’Italia nel nuovo scenario balcanico.

LItalia ha grandi responsabilità sulla stabilità dei Balcani e sulla questione del Kosovo in particolare. Parte di queste responsabilità sono effetto della decisione presa otto anni fa di partecipare ai bombardamenti della NATO contro un paese europeo – la Serbia – e di condividere la creazione di un protettorato militare internazionale in Kosovo. Ma le responsabilità di oggi rischiano di essere più gravi di quelle nella guerra scatenata nel 1999.

Esortiamo pertanto il governo italiano a sottrarsi da qualsiasi sostegno, legittimazione e riconoscimento di iniziative unilaterali di secessione nella regione. Di conseguenza a non inviare nuovi contingenti in Kosovo. Nessuna soluzione di pace e duratura è possibile se non è rispettosa dei diritti e della storia di tutti i soggetti esistenti nei Balcani.

Le senatrici e i senatori della Repubblica che firmano quest’appello si batteranno nelle sedi dovute e necessarie – Commissione Affari Esteri e Difesa al Senato, Aula Parlamentare e a livello pubblico e sociale – al fine di evitare un’altra svolta tragica nei Balcani.

Sen. Francesco Martone
capogruppo Prc-Se Comm.ne Affari Esteri Senato
Sen. Giorgio Mele
capogruppo SD Comm.ne Affari Esteri Senato
Sen. Armando Cossutta
capogruppo PdCI-Verdi Comm.ne Affari Esteri Senato
Sen. Fosco Giannini
capogruppo Prc-Se Comm.ne Difesa Senato
Senatrice Silvana Pisa
capogrupp SD Comm.ne Difesa Senato
Senatrice Manuela Palermi
capogruppo PdCI-Verdi Commissione Difesa Senato
Sen. Josè Luiz Del Roio
Prc – Se
Senatrice Lidia Menapace
Prc-Se
Sen.Giovanni Russo Spena
Prc- Se
Sen.Cesare Salvi
SD
Senatrice Franca Rame
Gruppo Misto
Sen.Franco Turigliatto
Gruppo Misto-Sinistra Critica
Sen.Piero Di Siena
SD
Sen.Claudio Grassi
Prc-Se
Sen.Paolo Brutti
SD
Senatrice A.Maria Palermo
Prc-Se
Senatrice Olimpia Vano
Prc-Se
Senatrice M.Celeste Nardini
Prc-Se
Senatrice Haidi Gaggio Giuliani
Prc-Se
Senatrice Tiziana Valpiana
Prc-Se
Sen. Nuccio Jovene
SD
Sen. Giovanni Gonfalonieri
Prc-Se
Senatrice Anna Donati
PdCI-Verdi
Sen. Salvatore Allocco
Prc-Se
Sen.Fernando Rossi
Gruppo Misto
Sen.Giuseppe Di Lello
Prc-Se
Senatrice Silvana Amati
Partito Democratico -L’Ulivo
Sen.Raffaele Tecce
Prc- Se
Sen.Stefano Zuccherini
Prc-Se
Sen.Gianpaolo Silvestri
PdCI-Verdi
Senatrice Maria Pellegatta
PdCI – Verdi
Sen. Dino Tibaldi
PdCI-Verdi
Sen.Mauro Bulgarelli
PdCI-Verdi
Sen.Natale Ripamonti
PdCI-Verdi
Sen.Tommaso Sodano
Prc-Se
Senatrice Loredana De Petris
PdCI-Verdi


Il Paese dove i potenti vanno in galera

di Alexander Stille
La Repubblica - 21 dicembre 2007

La condanna a 23 mesi di carcere inflitta negli Usa a Michael Vick, uno dei massimi campioni di football americano, per aver organizzato combattimenti illegali tra cani è dimostrazione di un´importante realtà della giustizia americana: i potenti vanno in galera. Si può discutere sul caso specifico, cioè se sia giusta o meno una condanna a due anni di carcere per maltrattamenti ad animali, e il sistema giudiziario americano che attualmente tiene dietro le sbarre quasi 2,25 milioni di persone è ampiamente criticabile, ma possiede alcune virtù che altri paesi, e l´Italia in particolare, farebbero bene a tener presenti: la giustizia è rapida e si infliggono pene severe ai ricchi e ai potenti. Ecco qualche esempio recente.

Il governatore del Connecticut John Rowland, potente repubblicano di profilo nazionale, fu costretto alle dimissioni nel 2004 per aver accettato che una ditta eseguisse gratuitamente lavori di ristrutturazione nella sua casa di vacanza. Nel marzo 2005, imputato di corruzione, fu condannato ad un anno e un giorno di carcere. Entrò in cella due settimane dopo e scontò nove mesi.

Il governatore dell´Illinois, George Ryan, anch´egli potente repubblicano, fu costretto a lasciare l´incarico e finì in tribunale alla fine del 2005 per degli appalti concessi a persone amiche ottenendo in cambio doni e vacanze pagate. Condannato nell´aprile 2006, ha iniziato a scontare la pena di sei anni e mezzo di detenzione nel novembre 2007, esauriti i gradi di giudizio.

Jeffrey Skilling, amministratore delegato della Enron, la società energetica texana che fu tra i maggiori finanziatori della campagna elettorale del presidente George Bush, ha iniziato a scontare lo scorso anno una condanna a 24 anni di prigione. Skilling, oggi cinquantaquattrenne, potrebbe quindi passare il resto della vita in carcere per il ruolo avuto nella gestione truffaldina della Enron. L´ex direttore finanziario della società è stato condannato a sei anni nonostante le riduzioni di pena ottenute grazie alla sua testimonianza al processo.

Randall Cunningham, congressman repubblicano sessantaquattrenne, è stato condannato a otto anni e quattro mesi per tangenti ed evasione fiscale. Ha iniziato a scontare la pena entro un anno dalle sue dimissioni dal Congresso.

