FINANZIARIA: dichiarazioni di voto finale

Cari Amici,
finalmente ieri sera abbiamo approvato la prima lettura della finanziaria! Adesso tocca alla Camera dei Deputati. Sono tornata a casa a mezzanotte, dopo quasi 15 ore di lavori tra  tensione e incertezza... Ma è successo qualcosa di eccezionale: la finanziaria è stata approvata senza ricorso alla fiducia. Questo non accadeva da moltissimi anni!
Vi propongo tre  interventi in dichiarazione di voto: quello della Senatrice Finocchiaro, poi i Senatori Rossi e Ripamonti.  meravigliosi!
  
FINOCCHIARO (Ulivo). Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto rivolgo un ringraziamento vero al presidente Marini per primo e poi ai senatori Enrico Morando, Giovanni Legnini ed Antonio Boccia, oltre che alle senatrici ed ai senatori appartenenti al mio Gruppo e a quelli della maggioranza. Lo faccio in apertura perché non è la clausola di stile con cui normalmente noi chiudiamo i nostri interventi. È davvero un grazie sentito.
Colleghi, il nostro giudizio su questa finanziaria è ampiamente favorevole. Lo era sul testo del Governo, lo è sul testo che il Senato consegnerà alla Camera. Abbiamo mantenuto le nostre promesse. E non richiamerò i contenuti della finanziaria perché il suo esame è stato svolto in Aula in questi giorni ed è così ravvicinato da rendere quei contenuti noti all'Assemblea.
Quello che voglio dire, se i colleghi me lo consentono, è che l'approvazione della legge finanziaria qui al Senato, con questa maggioranza, senza il ricorso al voto di fiducia, ha un valore politico assai più importante dell'approvazione della legge in sé. Molti commentatori politici l'hanno già definito: "il cambio di fase", la "svolta", il "nuovo scenario". È così.
Mi rivolgo ai colleghi dell'opposizione. Mi rivolgo, in particolare, ai colleghi dell'UDC, di Alleanza Nazionale, della Lega e ai tanti colleghi di Forza Italia trascinati nell'insensatezza di una strategia politica decisa ed imposta dal presidente Berlusconi. (Commenti dal Gruppo FI). Una strategia politica decisa, imposta e sbagliata, innanzitutto per l'Italia, disastrosa per il centro‑destra, che è rimasto schiacciato nella morsa di un'attesa che si è snocciolata, sin dai primissimi giorni della legislatura, giorno dopo giorno, voto dopo voto, provvedimento dopo provvedimento, in attesa della cosiddetta spallata. Termine da partita di rugby. E che non è venuta su questa finanziaria, colleghi, per 715 votazioni.
E mentre questo accadeva, sulla stampa, nelle dichiarazioni pubbliche e private una ridda di indiscrezioni, di pettegolezzi, di retroscena. Espliciti anche sui tentativi di corruzione - come si chiama ovunque nel mondo - corruzione politica di nostri senatori. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV, Misto-CS e Misto-Pop-Udeur. Proteste dal Gruppo FI).
 
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di lasciar concludere la senatrice Finocchiaro.
 
FINOCCHIARO (Ulivo). Ne hanno parlato esplicitamente alcuni di voi, con accenti lievi ed irridenti, come se si trattasse di una cosa così, che si fa, si può fare e si può anche dire.
A segnalare che ad essere corrotta è, innanzitutto, un'idea della politica. Di più, mi sbagliavo, perché quella non è politica, ma cattiva pratica.
E non è - ne sono assolutamente certa - di tutto il centro-destra. Al contrario, e per sovrapprezzo, la cattiva pratica ha scacciato la politica. E vi ha condannato tutti, senza distinzioni, all'imbarazzato silenzio e all'attesa.
Mi tornava in mente stamane una poesia di Kavafis, che molti di voi conosceranno e di cui voglio ricordare qui soltanto qualche verso, anche per rasserenare il clima: «Che cosa aspettiamo così riuniti sulla piazza? Stanno per arrivare i barbari oggi. Perché un tale marasma al Senato? Perché i senatori restano senza legiferare? È che i barbari arrivano oggi. Che legge voterebbero i senatori? Quando verranno, i barbari faranno la legge». E finisce: «Come sono divenuti gravi i volti! Perché le strade e le piazze si svuotano così in fretta e perché rientrano tutti a casa con un'aria così triste? È che è scesa la notte e i barbari non arrivano. E della gente è venuta dalle frontiere dicendo che non ci sono affatto i barbari. E ora, che sarà di noi senza barbari? Loro erano comunque una soluzione».
È stato così. E molti di voi, colleghi, sanno che non c'è soluzione fuori dalla politica. Lo capisco anch'io che, come dice il presidente Berlusconi, sono comunque una donna. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur). La senatrice Bonfrisco non applaude, ma mi sorride, capisco.
Molti di voi autorevolissimi rappresentanti del centro-destra hanno dichiarato che, nel momento in cui questa finanziaria verrà qui approvata, si aprirà una nuova stagione per l'Italia e per la politica, perché a finire sarà la declinazione del bipolarismo come muro contro muro, spallate e ginocchiate, e si aprirà finalmente un nuovo tempo per il Paese, e per ciascuno di noi. Il tempo della riforme di cui discutere insieme, di una nuova legge elettorale, delle grandi questioni nazionali. Ciascuno dalla propria parte, ma insieme per l'Italia.
Anche perchè, lo sapete voi come noi, non c'è più tempo. I barbari non sono arrivati e ne abbiamo sprecato troppo. E questo è imperdonabile.
Non voglio tuttavia sottrarmi ad una riflessione sulla nostra maggioranza che vorrei fare in termini meno stucchevoli della proclamazione di una vittoria.
È una mia riflessione di questi giorni a cui l'intervento di Natale D'Amico, ieri, ha dato un contribuito essenziale. Ed è una riflessione che mi permetto di sottoporre anche al Governo...
 
PARAVIA (AN). Ma quale maggioranza?
 
FINOCCHIARO (Ulivo). Ieri, Natale D'Amico... (Commenti del senatore Paravia).
 
PRESIDENTE. Senatore Paravia, la prego.
 
FINOCCHIARO (Ulivo). La maggioranza che ti ha battuto per 715 volte in quest'Aula e che tra 5 minuti ti batterà ancora una volta. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur. Vivaci commenti dai banchi dell'opposizione).
 
PARAVIA (AN). Arrogante! Arrogante!
 
FINOCCHIARO (Ulivo). Ieri, Natale D'Amico ha difeso - in quest'Aula - un articolo che quasi tutti, giornali compresi, hanno definito una "concessione" alla sinistra radicale. Sbagliato. Perché quell'articolo, quella formulazione ormai apparteneva a tutti, uno per uno, delle senatrici e dei senatori della maggioranza. Lo stesso potrei dire per altre parti della legge. Perché quest'anno, molto di più di quanto sia accaduto, paradossalmente, lo scorso anno - lo dico anche al Presidente del Consiglio - quella parte della legge finanziaria che è stata elaborata qui non è stata la tessitura paziente di un patchwork in cui trovare una composizione ponderata. Nella parte costruita qui al Senato è stato molto di più.. È stato il frutto del lavoro, ovviamente durissimo... (Commenti dal Gruppo AN). Ma non siete capaci di fare parlare qualcuno senza interrompere? (Applausi dal Gruppo Ulivo. Commenti dai banchi dell'opposizione). Non siete proprio capaci!
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, senatrice Finocchiaro. Vi prego, colleghi. Francamente resto abbastanza stupefatto del fatto che i colleghi dei Gruppi dell'opposizione hanno svolto i loro interventi, sviluppando anche critiche molto severe e aspre verso il Governo, era loro diritto, senza che nessuno di loro fosse interrotto. Vorrei che lo stesso avvenisse nei confronti della senatrice Finocchiaro. La prego di proseguire, senatrice.
FINOCCHIARO (Ulivo). È stato il frutto di un lavoro, certamente durissimo, molto paziente, di mettere a frutto insieme culture politiche diverse, ma soprattutto (lasciatemelo dire) di apprezzarne l'utilità per il cambiamento, la crescita, la coesione del Paese. Il che dimostra soprattutto una cosa: che c'è più forza espressiva comune in questa maggioranza di quanta noi stessi non pensiamo. Altrimenti non ce l'avremmo mai fatta. Lo dico perché capisco, bene, disagi e difficoltà politiche che si segnalano. E penso che vadano prese molto, molto sul serio. Perché l'abbiamo sperimentato proprio sul campo più aspro di questa finanziaria, in queste settimane in cui tutti gli osservatori politici si attendevano che qui finisse.
Ma lo dico perché forse è irrituale rispetto ai canoni che governano normalmente i discorsi politici - normalmente maschili - perché a me è capitato di capirlo molto più lucidamente di quanto fosse mai accaduto in questo anno e mezzo, così che il lavoro che abbiamo prodotto al Senato non ci appartiene a pezzetti per Gruppi, ma appartiene a tutta la maggioranza.
Voi ci avevate sottovalutati, ma noi ci eravamo sottovalutati.
Da oggi ricominciamo, colleghi. Ricominciamo a ragionare, a confrontarci con tutte le forze politiche, con i Gruppi parlamentari, con i colleghi che sceglieranno di discutere di riforme, a cominciare da quella elettorale e da quella istituzionale.

Perché l'attesa è finita, perché comincia di nuovo il futuro della politica e il futuro dell'Italia. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV, Misto-CS, Misto-Pop-Udeur e dei senatori Levi-Montalcini, Scalfaro e dai banchi del Governo. Molte congratulazioni).
ROSSI Fernando (Misto-Mpc). Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo la sesta o la settima potenza del mondo, conviviamo con milioni di poveri; con pensioni di invalidità a 243 euro al mese; abbiamo giovani - diversamente da quanto pensano alcuni colleghi del centro-destra - non del sottoproletariato, ma di categorie e fasce sociali che una volta si sarebbero dette benestanti, che, dopo anni di studio e qualche master, sono precari. Cresce l'incertezza sul futuro, da questa incertezza vengono le paure per l'immigrazione e per l'ordine.
La sesta potenza del mondo deve affrontare questi problemi.
Siamo in difficoltà nella competizione economica internazionale con altri sistemi Paese che si muovono sul basso costo delle materie prime e della manodopera e sulla mano libera nell'impatto ambientale. L'unica nostra possibilità è la competizione nella ricerca e nell'innovazione.
Abbiamo un apparato pubblico dove non ci muoviamo sulla base del merito e dell'efficienza, abbiamo partiti che nelle varie realtà vanno all'attacco e al saccheggio del denaro pubblico come strumento per la guerra di clientela con altre forze politiche e questo è un problema grande del Paese.
Una finanziaria dovrebbe servire ad affrontare tali problematiche e rimettere in marcia il Paese. Il centro-destra afferma che è una finanziaria contro qualcuno: non è vero, purtroppo è una finanziaria che non aiuta la partenza del Paese. Qualcosa si è ottenuto con questa finanziaria, poche cose, ma come riequilibrio sociale dei risultati ci sono. Ci sono anche delle ombre nel rapporto con il sistema bancario, ma degli impegni ne abbiamo sentito.
Il nostro Movimento vota a favore della finanziaria con l'unica motivazione che dopo questo Governo ci sarebbe di peggio. (Applausi della senatrice Rame).

