MORTE IN CARCERE A PERUGIA - SI CHIEDONO CHIARIMENTI SULLE CIRCOSTANZE

 Cari Amici,
ecco un articolo di cronaca su un fatto inspiegabile, e di seguito l'interrogazione da me sottoscritta, a prima firma della Sen. Emprin Gilardini
Ucciso in carcere dal proibizionismo (fonte: carta.it)
Sarah Di Nella
[24 Ottobre 2007]

 
E’ morto tra le mura di un carcere, dov’era finito perché possedeva due piantine di marijuana per uso personale. È questa la sorte toccata ad Aldo Bianzino, cinquantaquattrenne di Pietralunga, nel nord dell’Umbria, morto in una cella del carcere di Capanne, a Perugia, nella notte tra il 13 e il 14 ottobre scorsi. Nessuna traccia apparente di violenza sul suo corpo, ma «lesioni compatibili con l’omicidio» dice l’autopsia, che rivela quattro emorragie cerebrali, traumi al fegato e due costole rotte. Sembrano i segni di un pestaggio.
Aldo Branzino era stato portato nel commissariato di Città di Castello e poi trasferito nel carcere di Capanne, nel pomeriggio del 13 ottobre, insieme alla sua compagna Roberta, dopo una perquisizione della polizia nel loro casale immerso nella campagna umbra. E fino al suo ingresso in carcere, Aldo stava bene. Separati al momento di entrare in prigione, Aldo e Roberta sono stati visitati dall’avvocato d’ufficio che ha registrato il loro normale stato di salute, e la preoccupazione di Aldo per Roberta.
Falegname di professione, incensurato, Aldo si era trasferito dal Piemonte in Umbria, passando dall’India, alla ricerca di una vita più vicina alla natura, armoniosa, che aveva trovato nel rapporto con una piccola comunità spirituale vicina agli Hare Krishna. Dai suoi conoscenti e amici i commenti sono di incredulità assoluta. Aldo viene descritto come «la mitezza in persona» e il suo credo nonviolento di stampo gandhiano esclude qualsiasi lite con altri detenuti. Peraltro, l’unico giorno in carcere di tutta la sua vita, Aldo l’avrebbe passato in isolamento.
Al senato, Haidi Giuliani, Giovanni Russo Spena e Erminia Emprin Gilardini hanno chiesto martedì 23 ottobre in una interrogazione parlamentare urgente al ministro della giustizia Clemente Mastella, di avviare una procedura immediata per fare chiarezza sulla vicenda.
«Il decesso di Aldo Branzino – si legge – deve essere chiarito. Dalle notizie apprese dalla stampa, risulta che le lesioni riscontrate sul corpo di Aldo Branzino, dopo il suo decesso, configurerebbero la compatibilità con l’omicidio, in quanto il medico legale escluderebbe la morte per infarto, riscontrando quattro commozioni cerebrali, lesioni al fegato, due costole rotte. Branzino sarebbe stato ristretto in cella da solo, dato che la prassi prevede l’isolamento dell’arrestato prima dell’incontro con il giudice preliminare». Un’altra interrogazione, presentata dal senatore Mauro Bulgarelli [Insieme con l’Unione], denuncia «un fatto di inaudita gravità, se fossero accertate le gravissime lesioni che sarebbero state riscontrate sul corpo di Aldo Bianzino». «E’ sconcertante – dice Bulgarelli – che a 24 ore dall’arresto, le cui circostanze sono peraltro da chiarire, un uomo muoia per cause che potrebbero essere non accidentali e fare addirittura ipotizzare un pestaggio».
La procura di Perugia ha aperto un’indagine «sulle cause del decesso del detenuto».
Dieci giorni dopo la morte di Aldo, né la sua compagna, né i suoi tre figli, né i suoi familiari hanno potuto vedere il suo corpo.
Nel moderno carcere di Capanne, inaugurato da Roberto Castelli quando era ministro della giustizia del governo Berlusconi, non è la prima volta che un detenuto muore. Nel rapporto «Morire di carcere», pubblicato dall’associazione Ristretti orizzonti del giugno 2006, sono segnalate due altre vicende. Quella di una detenuta italiana di 44 anni, che si era suicidata nel centro clinico penitenziario del carcere di Perugia e quella di un detenuto straniero, morto dopo un intervento chirurgico alle emorroidi, per mancanza di assistenza notturna.
I movimenti antiproibizionisti di Perugia e di tutta Italia, assieme alle associazioni di tutela dei detenuti, stanno pensando a un’iniziativa da tenere nel capoluogo umbro nei prossimi giorni. Per protestare contro il carcere che uccide.

Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01031 Atto n. 3-01031

Pubblicato il 24 ottobre 2007
Seduta n. 236

EMPRIN GILARDINI , RUSSO SPENA , GAGGIO GIULIANI , RAME - Al Ministro della giustizia. -
Premesso che:
da notizie apprese dalla stampa nella notte di venerdì 12 ottobre è stato arrestato nella propria abitazione, nel comune di Petralunga (Perugia), per violazione dell'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, il signor Aldo Bianzino;
dopo l'arresto, lo stesso sarebbe stato condotto assieme alla moglie nel commissariato di Città di Castello per le formalità di rito e quindi trasferito nel carcere di Capanne (Perugia);
i due coniugi sarebbero stati divisi non appena entrati in carcere, e sarebbero state riscontrate da parte dell'avvocato d'ufficio condizioni normali di salute in entrambi;
nella notte di sabato 13 ottobre il signor Aldo Bianzino è deceduto all'interno della struttura penitenziaria;
il signor Bianzino, secondo le normali procedure, sarebbe stato ristretto in cella da solo, prevedendo la prassi l'isolamento dell'arrestato prima dell'incontro con il giudice preliminare;
le lesioni riscontrate sul corpo del signor Aldo Bianzino, dopo il suo decesso, configurerebbero la compatibilità con l'omicidio, in quanto il medico legale escluderebbe la morte per infarto, riscontrando quattro commozioni cerebrali, lesioni al fegato, due costole rotte,
si chiede di sapere quali procedure urgenti di competenza il Ministro in indirizzo intenda avviare per fare completa chiarezza sulla vicenda.

Argomento: 

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URANIO IMPOVERITO (LEGGETE TUTTO: IMPORTANTE!)