Tom Delay, potentissimo capogruppo repubblicano alla Camera, è stato costretto alle dimissioni per uno scandalo di fondi neri. Secondo l´accusa avrebbe fatto uso illegittimo di fondi elettorali in Texas. Benché finora non sia stato condannato per alcun reato, la dirigenza repubblicana lo ha invitato a lasciare il seggio in parlamento fino alla conclusione dell´iter giudiziario.

Tutti questi casi sono di utile insegnamento. Dimostrano che violare la fiducia pubblica è una cosa seria. La magistratura è stata rapida e inflessibile, nonostante il notevole peso politico degli imputati. Tutti appartengono al partito al potere e questo significa che né George Bush né il congresso repubblicano sono intervenuti o avevano il potere di impedire che la giustizia facesse il suo corso. Non voglio dire con questo che la corruzione è endemica nel partito repubblicano. In realtà negli anni ´90, quando era presidente Bill Clinton, un´ondata di casi simili coinvolse i democratici, proprio perché la gestione del potere crea maggiori occasioni di corruzione. Ma in entrambi i casi, i pubblici ministeri federali competenti, pur dipendendo da funzionari a nomina politica, hanno considerato loro dovere mandare in prigione i trasgressori, compagni di partito inclusi. Alcuni imputati hanno cercato di dipingersi come vittime della stampa o dei pubblici ministeri locali di diverso orientamento politico, ma una volta emerse le prove inequivocabili dei reati commessi, sono stati abbandonati dai compagni di partito.

Nel sistema americano i pubblici ministeri sono più apertamente politicizzati rispetto all´Italia. I reati federali rientrano nella competenza dei procuratori degli Stati Uniti, designati dall´esecutivo a Washington. I reati locali sono di competenza dei procuratori distrettuali, funzionari eletti, di orientamento partitico dichiarato. I fini politici possono essere contestabili a livello individuale, ma ciò che conta sono i fatti. Se un pubblico ministero produce prove certe di un illecito, nessuno, neppure i più stretti alleati politici dell´imputato, può permettersi di ignorarle, indipendentemente dalla fonte da cui provengono.

Quando il governatore del Connecticut Rowland, in generale molto stimato, fu costretto ad ammettere di aver beneficiato gratuitamente di costosi interventi di ristrutturazione della sua casa sul lago, undici dei quindici membri repubblicani del Senato del Connecticut hanno chiesto le sue dimissioni. «Ha perso la fiducia della gente», così Christopher Shays, membro del Senato del Connecticut, spiega il motivo per cui Rowland, suo intimo amico e alleato, ha dovuto lasciare l´incarico, pur avendo in seguito regolarmente saldato i lavori eseguiti nella sua proprietà.

Al di là del generale consenso politico esistente negli Usa sul fatto che l´illegalità, in qualunque ambito, è inaccettabile, anche l´atteggiamento degli imputati qui in America è diverso. Il governatore Rowland, inizialmente si è scagliato contro i suoi accusatori, ma alla fine si è espresso sulla sua vicenda giudiziaria in termini che indicano consapevolezza delle proprie colpe. Scarcerato, Rowland ha ammesso di essersi fatto prendere la mano dall´arroganza del potere. «Nella mia carriera di politico ho incontrato moltissime persone pronte a incensarti quando sei in posizione di potere. Finisci per credere a quello che dicono di te i comunicati stampa del tuo ufficio, ti senti al centro di tutto, e inizi a rimuovere il resto».

La differenza con l´Italia è, in tutta franchezza, molto forte. In Italia gli imputati finiscono in cella, talvolta a torto, prima di essere condannati per un qualsiasi reato, ma in pratica non vanno mai in prigione dopo la condanna, per lo meno se sono ricchi e potenti. Le cause si trascinano per anni e le condanne non comportano conseguenze fino all´esaurimento di tutti i gradi di giudizio, un iter che richiede spesso più di un decennio. Se gli imputati siedono in Parlamento vi restano fino all´ultimissimo momento senza ricevere alcun invito a dimettersi. Anche dopo una condanna le conseguenze sono minime, ammorbidite da leggi ad personam o da amnistie, così che il "potente di turno" al massimo trascorre qualche mese agli arresti domiciliari nella lussuosa dimora acquistata con i frutti del suo operato corrotto. E nonostante le condanne, montagne di prove e sentenze mitissime, nelle interviste questi signori si dipingono come vittime innocenti e si scagliano contro chi ha osato svelare le loro malefatte.

La cosa forse peggiore è che in Italia gli elementi oggettivi paiono contare pochissimo rispetto alle fonti che li producono. Così come nell´attuale caso Rai-Berlusconi-Saccà - nessuno contesta la veridicità delle intercettazioni telefoniche del dirigente Rai Agostino Saccà e quasi nessuno parla del quadro agghiacciante della gestione di potere in Italia - ma vengono respinte perché vengono dalla cosiddetta "armata rossa della magistratura" e perché sono state pubblicate da Repubblica.

Forse l´aspetto più importante della realtà americana, portata qui ad esempio, è che negli Usa esistono delle istituzioni, come i tribunali e la stampa, che, indipendentemente dal colore politico, operano in autonomia, producendo elementi oggettivi da tenere necessariamente in considerazione, nel bene e nel male. A ragione o a torto, quando un sito web conservatore pubblicò le prove della relazione del Presidente Clinton con Monica Lewinsky, immediatamente perse importanza la fonte della rivelazione, importante era stabilirne l´autenticità. Lo stesso accadde quando un altro sito pubblicò le prove che Rudolph Giuliani aveva messo la sua amante, diventata poi sua moglie, sotto la protezione della polizia a spese dei contribuenti. Quando la veridicità dell´informazione fu confermata, Giuliani fu costretto a scusarsi e a fornire spiegazioni.

Può essere legittimo rifiutarsi di adottare il moralismo americano, ma il rispetto della legalità, la rapidità dei procedimenti giudiziari e il principio di comminare ai potenti pene severe come mezzo per scoraggiare l´abuso di potere, sono realtà che è bene tenere in considerazione.