 
RIPAMONTI (IU-Verdi-Com). Signor Presidente, sono onorato di svolgere la dichiarazione di voto a nome dei senatori di Insieme con l'Unione-Verdi-Comunisti italiani, di Rifondazione Comunista e della Sinistra Democratica. Credo ci saranno altri passaggi nelle prossime settimane e nei prossimi mesi a dimostrazione che è avviato un percorso ed un processo importante non solo per le forze che vi partecipano, ma anche per tutto il sistema politico italiano.
È questa una buona occasione per votare una buona finanziaria. La scommessa della politica economica del Governo è di tenere insieme il risanamento, l'equità e lo sviluppo. Voglio ricordare, signor Presidente, un aspetto di cui non si parla più, di cui probabilmente anche noi ci siamo dimenticati: questa è una finanziaria nella quale non c'è una manovra correttiva, a dimostrazione che i conti pubblici sono a posto e soprattutto che è nella volontà del Governo e della maggioranza di non mettere le mani nelle tasche degli italiani. (Applausi dai Gruppi IU-Verdi-Com, RC-SE e SDSE).
Vedete, la destra ha parlato di manovra di spesa: è invece una manovra di equità, indirizzata soprattutto verso i settori sociali più deboli; una manovra di sviluppo per far crescere il Paese attraverso il sostegno alle imprese e soprattutto per aumentare la capacità di spesa dei settori sociali più deboli, che poi incidono maggiormente sull'aumento dei consumi se hanno qualche soldo in più in tasca.
Ripeto, la destra ha parlato di finanziaria di spesa, invece il dato più clamoroso è che si aggrediscono in modo significativo i costi della politica. Voglio ringraziare, a nome di tutti, il senatore Villone, che ha posto con più forza, attraverso i suoi emendamenti questo tema. (Applausi dai Gruppi IU-Verdi-Com, RC-SE e SDSE). Si tratta di interventi rilevanti come mai si sono realizzati nella storia di questi anni, salvaguardando la partecipazione dal basso, cioè i costi della democrazia, e intervenendo invece in alto sui costi relativi ai parlamentari, sulla composizione del Governo, sugli stipendi altissimi dei dirigenti pubblici, sulla soppressione degli enti inutili, sul riordino degli enti intermedi tra i Comuni e le Province.
È una finanziaria popolare e indirizzata alla sostenibilità, come chiave di uno sviluppo sano, equo, sostenibile e duraturo. In prima lettura, altro dato significativo, l'abbiamo ulteriormente migliorata rispetto alla proposta iniziale, a dimostrazione - io credo - che questa maggioranza sta ritrovando la sua coesione interna, la sua unità, la consapevolezza della sfida alla quale tutti siamo chiamati.
Voglio ricordarne alcuni passaggi. Per il 2008 si prevede un intervento sul fiscal drag a favore dei lavoratori dipendenti. Le maggiori entrate, il cosiddetto tesoretto, del quale si è parlato in queste settimane, è destinato alla riduzione della pressione fiscale per i lavoratori dipendenti.
Si prevede l'abolizione del ticket (10 euro) sulla diagnostica, per un costo di 834 milioni di euro. Abbiamo trovato una copertura solida, una copertura che funziona. Non capisco perché ci sia stata questa opposizione da parte della destra nei confronti di una misura simile. Non si capisce perché la destra abbia impostato una campagna contro questa iniziativa, che credo vada invece incontro ad un'esigenza del nostro Paese.
Si prevede la stabilizzazione dei precari nella pubblica amministrazione. Non è, come si è detto in queste settimane, un regalo a chi entra nella pubblica amministrazione grazie a favori politici. È un atto di giustizia nei confronti di chi, per anni, ha prestato la propria opera, garantendo il funzionamento di uffici e di servizi, assicurando competenze e professionalità.
Si prevede la riforma complessiva, voglio ricordarlo, perché è un altro aspetto importante, del sistema degli incentivi per lo sviluppo delle fonti rinnovabili. L'Italia si mette al pari con l'Europa. L'Italia si avvia su una strada virtuosa e sostenibile che va vista insieme all'eliminazione dei CIP 6, cioè di quegli incentivi che venivano assegnati agli inceneritori per bruciare schifezze e che venivano pagatidai cittadini, attraverso la bolletta elettrica. Uno scandalo che abbiamo cancellato e ora sono finalmente disponibili 600 milioni di euro l'anno per le fonti rinnovabili. Inoltre, c'è la possibilità di avere tariffe più basse per i consumatori.
Abbiamo poi istituito il fondo per l'uranio impoverito, per garantire il riconoscimento al personale militare e civile e gli indennizzi per coloro che si sono ammalati per il contatto con queste sostanze che provocano cancro e infermità. Il fondo è destinato anche alla bonifica dei siti contaminati, come poligoni e mezzi navali utilizzati per il trasporto di questi materiali nocivi per la salute.
Credo siano passaggi importanti, che però dobbiamo confrontare con le proposte che abbiamo sentito in queste settimane, durante l'esame della finanziaria, da parte dell'opposizione, da parte della destra. L'opposizione, bisogna dirlo chiaramente, ha detto che sarebbe stato meglio non far niente, non approvare la finanziaria e andare all'esercizio provvisorio. C'è stata un'intervista autorevole sul "Corriere della sera" dell'ex ministro Tremonti, che ha detto che per l'Italia sarebbe stato meglio andare all'esercizio provvisorio. Lasciamo perdere l'esposizione negativa che potrebbe avere il nostro Paese sui mercati internazionali se noi dovessimo compiere realmente una scelta di questo tipo, ma la destra dovrebbe dire, non soltanto a quest'Aula, ma anche al Paese, cosa significa esercizio provvisorio, cosa significa non approvare questa finanziaria.
Ebbene, significa non garantire la quattordicesima mensilità per le pensioni basse. Significa che non c'è più la detrazione dell'ICI. Significa che non ci sono più i contributi per gli affittuari. Significa che si ritorna allo scalone Maroni il 1° gennaio 2008 e si introduce la pensione a sessant'anni.
Questo significa l'esercizio provvisorio. Significa che non c'è la riduzione della pressione fiscale per le imprese. Significa che non c'è la riduzione dei costi della politica. Significa che non c'è più il fondo di garanzia per chi ha contratto un affitto e lo vede crescere per l'aumento dei tassi di interesse. Questo è ciò che occorre dire al Paese. Se si dicono queste cose al Paese, il Paese capisce la nostra politica, quella attuata da questa maggioranza e da questo Governo. (Applausi dal Gruppo IU-Verdi-Com).
Penso che il Paese sia d'accordo con noi. Questa è una finanziaria giusta che farà bene al Paese. Il nostro è un voto convinto, è uno stimolo al Governo ad andare avanti, perché abbia come riferimento il suo programma e la sua maggioranza. Il Governo non si faccia distrarre dalle maggioranze di nuovo conio o da chi ritiene di essere autosufficiente.
La verità è che dopo la finanziaria si apre una nuova stagione politica, per il centro-sinistra certamente, ma anche per il centro-destra. La spallata è fallita, la campagna acquisti dei senatori è più complicata del previsto e allora c'è stata una reazione - concedetemelo - quasi rabbiosa da parte di Forza Italia. Forza Italia, in particolare, ha drammatizzato lo scontro per tenere viva l'attenzione sulla sua raccolta di firme per votare subito. Se c'è un voto da dare subito è il voto su questa finanziaria perché questo è il nostro impegno per il Paese e il centro-destra deve ridiscutere le modalità e le strategie della sua opposizione e la sua leadership.
Questa è la nuova stagione politica che si apre. Noi siamo pronti, per questo votiamo la finanziaria e diciamo al Governo di andare avanti. (Applausi dai Gruppi IU-Verdi-Com, RC-SE, SDSE, Ulivo e Aut. Congratulazioni).
 


SENATO. DI PIETRO: FRANCA RAME? IDV E' COMUNQUE ORGOGLIOSO DI LEI

Grazie, caro Antonio! Franca

 (DIRE) Roma, 15 nov. - "L'Italia dei valori e' orgogliosa di aver contribuito a far stare Franca Rame in Parlamento; credo lo spirito di servizio, l'abnegazione, la sua operativita' e la sua dignita' siano un motivo di orgoglio per noi". Il ministro e leader Idv Antonio Di Pietro parla per la prima volta pubblicamente dello 'strappo' di Franca Rame al senato, in dissenso per un voto sulla societa' Stretto di Messina durante l'esame nelle scorse settimane del decreto fiscale collegato alla finanziaria. E lo fa proprio nel transatlantico di Palazzo Madama, mentre la senatrice e' in aula a votare gli ultimi emendamenti alla manovra 2008.
Di Pietro non svela se si sono incontrati, lui e Rame, dopo l'annuncio della fuoriuscita dal gruppo. Dice solo: "Magari ci siamo sentiti telefonicamente". Non racconta, il ministro, se ha provato a convincere la senatrice a tornare sui suoi passi: "Rame e' persona che sta in Parlamento per quel che e'- taglia corto Di Pietro- si puo' condividere o non condividere alcune sue posizioni, cosi' come e' legittimo non condividere le mie".