RAPPORTO sulla Missione in Sardegna degli esperti della
Commissione del Senato “Uranio impoverito”

della dott.ssa  Antonietta M. Gatti

I Consulenti della Commissione “Uranio impoverito” dott.ssa Antonietta Gatti, cap. Paride Minervini,  dott. Armando Benedetti, dott. Msssimo Zucchetti e dott. Valerio Gennaro hanno incontrato nei giorni 9, 10 e 11 Luglio i rappresentanti dell’ASL di Cagliari, dell’assessorato regionale alla Sanità, i rappresentanti del Poligono di Quirra e di Capo San Lorenzo, il sindaco di Villa Putzu insieme con due medici di base (dott.ssa Porrà e dott.ssa Aru) ed un geologo (dott. Priamo Farci).

I Consulenti della Commissione si sono recati in Sardegna per verificare se:
1.    nel poligono interforze di Quirra  e a Capo San Lorenzo sia stato usato munizionamento all’Uranio impoverito;
2.    nelle popolazioni limitrofe a tale poligono esistano disagi e patologie in eccesso o anomale.

I primi incontri sono avvenuti a Cagliari con il Presidente dell’ASL n. 8 (dott. Gumirato) e con l’Assessore alla Sanità (dott.ssa Dirindin). A queste persone è stato chiesto se, a loro conoscenza, esiste una situazione di patologie rilevanti tra la popolazione residente attorno al Poligono e tra i lavoratori all’interno dello stesso.
Il dott. Gumirato, in base agli studi dell’epidemiologo dott. Cocco ed al lavoro svolto dall’epidemiologo fiorentino prof. Biggeri sull’intera Sardegna, nega ogni sorta di problema patologico nella zona. Il dott. Cocco illustra con l’ausilio di diapositive  lo studio epidemiologico.
Nell’illustrare le quantità di persone che hanno sviluppato patologie nel periodo 1998-2001, questi presenta un dato a mio avviso anomalo. E’stato infatti rilevato che a Villa Putzu (5.050 abitanti) si sono riscontrati 8 casi di tumore, mentre in un paese chiamato Muravera che ha un numero molto simile di abitanti (4.050) e che dista da questo pochi chilometri con il solo fiume Flumendosa a dividerli, nello stesso periodo non si sono riscontrati casi. Questo dato è per me molto strano ed allarmante.
Questa incidenza 8 volte superiore non viene rilevata dagli epidemiologi, ma, anzi, si conclude che, trattandosi di un numero di casi inferiore al valore atteso (casi patologici medi in Sardegna ), a queste morti non si deve dare alcun significato, per non allarmare la popolazione. Il dott. Gennaro mette in evidenza alcune carenze di parametri epidemiologici, evidenziando come le patologie prese in esame siano solo quelle tumorali, cosa che offre un quadro assai parziale della situazione sanitaria.
La dott.ssa Dirindin dà ampia disponibilità a collaborare per una migliore comprensione della situazione.

La visita al Poligono, preceduta da un succinto briefing sulle attività che vi si svolgono, ha messo in evidenza che nell’entroterra vi sono varie zone dove non solo si spara, ma dove si fa anche brillare munizionamento da eliminare. Si constata che a 600 m di altitudine si è creata una discarica a cielo aperto, nei cui dintorni si sono viste mucche e pecore pascolanti.
La visita al Poligono a mare ha messo in evidenza che la zona ove è situata la rampa in cui si prova il booster del nuovo motore per il missile Ariane (cui ora è stato attribuito un altro nome) è interessata 2-3 volte l’anno da combustioni ad altissima temperatura. Qui ho prelevato altri campioni su cui valutare un possibile inquinamento. La mia richiesta, ovvia per un addetto ai lavori, di sapere se vi siano stati o vi siano soldati ammalati non ha ottenuto risposta. Nell’occasione ho accertato che non è mai stato eseguito un censimento su eventuali patologie contratte dagli operatori interni sia militari sia civili, compreso il personale della Vitrociset (ditta esterna che è locata nel perimetro del Poligono a mare).

La visita a Villaputzu ha visto l’incontro con il sindaco sig. Piu, con il dr. Farci, geologo di Escalaplano, con la dott.ssa Porrà, uno dei  medici di base del paese, con la dott.ssa Aru che era pediatra all’Ospedale di Lanusei ed ora, pur essendosi trasferita a Cagliari, segue ancora i bambini malformati nati ad Escalaplano.
Il Sindaco riferisce che la relazione degli epidemiologi fatta pervenire dalla ASL di Cagliari non ha evidenziato patologie superiori alla norma fra gli abitanti del paese e mi chiede la relazione che avevo approntato su commissione dell’ASL nel 2004 relativamente a campioni patologici di pazienti della zona forniti dall’ASL stessa.
La dott. Porrà mette in evidenza come in 8 anni di lavoro abbia avuto 2 casi di tumore osseo, 3-4 casi di tumore emolinfatico, ma ha anche casi di tiroiditi di Hashimoto, di noduli sia in donne sia in uomini, malattie che lo studio epidemiologico non ha preso in considerazione.
La dott.sa Aru racconta che dal 1981 all’’83, quando lavorava presso l’ospedale a Lanusei, ha visto almeno 8 casi di malformazioni (sclerosi tuberosa) provenienti  dalla zona di Escalaplano, e, tra questi, due casi di una sindrome molto rara (mucopolisaccaradosi), la cui incidenza non supera un caso su un milione di abitanti. Non solo, ma è stata testimone di molti aborti. Trasferita poi a Cagliari, ha potuto constatare, qui, l’assenza di tali malformazioni.
Nel paese di Escalaplano, dall’‘81 all’‘86 si sono presentate 11 malformazioni e, dei 32 nati nell’‘88, ben 3 furono malformati.
Il geologo dott. Farci racconta che nel 2005, quando abitava ad Escalaplano, durante una visita nell’altopiano di  Quirra, a 600m di altitudine, nella zona dove gli armamenti vengono distrutti, ha visto in 2 sorgenti l’acqua sgorgare di tre colori diversi: marrone, verde e gialla. Campioni di quell’acqua erano stati consegnati alla Commissione Sanità del Consiglio Regionale ma non gli risulta che siano mai stati analizzati o, comunque, non esistono i risultati se l’analisi è stata eseguita.
L’incontro si chiude con la richiesta di fare chiarezza su tali eventi.