 

Argomento: 

L’ITALIA A CAPORETTO di Antonietta M. Gatti

Il New York Times ed il Times hanno sentito il bisogno di fare il punto della situazione su che cosa è l’Italia e dove sta andando, perché i segnali e le notizie che arrivano da casa nostra sono sempre più contrastanti, preoccupanti e, dal punto di vista giornalistico, sempre più difficili da comprendere. Come si può spiegare che in un paese moderno il cambio d’indirizzo politico possa dipendere dal fatto che una signorina abbia o non abia un ruolo in una fiction? Attenti, non stiamo dicendo che l’andamento di un paese sia influenzato da una donna (nel passato, da Elena di Troia in poi, alcune donne hanno avuto un ruolo determinante nella storia) ma che il governo con una maggioranza inconsistente possa cadere per il fatto che un senatore non sia stato accontentato nelle sue giuste brame private.
Gli Americani, che pure di scandali se ne intendono, certe sottigliezze levantine non le capiscono e fustigano il nostro paese come superficiale, ma lo etichettano anche come paese di serie C, e così pure gli Inglesi. Siamo in un declino spaventoso, i nostri capi non se ne rendono conto e tentano così di replicare sulla stampa italiana (non su quelle internazionale) piagnucolando che la visione degli americani è errata. I casi sono due: o sono talmente miopi che manco si rendono conto di aver bisogno di occhiali o sono ormai così abituati a questo “andazzo” da crederlo ineccepibile.
Siamo  arrivati al punto che la corruzione e il fare il proprio “particulare” è del tutto normale. Gli scandali legati a questa attività non si contano più e chi li denuncia, chi osa alzare la testa, viene punito.
Persone comuni di buon senso, ma anche magistrati, vengono emarginati facendoli passare per visionari, per bugiardi. I nostri “capitani” stanno dirigendo la nostra nave verso un abisso e non vogliono interferenze. Non si accorgono che nell’abisso ci andranno anche loro e i loro figli (eppure sono tutti, in genere, molto paterni). Ma un conto è andarci come noi poveri mortali con la pancia vuota, un conto è andarci ben pasciuti e con una poltrona attaccata al deretano.
Questa loro miopia, questa loro indiferenza verso la “res pubblica”, ci stanno impoverendo. “L’intellighenzia” se ne è già andata, ma c’è un costante flusso delle nuove generazioni verso paesi più democratici dove il lavoro di ognuno viene compreso, incentivato, lodato quando è il caso.
Da noi siamo arrivati ad un punto in cui l’intelletto che è rimasto viene sfruttato e lo è da un governo che si proclama di sinistra: una volta era il partito dei lavoratori; ora cosa è rimasto?: una “cosa” che non ha neanche un nome. Miopi e di poca cultura, si sono lasciati sfuggire tutta la linfa nuova.
Ma dove sono i fustigatori dei nostri costumi, i novelli Catone?  Sono pochi, tutti gli altri sono asserviti ad una logica di potere che è quella che dà il pane quotidiano. Anche solo briciole, a volte. Possiamo solo contare su qualche comico (ad esempio Beppe Grillo) e qualche giornalista (ad esempio Travaglio) che sferzano il sistema, il quale, però, erige il suo antico muro di gomma e se ne frega.
Ma stiamo assistendo ad una nuova svolta del potere il quale, se preso in castagna, si difende contrattaccando. Vedi l’esempio di magistrati che per avere solo intrapreso delle indagini che toccano il Palazzo vengono a loro volta inquisiti e condannati preventivamente. Perché?: perché non hanno presentato il Modello X in tempo o perché non hanno messo la firma nel Modulo Y nel giusto angolino di destra. Così, li si fa passare, loro, per delinquenti, per magistrati in odore di non buona condotta sul lavoro. Come fisico, ricordo che 30 anni fa si fece una cosa simile con il prof. Clementel, (presidente del CNEN). Dato che le sue idee non piacevano, il Palazzo verificò che la sua firma su registri di esame era stata apposta in una data in cui lo stesso era in missione. Un errore, una svista che è costato il carcere  e poi la carriera.
Scendendo a livelli più bassi, andando a sbirciare nel microcosmo delle politiche locali, ci si accorge che le cose vanno nello stesso modo. I potentati della zona, per piccoli che siano, hanno capito bene la lezione dei grandi e li emulano in tutto e per tutto pur di continuare a mantenere i loro privilegi ed i loro interessi. Se questi vanno a danno di qualcuno o anche di un’intera popolazione loro non se ne curano, purché questo non venga detto. Il crimine ha bisogno di silenzio, non di clamore. Si possono citare alcuni casi come quello di un paese vicino a Udine dove c’è una fonderia che avvelena l’aria e gli abitanti. Questi, allora, si fanno fare le analisi in proprio non fidandosi dei dati ufficiali d’inquinamento e scoprono che quelli che sentivano i loro polmoni lo rilevano anche gli strumenti. Allora il padrone dello stabilimento li cita per danni. Hanno creato allarme. La stessa cosa sta capitando con i portuali di Venezia. Gli addetti ai servizi di trasporto pattume, riuniti in un sindacato chiamato Fiadel,  si sono lamentati delle condizioni insalubri in cui sono costretti a lavorare e, dopo vari tentativi per farsi ascoltare, hanno deciso di tassarsi per far eseguire delle analisi indipendenti. Il risultato, un risultato che va d’accordo con le loro patologie, non è piaciuto all’Azienda che ha citato il capo del Sindacato e gli chiede di risarcirli con 800.000 Euro per procurato allarme. Spiegazione: le tue condizioni di lavoro le valuta il capo della tua organizzazione e lui decide se esistono le condizioni di sicurezza o meno. E’ ovvio che se capita ciò che è successo alla Thyssen-Krupp, se capita che ci sono i morti, solo allora si constata che le condizioni effettivamente non erano quelle ideali. Però loro non lo sapevano. E finisce sempre tutto a tarallucci e vino oltre, ma la cosa è accessoria, a qualche bara.
C’è però un comma nella legge 626 che dice che ognuno è responsabile della propria sicurezza; quindi è diritto di ognuno di verificare se le condizioni di lavoro comportano un rischio anche non manifesto. Anni fa la Signora Milly Moratti mi confidò che, a suo avviso, l’aria di Milano stava diventando ogni giorno di più irrespirabile, ma che le centraline dell’aria non segnalavano incrementi d’inquinanti. Una stazione di rilievo che lei stessa coprò, tuttavia,  gli aumenti li segnalava. Dopo scambi di opinione più o meno accesi con il Direttore dell’Arpa, si verificò che gli strumenti  di regime non erano certificati e calibrati in modo corretto e che, essendo vecchi, non vedevano parte dell’inquinamento. C’è un altro esempio eccellente che si può citare. Alcuni mesi fa, appena fuori Treviso, è bruciata la ditta De Longhi. Il rogo ha interessato una parte dove erano stoccati imballaggi, la maggior parte dei quali di plastica. Dal punto di vista teorico, una certa quantità di diossina (un composto quanto mai tossico per la salute umana  e animale alivello di miliardesimi di milligrammo) doveva per forza liberarsi, ma l’ARPA, già poche ore dopo il rogo, “tranquillizzò” tutti proclamando che non c’era alcun rischio. Non è dato sapere come abbiano potuto dire una cosa del genere, viste che questo tipo di analisi necessita di alcuni giorni..
Poco dopo, i Carabinieri dissero che sì, diossina ce ne doveva essere, ma il comandante è stato  immediatamente bacchettato e costretto ad una goffa e imbarazzata retromarcia.
A distanza di qualche mese, la signora Benetton, che ha casa da quelle parti e forse il fumo nero ed acre se l’è anche respirato, ha fatto fare in proprio le analisi ed  è risultato che la diossina c’era.  L’erba, cibo degli animali, e le verdure cibo degli uomini sono state inquinate, ma tutti, comprese le donne incinte e i bambini quella roba de la sono respirata e, peggio, mangiata. Ma, naturalmente, da quel falò non è spuntata solo diossina, eppure, è bastato seppellire tutto nel dimenticatoio per ripulire magicamente il territorio. Nessuno dei responsabili pagherà. Si pretende, invece, che paghi chi queste porcherie le denuncia.
I nostri politici bagnano di lacrime di stato le bare dei lavoratori morti sul posto di lavoro, parlano a pappagallo di prevenzione, di norme, strepitano e tuonano, ma chi cerca di segnalare situazioni di potenziale rischio viene di fatto emarginato, fatto passare per uno squilibrato e, come se non bastasse, citato in giudizio per “procurato allarme”. Ma, allora, diteci: come si fa la sicurezza sul lavoro?
Dire la verità in questo paese, dove la parola democrazia perde ogni giorno di più il suo significato, non si può più.
Ma ricordatevi, voi che avete l’occhio puntato solo sul portafoglio (vostro), che le vostre scelte politiche, miopi e sconsiderate come sono, stanno avvelenando tutto, fino all’aria e quell’aria la respirate anche e la respirano i vostri figli. Al contrario di voi, l’inquinamento è molto democratico e va imparzialmente anche dove sono i ricchi, i potenti, le persone importanti e le ammazza né più né meno come ammazza chiunque altro. Una livella, per dirla con Totò.
Ricrdate il film di Fellini in cui un’orchestra e un direttore non si capiscono e da questa non esce alcun suono armonico, comprensibile? Nessuno serve a nessuno. L’immagine finale è quella di un fuggi-fuggi generale quando un gran batacchio attaccato ad una gru si abbatte sui locali in muratura dove risiede l’orchestra distruggendo ogni cosa. E’ un’immagine che mi sovviene spesso, perché in questo clima da basso impero, ritengo che solo una grande paura possa far rinsavire le menti dei nostri governanti e riportare il paese ad una corretta conduzione.