  


Il triangolo nero

Violenza, propaganda e deportazione. Un manifesto di scrittori e artisti contro la violenza su rom, rumeni e donne
 
 
La storia recente di questo paese è un susseguirsi di campagne d'allarme, sempre più ravvicinate e avvolte di frastuono. Le campane suonano a martello, le parole dei demagoghi appiccano incendi, una nazione coi nervi a fior di pelle risponde a ogni stimolo creando "emergenze" e additando capri espiatori.        
Una donna è stata violentata e uccisa a Roma. L’omicida è sicuramente un uomo, forse un rumeno. Rumena è la donna che, sdraiandosi in strada per fermare un autobus che non rallentava, ha cercato di salvare quella vita. L'odioso crimine scuote l'Italia, il gesto di altruismo viene rimosso.
Il giorno precedente, sempre a Roma, una donna rumena è stata violentata e ridotta in fin di vita da un uomo. Due vittime con pari dignità? No: della seconda non si sa nulla, nulla viene pubblicato sui giornali; della prima si deve sapere che è italiana, e che l’assassino non è un uomo, ma un rumeno o un rom.
Tre giorni dopo, sempre a Roma, squadristi incappucciati attaccano con spranghe e coltelli alcuni rumeni all'uscita di un supermercato, ferendone quattro. Nessun cronista accanto al letto di quei feriti, che rimangono senza nome, senza storia, senza umanità. Delle loro condizioni, nulla è più dato sapere.
Su queste vicende si scatena un'allucinata criminalizzazione di massa. Colpevole uno, colpevoli tutti. Le forze dell'ordine sgomberano la baraccopoli in cui viveva l'assassino. Duecento persone, tra cui donne e bambini, sono gettate in mezzo a una strada.
E poi? Odio e sospetto alimentano generalizzazioni: tutti i rumenisono rom, tutti i rom sono ladri e assassini, tutti i ladri e gli assassini devono essere espulsi dall’Italia. Politici vecchi e nuovi, di destra e di sinistra gareggiano a chi urla più forte, denunciando l’emergenza. Emergenza che, scorrendo i dati contenuti nel Rapporto sulla Criminalità (1993-2006), non esiste: omicidi e reati sono, oggi, ai livelli più bassi dell’ultimo ventennio, mentre sono in forte crescita i reati commessi tra le pareti domestiche o per ragioni passionali. Il rapporto Eures-Ansa 2005, L'omicidio volontario in Italia e l’indagine Istat 2007 dicono che un omicidio su quattro avviene in casa; sette volte su dieci la vittima è una donna; più di un terzo delle donne fra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, e il responsabile di aggressione fisica o stupro è sette volte su dieci il marito o il compagno: la famiglia uccide più della mafia, le strade sono spesso molto meno a rischio-stupro delle camere da letto. Nell’estate 2006 quando Hina, ventenne pakistana, venne sgozzata dal padre e dai parenti, politici e media si impegnarono in un parallelo fra culture. Affermavano che quella occidentale, e italiana in particolare, era felicemente evoluta per quanto riguarda i diritti delle donne. Falso: la violenza contro le donne non è un retaggio bestiale di culture altre, ma cresce e fiorisce nella nostra, ogni giorno, nella costruzione e nella moltiplicazione di un modello femminile che privilegia l’aspetto fisico e la disponibilità sessuale spacciandoli come conquista. Di contro, come testimonia il recentissimo rapporto del World Economic Forum sul Gender Gap, per quanto riguarda la parità femminile nel lavoro, nella salute, nelle aspettative di vita, nell’influenza politica, l’Italia è 84esima. Ultima dell’Unione Europea. La Romania è al 47esimo posto.
Se questi sono i fatti, cosa sta succedendo?
Succede che è più facile agitare uno spauracchio collettivo (oggi i rumeni, ieri i musulmani, prima ancora gli albanesi) piuttosto che impegnarsi nelle vere cause del panico e dell’insicurezza sociali causati dai processi di globalizzazione.
Succede che è più facile, e paga prima e meglio sul piano del consenso viscerale, gridare al lupo e chiedere espulsioni, piuttosto che attuare le direttive europee (come la 43/2000) sul diritto all’assistenza sanitaria, al lavoro e all’alloggio dei migranti; che è più facile mandare le ruspe a privare esseri umani delle proprie misere case, piuttosto che andare nei luoghi di lavoro a combattere il lavoro nero.
Succede che sotto il tappeto dell’equazione rumeni-delinquenza si nasconde la polvere dello sfruttamento feroce del popolo rumeno.
Sfruttamento nei cantieri, dove ogni giorno un operaio rumeno è vittima di un omicidio bianco.
Sfruttamento sulle strade, dove trentamila donne rumene costrette a prostituirsi, metà delle quali minorenni, sono cedute dalla malavita organizzata a italianissimi clienti (ogni anno nove milioni di uomini italiani comprano un coito da schiave straniere, forma di violenza sessuale che è sotto gli occhi di tutti ma pochi vogliono vedere).
Sfruttamento in Romania, dove imprenditori italiani - dopo aver "delocalizzato" e creato disoccupazione in Italia - pagano salari da fame ai lavoratori.
Succede che troppi ministri, sindaci e giullari divenuti capipopolo giocano agli apprendisti stregoni per avere quarti d’ora di popolarità. Non si chiedono cosa avverrà domani, quando gli odii rimasti sul terreno continueranno a fermentare, avvelenando le radici della nostra convivenza e solleticando quel microfascismo che è dentro di noi e ci fa desiderare il potere e ammirare i potenti. Un microfascismo che si esprime con parole e gesti rancorosi, mentre già echeggiano, nemmeno tanto distanti, il calpestio di scarponi militari e la voce delle armi da fuoco.
Succede che si sta sperimentando la costruzione del nemico assoluto, come con ebrei e rom sotto il nazi-fascismo, come con gli armeni in Turchia nel 1915, come con serbi, croati e bosniaci, reciprocamente, nell’ex-Jugoslavia negli anni Novanta, in nome di una politica che promette sicurezza in cambio della rinuncia ai principi di libertà, dignità e civiltà; che rende indistinguibili responsabilità individuali e collettive, effetti e cause, mali e rimedi; che invoca al governo uomini forti e chiede ai cittadini di farsi sudditi obbedienti.
Manca solo che qualcuno rispolveri dalle soffitte dell’intolleranza il triangolo nero degli asociali, il marchio d’infamia che i nazisti applicavano agli abiti dei rom.
E non sembra che l'ultima tappa, per ora, di una prolungata guerra contro i poveri.
Di fronte a tutto questo non possiamo rimanere indifferenti. Non ci appartengono il silenzio, la rinuncia al diritto di critica, la dismissione dell’intelligenza e della ragione.
Delitti individuali non giustificano castighi collettivi.
Essere rumeni o rom non è una forma di "concorso morale".
Non esistono razze, men che meno razze colpevoli o innocenti.
Nessun popolo è illegale.
 
Per sottoscrivere: http://www.petitiononline.com/trianero/petition.html
 
Adesioni aggiornate alle 22.31 di martedì 13 novembre 2007:
 
Elaborato da
Alessandro Bertante, Gianni Biondillo, Girolamo De Michele, Valerio Evangelisti, Giuseppe Genna, Helena Janeczek, Loredana Lipperini, Monica Mazzitelli, Marco Philopat, Marco Rovelli, Stefania Scateni, Antonio Scurati, Beppe Sebaste, Lello Voce, Wu Ming.
 
Primi firmatari
Bruno Arpaia – Articolo 21– Andrea Bajani – Nanni Balestrini – Ivano Bariani – Remo Bassini – Silvio Bernelli – Stefania Bertola – Bernardo Bertolucci - Sergio Bianchi – Gianni Biondillo – Ginevra Bompiani – Laura Bosio – Botto&Bruno - Silvia Bre – Enrico Brizzi – Luca Briasco – Lanfranco Caminiti – Rossana Campo – Paola Capuzzo – Massimo Carlotto – Lia Celi – Mauro Covacich - Derive Approdi – Jacopo De Michelis – Filippo Del Corno – Erri De Luca - Mario Desiati – Igino Domanin – Francesco Forlani – Enzo Fileno Carabba – Marcello Flores – Marcello Fois – Enrico Ghezzi – Tommaso Giartosio – Lisa Ginzburg – Roberto Grassilli – Andrea Inglese – Franz Krauspenhaar – Kai Zen – Nicola Lagioia – Gad Lerner – Giancarlo Liviano – Carlo Lucarelli – Gordiano Lupi – Marco Mancassola – Luca Masali – Raul Montanari – Giuseppe Montesano – Giulio Mozzi – Moni Ovadia - Chiara Palazzolo – Valeria Parrella – Giuseppe Pederiali – Sergio Pent – Tommaso Pincio – Guglielmo Pispisa – Gabriele Polo – Andrea Porporati – Alberto Prunetti – Christian Raimo – Veronica Raimo – Ugo Riccarelli – Marco Rovelli – Clara Sereni – Piero Sorrentino – Carola Susani – Stefano Tassinari – Annamaria Testa – Laura Toscano – Emanuele Trevi – Filippo Tuena – Raf Valvola Scelsi – Giorgio Vasta – Grazia Verasani – Sandro Veronesi – Marco Vichi – Simona Vinci – Yo Yo Mundi - Franca Rame
 
Altre adesioni:
Fulvio Abbate – Cristina Ali Farah - Enzo Aggazio – Loredana Aiello – Max Amato – Cris Amico – Cinzia Ardigò – Roberto Armani – Paolo Arosio – Rossano Astremo – Eva Banchelli – Guido Barbuijanni – Adriano Barone – Daniela Basilico – Antonella Beccaria – Gigi Bellavita – Violetta Bellocchio – Paola Bensi – Alessandro Beretta – Alberto Bertini – Marco Bettini – Paolo Bianchi – Valter Binaghi – Enrico Blasi –Augusto Bonato – Carlo Bordini –Valentina Bosetti – Giovanni Bozzo – Anna Bressanin – Annarita Briganti – Gianluca Bucci – Elisabetta Bucciarelli – Manuela Buccino – Franco Buffoni – Errico Buonanno – Giusi Buondonno – Daniele Caluri – Nives Camisa – Carlo Carabba – Eleonora Carpanelli – Silvia Castoldi – Ettore Calvello – Francesco Campanoni - Fabrizio Centofanti – Marcello Cimino – Paolo Cingolani – Beatrice Cioni – Francesca Corona – Stefano Corradino – Marina Crescenti – Vittorio Cartoni – Marcello D’Alessandra – Cristina D’Annunzio – Gabriele Dadati – Manuela Dall’Acqua – Patrizia Debicke van der Noot – Lello Dell’Ariccia – Paolo Delpino – Valentina Demelas – Prisca Destro –Donatella Diamanti – Tecla Dozio – Nino D’Attis – Bruna Durante – Arturo Fabra – Franco Fallabrino – Giulia Fazzi – Giorgia Fazzini – David Fiesoli – Lissa Franco – Gabriella Fuschini – Daniela Gamba – Barbara Garlaschelli – Maria Nene Garotta – Luisa Gasbarri – Massimiliano Gaspari – Catia Gasparri – Valentina Gebbia – Lucyna Gebert – Lello Gurrado – Francesca Koch - Rossella Kohler – Daniela Lampasona – Federica Landi – Albertina La Rocca – Filippo Lazzarin – Elda Levi – Mattea Lissia – Giorgio Lulli – Monica Lumachi – Alessandro Maiucchi – Ilaria Malagutti – Felicetta Maltese – Emanuele Manco – Federica Manzon – Roger Marchi – Mauro Marcialis – Adele Marini – Gianluca Mascetti – Laura Mascia – Giusy Marzano – Anna Mascia – Mara Mattoscio – Stefano Mauri – Lorenzo Mazzoni – Ugo Mazzotta – Michele Mellara – Michele Meomartino – Sandro Mezzadra – Camilla Miglio – Paola Miglio – Laura Mincer – Olek Mincer – Mauro Minervino – Roberto Mistretta – Elena Mora – Giorgio Morale – Elio Muscarella – Nino Muzzi – Anna Negri – No Reply – Giovanni Nuscis – Dida Paggi - Valentina Paggi – Enrico Palandri – Enrico Pau – Alessandra Pelegatta – Leonardo Pelo – Graziella Perin - Seba Pezzani – Santo Piazzese – Alessandro Piva – Serena Polizzi – Massimo Polizzi – Nicola Ponzio – Kiki Primatesta – Maddalena Pugno – Paolo Reda – Luigi Reitani – Jan Reister – Sergio Rilletti – Mirella Renoldi – Patrizia Riva – Monica Romanò – Alessandro Rossi – Anna Ruchat – Marta Salaroli – Carlo Salvioni – Bianca Sangiorgio – Veronica Santo – Simone Sarasso – Dimitri Sardini – Monica Scagnelli – Angela Scarparo – Gabriella Schina – Elvezio Sciallis – Marinella Sciumè – Gian Paolo Serino – Matteo Severgnini – Michèle Sgro – Carlo Arturo Sigon – Nicoletta Sipos – Antonio Spaziani – Mario Spezi – Susi Sacchi – Stalker/Osservatorio nomade – Claudia Stra’ – Luigi Taccone – Giorgio Tinelli – Veronica Todaro – Sara Tremolada – Francesco Trento – Giovanna Tridente – Tonino Urgesi – Chiara Valerio – Sasa Vulicevic – Maria Luisa Venuta – Roberto Vignoli – Diego Zandel – Salvo Zappulla
 