Considerazioni.

Si è riscontrato che i dati riguardanti le patologie forniti dall’ASL di Cagliari non sono rispondenti alla situazione reale. Attualmente, a Villa Putzu vi sono 29 persone che si sono ammalate e non 8 come denunciato. Di questi, un terzo è costituito da pastori. Questo dato è parziale poiché non tiene conto del personale militare che lavora nelle due basi. Lo studio, inoltre, non ha preso in considerazione tiroiditi di Hashimoto e formazioni nodulari né entrano nel computo malformazioni fetali o aborti spontanei, così come non si menzionano le patologie cardiovascolari a dispetto del fatto noto di come proprio quelle siano le patologie prevalenti in molte forme d’inquinamento ambientale.
Nonostante la superficialità dello studio, emerge sicuramente un’anomalia per alcune patologie sulla popolazione di Villaputzu.
Per il caso di Escalaplano, si evidenzia che le patologie di malformazioni riscontrate negli anni 80 sono rare ed in eccesso.
Poiché non c’è effetto senza causa, una causa ci deve essere stata..

L’elevata incidenza di patologie in persone che non sono sottoposte ad esposizioni lavorative o industriali fa pensare ad esposizioni specifiche legate alle attività militari specialmente nell’altopiano.
Durante il sopralluogo, vista la natura del luogo, si è ipotizzato che durante la stagione piovosa l’acqua percola sicuramente attraverso gli strati di  materiale bellico eliminato, trascinando più a valle i prodotti del dilavamento e i detriti di corrosione dei metalli.
Le sorgenti, anche a quota elevata, possono contenere questo materiale, quindi durante il periodo estivo, quando mandrie di animali si abbeverano, possono rimanerne contaminati. Una simile contaminazione interessa ovviamente anche i pastori e le persone che bevono quell’acqua, dato che con questa possono ingerire metalli pesanti e residui di esplosivo. Purtroppo lo studio geologico della zona della Difesa (http://www.difesa.it/Approfondimenti/relazione-finale-studio-geochimico/) non ha preso in considerazione le sorgenti, le falde acquifere, e loro estensione. Quindi, non è stata eseguita nessuna analisi di queste acque né si sa se i comuni di Villaputzu,  Escalaplano e Salto di Quirra ricevono acqua dalle falde acquifere dell’altopiano. Perdasdefogu, un paese localizzato a maggiore altitudine, non dovrebbe essere interessata da questo inquinamento.
Il fenomeno deve essere visto in modo dinamico e non statico, cioè la contaminazione esiste forzatamente in modo più evidente dopo abbondanti piogge. E’ doveroso controllare questa ipotesi.

Suggerimenti urgenti

1 Occorre immediatamente eseguire analisi dell’acqua sorgiva mediante spettrofotometria ad assorbimento atomico e microscopia elettronica con microsensore a dispersione d’energia dopo filtrazione. Sarebbe anche necessario sequestrare i campioni d’acqua del 2005 consegnati alla Commissione Sanità del Consiglio Regionale per lo stesso tipo di valutazione .
2 Occorre che veterinari verifichino subito lo stato di salute di mandrie e greggi attualmente al pascolo. Se emergono eventuali stati anomalie, occorre eseguire una biopsia al fegato degli animali ed analizzare formaggi e latte.
3 Occorre verificare immediatamente lo stato di salute dei pastori che operano nella zona.
4 Occorre immediatamente verificare da quali falde provenga l’acqua potabile dei paesi ai piedi dell’altopiano.

Suggerimenti per studio logistico

Un ulteriore studio logistico deve prevedere la creazione di una task force con i seguenti compiti:

1 Fare un censimento tra i militari del Poligono a terra e a mare su tutte le eventuali patologie sviluppate da personale militare e civile in pianta stabile nei poligoni e di passaggio.
2 Fare un censimento di tutte le patologie degli abitanti della zona comprendenti anche aborti, malformazioni e patologie tiroidee e cardiovascolari, in funzione dell’attività lavorativa svolta.
3 Recuperare i dati relativi alle malformazioni totali dal 1980 al 1995 della zona di Escalaplano, comprensivi dell’attività lavorativa dei genitori.

Ulteriori verifiche del nesso di causalità tra inquinamento bellico e patologie può prevedere l’analisi diretta dei tessuti patologici dei pazienti al fine di trovare le polveri metalliche esogene inalate o ingerite.


g8: io c'ero. franca rame

Le cose sono andate proprio così. IO C'ero.... franca rame Per meglio capire cosa è successo a Genova Dal blog di Di Pietro una testimoniaza emblematica. ANTONIO PER LA PRIMA VOLTA NON SONO D'ACCORDO, FORSE TU NON SAI ... PER CAPIRE COSA E' SUCCESSO A GENOVA BISOGNA ANDARE LA' E FARSI RACCONTARE LA STORIA DAI GENOVESI: C'ERANO GRUPPI DI BLACK BLOCKS FASCISTI DI MERDA CHE GIRAVANO SFASCIANDO TUTTO E SENZA CHE NESSUN POLIZIOTTO FACESSE NIENTE I BLACK BLOCKS (300-400) ARRIVAVANO IN UNA PIAZZA DOVE C'ERA GENTE DEL CORTEO E ATTRAVERSAVANO IL CORTEO DI CORSA, DIETRO ARRIVAVANO I POLIZIOTTI E MASSACRAVANO LA GENTE INERME MANGANELLI E LACRIMOGENI, LA GENTE SCAPPAVA PER I VICOLI CERCANDO SCAMPO VERSO LE COLLINE CHI ANDAVA A FARSI MEDICARE IN OSPEDALE VENIVA FERMATO DALLA POLIZIA !! C'E' ANCHE UN VIDEO IN CUI UN POLIZIOTTO PARLA CON UN BLACK BLOCK !! LA PRIMA SERA ARRIVA LA NOTIZIA DELLA MORTE DEL RAGAZZO, LE CAMIONETTE PASSAVANO E I POLIZIOTTI URLAVANO: VI AMMAZZEREMO TUTTI!! IL GIORNO DOPO ANCHE PEGGIO, PICCHIANO TUTTI INDISTINTAMENTE, NON IMPORTA SE ERI VECCHIO, DONNA O GIORNALISTA LA GENTE DEL QUARTIERE ALLE FINESTRE VEDEVA GLI SQUADRONI NAZI-FASCISTI CHE ATTACCAVANO IL CORTEO E POI SCAPPAVANO, QUANDO ARRIVAVA IL CORTEO LI SALUTAVANO URLANDO, TUTTI INSIEME ALLE FINESTRE, NEMMENO STESSE PASSANDO IL PAPA ... POI GRAN FINALE AL GENOA SOCIAL FORUM, MASSACRO TOTALE E DISTRUZIONE DI VIDEOCAMERE, TELEFONINI COMPUTERS... C'ERANO DONNE CON BAMBINI, GIOVANI E ANZIANI, TUTTI LA' PER PROTESTARE PER IL MONDO SEMPRE + DI MERDA, ERA IL 2001 E OGGI IL MONDO E' DI MERDA + DI PRIMA MA IL CORTEO ERA PACIFICO, QUESTA VERGOGNA ERA STATA ORGANIZZATA DALL' ALTO ... COSI' IMPARATE A CONTESTARE IL MIO AMICO BUSH ... Postato da: Pietro Massimo | 31.10.07 13:38 By gargantua at 2007-10-31 17:18 | elimina | modifica | rispondi