I figli di Babbo Natale

I figli di Babbo Natale  -  di Italo Calvino
Non c'è epoca dell'anno più gentile e buona, per il mondo dell'industria e del commercio, che il Natale e le settimane precedenti. Sale dalle vie il tremulo suono delle zampogne; e le società anonime, fino a ieri freddamente intente a calcolare fatturato e dividendi, aprono il cuore agli affetti e al sorriso. L'unico pensiero dei Consigli d'amministrazione adesso è quello di dare gioia al prossimo, mandando doni accompagnati da messaggi d'augurio sia a ditte consorelle che a privati; ogni ditta si sente in dovere di comprare un grande stock di prodotti da una seconda ditta per fare i suoi regali alle altre ditte; le quali ditte a loro volta comprano da una ditta altri stock di regali per le altre; le finestre aziendali restano illuminate fino a tardi, specialmente quelle del magazzino, dove il personale continua le ore straordinarie a imballare pacchi e casse; al di là dei vetri appannati, sui marciapiedi ricoperti da una crosta di gelo s'inoltrano gli zampognari, discesi da buie misteriose montagne, sostano ai crocicchi del centro, un po' abbagliati dalle troppe luci, dalle vetrine troppo adorne, e a capo chino dànno fiato ai loro strumenti; a quel suono tra gli uomini d'affari le grevi contese d'interessi si placano e lasciano il posto ad una nuova gara: a chi presenta nel modo più grazioso il dono più cospicuo e originale.