 
 
 
 
 


NON SI VIVE DI SOLO PANE

di  Antonietta M. Gatti
 
Da quando Enzo Biagi è morto i particolari della sua emarginazione sono venuti a galla.
Qualcuno ha sentito che le sue parole ferivano più di una spada, quindi ha dato ordine di “far qualcosa”. Si è detto che fu emanato quello che è stato subito battezzato l’“editto bulgaro” contro di lui (Berlusconi lo emanò da Sofia). Adesso si chiama così. Una volta si chiamava carognata, poi pugnalata alle spalle, quindi mobbing.
La verità è che i diretti superiori di Biagi si sono sentiti in dovere di far qualcosa.
Non vorrei essere stata nei loro panni perché da una parte avevano l’opinione pubblica con cui fare i conti, dall’altra dovevano rispondere a una persona cui non potevano dire di no se volevano continuare a stare su quella sedia e ad avere uno stipendio (lauto) alla fine del mese. In modo farsesco, impacciato, tutt’altro che intelligente ma efficace ci sono riusciti.
Lo hanno emarginato, gli hanno impedito di far conoscere il suo pensiero, lo hanno imprigionato in nella gabbia dei suoi pensieri.  Hanno messo il suo cervello in salamoia, sperando che diventasse asfittico. Hanno chiuso il volume della sua voce. Semplice.
La mafia uccide con la “lupara”, in altri ambienti si uccide un’anima, un cervello con il volume della voce.
Ma ora devono fare i conti con qualcosa di diverso: hanno creato un martire.
Chi soffocherà quel venticello di disdegno che sta salendo dal basso verso le più alti sfere?
Un uragano comincia sempre così, con un venticello che via via diventa sempre più impetuoso, sino a che diventa furia incontrollata.
In questo caso non si può spegnere l’audio, semplicemente perché non c’è il bottone.
Ma di martiri in giro ce ne sono sempre di più.
La gente cui si deve chiudere la bocca semplicemente perché non le si può spegnere il cervello sta aumentando. Si chiama censura delle idee. Chi denuncia è a sua volta denunciato.
Non si possono toccare le alte sfere. Non c’è diritto di critica.
Chi mi ospita ha subito in passato questa censura. E’ stato allontanato dal suo luogo di lavoro. Le si è impedito di lavorare perché le sue idee non erano “in linea”. Le idee “curve” hanno sempre dato molto fastidio. Ma ugualmente gli emarginati sono riusciti ad inventarsi un altro lavoro, sicuramente  diverso. Hanno detto ciò che pensavano in circoli privati, in stadi, dovunque ci fosse qualcuno desideroso di sapere, di conoscere un altro punto di vista.
Io stessa ho subito la censura dei colletti bianchi. E’ sottile, meno goffa, perché fa riferimento a regole, a virgole, a commi che nessuno deve seguire, tranne te.
A te viene imposto di seguire anche la nota a piè di pagina, magari secondo un’interpretazione particolare. Impossibile farlo? Non è affar loro.
Se la tua ricerca lede interessi o di una persona o di un gruppo, non hai possibilità di lavorare. Per esempio, ti vengono a dire che il laboratorio dove lavori non è a norma 626, come se fosse compito del lavoratore sopperire ad una carenza che spetta al datore di lavoro risolvere. Così ti chiudono non la ricerca (in Italia la ricerca è libera!) ma il luogo dove quella ricerca la svolgi. Semplice.
Abbiamo in questo momento altri casi emblematici di persone alle quali tolgono le inchieste perché le  indagini si dirigono verso l’alto. Allora ti “fregano” lavorando di regolamenti, di commi che non hai seguito alla lettera, in modo da far apparire che sei tu a non aver fatto il tuo dovere. Va detto, per amore di verità, che seguire dette procedure in quell’ambiente significa affossare tutto. Se, però, sei inattaccabile dal punto di vista della “carta”, si lavora di calunnia. Nei salotti buoni il capo di turno si lascia sfuggire un pettegolezzo, un’insinuazione ed in men che non si dica ti ritrovi con malattie mentali, amanti, frequentazioni sospette e via discorrendo. Tutti si allontanano da te. Sei solo. Hanno trovato il modo di togliere la mela buona dal cesto delle mele marce.
Così continuiamo ad emarginare le nostre menti più belle e vedrete che cosa ci rimarrà fra poco: pochi cervelli e per di più putridi, buoni neanche per il gatto. Ma il potere sarà salvo come pure i soldi che intorno al potere inevitabilmente ruotano. Potete stare tranquilli: quelli vi usciranno dalla bara, tanti ce ne sono. Diceva Verga “Roba mia vientemene cummè”, quando il protagonista avido sta per morire e si rende conto che ha speso la sua vita ad accumulare soldi che non si può portare nell’aldilà. E l’accumulo di potere non fa differenza.
In tutte queste storie non c’è morale, non c’è odio; c’è, invece, apatia, disamore per tutto e per tutti.
Ci stiamo avvicinando ad una morte nella mente, o, meglio, nell’anima, e nel corpo. Quando saremo tutti ridotti a livello di zombie, cari potenti , che cosa farete? Come i parassiti più stupidi avrete consumato l’ospite che vi nutriva, perché a quel livello noi non avremo più nemmeno la forza (e l’interesse) per andare a votarvi. Vi ritroverete in un cimitero dove l’unica voce è la vostra. Vi farete l’eco per farvi compagnia. E sarà allora che anche il vostro cervello vi tradirà.
 
 


INTERVENTO DI FRANCA RAME IN AULA SUGLI EMENDAMENTI ALLA FINANZIARIA

 
Ecco il resoconto dell'intervento odierno, in risposta alle molte sollecitazioni dell'opposizione.
 
RAME (Misto). Signor Presidente, onorevoli colleghi, è da tutta la vita che mi occupo dei problemi del prossimo, orami da anni e anni. Ho sottoscritto gli emendamenti presentati dai senatori Rossi e Turigliatto perché sono convinta della loro giustezza.
Mi trovo in una spiacevole situazione (non per questa volta sola ma per più volte) dal momento che sono cosciente della mia posizione in questo momento. Io non sono più quella di due anni fa: sono quella di adesso. Ho assunto un impegno con questo Governo e devo purtroppo andare contro la mia coscienza, facendo una gran fatica.
(Commenti ironici dai banchi dell'opposizione).
Devo difendere il mio Governo e, fino alla fine, voterò per il Governo con L'Ulivo! (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur e dai banchi del Governo).


Truffa a Nobel Disabili: ex collaboratore condannato a 2 anni e mezzo

12 Novembre 2007

Due anni e sei mesi di reclusione e un risarcimento in via provvisionale di 200 mila euro: è questa la condanna decisa dal Tribunale di Milano per Luciano Silva, ex collaboratore di Dario Fo e Franca Rame che sottrasse 400 mila euro al 'Comitato per i disabilì creato con i fondi che Fo aveva ricevuto quando vinse il premio Nobel. Silva è stato riconosciuto colpevole di truffa e falso in scrittura privata.
Rubò 400mila euro: ex assistente di Fo condannato a 2 anni (Corriere della Sera)
Trenta mesi ad ex collaboratore di Fo (Cronacaqui)
Si intascò i soldi destinati ai disabili. Due anni e mezzo al consulente di Fo (Epolis Milano copertina  - articolo)
Ex collaboratore di Dario Fo condannato per truffa (Giornale di Sicilia)
Fo truffato, due anni e mezzo a ex collaboratore (Il Giorno)
Truffò Dario, condannato (La Prealpina)
Truffa al Premio Nobel Fo: 2 anni all'ex collaboratore (Leggo Milano)


TRUFFA A DARIO FO: EX COLLABORATORE CONDANNATO A 2 ANNI E MEZZO - Agenzia Giornalistica Italia

TRUFFA A DARIO FO: EX COLLABORATORE CONDANNATO A 2 ANNI E MEZZO - Agenzia Giornalistica Italia - 13 nov 2007 ... sottratto 400 mila euro al 'Comitato dei disabili', costituito dal premio Nobel e da Franca Rame, proprio con i fondi del prestigioso riconoscimento. ...


Premio “Alessandro Tassoni” 3* edizione, Modena 2007, Honoris causa a FRANCA RAME

 
 

 

Franca Rame interpreta Medea all'auditorium di Modena

 

 

Motivazione 

 

La Giuria del Premio “Alessandro Tassoni” è lieta e onorata di conferire il riconoscimento honoris causa  a Franca Rame, che ormai da decenni, e con una carica sempre rinnovata di intelligente coerenza, illustra il teatro italiano sia come attrice che come autrice.