Macelleria parlamentare - Furio Colombo

Macelleria parlamentare Furio Colombo Non ci sarà nel Parlamento italiano una commissione di inchiesta su ciò che è avvenuto nel G8 di Genova ovvero in quei giorni di luglio del 2001 in cui il governo Berlusconi, con la sua supervisione personale dell'allora vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini, ha debuttato nella sua versione liberticida, guidando la polizia italiana a comportamenti che un dirigente di quella polizia ha così descritto ai giudici: «Ho visto scene di macelleria messicana. Non ho osato parlare prima per un senso di appartenenza. Ma ora sento il dovere di dire che ho provato orrore per quello che ho visto fare». La dichiarazione, raccolta e resa pubblica dai giudici di Genova, in uno dei processi in corso, ci dice che la polizia italiana non si è mai arruolata sotto le bandiere «messicane» (sarebbe più esatto dire «cilene») di Berlusconi, ed è rimasta fedele alla Costituzione. Soltanto alcuni gruppi e dirigenti, non sappiamo se arruolati o volontari, si sono prestati allo sfregio alla democrazia italiana con comportamenti da squadre d'azione (le unità con cui ha debuttato il regime di Mussolini) e con orridi e ripugnanti rituali di tipo esplicitamente fascista, diffamando l'immagine dell'Italia di fronte a tanti ragazzi e ragazze non italiani che credevano di avere partecipato a una dimostrazione in un Paese libero. Come si vede chiaramente, e come sta emergendo dal processo di Genova in cui dure condanne sono state chieste o saranno chieste per coloro che - secondo la magistratura - hanno violato la legge, dai dimostranti violenti, ai poliziotti dentro la scuola Diaz (il luogo del pestaggio più violento, in piena notte, contro gente addormentata), gli aspetti di un collasso delle garanzie costituzionali, una sorta di black out, per fortuna temporaneo che ha coinvolto centinaia di migliaia di persone, si può ricostruire (e si deve) in due modi diversi. Non solo perché diverse sono le autorità e le competenze, ma perché diverse sono le questioni. La linea di demarcazione più importante, che rende imbarazzanti e ridicole le grida di trionfo di Ignazio La Russa, tornato improvvisamente missino, e rende incomprensibile e non spiegabile ciò che hanno detto Di Pietro e Mastella per vantarsi di avere votato contro, è la seguente. L'autorità giudiziaria si basa sul principio che la responsabilità penale è personale, riguarda un cittadino alla volta.E infatti, di fronte a comportamenti illegali i giudici puntano alla responsabilità di chi li ha compiuti, non al fatto che alcuni gruppi fossero dimostranti e altri gruppi fossero composti di agenti di polizia (con alcuni comandanti) e carabinieri. Una commissione parlamentare ha invece il compito di chiarire, spiegare, accertare le responsabilità politiche. E tutti sanno che nel G8 di Genova il problema di accertare le responsabilità politiche è grande e urgente, anche in difesa della polizia. Per esempio: chi ha dato certi ordini? ......... 


RENDICONTO SOTTOSCRIZIONE URANIO IMPOVERITO

Cari Amici,
abbiamo consegnato all’Osservatorio Militare tramite il dott. Domenico Leggiero che si è prodigato con passione e onestà per le necessità dei nostri soldati (Balcani, Iraq e Afghanistan) vittime dell’uranio impoverito.

Ecco un primo rendiconto, che troverete in allegato a questo post, proprio qui sotto.

Come vedete, molte persone hanno avuto bisogno di sostegno per instaurare la loro causa per il risarcimento dei danni davanti al tribunale: costa infatti 1.100 euro il contributo unificato, cioè la tassa per iscrivere il proprio processo all’esame del giudice (!!!).
Un’altra voce importante è quella che riguarda le perizie mediche: per sostenere la propria causa, è stato infatti necessario rivolgersi a medici specialisti, che preparassero una perizia per il giudice, a dimostrazione del nesso di causalità della loro malattia con l’ UI; i costi di questi lavori sono significativi.
Questa finanziaria stanzia 170 milioni di euro “per le vittime del dovere”, il Ministro Parisi ha assicurato che interverrà anche a favore delle vittime dell’uranio. Speriamo sia la volta buona!
Un abbraccio
franca

 

Argomento: 

STRETTO DI MESSINA SEN. RIPAMONTI: DI PIETRO SCONFESSA INTESA UNIONE

Cari amici, cerchiamo anche oggi di aggiungere un tassello alla vicenda della società Stretto di Messina: ecco un comunicato stampa del Sen. Natale Ripamonti, relatore in aula del decreto fiscale.

Il Senatore fa notare come l’emendamento non provenisse dalla cosiddetta area massimalista, ma fosse frutto del lavoro della commissione Bilancio. Era quindi una mediazione di tutte le istanze della coalizione. Nonostante questo, stando alle parole di Natale Ripamonti, il ministro avrebbe inteso mettere un atto una “prova di forza”.
 