Alla Sbav quell'anno l'Ufficio Relazioni Pubbliche propose che alle persone di maggior riguardo le strenne fossero recapitate a domicilio da un uomo vestito da Babbo Natale.
L'idea suscitò l'approvazione unanime dei dirigenti. Fu comprata un'acconciatura da Babbo Natale completa: barba bianca, berretto e pastrano rossi bordati di pelliccia, stivaloni. Si cominciò a provare a quale dei fattorini andava meglio, ma uno era troppo basso di statura e la barba gli toccava per terra, uno era troppo robusto e non gli entrava il cappotto, un altro troppo giovane, un altro invece troppo vecchio e non valeva la pena di truccarlo.
Mentre il capo dell'Ufficio Personale faceva chiamare altri possibili Babbi Natali dai vari reparti, i dirigenti radunati cercavano di sviluppare l'idea: l'Ufficio Relazioni Umane voleva che anche il pacco-strenna alle maestranze fosse consegnato da Babbo Natale in una cerimonia collettiva; l'Ufficio Commerciale voleva fargli fare anche un giro dei negozi; l'Ufficio Pubblicità si preoccupava che facesse risaltare il nome della ditta, magari reggendo appesi a un filo quattro palloncini con le lettere S, B, A, V.
Tutti erano presi dall'atmosfera alacre e cordiale che si espandeva per la città festosa e produttiva; nulla è più bello che sentire scorrere intorno il flusso dei beni materiali e insieme del bene che ognuno vuole agli altri; e questo, questo soprattutto - come ci ricorda il suono, firulí firulí, delle zampogne -, è ciò che conta.
In magazzino, il bene - materiale e spirituale - passava per le mani di Marcovaldo in quanto merce da caricare e scaricare. E non solo caricando e scaricando egli prendeva parte alla festa generale, ma anche pensando che in fondo a quel labirinto di centinaia di migliaia di pacchi lo attendeva un pacco solo suo, preparatogli dall'Ufficio Relazioni Umane; e ancora di più facendo il conto di quanto gli spettava a fine mese tra " tredicesima mensilità " e " ore straordinarie ". Con qui soldi, avrebbe potuto correre anche lui per i negozi, a comprare comprare comprare per regalare regalare regalare, come imponevano i più sinceri sentimenti suoi e gli interessi generali dell'industria e del commercio.
Il capo dell’Ufficio Personale entrò in magazzino con una barba finta in mano: - Ehi, tu! - disse a Marcovaldo. - Prova un po' come stai con questa barba. Benissimo! Il Natale sei tu. Vieni di sopra, spicciati. Avrai un premio speciale se farai cinquanta consegne a domicilio al giorno.
Marcovaldo camuffato da Babbo Natale percorreva la città, sulla sella del motofurgoncino carico di pacchi involti in carta variopinta, legati con bei nastri e adorni di rametti di vischio e d'agrifoglio. La barba d'ovatta bianca gli faceva un po’ di pizzicorino ma serviva a proteggergli la gola dall'aria.
La prima corsa la fece a casa sua, perché non resisteva alla tentazione di fare una sorpresa ai suoi bambini. " Dapprincipio, - pensava, non mi riconosceranno. Chissà come rideranno, dopo! "
I bambini stavano giocando per la scala. Si voltarono appena. - Ciao papà.
Marcovaldo ci rimase male. -Mah... Non vedete come sono vestito?
- E come vuoi essere vestito? - disse Pietruccio. - Da Babbo Natale, no?
- E m'avete riconosciuto subito?
- Ci vuol tanto! Abbiamo riconosciuto anche il signor Sigismondo che era truccato meglio di te!
- E il cognato della portinaia!
- E il padre dei gemelli che stanno di fronte!
- E lo zio di Ernestina quella con le trecce!
- Tutti vestiti da Babbo Natale? - chiese Marcovaldo, e la delusione nella sua voce non era soltanto per la mancata sorpresa familiare, ma perché sentiva in qualche modo colpito il prestigio aziendale.
- Certo, tal quale come te, uffa, - risposero i bambini, - da Babbo Natale, al solito, con la barba finta, - e voltandogli le spalle, si rimisero a badare ai loro giochi.
Era capitato che agli Uffici Relazioni Pubbliche di molte ditte era venuta contemporaneamente la stessa idea; e avevano reclutato una gran quantità di persone, per lo più disoccupati, pensionati, ambulanti, per vestirli col pastrano rosso e la barba di bambagia. I bambini dopo essersi divertiti le prime volte a riconoscere sotto quella mascheratura conoscenti e persone del quartiere, dopo un po' ci avevano fatto l'abitudine e non ci badavano più.
Si sarebbe detto che il gioco cui erano intenti li appassionasse molto. S'erano radunati su un pianerottolo, seduti in cerchio. - Si può sapere cosa state complottando? - chiese Marcovaldo.
- Lasciaci in pace, papà, dobbiamo preparare i regali.
- Regali per chi?
- Per un bambino povero. Dobbiamo cercare un bambino povero e fargli dei regali.
- Ma chi ve l'ha detto?
- C'è nel libro di lettura.
Marcovaldo stava per dire: " Siete voi i bambini poveri! ", ma durante quella settimana s'era talmente persuaso a considerarsi un abitante del Paese della Cuccagna, dove tutti compravano e se la godevano e si facevano regali, che non gli pareva buona educazione parlare di povertà, e preferì dichiarare: - Bambini poveri non ne esistono più!
S'alzò Michelino e chiese: - È per questo, papà, che non ci porti regali?
Marcovaldo si sentí stringere il cuore. - Ora devo guadagnare degli straordinari, - disse in fretta, - e poi ve li porto.
- Li guadagni come? - chiese Filippetto.
- Portando dei regali, - fece Marcovaldo.
- A noi?
- No, ad altri.
- Perché non a noi? Faresti prima..
Marcovaldo cercò di spiegare: - Perché io non sono mica il Babbo Natale delle Relazioni Umane: io sono il Babbo Natale delle Relazioni Pubbliche. Avete capito?
- No.
- Pazienza -. Ma siccome voleva in qualche modo farsi perdonare d'esser venuto a mani vuote, pensò di prendersi Michelino e portarselo dietro nel suo giro di consegne. - Se stai buono puoi venire a vedere tuo padre che porta i regali alla gente, - disse, inforcando la sella del motofurgoncino.
- Andiamo, forse troverò un bambino povero, - disse Michelino e saltò su, aggrappandosi alle spalle del padre.
Per le vie della città Marcovaldo non faceva che incontrare altri Babbi Natale rossi e bianchi, uguali identici a lui, che pilotavano camioncini o motofurgoncini o che aprivano le portiere dei negozi ai clienti carichi di pacchi o li aiutavano a portare le compere fino all'automobile. E tutti questi Babbi Natale avevano un'aria concentrata e indaffarata, come fossero addetti al servizio di manutenzione dell'enorme macchinario delle Feste.
E Marcovaldo, tal quale come loro, correva da un indirizzo all'altro segnato sull'elenco, scendeva di sella, smistava i pacchi del furgoncino, ne prendeva uno, lo presentava a chi apriva la porta scandendo la frase:
- La Sbav augura Buon Natale e felice anno nuovo,- e prendeva la mancia.
Questa mancia poteva essere anche ragguardevole e Marcovaldo avrebbe potuto dirsi soddisfatto, ma qualcosa gli mancava. Ogni volta, prima di suonare a una porta, seguito da Michelino, pregustava la meraviglia di chi aprendo si sarebbe visto davanti Babbo Natale in persona; si aspettava feste, curiosità, gratitudine. E ogni volta era accolto come il postino che porta il giornale tutti i giorni.