Inoltre, per la sua storia personale, fatta di continua crescita nella ricerca espressiva e nel bisogno di una orgogliosa autonomia nel quadro della scena italiana dei suoi anni, ben rappresentando il processo evolutivo che le donne italiane hanno avuto dalla seconda guerra mondiale ad oggi, assume un’identità corale e costituisce un simbolo per molte di loro.
Figlia d’arte (appartiene ad una famiglia da tre secoli legata al teatro), Franca Rame ha iniziato la sua attività da giovanissima (aveva solo 8 giorni ed era già fra le braccia della madre nel ruolo della figlia di Genoveffa di Brabante).
Dopo gli esordi nella compagnia di provincia diretta dal padre, e le esperienze nella rivista e nel cinema, si dedica totalmente, con qualche parentesi televisiva,al teatro. E’ alla base della Compagnia Dario Fo-Franca Rame, di Nuova Scena (al cui periodo è legato lo straordinario Mistero buffo), del Collettivo la Comune.
Molteplici, nel sodalizio umano e artistico con Dario Fo, i suoi ruoli: è  insostituibile collaboratrice, ispiratrice, amministratrice, addetto stampa, editor esigente, sapiente ed istintivo, infine,  con Parliamo di donne che confluisce in Tutta casa letto e chiesa (1977), a pieno titolo, co-autrice e forte, singolare interprete.
Con le sue pièces dal graffiante stile grottesco, mette in scena una gamma diversificata di tipologie di donne alle prese con la quotidianità, per denunciarne lo sfruttamento, le forme di manipolazione psichica, e incitarle alla piena rivendicazione dei loro diritti. Fedele ad un teatro che è promotore di consapevolezza sociale e politica, non esita a servirsi delle proprie esperienze personali, anche le più dolorose, (come nel caso del testo Lo stupro), per dare voce collettiva a chi l’ha persa. Questo era già lo spirito di Soccorso rosso, il movimento da lei fondato nel 1970, in difesa dei detenuti politici, e non.
Nella motivazione del Premio Nobel per la letteratura assegnato nel 1997 a Dario Fo si legge: “A Dario Fo, perché, insieme a Franca Rame, attrice e scrittrice, nella tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere e restituisce la dignità agli oppressi”: operazione che non smette certo di fare dacché nel 2006 viene eletta Senatrice. Per lei cambia solo il terreno di ricerca e di lotta.
Così la figura istituzionale si salda a quella della grande protagonista del teatro contemporaneo, in una dimensione la cui poliedricità corale resta inalterata.

A questa straordinaria coscienza di cittadina e di interprete di una scena non convenzionale e non digestiva, ma sempre capace di misurarsi con la tragedia e l’idiozia del nostro tempo, la Giuria del Premio “Alessandro Tassoni” rende l’omaggio della sua ammirazione e della sua riconoscenza, che è la stessa di molti, moltissimi italiani.

La Gazzetta di Modena parla della premiazione


RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA VOTAZIONE SU EMENDAMENTO TURIGLIATTO

Cari amici,
ecco quanto successo mercoledì pomeriggio in aula al momento del mio voto contrario ad un emendamento precedentemente sottoscritto. Come già detto, la maggioranza ha tenuto per un solo voto: il mio… Questo voto mi è “costato”, ma non avrei mai potuto essere protagonista della “spallata di Berlusconi”!
 
 
Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1817
 
PRESIDENTE. C'è un astenuto; state calmi! Ho letto quello che c'è scritto sui miei fogli. Qui è scritto: «Non approva», perché, mi pare di aver capito, ci fosse un astenuto. Francamente, nessuno di noi cambia le carte in tavola!
CASTELLI (LNP). Domando di parlare.
 
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
 
CASTELLI (LNP). Signor Presidente, non so se il mio intervento è sull'ordine dei lavori o su cosa, però, vale la pena di segnalare la questione all'Aula.
L'emendamento 2.0.11 era firmato dai senatori Turigliatto, Rame e Rossi Fernando e non ho sentito dalla senatrice Franca Rame l'intenzione di ritirare la sua firma. Ebbene, è capitata una cosa abbastanza curiosa, non so se politica o per dabbenaggine o per cosa - ricordo che la signora Rame mi gratificò con un epiteto per il quale poi mi ha pagato, ma questo è un altro discorso   - per cui quell'emendamento non è stato approvato perché uno dei suoi presentatori ha votato contro. In quest'Aula è successo di tutto, prendiamo atto anche di questo. (Applausi dai Gruppi LNP, AN e FI. Proteste dal Gruppo Ulivo).
PRESIDENTE. Al di là delle querele che possono scambiarsi i senatori come singoli cittadini, invito ad usare un linguaggio parlamentare. Nel rapporto fra colleghi, secondo me, questa è una regola che vale per tutti e che non prevede distinzioni, ovviamente. (Applausi dai Gruppi RC-SE e Ulivo).
FINOCCHIARO (Ulivo). Domando di parlare.
 
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
 
FINOCCHIARO (Ulivo). Signor Presidente, la senatrice Rame naturalmente non ha bisogno di essere difesa da me. (Vivaci commenti dai Gruppi FI, AN e LNP. Applausi dal Gruppo Ulivo), però non è consentibile che in un libero Parlamento un senatore o una senatrice ... (Vivaci commenti dai Gruppi FI, AN e LNP) ... non possa esprimere la propria coerenza politica con un voto libero! Né il senatore Castelli, né nessuno di noi può permettersi di accusare di dabbenaggine qualcuno dei colleghi! (Vivaci commenti dai Gruppi FI, AN, UDC, LNP e DCA-PRI-MPA. Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur e dai banchi del Governo).
PRESIDENTE. Vi prego di usare la cortesia di consentire alla Presidenza di proseguire nei nostri lavori.
 
MATTEOLI (AN). Domando di parlare. (Il senatore Strano chiede di poter intervenire).
 
PRESIDENTE. Senatore Strano, ha chiesto di intervenire il Presidente del suo Gruppo.
Ha facoltà di parlare il senatore Matteoli.
MATTEOLI (AN). Signor Presidente, mi pare un po' curioso che un senatore che sottoscrive un emendamento (Proteste dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur) poi non lo voti ...
 
BIANCO (Ulivo). È affare suo! Non la riguarda!
 
PRESIDENTE. Per favore. Avete espresso le vostre opinioni. (Vivaci proteste dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur).
Sono ammessi interventi sull'ordine dei lavori. La prego, senatore Matteoli, continui.
 
BIANCO (Ulivo). Non la facciamo parlare! Come non avete fatto parlare la senatrice Finocchiaro!
 
PRESIDENTE. Per favore! (Vibrate proteste del senatore Bianco).
 
MATTEOLI (AN). Signor Presidente, c'è il senatore Bianco che sta urlando.
 
PRESIDENTE. Se fosse possibile, vorrei concludere le votazioni sull'articolo 2, così come ci siamo impegnati a fare.
 
MATTEOLI (AN). Signor Presidente, il senatore Bianco mi sta urlando che non devo parlare. Mi sembra che il Presidente sia lei ed è lei che deve giudicare se posso o non posso farlo. (Vivaci proteste dal Gruppo Ulivo).
 
BIANCO (Ulivo). Non ho detto questo! Ho detto che non avete fatto parlare la senatrice Finocchiaro!
 
PRESIDENTE. Senatore Bianco, per cortesia!
Senatore Matteoli, si rivolga a me.
 
MATTEOLI (AN). Dal momento che è un po' particolare quello che è accaduto, mi sembra che sia più che giustificato che un collega abbia preso la parola - come ha fatto il senatore Castelli - per mettere in evidenza un episodio perlomeno curioso.
L'emendamento 2.0.11 è sottoscritto da tre senatori, uno dei firmatari non ha votato. L'emendamento non è stato approvato per un voto e noi dovremmo stare zitti, non dovremmo nemmeno parlare, né ricordare che questo è perlomeno un episodio curioso ed anomalo.
 
BOCCIA Antonio (Ulivo). Non bisogna dire parolacce! Non bisogna offendere! (Commenti del senatore Battaglia Antonio).
 
MATTEOLI (AN). Mi sembra che in un'Aula parlamentare questo sia ancora possibile, al di là degli urli del collega Bianco.
 
PRESIDENTE. Assolutamente.
 
MATTEOLI (AN). Senatore Bianco, non spaventa nessuno. Non ha l'altezza per spaventare. Quindi, stia calmo. (Proteste del senatore Bianco).
 
PRESIDENTE. Colleghi, dobbiamo proseguire i nostri lavori. Mi sembra che su questo argomento io abbia dato la parola a chi l'ha richiesta. La questione è stata chiarita, quindi, a questo punto, passiamo alla votazione dell'emendamento 2.0.12.
 
STRANO (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Non è che su questo argomento io debba dare la parola a tutti. Si può intervenire sull'ordine dei lavori.
STORACE (Misto-LD). Domando di parlare.
 
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
 
STORACE (Misto-LD). Signor Presidente, credo che il presidente Matteoli abbia esposto la questione esattamente nei termini in cui andava esposta. Capisco che da parte della maggioranza ci possa essere rabbia per quello che ha denunciato il collega Castelli, il quale credo abbia ragione. Siete più agitati di quando fate le riunioni di maggioranza. Questa è l'Aula del Senato. Fateci parlare tranquillamente.
Ha ragione chi sostiene il diritto della presidente Finocchiaro a parlare senza sentirsi rivolgere parolacce. (Applausi dal Gruppo Ulivo). Io non le ho dette, ma le chiedo comunque scusa.
A questo punto, però, ci dovete chiarire se la senatrice Rame si è già dimessa dalla sua carica, come ci dice ogni settimana, altrimenti fateci capire perché come presentatrice di un emendamento lo sottoscrive e poi vota contro. Questo è ridicolo! (Vivaci commenti dal Gruppo Ulivo).
 


FRANCA RAME: IL MIO VOTO SU FINANZIARIA NON E’ DISCUTIBILE

“Ho assunto degli impegni con questo governo e siccome oggi in senato di scherzi ne sono stati fatti piu' di uno, a questo punto non mi potevo permettere di regalare a Berlusconi il piacere di aver dato “una spallata” all’Unione. Se fosse accaduto poi mi sarebbe toccato partire per l'Australia” – esordisce così la senatrice Rame e prosegue - “Queste sono le ragioni per le quali, pur avendo sottoscritto alcuni emendamenti presentati dai sen. Turigliatto e Rossi, sul 2.0.11 ho deciso di votare contro - e mi è “costato” - in quanto le dichiarazioni di voto prospettavano un risultato incerto. Infatti l’esito è stato risicato: un solo voto in più. Il mio.”
Rame conclude: “In risposta all’intervento del sen. CastelliI che domandava al presidente se il mio cambiamento fosse politico o per dabbenaggine, a questo punto, spero di avergli risposto correttamente. Ringrazio la presidente Finocchiaro per quanto espresso in mia difesa. “


Milano - immigrati testo recitato al Leoncavallo nel 1999

19 gennaio 1999
Stesura finale recitata al Centro Sociale Leoncavallo

 