“Il voto contrario dell'Idv sull’emendamento della commissione Bilancio per la soppressione della società Stretto di Messina Spa è stato ‘una prova di forza’ da parte di Di Pietro che ha sconfessato un accordo raggiunto in maggioranza”, e aggiunge: "C'e' stata una trattativa anche ieri, ma non c'e' stato niente da fare".  Lo ha affermato il relatore al decreto legge collegato alla Finanziaria, Natale Ripamonti, al termine della mattinata di votazioni nell'Aula del Senato sul provvedimento.
“L'emendamento - ha spiegato il relatore - era della commissione, non dei Verdi o della cosiddetta sinistra radicale . Abbiamo tentato fino alla fine una mediazione accettabile, ma è stata rifiutata dal ministro Di Pietro. Tra l’altro, l’emendamento era un articolo aggiuntivo e quindi il provvedimento rimane integro.


PONTE DI MESSINA: IL PARERE DELLA PRESIDENTE COMMISSIONE LAVORI PUBBLICI SENATO

 
Cari Amici, vi propongo il comunicato stampa della Senatrice Anna Donati, la mia presidente in commissione VIII, una vera esperta dell'argomento!
 
Stretto SpA, occasione sprecata per tagliare società inutile
25/10/2007
"Oggi il Senato ha sprecato una buona occasione per chiudere una società inutile e costosa come la Stretto di Messina SpA. L' emendamento, approvato dalla commissione Bilancio, avrebbe comportato infatti un notevole risparmio di risorse pubbliche".
Così la presidente della commissione Lavori pubblici del Senato, Anna Donati, commenta il voto dell'Assemblea sull'emendamento della commissione al decreto fiscale, che poneva in liquidazione la società Stretto di Messina SpA.

"La chiusura di una società, nata per realizzare un progetto che il governo ha scelto di non realizzare - dichiara Donati -  è semplicemente coerente con il programma e le decisioni già assunte dalla coalizione dell'Unione".
"E' falso - continua la senatrice - agitare lo spettro delle penali a seguito della recessione del contratto per la realizzazione del Ponte, con la società Impregilo. Sono bugie perché è stato proprio lo stesso presidente della Stretto di Messina SpA, Pietro Ciucci, ad aver messo nero su bianco che non sono previste penali fino all'approvazione del progetto definitivo ed esecutivo". "Questa inequivocabile precisazione del presidente Ciucci - sottolinea -  significa che quel contratto su un progetto preliminare, firmato in fretta e furia all'epoca del governo Berlusconi,  si può ancora recedere senza sprecare risorse pubbliche".
"La chiusura della Stretto di Messina SpA avrebbe consentito di tagliare una società inutile, i cui costi continuano a gravare sulle casse dello Stato e - conclude la presidente Donati - spiace dover constatare che proprio il ministro Di Pietro si sia opposto a questa operazione di pulizia".
Approfondimenti
Interrogazione sui costi della Stretto di Messina SpA

Intervento di Anna Donati in Aula su emendamento commissione Bilancio


Ponte sullo stretto, il pasticcio continua

di Simone Verde,  il Manifesto 26/10/07
Maggioranza divisa e battuta in Senato sul ponte sullo Stretto di Messina. Con un emendamento alla Finanziaria in cui l'Italia dei Valori ha votato a fianco del centro-destra per impedire la chiusura della società responsabile della grande opera pubblica. Primo strascico politico, la defezione di Franca Rame dal gruppo di Antonio Di Pietro, per protesta «contro dichiarazioni contraddittorie e l'incapacità a perseguire una linea politica chiara e coerente con il programma».
Ma anche «contro un progetto irrealizzabile, servito soltanto a sperperare denaro pubblico in una delle più grandi truffe degli ultimi anni». Al centro della polemica, la Stretto di Messina Spa, creata nel 1981 proprio per la realizzazione del ponte. Una struttura costata finora oltre 150 milioni di euro e, come dimostrato da varie inchieste
della procura di Messina, ripetutamente al centro di attenzioni della mafia. Società, però, il cui scioglimento chiesto dalla maggioranza avrebbe obbligato lo stato a versare oltre 350 milioni di euro di rimborsi agli azionari. Spesa che il ministro Di Pietro dichiara da tempo di voler evitare, proponendo di non procedere alla oppressione della società e di assorbirla nell'Anas per incaricarla di nuove infrastrutture in Sicilia e in Calabria.
Un compromesso, però, che non è riuscito a convincere la maggioranza. Innanzitutto - sostengono alcuni - poiché mantenere in vita una struttura già responsabile di sprechi, alla lunga potrebbe portare a spese superiori alla penale stessa. Poi, poiché i rischi di infiltrazione mafiosa suggeriscono di chiudere quello che sta diventando un vero e proprio carrozzone. Infine, poiché appare inaccettabile finanziare una società per progetti non in programma e dalla fattibilità ancora da dimostrare. A rinforzare queste perplessità, un'inchiesta apparsa sulla Repubblica nel novembre 2006, in cui venivano rese note spese faraoniche per progetti e studi tanto surreali quanto inconcludenti. Ricerche sul «Flusso dei cetacei fra Scilla e Cariddi» o su «L'impatto antropologico dei lavori sulla popolazione locale». Tutti elementi ribaditi e ricordati in Senato da Natale Ripamonti, relatore di maggioranza per il provvedimento. «Non si capisce - afferma Ripamonti - perché una società dal passato così discusso debba rimanere in piedi. Il problema è che Di Pietro non si vuole rassegnare all'idea che il ponte non si farà. E per questo propone l'assorbimento in Anas. per lasciare una porta aperta, in futuro, alla realizzazione del progetto».
Secondo il senatore dei Verdi, a motivare l'ostinazione di Di Pietro sarebbe nnanzitutto «l'esigenza di distinguersi politicamente all'interno del governo. Tanto più che il ministro è uscito perdente dallo scontro con Clemente Mastella». Un'esigenza resa ancora più pressante dall'eventualità di elezioni anticipate e dalla presenza, tra i deputati dell'Italia dei Valori, di Aurelio Misiti, da sempre potente e convinto ostenitore del ponte. Un deputato cresciuto nelle file del Pci, ex segretario nazionale della Cgil-Scuola e passato nelle file berlusconiane nel 1994. Un salto che gli permise di
essere nominato nel 1994 Presidente del Consiglio dei Lavori Pubblici e Commissario straordinario per le grandi opere del sud nel 2003. Una tortuosa vicenda politica per il momento conclusasi con l'elezione delle file del partito di Di Pietro con l'ambizione di rappresentare quella parte di elettorato calabrese che spera di trarre vantaggi dalla costruzione del ponte.
 


LIBERAZIONE: PIERO SANSONETTI SUL PONTE DI MESSINA

Liberazione 26-10
Piero Sansonetti
Il governo va sei volte sotto al Senato dove dipietristi e altri centristi votano con il centrodestra per tenere in piedi una società inutile (ponte di Messina)
Il premier li accusa di occuparsi solo di loro interessi particolari e chiede la verifica. Vittoria sull'acqua pubblica: no alla privatizzazione. Si vota fino a tarda notte
I moderati (corrotti) del centrosinistra
silurano Prodi, che reagisce furioso
Nei giorni scorsi sono uscite molte indiscrezioni sull'incontro che noi, promotori del 20 ottobre, abbiamo avuto con Romano Prodi alla vigilia della manifestazione. Alcune abbastanza vicine al vero, alcune fantasiose. C'è un obbligo di riservatezza che non consente di rendere pubbliche alcune osservazioni del premier su vari aspetti delle recenti vicende politiche. Penso che questo obbligo possa essere rotto solo per confermare una affermazione del premier che, alla luce dei fatti, mi è sembrata quasi profetica, e che del resto - seppure con qualche diplomazia - Prodi ha confermato ieri pomeriggio in conferenza stampa. Non ricordo le parole esatte pronunciate da Prodi nel colloquio con noi, ma sicuramente il Presidente del Consiglio ha accennato ai rischi che "la corruzione" finisca per causare la rovina di questo governo. E chiaramente si riferiva ai possibili gesti di rottura di alcuni senatori che appartengono ai settori "centristi", cioè moderati del centrosinistra, dettati non da dissenso politico o ideale ma da interessi privati concretissimi.
Cosa è successo ieri? Che alcuni senatori che appartengono ai settori moderati del centrosinistra hanno votato insieme alla destra per mantenere in vita una società che ha l'incarico di ricevere soldi dallo Stato per progettare e realizzare il ponte sullo stretto di Messina. Il fatto è che l'attuale governo ha deciso di non realizzare quel ponte, e di conseguenza la società in questione riceve ora soldi, e li gestisce, per non fare nulla. Diciamo che la decisione di mantenere in vita quella società - presa mettendo in minoranza il governo - è qualcosa di molto simile a una truffa. Vogliamo usare parole più dolci? Diciamo che si tratta di un "affare". E' un affare di parecchi milioni di euro che riguarda due contraenti. Lo Stato, che paga senza avere in cambio nulla, e alcuni privati che ricevono soldi senza dover fornire alcun servizio.
Poi, se volete saperla tutta, c'è il fatto che - così dicono le malelingue - a brindare per il voto di ieri in Senato è stata la mafia.
Naturalmente, quando si è saputa questa notizia - mentre ancora prosegue il duello tra i moderati Mastella e Di Pietro - tutti hanno pensato: dopo una simile porcata, ora il clima si surriscalderà ancora perché certo quel moralista di Di Pietro non la lascerà passare liscia. E indicherà a nome i senatori del centro sinistra responsabili di questo "salto del fosso", coprendoli di insulti e invitando i magistrati a indagare su di loro. Come fa spesso. Macché. Niente. Di Pietro silenzioso. Come mai? Perché, si scopre a sorpresa, i senatori che hanno saltato il fosso sono proprio quelli del suo gruppo, cioè sono i dipietristi, gli sceriffi, che evidentemente hanno una idea un po' speciale del mito di "mani pulite". Qui di pulito c'è molto poco. Chissà che ne pensa Beppe Grillo. Chissà se organizzerà un Dipietrovaffanculo day...
A meno che Di Pietro, ragionando sull'accaduto, non decida di prendere le distanze dal comportamento dei suoi senatori. No, niente: le reazioni alla capriola della mattinata non sono - come ci si potrebbe aspettare - una levata di scudi di Di Pietro contro il suo gruppo. C'è solo una senatrice del gruppo dipietrista che perde le staffe e sbatte la porta. E' Franca Rame, che - ad essere sinceri - non avevamo mai capito come fosse finita con l'ex giudice e i suoi, ma prendiamo atto con soddisfazione che alla fine si è resa conto della situazione.
Adesso ci si trova di fronte a una situazione molto curiosa. Il governo non ha più maggioranza perché ben tre gruppetti moderati gli fanno la guerra: i diniani, i mastelliani e i dipietristi. I diniani fanno storia a sé. Dipietristi e mastelliani si accusano reciprocamente di orrendi misfatti, e cioè fanno contemporaneamente la guerra a Prodi e la guerra tra loro. Di Pietro ancora ieri ha confermato che su Mastella pendono sospetti, cioè che non si può giurare che sia un galantuomo. Sospetti che Mastella, a buon diritto, dopo il voto sul ponte, potrebbe ritorcere contro il suo antagonista.
Nel pomeriggio Prodi ha convocato una breve conferenza stampa, trasmessa in diretta dal Tg3, nella quale ha chiesto una verifica di governo. Ha detto, con parole appena un po' più sfumate, quello che è scritto qui sopra. Cioè ha detto che alcuni partiti della maggioranza invece di occuparsi degli interessi del paese si occupano dei propri interessi particolari. E badate che con l'espressione "interessi particolari" Prodi non faceva riferimento a interessi politici, ma proprio ad interessi particolari. Come dire: fatti di carta moneta.
La crisi davvero è divenuta difficilissima. Anche perché molti "boatos" dicono che all'interno del Partito democratico ci sono settori consistenti che ormai non vogliono più Prodi a Palazzo Chigi. Certamente le primarie di 10 giorni fa e l'investitura di Veltroni - come era ampiamente previsto - sono stati una mina per Prodi e la mina è pronta a scoppiare.
Mentre iniziamo a stampare il giornale, a tarda sera, in Senato ancora si vota. Non sappiamo come finiranno gli scrutini, niente garantisce che il governo non sia già finito in minoranza quando voi leggerete il giornale, o che ci finisca nelle prossime ore o nei prossimi giorni.


IL PONTE DI MESSINA NON E' COSTRUIBILE!

Leggete questo articolo di Curzio Maltese sul ponte di Messina, capirete perchè si tratta di un'opera irrelizzabile!
 
Dov'è finito l'architetto del ponte?
Da un articolo di Curzio Maltese  (Venerdì di Repubblica 3 nov. 2006)
(…) Berlusconi ha buttato un mare di soldi 600-700 milioni di euro (…) per non cominciare neppure i lavori.
(…) Oltre 150 milioni sono stati sprecati per gli studi preparatori, in laute consulenze agli amici degli amici per studiare fra l'altro il "flusso dei cetacei fra Scilla e Cariddi", "l'mpatto psico-socio-antropologico dei lavori sulla popolazione locale". Una montagna di 126 chili di carta che giace negli uffici del ministero. Un altro centinaio di milioni per l'esproprio dei terreni, nel tripudio delle cosche. Ed è da record la penale che lo Stato dovrà pagare all'impresa appaltatrice, l'Impregilo: 388 milioni di euro. Il ponte doveva essere una delle più grandi opere pubbliche d'Europa ed è invece la truffa del secolo.
Si poteva immaginare che non si sarebbe mai fatto? Si doveva. I mercati ne erano sicuri. Quando l'Impregilo vince l'appalto, il titolo crolla in borsa di quasi il 6%. Appena il Parlamento decide che non si farà nulla, la quotazione schizza in alto. Nessuno ha mai creduto che il lavoro si sarebbe fatto. Tutte le imprese straniere si erano ritirate dall'asta, dove la vittoria dell'Impregilo era annunciata, fra l'altro, da una telefonata dell'amministratore delegato Savona, intercettata per caso dai magistrati di Monza: "Tranquilli, l'appalto è nostro, me l'ha giurato Dell'Utri".
Il mondo dell'architettura internazionale è impazzito per capire come gli italiani potessero credere al progetto. In particolare i giapponesi, massimi esperti, che vantano il ponte più lungo a una campata, l'Akashi Kyokyo, 1960 metri. Volevano farci passare una linea ferroviaria, ma gli ingegneri hanno spiegato che non esistono materiali in grado di reggere una struttura simile: sarebbe crollato tutto.
Il ponte sullo Stretto avrebbe dovuto essere lungo quasi tre chilometri e mezzo e con due linee di ferrovia, non una. Chi era l'autore di una simile meraviglia? Renzo Piano, Richard Rogers, Norman Foster? Macchè, un certo William C.Brown, nipote di un più famoso William H.Brown che ha progettato un paio di ponti in Africa ai tempi delle colonie. Un carneade mai nominato da nessuna rivista di architettura del Pianeta. Due architetti italiani, Ugo Rosa e Domenico Calandro, hanno lanciato una "caccia a mister Brown" e hanno scritto l'esilarante diario su Internet. Pare che sia scomparso qualche mese fa.(…)


la società " Stretto di Messina" e i suoi costi

Cari amici, avrete letto tutti del mio voto sulla società "stretto di Messina".
Per approfondire le mie ragioni, leggete questa importante interrogazione presentata pochi giorni fa da alcuni senatori della sinistra.
 
Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 2-00245
Atto n. 2-00245

Pubblicato il 17 ottobre 2007
Seduta n. 231

BRUTTI Paolo , DONATI , VILLONE , ADRAGNA , CASSON , MELE , PALERMO , PISA , SODANO -
Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture. -

Premesso che:
il dott. Pietro Ciucci, attuale presidente-direttore generale dell'ANAS, nonché amministratore delegato della società Stretto di Messina spa, già partecipata, in via maggioritaria, da Fintecna e, di recente, dall'ANAS, ha fornito, durante una trasmissione della Rai, del 25 settembre 2007, un quadro estremamente idilliaco delle spese sostenute dalla società Stretto di Messina in ordine agli emolumenti corrisposti ai componenti del Consiglio di amministrazione;
è noto che l'ammontare delle spese sostenute dalla società Stretto di Messina, nel quinquennio 2002/2006, hanno subito un consistente incremento a partire dalla nomina ad Amministratore delegato di Ciucci;
è facilmente rilevabile che nel quadriennio 2003/2006 tutte le voci delle suddette spese hanno subito forti incrementi, con un’oscillazione minima del 50% sino a quella massima del 1.000%, rispetto all'esercizio-base 2002, per le spese di propaganda e pubblicità, passate da 110.000 euro nel 2002 a 1.480.000 euro nel 2004;
particolarmente rilevante è stato l'aumento della voce "emolumenti e gettoni di presenza amministratori", stabilita in 526.000 euro nel 2002 con un picco di 1.616.000 euro nel 2006, con un incremento di circa il 200%, essendo stata triplicata la spesa-base 2002, secondo una costante elevazione dei costi di circa 140.000 euro nel 2006 rispetto al 2005 e di circa 639.000 euro nel 2003, nei confronti del 2002: maggiorazioni prodottesi appena Ciucci ha assunto le funzioni di amministratore delegato;
il compenso annuale di Ciucci è stato di oltre 700.000 euro annui pagati, a quanto consta, da Fintecna, dietro rimborso da parte della società Stretto di Messina, con una manovra contabile di innalzamento degli emolumenti di Ciucci in Fintecna, costruita al fine da far apparire il compenso di Ciucci, una fittizia partita di giro;
rilevante, poi, è stato l'incremento dei costi del personale (stipendi), passati da 1.453.000 euro del 2002 a 6.590.000 euro del 2006, relativi ad una consistenza di 36 unità nel 2002 è di 102 unità nel 2006, che sconta i trasferimenti all'ANAS di 18 unità;
altrettanto rilevante è stato, infine, l'incremento dei "costi del personale, comprensivo di tutti gli oneri di competenza - sociali - TFR - altri costi" passati da 2.067.000 euro nel 2002 a 9.272.000 euro del 2006 con un incremento di circa 7.200.000 euro nel 2006 rispetto al 2002: oltre il 300%;
va, ancora, segnalato che l'organico del personale della società Stretto di Messina risulta notevolmente sovradimensionato, a causa della "ibernazione" della costruzione del noto ponte sullo Stretto, con la conseguenza che le 17 assunzioni, risultanti nel 2006, sono del tutto ingiustificate, in un'ottica aziendale, provocando sperpero di denaro pubblico, a prescindere da ogni considerazione - anche se di particolare gravità - sull'incidenza di tali assunzioni sul corretto svolgimento delle elezioni nazionali del 2006;
risulta inoltre che Ciucci, nominato presidente dell'ANAS, ha assunto 16 dipendenti dello Stretto di Messina spa oltre al suo vice presidente Bucci, mentre altri 2 dipendenti dello Stretto di Messina sono stati distaccati presso l'ANAS su richiesta di Ciucci;
sette di queste nuove assunzioni sono state collocate in posizione apicale con appesantimento della struttura di vertice e correlato rallentamento dei processi operativi, per non parlare della demotivazione e della dequalificazione del personale ANAS, che si è visto retrocedere in una posizione subordinata,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo non ritengano necessario e urgente che la società Stretto di Messina sia sottoposta ad un rigoroso controllo a cura di uno o più esperti qualificati ed indipendenti;
se, alla luce delle evenienze sopra esposte non ritengano necessario, per non compromettere ulteriormente la missione dell'ANAS e dello Stretto di Messina, procedere alla nomina di un amministratore unico nell'intento di pervenire, in tempi rapidi, alla riorganizzazione delle due società, snellendo i processi operativi e limitando la catena di comando a pochissimi livelli dirigenziali, in modo da ridurre sensibilmente i relativi oneri finanziari e, di conseguenza, di conseguire più prontamente gli obiettivi programmati;
se, sulla scorta delle risultanze del suddetto controllo, non ritengano inevitabile procedere, nell'ambito di propria competenza, alle necessarie segnalazioni alla competente Procura regionale della Corte dei conti per il seguito di competenza, in considerazione delle utilità personali ricavate dagli amministratori della società del ponte sullo Stretto.
In allegato alla presente interrogazione è stata presentata una documentazione che resta acquisita agli atti del Senato.


L'Africa ha speso 200 miliardi in guerre

Il 95% delle armi leggere impiegate è prodotta fuori dal continente. Il presidente liberiano: «Serve un trattato»
I conflitti che hanno coinvolto 23 paesi africani sono costati, nel periodo che va dal 1990 al 2005, 284 miliardi di dollari (199,8 miliardi di euro) È una cifra enorme ma, secondo gli autori della ricerca Africa's missing billions, sicuramente sottostimata. «Si tratta del totale dei costi legati in modo diretto ai conflitti - spiegano gli autori della ricerca firmata dalle tre associazioni Oxfam, Saferworld e International Action Network on Small Arms - . Nei 284 miliardi si conteggiano soltanto le strutture distrutte, i costi medici e quelli legati agli sfollati». Poi ci sono gli altri, non conteggiati, a cominciare da quelli sostenuti dai paesi confinanti: gestione della popolazione in fuga, difficoltà o paralisi degli scambi commerciali, instabilità politica. Se sono quindi quasi 300 miliardi i costi "vivi" dei conflitti africani molti altri si perdono negli "effetti collaterali". Per esempio i mancati introiti: il ministro del turismo sudafricano, citato nel rapporto, ha stimato in quasi 22 milioni i turisti che hanno rinunciato a visitare il paese per paura delle violenza in soli cinque anni.
IL 95% DELLE ARMI ARRIVA DALL'ESTERO - I combattimenti sostenuti nei 15 anni esaminati nella ricerca, salvo qualche rarissima eccezione, sono sempre avvenuti con scontri a fuoco tradizionali, dove le armi leggere erano le uniche in dotazione ai belligeranti. Una in particolare: il Kalashnikov Ak-47. E questo fucile automatico, per il 95% dei casi, è sempre arrivato dall'estero. Le fabbriche principali che producono questo tipo di armi si trovano in 13 paesi: in Europa, in Asia e in Sud America. In Africa solo Egitto e Sudafrica hanno aziende che producono delle copie del Kalashnikov, in particolare il modello Misr e i Vektor R4 e R5. E lo stesso discorso vale per proiettili, caricatori, e in genere tutti i componenti di questo tipo di armi.
L'Africa resta il continente nero e diventa sempre più buio, dove è meglio non andare a guardare. Le dimensioni dei guadagni nel mercato delle armi rappresenta un freno micidiale alla reale attuazione dell'"Arms Trade Treaty" ( Trattato sul controllo del commercio delle armi) al quale sta da tempo lavorando l'Onu. Nel solo Mozambico, su 15 milioni di abitanti, si stima siano disponibili circa 10 milioni tra fucili, mitragliatrici, pistole ed altre armi, che provengono tutte dal di fuori del continente, salvo una piccola percentuale fornita dal Sudafrica.
CONFRONTO CON I PAESI NON IN GUERRA Nel rapporto si evidenzia un confronto, all'interno del Continente africano, tra la situazione dei paesi coinvolti nei conflitti e gli altri. La mortalità media infantile registrata nei primi è del 50% più elevata, così come i casi di denutrizione sono più numerosi del 15%. Secondo i dati di una ricerca del 2007 firmata dalla Banca Mondiale, citata nel rapporto Africa's missing billions, l'aspettativa di vita media nei paesi africani in guerra è di 48 anni mentre negli altri è di 53.
PRESIDENTE DELLA LIBERIA: «ARMI FUORI CONTROLLO» - Ellen Johnson Sirleaf, è un'ecomista ed è la prima donna presidente di una nazionale africana, la Liberia, paese dove il signore della guerra Charles Taylor rovesciò Samuel Doe dando il via a 14 anni di ininterrotta guerra civile. E' lei che firma l'introduzione al rapporto Africa's missing billions. «Sono da sempre preoccupata per la devastazione dell'economia africana prodotta dalle guerre. Con la mostruosa cifra persa nei conflitti, in questi anni avremmo potuto debellare l'Aids e sarebbero avanzati fondi sufficienti per construire scuole e ospedali e portare così la media del continente a un livello di istruzione e sanità accettabili. Nel mio paese, ad esempio, il conflitto ha quasi totalmente dilapidato le risorse minerarie e agricole. Siccome praticamente tutte le armi impiegate nelle guerre dell'Africa arrivano da fuori io rivolgo un nuovo appello ai governi del Mondo affinché lavorino al Trattato sul controllo del commercio delle armi, trovino finalmente un accordo e lo applichino. E' un primo indispensabile passo - conclude Ellen Johnson Sirleaf - per ridurre la violenza in Africa e nel resto del Mondo. I danni che le guerre causano devono essere chiari a tutti».
Stefano Rodi
15 ottobre 2007