Suonò alla porta di una casa lussuosa. Aperse una governante. - Uh, ancora un altro pacco, da chi viene?
- La Sbav augura...
- Be', portate qua, - e precedette il Babbo Natale per un corridoio tutto arazzi, tappeti e vasi di maiolica. Michelino, con tanto d'occhi, andava dietro al padre.
La governante aperse una porta a vetri. Entrarono in una sala dal soffitto alto alto, tanto che ci stava dentro un grande abete. Era un albero di Natale illuminato da bolle di vetro di tutti i colori, e ai suoi rami erano appesi regali e dolci di tutte le fogge. Al soffitto erano pesanti lampadari di cristallo, e i rami più alti dell'abete s'impigliavano nei pendagli scintillanti. Sopra un gran tavolo erano disposte cristallerie, argenterie, scatole di canditi e cassette di bottiglie. I giocattoli, sparsi su di un grande tappeto, erano tanti come in un negozio di giocattoli, soprattutto complicati congegni elettronici e modelli di astronavi. Su quel tappeto, in un angolo sgombro, c'era un bambino, sdraiato bocconi, di circa nove anni, con un'aria imbronciata e annoiata. Sfogliava un libro illustrato, come se tutto quel che era li intorno non lo riguardasse.
- Gianfranco, su, Gianfranco, - disse la governante, - hai visto che è tornato Babbo Natale con un altro regalo?
- Trecentododici, - sospirò il bambino - senz'alzare gli occhi dal libro. - Metta lí.
- È il trecentododicesimo regalo che arriva, - disse la governante. - Gianfranco è cosí bravo, tiene il conto, non ne perde uno, la sua gran passione è contare.
In punta di piedi Marcovaldo e Michelino lasciarono la casa.
- Papà, quel bambino è un bambino povero? - chiese Michelino.
Marcovaldo era intento a riordinare il carico del furgoncino e non rispose subito. Ma dopo un momento, s'affrettò a protestare: - Povero? Che dici? Sai chi è suo padre? È il presidente dell'Unione Incremento Vendite Natalizie! Il commendator...
S'interruppe, perché non vedeva Michelino. Michelino, Michelino! Dove sei? Era sparito.
" Sta’ a vedere che ha visto passare un altro Babbo Natale, l'ha scambiato per me e gli è andato dietro... " Marcovaldo continuò il suo giro, ma era un po' in pensiero e non vedeva l'ora di tornare a casa.
A casa, ritrovò Michelino insieme ai suoi fratelli, buono buono.
- Di' un po', tu: dove t'eri cacciato?
- A casa, a prendere i regali... Si, i regali per quel bambino povero...
- Eh! Chi?
- Quello che se ne stava cosi triste.. - quello della villa con l'albero di Natale...
- A lui? Ma che regali potevi fargli, tu a lui?
- Oh, li avevamo preparati bene... tre regali, involti in carta argentata.
Intervennero i fratellini. Siamo andati tutti insieme a portarglieli! Avessi visto come era contento!
- Figuriamoci! - disse Marcovaldo. - Aveva proprio bisogno dei vostri regali, per essere contento!
- Sí, sí dei nostri... È corso subito a strappare la carta per vedere cos'erano...
- E cos'erano?
- Il primo era un martello: quel martello grosso, tondo, di legno...
- E lui?
- Saltava dalla gioia! L'ha afferrato e ha cominciato a usarlo!
- Come?
- Ha spaccato tutti i giocattoli! E tutta la cristalleria! Poi ha preso il secondo regalo...
- Cos'era?
- Un tirasassi. Dovevi vederlo, che contentezza... Ha fracassato tutte le bolle di vetro dell'albero di Natale. Poi è passato ai lampadari...
- Basta, basta, non voglio più sentire! E... il terzo regalo?
- Non avevamo più niente da regalare, cosi abbiamo involto nella carta argentata un pacchetto di fiammiferi da cucina. È stato il regalo che l'ha fatto più felice. Diceva: " I fiammiferi non me li lasciano mai toccare! " Ha cominciato ad accenderli, e...
-E...?
- …ha dato fuoco a tutto!
Marcovaldo aveva le mani nei capelli. - Sono rovinato!
L'indomani, presentandosi in ditta, sentiva addensarsi la tempesta. Si rivesti da Babbo Natale, in fretta in fretta, caricò sul furgoncino i pacchi da consegnare, già meravigliato che nessuno gli avesse ancora detto niente, quando vide venire verso di lui tre capiufficio, quello delle Relazioni Pubbliche, quello della Pubblicità e quello dell'Ufficio Commerciale.
- Alt! - gli dissero, - scaricare tutto; subito!
" Ci siamo! " si disse Marcovaldo e già si vedeva licenziato.
- Presto! Bisogna sostituire i pacchi! - dissero i Capiufficio. - L'Unione Incremento Vendite Natalizie ha aperto una campagna per il lancio del Regalo Distruttivo!
- Cosi tutt'a un tratto... - commentò uno di loro. Avrebbero potuto pensarci prima...
- È stata una scoperta improvvisa del presidente, - spiegò un altro. - Pare che il suo bambino abbia ricevuto degli articoli-regalo modernissimi, credo giapponesi, e per la prima volta lo si è visto divertirsi...
- Quel che più conta, - aggiunse il terzo, - è che il Regalo Distruttivo serve a distruggere articoli d'ogni genere: quel che ci vuole per accelerare il ritmo dei consumi e ridare vivacità al mercato... Tutto in un tempo brevissimo e alla portata d'un bambino... Il presidente dell'Unione ha visto aprirsi un nuovo orizzonte, è ai sette cieli dell'entusiasmo...
- Ma questo bambino, - chiese Marcovaldo con un filo di voce, - ha distrutto veramente molta roba?
- Fare un calcolo, sia pur approssimativo, è difficile, dato che la casa è incendiata...
Marcovaldo tornò nella via illuminata come fosse notte, affollata di mamme e bambini e zii e nonni e pacchi e palloni e cavalli a dondolo e alberi di Natale e Babbi Natale e polli e tacchini e panettoni e bottiglie e zampognari e spazzacamini e venditrici di caldarroste che facevano saltare padellate di castagne sul tondo fornello nero ardente.
E la città sembrava più piccola, raccolta in un'ampolla luminosa, sepolta nel cuore buio d'un bosco, tra i tronchi centenari dei castagni e un infinito manto di neve. Da qualche parte del buio s'udiva l'ululo del lupo; i leprotti avevano una tana sepolta nella neve, nella calda terra rossa sotto uno strato di ricci di castagna.
Usci un leprotto, bianco, sulla neve, mosse le orecchie, corse sotto la luna, ma era bianco e non lo si vedeva, come se non ci fosse. Solo le zampette lasciavano un'impronta leggera sulla neve, come foglioline di trifoglio. Neanche il lupo si vedeva, perché era nero e stava nel buio nero del bosco. Solo se apriva la bocca, si vedevano i denti bianchi e aguzzi.
C'era una linea in cui finiva il bosco tutto nero e cominciava la neve tutta bianca. Il leprotto correva di qua ed il lupo di là.
Il lupo vedeva sulla neve le impronte del leprotto e le inseguiva, ma tenendosi sempre sul nero, per non essere visto. Nel punto in cui le impronte si fermavano doveva esserci il leprotto, e il lupo usci dal nero, spalancò la gola rossa e i denti aguzzi, e morse il vento.
Il leprotto era poco più in là, invisibile; si strofinò un orecchio con una zampa, e scappò saltando.
È qua? È là? no, è un po' più in là?
Si vedeva solo la distesa di neve bianca come questa pagina.