 

immagine del rifugio-dormitorio dei clandestini

14.50 Manifestazione contro gli immigrati clandestini e i delinquenti.

Stazione centrale.
Gruppi di gente con le ramazze allungate e il nastrino tricolore, maxischermo che ripete i dati di furti, rapine e scippi degli immigrati. Ne ha parlato perfino la T.V. ganese. La pubblicità è arrivata sin là. Che forza!
Che stupenda festa di popolo! Ci godiamo la sfilata degli aderenti al Polo: che spettacolo! Uomini, giovani e adulti, bambini, donne… magliette taglia 64, con slogan.
Gli organizzatori avevano assicurato che si sarebbe trattato di una manifestazione di popolo non inquadrato: “Il partito non c’entra, dev’essere una cosa spontanea “disorganizzata”, ognuno intervenga col proprio cuore, con genuino slancio… tutti insieme a manifestare contro il crimine... autonomamente... per salvare Milano dalla violenza! Niente bandiere altrimenti Albertini non viene! Il partito non c’entra!”
Ma ecco che all’improvviso, dalla folla, spuntano una selva di bandiere bianco-rosso-verde con la scritta Forza Italia e quelle di Avanguardia Nazionale... pardon, Alleanza Nazionale... pare il Palio di Siena quando sbandierano le contrade…. È tutto uno sventolio. Che spontaneità!
Per fortuna che gli slogan sono liberi - avanti tutta!
 “Basta con gli abusivi, i criminali sloveni, slavi, croati, albanesi e negri!... Basta con la mafia dei russi e dei bulgari!”
“Clandestino torna al tuo paesino”
“L’Italia agli italiani, fuori gli africani”
“D’Alema presidente, immigrato delinquente”.
Poi tutti a gran voce, comprese le signore: “Macché tolleranza, macché democrazia, coi calci in culo li cacceremo via!”-ma signora, come parla, ci sono i bambini!
Al culmine c’è stato l’urlo acuto di un coro isterico: “La pena di morte per i delinquenti extracomunitari!”.
Non c’é signora che non abbia subito 3 scippi in due giorni.
(Corriere della Sera): Io ora vado in giro col coltello, uno l’ho fatto scappare… aveva la pelle nera e non dico altro!” e tira fuori un temperino buono al massimo per far la punta ad uno stuzzicadenti
“Sotto il mio appartamento 6 eritrei stanno in una stanza di 4 metri per 4. Praticamente vivo su una mina!”
La signora non sa che quella mina senza gabinetto, rende al padrone di casa 3 milioni e seicentomila lire al mese.
“Fuori gli abusivi multietnici!” 

Nome: Eduard
Cognome... Silenzio.
Età: 20 anni
Nazionalità: ucraina.
Professione: autista.
“Perché sei emigrato?”
“Nel mio Paese lavoravo ma da sette mesi non vedevo lo stipendio!”
Condizione attuale: Disoccupato in attesa di sanatoria, senza casa né un luogo qualsiasi dove andare a dormire.
 
Nome:Mirko
Cognome: Silenzio.
23 anni.
Ucraino.
Professione: contadino
“Perché sei emigrato?” - “Lavoravo senza stipendio, solo vitto, quando c’era, e alloggio.”
Condizione attuale: Disoccupato e senza casa in attesa di sanatoria.
 
Nome: Alina
Cognome: Silenzio.
Età: 21 anni
Ucraina.
Commessa.
Perché sei emigrata: Sono venuta in Italia con mio marito. Ero incinta, ho partorito qui. Non avevamo casa. Ho riportato il bimbo da mia madre. Vivevamo nella fabbrica. Ci hanno sloggiati. Abbiamo dormito due notti su una panchina. Credevo che saremmo morti di freddo. Di giorno ogni tanto si entrava in un bar con la paura che arrivasse la polizia, Abbiamo speso i soldi che avevamo in latte e caffè. Poi abbiamo saputo che qui, al Leoncavallo avremmo trovato da dormire. Grazie.
 
Berlusconi e Fini intervistati dai Tg 1, 2 e 3, hanno dichiarato: “Noi siamo per l’accoglienza... naturalmente regolarizzata, controllata e legale. Tutti quegli extracomunitari che arriveranno da noi con un lasciapassare, la voglia di lavorare e soprattutto con un contratto di lavoro, saranno i benvenuti. Gli altri, gli abusivi, gli irregolari... ci dispiace... ma non c’è posto... devono tornarsene a casa!”
“Ma a casa loro, come lei ben sa Presidente, c’è la guerra... il massacro”
“Ci pensino gli organi internazionali competenti! Non possiamo accollarci tutto il dramma del mondo!”
 
Sono curdo. Età: 35 anni. Sono stato raccolto al primo di dicembre, con un gruppo di miei compagni al largo delle coste di Malta. La nave che ci trasportava ci ha mollati in 60, stipati in condizioni inumane su una barca di 7 metri. Ci siamo rimasti per 6 giorni, disperati. Non speravamo ne aspettavamo più niente. Ad un tratto vediamo una nave russa all’orizzonte. Miraggio? Ci prende una crisi isterica, ci buttiamo in mare nel tentativo disperato di raggiungere la nave, mentre i marinai organizzano i soccorsi e calano scialuppe per raggiungerci. Ma otto di noi non ce l’hanno fatta: stremati dal viaggio annegano a pochi metri dalla salvezza.
 
“Mi scusi Onorevole, per quanto riguarda il permesso d’entrata nel nostro Paese, ci vuole un contratto di lavoro...”
“Sì, giusto...”
“Ma se non entrano, come fanno a procurarselo ‘sto contratto?” “Beh, ci sono le agenzie... gli appositi uffici di collocamento...” - “Ma se gli uffici di collocamento non funzionano coi nostri disoccupati, come pretende che funzionino coi disoccupati stranieri?”
“Appunto, i nostri uffici non sono tenuti a risolvere i problemi dei profughi disperati se prima non hanno risolto il problema dei disperati indigeni: prima gli italiani sopratutto... poi i meridionali!... Ad ogni modo c’è sempre la scappatoia del contratto a salario minimo...”
“Vuol dire: contratto a strozzo?”
“Sì, appunto... cioè no... non mi faccia dire cose che sono contro la mia morale d’onesto imprenditore!”
“D’accordo... ma ammesso che un extracomunitario riesca a trovare un contratto, non importa se ridotto, decurtato... a strozzo... lei sa, Onorevole, che non è valido se prima non si è dimostrato di possedere una casa, almeno in affitto?”
“Beh, sì, lo so... è la legge!”
“Allora, mi spieghi come può il nostro extracomunitario con diritto d’ingresso, trovare una casa... anche se monolocale con servizi igienici nel cortile, da dividere con altre tre famiglie, al prezzo di seicentomila lire al mese… per letto... Come può, dicevo, affittarla se per legge bisogna prima possedere un contratto di lavoro?”
“Sì, certo, è un po’ difficile... ma si può realizzare con una buona dose di elasticità mentale... Aumentando la velocità d’azione fino al diapason assoluto, si ottiene che le differenze di tempo e spazio si annullano e uno riesce nello stesso tempo a trovarsi all’ufficio registri, all’ufficio segnalazioni d’affitto, alla camera depositi contratti, dal datore di lavoro e dal padrone dello stabile. Questione di ritmo, iniziativa e volontà civile! Ad ogni modo, questi sono particolari di poco conto. Importante, come dicevo, è che uno venga da noi con la volontà di lavorare... produrre e... rispettare le regole del profitto... pardon, volevo dire del programma... del nostro ordinamento. Legalità! Legalità”
“D’accordo ma, perdoni se le faccio notare, Onorevole Cavaliere, che più di mezzo milione di extracomunitari che, oggi, hanno un lavoro, se pure schifoso, precario e transitorio... l’hanno ottenuto quasi tutti arrivando da noi da clandestini... Arrivare in Europa con un contratto in mano è più difficile che vincere al Super Enalotto!”
 

“Chi ha baciato i topi ‘stanotte? A volte nel sonno succede di trovarseli sopra la testa!”

 
Il Governatore della Banca d’Italia, Fazio, ha detto che i lavoratori che vengono dall’est e dall’ovest, sono una ricchezza insperata per la nostra economia... diciamo pure una pacchia, giacché, per esempio, i nostri produttori del sud sono riusciti ultimamente a battere i prezzi offerti dagli altri Paesi del Mercato Comune, di agrumi, patate, pomodori e frutta in genere, proprio grazie alle paghe da fame accettate, prendere o morire, dai disperati del terzo mondo e dagli slavi, sloveni e via che la vita è bella!”
 
20 dicembre. Sono kòssovo. gli scafisti si sono fatti scudo con i nostri bambini per bloccare l’inseguimento delle motovedette militari, poi a pochi metri dalla costa pugliese ci hanno gettati in mare, come fossimo casse di sigarette, tutti, compresi donne e bambini neonati e sono fuggiti verso l’Albania per caricare altri disperati. I volontari ci hanno accolti, aiutati ed hanno rintracciato i 47 bambini dispersi nel mare o sbarcati qua e là sulle coste. Polizia e carabinieri ci hanno dato coperte, latte caldo e si sono occupati dei più piccoli in preda ad assideramento.
 
“Ma lei, Presidente, immagino non sia d’accordo con quella stampa e televisione, compreso qualche suo canale, che esprimono il teorema: clandestini extracomunitari, uguale criminalità!”
“No di certo!”
“Però durante la manifestazione a Milano si sono udite grida che esprimevano slogan con questo esatto concetto!”
“Non è vero!”
“Cavaliere, abbiamo le registrazioni effettuate nei pressi di Piazza della Scala...”
“Sarà stato qualche provocatore comunista da qualche finestra del palazzo!”
“Dal palazzo della CONFINDUSTRIA?!”
“Ma che ne so io che palazzo! Forse da quello di fronte!”
“Ah, da Palazzo Marino?!”
“La smetta di provocare! E se ne vada!”
“D’accordo... d’accordo, come non detto, Cavaliere.”
“E basta con queste insinuazioni! Io sono per l’accoglienza... ma sono contro il clandestino che spesso arriva qui non disperato e cacciato dalla guerra, dal suo Paese... ma organizzato da bande criminali della mafia russa o albanese che hanno addirittura soppiantato, in poche settimane, le bande criminali che operavano nella nostra città!”
“E le sembra questa una grave perdita per la dignità criminale del nostro Paese?”
“Non faccia dello spirito fuori luogo, per favore!”
“Ha ragione, scusi.” 

“Dicevo che per questi criminali ci vogliono leggi dure... e applicate seriamente... accoglienza zero! Amnistia zero! Comprensione zero!... E i giudici, mi facciano il favore di incriminarli, perseguirli questi clandestini, invece di perseguitare fino all’isteria noi liberi produttori italiani! Ma lo sa che mi hanno messo sul collo un tal numero di incriminazioni, processi, condanne che mi sembra d’essere il figlio cattivo di Craxi! Non posso neanche andare a fare pipì alle Bahamas che subito scatta un avviso di reato! Ma dov’è finita la privacy?!”

 

 
Nome: Gabriele .
Cognome: Albertini
Professione: Sindaco di Milano
“Ha qualcosa da dichiarare?” - “Sì, denuncio il pericolo di esplosione demografica. Ogni giorno la nostra città è invasa da 300 e più clandestini. Bisogna assolutamente cacciarne un minimo di 100 al giorno, scelti fra le varie etnie, altrimenti qui si scoppia!”
“Chiedo la parola!”
Nome: ....................
Professione: Prefetto di Milano
“Lei, signor Sindaco, dice cose senza senso. Non abbiamo i mezzi né le strutture per tener fronte a una simile massa di profughi clandestini... e soprattutto, è quasi impossibile arginare la delinquenza di recente importazione.”
“E allora, se non siete in grado voi di sbattere fuori la delinquenza, ci penso io. Ordino lo sgombero immediato di tutti i caseggiati fatiscenti, le ex fabbriche occupate da migliaia di clandestini!”
“Signor Sindaco, attento che in quelle fetenzie di caseggiati non troverà nessun criminale. I criminali alloggiano in appartamenti con tutti i confort.”
Alla quattro del mattino, del 18 gennaio, avviene lo sgombero
“Sono Rachid Ellafi, nazionalità marocchina: anche col permesso di soggiorno, gli italiani non ti assumono. Lavori in nero. O così o niente.”
 
“Mi chiamo Raffaele Stanino, sono appuntato di polizia. Mi vergogno d’aver partecipato a quello sgombero. S’è trattato di un’operazione polverone messa in piedi solo per calmare un po’ l’opinione pubblica esasperata e anche molto pompata dai mass media. Quando ieri notte siamo entrati nei capannoni della vecchia fabbrica c’era con noi un gruppo di operatori tv che puntavano i riflettori dentro quei corridoi e stanzoni senza luce. I riflettori hanno sbiancato di luce i dormitori, cumuli di gente assiepata su un pavimento sconnesso, povere donne svegliate in piena notte, terrorizzate... bambini che urlavano per lo spavento, un freddo micidiale... mura che colavano acqua... immondizia e detriti sparsi dappertutto, una donna avvolta in una coperta, intervistata mentre gli agenti la sollecitano a raccogliere i suoi stracci.”
 
Florian, albanese, ingegnere: Facevo pulizie in un palazzo di tre piani più cantina per 9 ore al giorno. Dopo un mese mi hanno dato 350 mila lire.”
Gjin, albanese: mi vogliono rimpatriare. Facciamo lavori che gli italiani non vogliono più fare e viviamo il coraggio di raccontarlo a mia moglie. Poi un giorno ti prendono e ti ordinano di andartene. Che dirò ai miei figli? Perché non vanno negli appartamenti di quelli che sfruttano le prostitute? Perché non rimandano in Albania le ragazze che stanno sulle strade? In tutta Europa accolgono i lavoratori stranieri. Milano non ha dormitori per noi. A me, perché clandestino hanno chiesto 6 milioni di anticipo per affittare un appartamento. M’è venuto persino da ridere.
 
“Mi chiamo Ruvea Stuminov. Sì, parlo italiano, conosco cinque lingue.
Laureata.
Slovena.
Lavoro in un’impresa di trasporti qui a Milano. In questo stanzone, di questa fabbrica diroccata, ci siamo accampati in 40 fra cui 7 bambini.
3 donne sono incinta.
Tutti lavorano in nero.
L’acqua potabile ce la passa il prete della vicina parrocchia, alcuni abitanti del quartiere hanno insultato il prete perché tiene mano ai clandestini che vivono in questo porcile.”
 
“Mi chiamo Star Pizzu, agente di P.S. Stiamo buttandoli fuori tutti. Abbiamo ricevuto l’ordine di bruciare gli stracci che i clandestini non sono in grado di portarsi via subito. Li carichiamo su dei pullman. Dove li portiamo? Non si sa. Dove capita capita. Quasi tutti in mezzo a una strada?” - “E i bambini e le donne incinta?” - “ Noi abbiamo solo l’ordine di portarli fuori dalla fabbrica e di scaricarli.”
 
“Mi chiamo Luisa Bertone, milanese. Abito in zona da 40 anni. Sono incazzata nera a vedere cosa stanno combinando questi. Possibile che abbiano messo in piedi ‘sto sgombero senza preoccuparsi prima di dove scaricare ‘sta povera gente? Questa è roba da tedeschi nazisti! E il Sindaco?... Io mi chiedo, sbaglio o è lui in persona che ha ordinato lo sgombero?... Non se l’è domandato come passeranno la notte ‘sti disgraziati, dico di gennaio col termometro sotto zero, ma manco fossero animali! Ma io andrei a casa sua, lo preleverei con tutta la giunta e lo sbatterei qui a dormire anche lui sulle panchine, senza coperte. Chissà se poi non gli viene un sentimento umano!”
Quella notte a dei ragazzi del gruppo d’assistenza del Leoncavallo che giravano nelle periferie per portare cibo ed aiutare i disperati senza tetto, scoprono della gente su delle panchine, avvolti negli stracci... sono ucraini. Uno di quei ragazzi parla qualche parola di russo, li raccolgono, li accompagnano al Centro sociale. Sono una diecina... quasi tutte donne. Le sistemano dentro uno stanzone riscaldato, procurano qualche coperta, offrono loro qualcosa di caldo da bere e da mangiare. I ragazzi che li hanno soccorse vengono a sapere che altre persone dello sgombero, sono accampate sotto a un ponte nei pressi della ferrovia, li raggiungono e portano anche loro al centro: nel giro di 12 ore nello stanzone sono ospitate più di 100 persone, circondate dalla solidarietà di molti milanesi che arrivano, dopo un mio appello a Radio Popolare, coperte, viveri, indumenti e denari. Mancano letti. Con i compagni vado in un grande emporio per campeggio: “Vorremmo un centinaio di brandine…” – “Signora Rame, siamo in gennaio…” “Lo so… la prego ci aiuti… dobbiamo sistemare dei disperati senza tetto… ci faccia anche lo sconto…” Si mette a ridere. E’ contento, si vede. Ok. Ci da anche un mezzo per il trasporto. Magnifico!
Gli immigrati, un po’ tra il meravigliato e frastornati ci aiutano a scaricare e a sistemare i lettini. Comincia ad arrivare gente. Scaricano quello che ci offrono, con umiltà e imbarazzo. Stringono la mano a tutti. Pare di vivere in un film.
Un anziana signora, modestamente vestita, accompagnata dal nipote, mi chiama sottovoce: “Franca… tieni. – ha in mano del denaro -Povera gente! Aiutali tu.” Mi consegna quasi un milione. “Ma è troppo” – dico. “Non preoccuparti, non mi manca niente. Sono miei risparmi. Sono contenta di darli a loro.” Sono un po’ preoccupata. Non so se accettare. Il nipote, un ragazzino esile sui 16 anni, insiste. “Non preoccuparti, mia nonna è un angelo!”
“Attenzione! Tutti zitti! Ascoltate!” racconto quello che sta avvenendo, sventolando i biglietti da 100 mila (manca poco al milione). Scoppia un applauso. La nonna, imbarazzata sorride felice.
Che giornata!
Si ferma una Mercedes. Scende una famiglia al completo con tre ragazzini. Scaricano materassi, coperte… Hanno borse zeppe di ogni ben di Dio, giocattoli compresi.
“Guardate figli… guardate – dice il padre a gran voce - Ricordatevi di questo momento e imparate cos’è la povertà, la disperazione, la fatica di campare.”
Siamo tutti ammutoliti. Un silenzio da tagliare col coltello. Ringraziamo stringendoci intorno a loro… e mandiamo giù il magone che ci stringe la gola.
Magnifica Milano, grandi i milanesi… generosi. Fantastici!
“A tavola! – urla una delle mamma del Leonka – il pranzo è pronto!”
Che giornata!!! E’ persino bello essere al mondo.

 

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Corriere della Sera

La Repubblica


QUANDO ERO BAMBINO - DI MIMMO GRASSO

Quando ero bambino, il maestro delle elementari ci parlava di Scipione l’Africano (quello dell’Innodi Mameli) e tutti lo ascoltavamo a bocca aperta. Scipione era un giovanotto che aveva perso il padre nella lunga lotta contro Annibale ed era, altresì il rappresentante di un movimento “democratico” aperto agli extracomunitari greci (che Catone osteggiava) e già si poneva come un “principe” ( il primo di una serie di numeri uno). Avvenne dunque che il giovanotto sconfiggesse Annibale e, come si usava, desse le terre ai suoi soldati (una specie di pensione). Nell’apprendere questo il Senatus PopulusQue Romanus si incazzò non poco sia perché la statura del giovanotto era troppo cresciuta in termini di consenso popolare (e infatti il “Que” di “Populus” fu poi scritto con la minuscola) sia perché -e checcazzo!- quelle terre dovevano ampliare il latifondo e i traffici dei senatori. Ergo, accusarono il calvo Scipio di corruzione. Ergo l’Africano -stomacato- “spezzò le tavolette con l’accusa (parole del maestro) e si ritirò in volontario esilio a Villa Literno”. In piccolo o in grande la storia si ripete, come sappiamo. Ma non si ripete all’interno di ciascuno di noi se siamo portatori sani di idee e comportamenti perché la viviamo sempre come la prima volta.  Un altro esempio? Leggete, se vi va, il “Discorso degli Ateniesi ai Melii” (Tucidide, Storia del Peloponneso, lo trovate anche in internet) e applicatelo alle tiritere della nostra -e non solo nostra- politica. Magari anche alle guerre di Bush o al G8 di Genova. Il fatto è che un segno, quale che sia, ha sempre molti significati e ciascuno preleva quello che è coerente con i propri pregiudizi o il proprio vissuto o il proprio “vorrei che fosse”.
Franca Rame si è dimessa dall’Idv (peccato: era l’unico valore presente in questo partito) ma non si è ritirata a Villa Literno (il che ci dispiace: l’avremmo voluta vicino a noi), in mezzo agli africani, non quelli di Annibale,  che raccolgono pomodori con la diossina spedita dal nord Italia e ai piedi di un patrono nero (San Tammaro).
Qualcuno ha valutato che adesso Franca può determinare con il suo voto le sorti del Senato? Noi pensiamo che sia un’opportunità e non una minaccia. Franca, adesso, può dare un impulso decisivo alle scelte del governo e , vivaddio, la devono chiamare per ascoltarne il pensiero, negoziare con lei e non coi capigruppo. Franca rappresenta noi, è “Que” con la maiuscola. A parte valutazioni sulla qualità manageriale dei leaders dei partiti, in termini di gestione e valorizzazione delle risorse umane, noi siamo contenti della sua scelta,peraltro quasi subita. La questione non riguarda solo lei ma molti altri parlamentari, come leggiamo, e, più in generale, ha a che fare con la grave dissonanza che registriamo da alcuni anni nelle rappresentazioni mentali della nostra società. Per superare la dissonanza (cioè un’incoerenza tra il mondo delle attese, quello del vissuto e quello registrato tutti i giorni) ci sarebbe bisogno di un grande rito di tarantismo collettivo che rimodulasse le percezioni (e i valori) sociali, di un leader cheindirizzasse  le aspettative di una società ancora tutto sommato capitalista e classista, non democratica o democratica a senso unico, quando fa comodo, e  in cui i media giocano il ruolo del manipolatore e del servo sciocco.   In fondo, siamo ancora quelli di 10.000 anni fa, dell’inizio della storia civile. E, su qualche milione di anni che esistiamo come specie, se dovessimo restare su questa terra per altri centomila anni 10.000 sono proprio pochi. Il cervello di serpente mostra bei bitorzoli dietro la nuca di ciascuno e immaginiamo che Levi Montalcini se la riderà a lungo ascoltando e osservando le cocuzze dei senatori. Ci salvano quelli che, come Franca, sanno di essere innanzitutto individui coerenti con la propria storia. E qual è questa storia? Siamo sicuri di conoscerla? Io so, ad esempio, che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e che il mare di Franca è uno smisurato amore per la gente, respirato fin dall’infanzia, quando il padre aiutava coi pochi proventi del suo girovagare (era ciò che si direbbe oggi un “artista di strada”) chi aveva bisogno e i politici scomodi,  magari togliendo il pane alla famiglia. So anche che Franca ha adottato (e mi scuserà se lo dico) decine di bambini portatori di handicaps ai quali arriva ogni mese -e arriverà per tutta la vita- un serio assegno di sostentamento. In qualche intervento  precedente l’ho paragonata a una “mater matuta” ( “madre mattutina” ,la stella Diana), una di quelle icone che si vedono qui in Campania e che rappresentano i frutti della terra.
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e il ponte serviva per dire senza fare.
In logica c’è un altro bel ponte, il pons asinorum, che farebbero bene a studiare i “quèquè”
che, ahimè, siamo stati costretti a votare (senza, cioè, poterli scegliere).
Un abbraccio da Mimmo Grasso , Le Nuove Nacchere Rosse, Il Guerriero del Vesuvio, Federazione Città del Monte, Ricominciodatre, Alam, Echi Flegrei.


INTERVENTO SENATRICE PELLEGATTA SULLA FINANZIARIA

Rigore e sobrietà. Questi sono i tratti di una Finanziaria che ritorna alla propria primaria funzione.
Non sarebbe auspicabile perciò che, nei rivoli della polemica di queste ore, si perdesse il dato qualificante di questo disegno generale: non una legge “omnibus” di norme e interventi ordinamentali, ma la destinazione delle risorse dello Stato, in modo leggibile e chiaro, a favore dei cittadini.
E’ una Finanziaria seria, che “non mette le mani nelle tasche degli Italiani”, ma restituisce e aiuta i più deboli.
E questo non è frutto solo di una chiara volontà politica, ma anche e soprattutto delle condizioni che, faticosamente, il centrosinistra ha creato nel corso di questo anno.
In diciotto mesi, con due decreti, sono stati restituiti ai cittadini più di 13 miliardi di euro, e oggi possiamo affrontare con serenità una Finanziaria che riduce il peso fiscale per i lavoratori, per i cittadini, per le imprese.
Tutto questo è frutto del serrato e compatto impegno della nostra maggioranza contro l’evasione fiscale. La scelta ferma di fare del recupero di quei duecento miliardi rubati al fisco il primo dei nostri obiettivi ci consente, con serietà, di avviare un grande intervento di redistribuzione. E questo impegno, come dimostra la scelta di rafforzare l’agenzia delle entrate con nuovo personale, proseguirà con decisione.
Non si tratta solo di recuperare risorse tolte alla collettività, ma anche di restituire dignità al Paese. La tassazione è uno dei fondamenti del patto di cittadinanza, e la certezza di quell’ obbligo per tutti, e non solo per i lavoratori a busta paga, è il primo intervento di equità.
Possiamo qui cogliere uno dei tratti che caratterizzano il complesso della Finanziaria: restituire dignità allo Stato e alla Repubblica. Non solo assicurando che i doveri siano assolti da tutti, ma anche garantendo la qualità dell’azione pubblica.
Si è tanto discusso della reintroduzione della “riforma Bassanini” sull’ organizzazione del Governo. E in troppi si sono fermati alla superficie dell’intervento, cioè alla riduzione del numero dei ministri. Vorremmo invece sottolineare come quella scelta, se sarà rispettata non solo dal prossimo governo, ma dai Governi che negli anni si succederanno, darà un forte impulso alla qualità dell’azione della amministrazione. Il punto non è dire il numero, ma la stabilità. Ancora oggi il processo di separazione tra i ministeri è in corso, e così è stata per il Governo precedente, e per quello prima ancora. Anni persi a spostare uffici, personale, carte.
Il punto qualificante non è ridurre il numero, ma assicurare che qualunque Governo sarà alla guida del Paese, si troverà a gestire una macchina efficiente, stabile nel tempo, i cui meccanismi sono solidi. Insieme al principio di separazione dei poteri, due poli compongono lo stato democratico: da un lato la volontà del popolo che si esprime attraverso gli organi politici, dall’altro una amministrazione terza che non segua interessi particolari. È la lezione di altri Paesi, come per esempio la Francia, dove l’intangibilità dell’Amministrazione si accompagna ad una chiara distinzione dei ruoli.
Così come la scelta da un lato di stabilizzare chi oggi opera nell’amministrazione in modo precario e dall’altro di assumere, da oggi, solo a tempo indeterminato non è solo una scelta importante sotto il profilo sociale, ma anche dal punto di vista della qualità dell’Amministrazione.
Il nodo della precarizzazione delle vite e del futuro di intere generazioni si para di fronte a noi con forza, e non dare risposte efficaci sarebbe non solo segno di inadeguatezza della politica, ma anche e soprattutto gesto colpevole e irresponsabile nei confronti di alcuni milioni di cittadini oggi incapaci di programmare con serenità la propria vita.
Ma non c’è solo questo: una amministrazione dello stato che fondasse i propri servizi su personale precario, che oggi c’è e domani chissà, diviene precaria anch’essa, e i diritti dei cittadini diventano labili, inesigibili. La battaglia per la stabilizzazione non inficia, ma rafforza l’efficacia dell’amministrazione, anche considerato che quei lavoratori stabilizzandi dovranno affrontare, come impone la Costituzione, adeguate prove selettive.
Con questa Finanziaria si afferma la necessità, allora, di una Pubblica Amministrazione solida e speriamo anche sobria. Con la riduzione delle indennità dei consiglieri comunali e l’eliminazione dei contributi a carico delle Amministrazioni locali da un lato e con il tetto agli stipendi dei manager si riconduce a buon senso, in modo non demagogico, gli effetti perversi di un certo federalismo della spesa che ha minato gravemente la credibilità della politica. Così, a livello centrale, anche il punto di equilibrio saggiamente raggiunto sui  fondi di dotazione per gli organi costituzionali che si sono impegnati ad una riduzione della proprie spese, è un messaggio importante ottenuto senza metterne in discussione l’autonomia, che deve essere gelosamente preservata.
Risorse dall’evasione fiscale, un impegno per garantire diritti e assicurare che ciascuno si faccia carico dei doveri, una amministrazione più efficiente, una gestione della cosa pubblica più sobria. Queste sono le premesse che abbiamo posto per una politica seria e non demagogica.
E’ con questo patrimonio di autorevolezza che si possono costruire politiche di redistribuzione e impegni per il futuro che diano risposte concrete alle domande del Paese.
Tra gli interventi più importanti previsti da questa Finanziaria ne vorrei ricordare tre:
- il primo è l’eliminazione del ticket sulle prestazioni diagnostiche e specialistiche. Essa rappresenta una vera e propria tassa occulta, che incide in modo indifferenziato rispetto al reddito e alle condizioni di patologia dei cittadini. Sgombrare il campo da questo strumento significa riaffermare il diritto universale alla Salute, uno dei fondamenti del nostro sistema di Welfare, che non vogliamo smantellare, ma anzi rafforzare con decisione.
- Un secondo aspetto sono gli interventi per la casa: riduzione dell’ICI e detraibilità degli affitti, insieme al piano di edilizia pubblica, deciso nel decreto fiscale, disegnano un intervento complessivo rispetto a quella che è oggi una delle più gravi emergenze sociali. Oggi una casa pesa tremendamente sui redditi dei cittadini. Secondo il SUNIA per pagare l'affitto di casa se ne va più della metà dello stipendio, e si sfiora l'80% dell'intero reddito di una famiglia operaia per affittare nella periferia delle grandi città. E per l’acquisto, dal 1970 al 2003, il valore assoluto dello stesso appartamento è cresciuto di 35 volte. E ancora, le associazioni dei consumatori ci dicono che per acquistare un appartamento di 90 metri quadri serve oggi il corrispettivo di 20 anni di uno stipendio medio, contro i 15 necessari nel 2002. Dietro questi numeri ci sono drammi familiari, difficoltà nel selezionare cosa sia prioritario nella spese di casa, privazione di molti beni, spesso anche dei beni primari. Oggi invertiamo la tendenza, con un intervento generalizzato che ridà fiato alle famiglie e ai cittadini.
- Un terzo intervento è l’impegno a investire il gettito supplementare, frutto della lotta contro l’ evasione, alla riduzione del carico fiscale sul lavoro dipendente. Come nella Finanziaria 2006 avevamo deciso di destinare l’extragettito alla riduzione fiscale generalizzata (e oggi ottemperiamo a quell’ impegno attraverso gli interventi sulla casa), così ora noi guardiamo in faccia a uno dei problemi più drammatici del nostro tempo, cioè la contrazione del potere d’acquisto dei redditi da salario, come Fonti inaspettate, ma di grande saggezza e autorevolezza, ci hanno ricordato pochi giorni fa. In una riedizione di antiche politiche dei due tempi, le imprese, tra questa e la precedente Finanziaria, hanno ricevuto significative riduzioni fiscali. Ora affermiamo con nettezza che inizia il secondo tempo, quello della restituzione a chi, con il proprio lavoro e la propria fatica, costruisce quotidianamente la ricchezza nazionale. L’altra faccia di questa medaglia sarà la prossima tornata contrattuale, che deve essere caratterizzata da un maggiore equilibrio tra il reddito di chi lavora e i profitti di chi investe.
- Infine, nell’ ampio intervento rappresentato da questa Finanziaria, rischia di essere messo in disparte la questione del sistema della conoscenza e della cultura, unica strada che indica al Paese un futuro. Con più di un miliardo e mezzo in tre anni destinati all’Università si inverte una tragica tendenza iniziata dalla precedente amministrazione di ritenere il sapere un costo e non un investimento. Oggi diamo un messaggio di segno opposto. Dall’altro lato, con gli interventi a favore del cinema e della cultura riaffermiamo quel legame costitutivo della comunità nazionale che è stato ed è il nostro patrimonio di idee e opere.
Serietà, autorevolezza, sobrietà.
Questi i valori che noi troviamo nella Finanziaria e che il passaggio in Commissione Bilancio prima e ora in aula non offusca, ma conferma.
Ora, con questo dibattito, affermiamo di fronte al Paese il valore di una politica che, senza demagogia, risolve i problemi e dà risposte a bisogni e aspettative.