Soccorso rosè - Marco Travaglio

Uliwood party -  22  dicembre - E’ difficile far più ridere di Berlusconi e Saccà al telefono. Ma i politici che commentano Berlusconi e Saccà al telefono ci riescono benissimo. Il migliore resta sempre Bellachioma, che divide i dipendenti Rai fra “prostitute” e “comunisti”, con scarso riguardo per Vespa , Bergamini, Saccà, Del Noce e altri noti infiltrati del Comintern. A questo punto anche un leader dell’Unione a corto di idee potrebbe rispondergli facilmente con le sue parole bulgare: questo è “uso criminoso della televisione pubblica pagata con i soldi di tutti”.
 
   Invece nell’Unione , per non turbare il “dialogo sulle riforme”,   non c’è un leader e nemmeno un mezzo leader che dica qualcosa sul merito della faccenda, a parte le consuete giaculatorie sull’urgenza di riformare la Rai. Anzi l’unico che parla, cioè il compagno Tweed Berty, lo fa per dire mastellianamente che “le intercettazioni sono sempre cattive”. E, se questa è la “sinistra radicale”, figurarsi l’altra. Allineato e coperto l’organo di informazione rifondarolo , Liberazione:  “Intercettate le volgarità (sic, ndr) di Berlusconi, ma non è così che si fa la lotta politica”. Completa il soccorso rosso al Cavaliere l’avvocato Pisapia, che riesce financo a scavalcare i difensori  di  Berlusconi. L’on avvocato Ghedini si limita a protestare perché “la telefonata è uscita 24 ore dopo il deposito degli atti” (avrebbe preferito 48 ore dopo, per riaversi  dallo choc). L’ex on. avv. Pisapia, presidente della commissione ministeriale per la riforma del Codice penale, sostiene invece che “la telefonata è ancora coperta da segreto perché non sono terminate le indagini, dunque non è pubblicabile”, ergo l’Espresso ha commesso un “ reato gravissimo”. Ma non è vero niente: l’indagine si è chiusa martedì con l’avviso di conclusione indagini e il deposito degli atti agli indagati, cioè a Berlusconi e a Saccà, dunque non c’è alcun segreto né alcun reato, a parte quelli contestati a Berlusconi e Saccà , quelli sì gravissimi (corruzione); infatti nessuno ne parla. Dal soccorso rosso al soccorso rosè con venature azzurrine: il Polito delle Libertà, in commissione di Vigilanza, non ha votato la mozione del suo partito, il Pd, timidamente critica sul caso Berlusconi – Saccà. Motivo: non gli piacciono le intercettazioni. C’è chi non ama il rabarbaro e chi non digerisce i peperoni: Polito non sopporta le intercettazioni. Quindi prossimamente chiederà la scarcerazione di Provenzano e Lo Piccolo, nonché delle migliaia di terroristi, omicidi, rapinatori e stupratori presi grazie ai controlli telefonici? Per ora non arriva a tanto: come dichiara al Giornale berlusconiano (di cui è ospite fisso, oltre a collaboratore con Il Foglio e con Panorama), si contenta di lasciare le intercettazioni solo “per i reati di mafia e quelli associativi”. Idea non proprio originale, visto che la lanciò già Berlusconi nell’estate 2005, quando furono intercettati l’amico Fazio e i compari furbetti. Secondo Polito, “in altri paesi europei quel che accade da noi sarebbe impossibile”. E lui ne sa qualcosa, avendo vissuto a lungo a Londra, dove acquistò alcune pipe.
Purtroppo non lo hanno avvertito che le intercettazioni per i reati finanziari furono imposte all’Italia nel 2005 dalla legge europea sul “market abuse”; il che significa che per falso in bilancio, aggiotaggio, insider trading (e, a maggior ragione, per un reato ancor più grave come la corruzione) si intercetta in tutta Europa. Polito propone poi di “vietare la pubblicazione dei nomi dei pm”, ma neanche questa è originale: il copyright spetta a Licio Gelli. Polito però vorrebbe segretare anche i nomi degli indagati e fin qui – va detto a suo onore – Gelli non si era spinto. In Inghilterra – sostiene -  “se è indagato il primo ministro, la polizia dà comunicazioni anonime del tipo:  “Oggi è stato arrestato un uomo di 50 anni….”.  Il che è vero. Poi però i giornalisti scoprono che è il primo ministro. Lo scrivono. E il primo ministro si dimette all’istante, se non si è dimesso ancor prima che i giornali scrivessero di lui. L’ultimo ministro inglese che se ne andò per un articolo di giornale era quello dell’interno del governo Blair, sorpreso non a commettere reati, ma ad aiutare la colf della sua compagna a ottenere il permesso di soggiorno con qualche giorno di anticipo. In Italia non lo farebbero nemmeno entrare in Parlamento, ma perché non l’ha fatta abbastanza grossa.   
 
  

Argomento: 

Sesso pubblico e private virtu'.

Berlusconi chiedeva aiuto a Sacca', gli dice: "Per sollevare il morale del CAPO". Lo dice raccomandando attricette. Il capo e' lui, parla di se' in terza persona come Giulio Cesare. Con l'allocuzione "SOLLEVARE IL MORALE" invece e' chiaro a quale sua propria parte anatomica si riferisce.
Sputtanato dalla diffusione dell'audio dei suoi intrighi sessuali Berlusconi protesta.
Come protesto' D'Alema che preferiva le banche alle passere.
E io son d'accordo con loro. E' colpa dei giudici vanagloriosi se l'Italia e' diventata un caso pornograficobancario internazionale.
Intanto l'Italia viene sorpassata dalla Spagna dal punto di vista economico. Sul piano della mancanza di liberta' di stampa, l'enormita' del debito pubblico e sul numero di auto e cellulari invece la battiamo ancora noi.
Le statistiche ci informano che anche la Grecia ci ha ormai raggiunto. La Grecia!
Ci espelleranno dal G8 (il club delle grandi potenze), ci diminuiranno il numero dei posti macchina nel parcheggio dell'Onu, ci guarderanno con commiserazione ai party dell'Unesco... E probabilmente il Vaticano si trasferira' alle Canarie. Che umiliazione.
Luttazzi e' stato cacciato di nuovo dalla tv.
La Forleo e' stata trasferita in Africa: processera' beduini col cammello in divieto di sosta.
I giornali continuano a dedicare pagine e pagine a quel che i politici dicono. Non e' normale. Nel resto d'Europa la stampa si occupa solo di quel che i politici FANNO.
La situazione, in fondo, e' semplice: l'Italia e' preda di una banda di furbastri che volano sugli elicotteri della finanza.
La domanda e': come e' possibile smantellare questo inciucio ladrocinante?
Cambiare, per ora, appare impossibile.
E' possibile al massimo erodere.
Giudicando il governo Prodi bisognerebbe partire da qui.
E' un governo ostaggio di una banda di predoni in combutta con i briganti dell'opposizione.
La situazione e' talmente merdosa e incistata da 50 anni di pratiche sporche, che il massimo che possiamo sperare e' un governo che eroda qualche privilegio e un briciolo dei poteri delle corporazioni tenendo la barca a galla.
Evidente che sperare in qualche cosa di meglio e' illusione.
Ed e' duro per chi sogna un mondo migliore accettare il fatto che siamo messi talmente male che Prodi e' comunque meglio di Berlusconi e che non possiamo smettere di sostenere Prodi perche' questo governo sta facendo qualche cosa, ogni tanto, mentre Silvio manderebbe l'Italia allo sfascio.
E' un discorso difficile da fare ma bisogna farlo. Quando un sistema nazionale crolla come accadde in Argentina, sono i piu' poveri a pagare di piu'.
Il tanto peggio tanto meglio si misura in milioni di famiglie rovinate.
Certo, ora va male ma peggiorare la situazione non aiuta.
D'altra parte e' necessario rompere qualsiasi complicita' con questo stato di cose, nella speranza che l'evidenza del tracollo italiano muova piu' ampi settori sociali a farsi carico del cambiamento.
Ed e' per questo che alla fine mia madre ha deciso di dimettersi dal Senato. Proprio perche' e' necessario in questo momento far sapere agli italiani che se non si da' una sterzata anche con Prodi andiamo a sbattere contro il muro. Magari a minor velocita'...  Ma col nostro debito pubblico non possiamo proprio permettercelo.
Fino ad un certo punto era parso che la parte sana del centrosinistra avesse la forza di imporre un cambiamento lento ma deciso, mentre ora appare chiaro che questa parte della politica che ha a cuore il destino di tutti noi non ha proprio la forza di andare oltre a qualche limatura del male.
Importante certo, ma non sufficiente a dare decenza a una presenza in un sistema come questo.

Argomento: