IMMIGRAZIONE: CLANDESTINI AL LAVORO PER 10 EURO

700 GLI SFRUTTATI.SEQUESTRI PER 12,6 MLN,ANCHE CASA DI PREGHIERA (di Roberto Buonavoglia) (ANSA) –
 
BARI, 18 DIC - I clandestini arrivavano dall'Europa dell'Est ed entravano in Italia con bus turistici gestiti da un clan criminale. Venivano presi in consegna a Napoli e smistati agli imprenditori agricoli e a quanti avevano raccolto le richieste di manodopera tra Campania, Puglia, Calabria, Umbria, Marche e Lazio per lavorare nei campi, in un maneggio, oppure come colf e badanti. Cominciava cosi' il loro sfruttamento che avveniva in nero con paghe minime di dieci euro al giorno.
Dopo quattro anni dall'inizio delle indagini, la Guardia di Finanza di Monopoli ha smantellato tra la Puglia e la Campania l'organizzazione italo-bulgara che avrebbe gestito il traffico e lo sfruttamento di circa 700 clandestini (quasi tutti bulgari).
Quattordici i provvedimenti cautelari emessi: 12 in carcere, uno ai domiciliari e un obbligo di firma. Altri tre imprenditori sono indagati per aver sfruttato la manodopera degli immigrati.
Anche a carico di questi titolari di aziende agricole sono stati sequestrati beni mobili (quote di aziende) e immobili (terreni) e conti correnti per 12,6 milioni di euro, pari al giro d'affari del clan criminale che ha agito dal 2004 ad oggi.
Agli arrestati e' contestato il reato di associazione per delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina, al favoreggiamento e allo sfruttamento della manodopera.
Le indagini hanno accertato che i clandestini sfruttati nelle campagne vivevano solitamente in casolari diroccati e abbandonati, privi di ogni bene di prima necessita' e senza acqua, cibo e coperte. Nella zona del foggiano, tra le campagne tra San Severo e Apricena, sarebbe stata addirittura montata una tendopoli che avrebbe ospitato in condizioni disumane un centinaio di immigrati impiegati nella raccolta del pomodoro.
L'organizzazione, per dar maggiore impulso al business, aveva a disposizione in diverse regioni italiane 'agenzie di collocamento' che pubblicizzavano l'attivita' del sodalizio distribuendo anche volantini. In cambio i titolari delle agenzie ricevevano 50 euro per ogni persona sistemata. Una risorsa dell'organizzazione era - secondo le indagini - Anna Costa, responsabile della 'Casa di preghiera-Accoglienza Regina della Pace' di Ciro' Marina (Crotone), che ospita donne, soprattutto immigrate, in difficolta'. La Casa di preghiera e' stata sequestrata e a Costa i militari hanno notificato un provvedimento di obbligo di firma: e' indagata per concorso nello sfruttamento di clandestini, sistemati come badanti e colf.
A capo dell'organizzazione c'era - secondo le indagini del pm di Bari Roberto Rossi - una donna bulgara, Jgodenca Koleva Gricorova, di 51 anni, che si avvaleva di una cupola criminale composta da suoi connazionali, un uomo e due donne: Borislavov Kosovski Kostadin, di 35, Silviya Lyubenova Tsanova, di 41 e Vanya Paskova Ivanova, di 54.
Tra le persone che, nel corso del tempo, avrebbero ottenuto manodopera dal sodalizio criminale c'e' Antonio Vassallo, titolare del circo 'Rony Roller', che all'epoca dei fatti contestati faceva tappa ad Agropoli, in provincia di Salerno.
Nel circo, secondo la Guardia di Finanza, ha lavorato una decina di bulgari provenienti dai canali del gruppo criminale. (ANSA).

 


Giù le mani dalla città - di Alex Zanotelli

“Giù le mani dalla città” potrebbe essere l’espressione migliore per descrivere quello che sta avvenendo oggi in questa nostra Napoli. Sono le mani dell’alta finanza che accompagna l’avanzata inesorabile della nuova nomenklatura che i nostri politici amano: multi-services e multi-utilities (multiservizi). In queste ultime settimane, il piano sembra diventare più palese.
Il commissario straordinario per i rifiuti, che è anche prefetto di Napoli, il dott. Pansa ha indetto “un bando di gara per l’affidamento della gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani della provincia di Napoli”. Questo include “i tre impianti CDR situati nei comuni di Giugliano, Caivano e Tufino”, nonché “l’impianto di termovalorizzazione dei rifiuti della potenza di 105 MW ubicato nel comune di Acerra”. La durata dell’appalto: “15 anni a decorrere dalla data del contratto che si estenderà automaticamente a 25 anni”. I partecipanti alla gara dovranno avere un “patrimonio netto”, cioè un capitale sociale, non inferiore a 500 milioni di euro.
Questo esclude subito la municipalizzata di Napoli, l’ASÍA. Per quali ragioni è stato fatto questo? Sappiamo tutti le debolezze dell’ASÍA. Ma perché questa eliminazione di una municipalizzata, di una azienda pubblica? Si vuol forse privatizzare anche ASÍA?
Eliminata ASÍA, rimangono in gara due grandi aziende la ASM di Brescia e la francese Veolia. Si sussurra che la potente azienda bresciana si ritirerà dal bando. Quasi certamente rimarrà solo Veolia.
Cos’è Veolia? E’ la più grande multinazionale dell’acqua al mondo, con un giro d’affari di circa 50 miliardi di dollari all’anno (sono dati del 1999). Basta leggersi il libro “L’eau de Vivendi. Les vérités inavouables” (L’acqua della Vivendi. Le verità inconfessabili) di Langlet e Touly che porta la prefazione di Danièle Mitterand, per rendersi conto di che cosa sia questa multinazionale dell’acqua che oggi si fa chiamare Veolia (per chi non la conoscesse basta andare a Latina e Aprilia, dove l’acqua è gestita da un’azienda chiamata Acqualatina che al 49% appartiene a Veolia: i prezzi dell’acqua sono saliti del 300%!).
Ancora più preoccupante è il fatto che un mese fa la Veolia si è unita alla seconda più potente multinazionale dell’acqua l’Ondeo (ex - Suez): questo enorme complesso industriale porta il nome di Suelia (Suez - Veolia). Questo colosso ha un giro d’affari che si avvicina ai 100 miliardi di dollari. Queste multinazionali gestiscono tutto dall’acqua ai rifiuti.
Ed eccoci ora con Veolia che bussa alle porte di Napoli per gestire i rifiuti della città e provincia dalla raccolta all’inceneritore di Acerra. Una volta che Veolia avrà messo le mani sui rifiuti, passerà poi all’acqua, suo tema preferito.
E’ una coincidenza che lo scorso marzo, l’assessore al bilancio del Comune, Cardillo, abbia proposto al Comune di Napoli la creazione di una holding che includa le varie municipalizzate dalla ASÍA (rifiuti) all’ARIN (acqua)? Ci siamo subito mobilitati contro questa eventualità come comitati dell’acqua e come Rete Lilliput dicendo che questo significa privatizzare l’acqua. Infatti nel gennaio 2006 136 comuni di ATO 2 avevano deciso la gestione pubblica dell’acqua. L’abbiamo salutata come una grande vittoria popolare. Come può ora Cardillo proporre di ritornare alla privatizzazione dell’acqua contro la decisione dei comuni di ATO 2 e dello stesso Comune di Napoli?
O forse la proposta Cardillo di una holding napoletana era stata fatta in previsione dell’arrivo di Veolia che potrebbe fare da collante per il progetto del potente assessore al bilancio?
Sono tutte domande che come cittadini dobbiamo porci.
Vorrei esprimere tutta la mia costernazione nel vedere Napoli cadere nelle mani della più grande multinazionale dell’acqua per gestire i propri rifiuti. La stessa sorte toccherà poi all’acqua della città partenopea. Questo in aperta contraddizione alle decisioni di ATO 2 sull’acqua e alla moratoria sulla privatizzazione dell’acqua votata in Parlamento il 29 Novembre. E’ triste vedere Napoli cadere nelle mani della grande finanza internazionale (dimentichiamo i legami della finanza con la camorra e le mafie?). Vorrei gridare a questa città che potenti mani finanziare stanno per impossessarsi del cuore di Napoli. E’ un momento grave questo: vigiliamo perché questa città non venga venduta. Chiedo a tutti i cittadini napoletani, come agli intellettuali di questa città di ribellarsi a questa eventualità. 

 
Alex Zanotelli


Ambiente, Jacopo Fo si lega a cancelli dell'Enel di Perugia - Yahoo! Italia Notizie

Ambiente, Jacopo Fo si lega a cancelli dell'Enel di Perugia -  Yahoo! Italia Notizie - 19 dic 2007 - ... del Nobel Fo e della senatrice Franca Rame -- in compagnia di Oliviero Dottorini, consigliere regionale umbro dei Verdi e altri appartenenti partito. ...


Carceri fuori norma, addio effetto indulto - Corriere della Sera

Capienza già superata. In regola solo 4.763 celle su 28.828
A settembre del 2000 il governo di centrosinistra varò il nuovo regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario che prevedeva la ristrutturazione di buona parte dei 214 istituti di pena, con un occhio di riguardo agli standard igienico- sanitari e ai diritti dei detenuti: acqua calda nelle celle, toilette separate, celle per non fumatori, parlatori senza vetri divisori, cucine per un massimo di 200 coperti, etc. Tempi previsti per la realizzazione delle opere: 5 anni, come stabilito dalla norma transitoria. Investimento stimato dal Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria): 400 milioni di euro. Sette anni dopo la pubblicazione di quello che fu definito «un libro dei sogni», basta scorrere i dati del monitoraggio sollecitato al Dap dal sottosegretario Luigi Manconi (Giustizia) per capire cosa non è cambiato nelle carceri italiane. Nonostante l'indulto, si parte già da una situazione di sofferenza: oltre 49.442 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 43.213 posti. In questo quadro, solo il 16% delle celle sono a norma: 4.763 su 28.828, mentre circa 1.750 sono in via di ristrutturazione. Ma le medie nazionali non rappresentano i casi limite: se, infatti, a San Vittore (Milano) 242 celle su 590 hanno disponibilità di servizi igienici, a Secondigliano (Napoli) nessuna delle 802 celle ha l'acqua calda e solo 11 hanno la doccia.
I detenuti che non tollerano le sigarette, poi, devono soccombere in Campania (zero celle per non fumatori su 2.820) e Lazio (zero su 3.297). I tassi di crescita C'è da aggiungere che la ristrutturazione mancata — anche nei 5 anni in cui ha governato la Cdl è stato fatto molto poco per mancanza di fondi — ha, per così dire, perso il treno straordinario dell'indulto varato nel-l'estate del 2006 con il voto di due terzi del Parlamento. Al 31 luglio del 2006, con 60.710 detenuti presenti (quasi 18 mila in più rispetto alla capienza regolamentare) sarebbe stato impensabile avviare grandi lavori di ristrutturazione. Ma già il 31 agosto dello stesso anno, quando le presenze erano scese drasticamente a 38.847 unità, avrebbe avuto un senso avviare la manutenzione straordinaria. Da quel momento in poi le carceri italiane hanno iniziato a riempirsi nuovamente. Dal mese di ottobre 2007, i tassi di crescita della popolazione carceraria (emergenza romeni, decreto sicurezza, etc) hanno sfondato quota mille al mese per raggiungere la ragguardevole cifra di 1.308 detenuti in più registrati tra 5 novembre e il 3 dicembre. E questo vuol dire che alla fine della prossima primavera si tornerebbe a superare il tetto dei 60 mila in carcere raggiunto nella fase pre-indulto. Fine del «libro dei sogni» voluto dall'allora Guardasigilli Oliviero Diliberto? Il ministro Clemente Mastella, quando è stato tirato in ballo per gli istituti di pena non utilizzati e quelli mai costruiti, ha accusato il collega Antonio Di Pietro: «I fondi sono del ministro delle Infrastrutture, io posso indicare la collocazione dei nuovi istituti. Ma i fondi li deve destinare Di Pietro». E lo stesso Mastella ha illustrato quali e quante siano le difficoltà dell'edilizia carceraria quando, lo scorso 26 novembre, ha inaugurato l'istituto di Gela (48 celle, tutte con bagno): il carcere progettato nel '59, finanziato nel '78 con cantiere aperto nell'82, ultimato mezzo secolo dopo grazie all'impegno dei sindaci Franco Gallo e Rosario Crocetta. «Sono dieci le nuove carceri in costruzione e 28 quelle in cui ci sono lavori di ristrutturazione», riferisce il sottosegretario Luigi Manconi che cita le Finanziarie del 2001, del 2002 e del 2007 «con evidente buco nei 5 anni di governo del centrodestra». Il Dap — guidato dal direttore Ettore Ferrara e dal vicedirettore «interno» Emilio Di Somma, con la direzione detenuti affidata ancora per qualche mese a Sebastiano Ardita (magistrato) — ha fornito tempestivamente i dati sull'attuazione del nuovo regolamento del 2000 e questo, in via Arenula, viene letto come l'indice di una vera e propria rivoluzione culturale. Spiega, dunque, Manconi: «Per la prima volta il Dap fa un'autoanalisi e questo consente di immaginare una riforma dopo l'indulto perché, oggi, senza l'indulto noi saremmo a una cifra stimabile di circa 80 mila detenuti. Ovvero uno stato di totale illegalità, una situazione invivibile per quanti lavorano dentro le carceri, un inferno per i detenuti e, quindi, una situazione ad alto rischio, al limite di un possibile collasso o esplosione».
Il punto di vista del governo non collima con quello del maggiore sindacato degli agenti penitenziari (Sappe) che pure riconosce a Mastella un impegno straordinario per affidare al Corpo la creazione dei nuclei di verifica esecuzione penale esterna: ovvero le pattuglie (5-6 mila agenti in tutta Italia) che a regime controlleranno i detenuti che usufruiscono delle misure alternative. Tuttavia sul lavoro fin qui svolto nelle carceri, il segretario del Sappe Donato Capece è assai critico con il governo: «Quella dell'indulto è un'occasione perduta perché il governo si era impegnato a cambiare la faccia organizzativa del carcere. Ma qui non c'è un soldo neanche per imbiancare le celle o per pagare i "Mof" (i detenuti che attuano la manutenzione ordinaria fabbricati, ndr)». E ancora, per rimodernare gli alloggi e le mense degli agenti di Bollate (Milano), il provveditore per le carceri della Lombardia, Luigi Pagano, ha stipulato una convenzione con l'Alitalia per fare issare sul tetto del-l'istituto un grande cartellone pubblicitario visibile dalla Milano-Laghi. Ma tutto questo non basta. I diritti negati In questa situazione di precarietà, denuncia l'ong Antigone, non diminuiscono gli eventi critici. Nei primi 11 mesi del 2007 ci sono stati 52 suicidi tra i detenuti (43 quelli comunicati dagli istituti penitenziari al Dap) contro i 50 del 2006 e l'altro giorno si è suicidato nei pressi della stazione di Bologna il capo degli agenti del carcere di Modena. Nelle celle i tentativi di suicidio sono stati 116 e gli atti di autolesionismo 3.413. Se il Dap di Ferrara ha posto particolare attenzione ai «nuovi giunti» (la circolare sul trattamento dei nuovi ingressi è della scorsa estate), un carcere in cui il detenuto rimane mediamente pochi giorni ha bisogno di figure terze di controllo. Per Patrizio Gonnella («Antigone ») il Parlamento ora deve fare un altro sforzo per approvare due ddl: quello che istituisce il reato di tortura (testo già passato alla Camera e modificato in commissione al Senato) e quello del garante nazionale dei detenuti (approvato a Montecitorio).
Dino Martirano
18 dicembre 2007


Jacopo Fo si lega a cancelli dell'Enel di Perugia

PERUGIA (Reuters) - Jacopo Fo, figlio del premio Nobel Dario Fo, si è incatenato stamani davanti ai cancelli della sede centrale dell'Enel di Perugia insieme a una rappresentanza dei Verdi, per protestare contro i ritardi della società nell'allacciare alla rete di distribuzione chi ha installato impianti fotovoltaici.
"In Italia esiste una legge molto buona che permette alle famiglie e alle piccole imprese di installare impianti a pannelli solari con un finanziamento del 100%", ha spiegato Jacopo Fo -- figlio del Nobel Fo e della senatrice Franca Rame -- in compagnia di Oliviero Dottorini, consigliere regionale umbro dei Verdi e altri appartenenti partito.
Come viene spiegato sul sito Internet di Enel, "la parte di energia prodotta dall'impianto fotovoltaico che non viene consumata dalle utenze viene ceduta alla rete elettrica di distribuzione". Se però l'allacciamento ritarda -- denuncia Fo -- l'energia non consumata dalle utenze rimane inutilizzata.
"L'Enel ha tempi biblici per predisporre l'allaccio alla rete di distribuzione", spiega Fo. "In un momento di crisi energetica, io e centinaia di piccole imprese e famiglie stiamo sprecando energia che invece potrebbe essere messa a disposizione di tutti", ha detto, aggiungendo che questa è solo la prima tappa di un'iniziativa di protesta a carattere nazionale.
Secca la replica della società: "L'Enel non ha nessun interesse ad ostacolare il fotovoltaico e a collegarlo alla rete di distribuzione", ha spiegato il responsabile del dipartimento territoriale Toscana-Umbria Antonio Giacomarco.
"Nel 2007 soltanto in Umbria ne abbiamo predisposti circa 100 e anche nei tempi previsti. Non credo ci siano elementi di criticità".


a tutti quelli che mi vedono...

a tutti quelli che mi vedono... e che mi vogliono bene... mi sveglio sempre verso le cinque... cerco sotto il cuscino la radiolina che mi ha regalato Gessica... inserisco l’auricolare perché Dario dorme accanto me... vado cercando un giornale radio... ascolto qualche canzone... poi giro e giro sin che trovo radio radicale. Tiro un bel respiro... ohh, sono a casa! Mi piace molto questa emittente politica, (anche radio popolare... ma mi è più difficile trovarla). C’è sempre Pannella ( a qualsiasi ora) che fa discorsi su temi recenti, o vecchi. 1990 – 93 - 95- convegni, interventi quasi sempre interessanti... mi assopisco... mi risveglio... Premo il pulsante del mio orologio parlante (10 euro): 6.59 “Ci siamo” penso... “Prima pagina” sta per arrivare. E’ una trasmissione che seguo da anni. Bellissima. Per 15 minuti tutte le notizie dal mondo. Poi arriva il giornalista di turno che ti dice tutto quello che è capitato ieri. Una rassegna stampa con i fiocchi. Pubblicità. Poi telefonate degli ascoltatori. Tutti possono intervenire, la fortuna è trovare la linea libera. Potete ascoltare la trasmissione andando sul loro sito. Provateci. Chiedete quel che vi interessa (non dimenticate di citare il nostro blog!! Sto scherzando). Avrete risposte sempre interessanti. “Stai ascoltando la radio?” “Sì Dario...” “Che novità ci sono... fai ascoltare anche a me?” “Ma certo!”... Si inserisce l’altro auricolare... commentiamo le notizie... Ci alziamo... caffè e latte... tre biscotti perché sono dimagrita... computer... blog... posta. mamma mia! ma che bella mattinata! grazie. non mi sentirò mai più sola e invisibile... giuro. mi avete presa in braccio... bacetti sulla guance come ai bimbi piccoli... coccolata... MA CHE RISTORO!!! Perfino Filippo ha avuto gentilezze per me. Devo avervi fatto una gran pena. Bene, bene. Ogni tanto bisogna togliersi la camicia... e mostrarsi tutta senza timore. Il giorno dopo, voli felice... e questa felicità la devo a voi. MI SENTO UNA MERAVIGLIA! ieri sera ero depressa e stanca per la letterona-dimission che mi ha turbato non poco. ho talmente tante cose da dire... ma non ci sono state tutte. Ora basta con le chiacchiere. Sto partendo per Roma... La vostra franca che vi saluta con riconoscenza non ho avuto modo di dirvelo: ho in mente una bella chiave teatrale... voglio tornare a fare il mio mestere... voglio riprendere a ridere e a cantare... voglio stare tra i miei amici... pranzare insieme... non voglio più essere SOLA. baci baci.. gargantua, non mi hai inviato indirizzo e mail...mandami sms.


da che sono senatrice, sono diventata trasparente

Ciao a tutti! Ho passato la giornata a scrivere e riscrivere la mia lettera per le dimissioni dal Senato che consegnerò in settimana. Tante sono le cose da dire... scrivo e riscrivo, correggo. Rileggo e correggo. Aggiungo e taglio. Sono stanca. Non ho mai smesso di lavorare da questa mattina. Un boccone e riprendo, con Dario che grida: “Smettila. Riposati. Che saranno mai queste dimissioni?” Dario mio, sono tanto per me. Credo possiate immaginare quello che sto provando. Vorrei raccontarvi la giornata di ieri con la gioia che ho vissuto, ma non riesco a togliermi la tristezza e il peso che mi sento addosso oggi. Prendetemi come mi viene. Ieri mattina, sveglia alle 8. Veloci con Dario e Gessica siamo partiti per Vicenza. Dopo un anno, eccoci di nuovo qui... a dimostrare contro la base americana, voluta da Berlusconi e riconfermata dal nostro geverno... con tante persone venute da ogni parte d’Italia e anche dall’Europa. C’erano pure americani. Abbraccio Lara, Francesca, Gargantua, Max... gli amici di sempre, presenti a tutte le manifestazioni. L’ultima quella del 20 ottobre a Roma. Sole splendente. Lassù, qualcuno ci ama. Alle 14 ero alla stazione con tutti gli altri e via che finalmente si parte (Dario ci raggiungerà più tardi, è andato a fare un riposino). Mentre camminiamo mi si avvicinano compagne, compagni che mi stringono la mano e mi dico: “grazie!” mi imbarazza molto essere ringraziata. Sono qui come tanti, felice per quello che sto facendo. Quanti chilometri abbiamo fatto? Mi dicono 5. Ci raggiunge Dario, festeggiato dalla folla. Sono passate da poco le quattro ed eccoci di nuovo al punto di partnza: la stazione. Cinzia e don Galli, dal camion fanno in continuazioni interventi: “americaaaniii a caaaasaaa!” Sale sul camion anche Dario. Aspetto il suo intervento scritto che ci verrà inviato, così potrete leggerlo. Il nostro treno per Milano parte alle 17,15. L’abbiamo preso per un pelo. Non sono in vena. Scusatemi. Leggendo i giornali questa mattina, ho avuto la sorpresa di non essere nominata da nessuno. C’erano parlamentari... io “assente”. Ci sono rimasta un po’ male. Pazienza. Chissà com’è. Da quando sono senatrice è come fossi diventata trasparente... e sì che avevo anche un palloncino rosso che mi aveva regalato Gessica. A TUTTI QUELLI CHE MI VEDONO MANDO UN GRAN BACIO. Alla prossima... alla prossima... con amore franca leggetevi le relazion della giornata di francy e gargantua... forse c'è anche quella di Lara... ma non l'ho vista. Danno una visione della giornata meglio dlla mia. bravissimi!


SONDAGGI: IL ROSSO RAME (Franca) BATTE LA ROSSA TINTA (Brambilla). Clandestinoweb

SONDAGGI: IL ROSSO RAME (Franca) BATTE LA ROSSA TINTA (Brambilla).  Clandestinoweb - 14 dic 2007 - Infatti, Franca Rame sale sorprendentemente al secondo posto, superando una altra rossa di razza, la Brambilla, come riportato nell’articolo di Turato oggi ...


IL MERCATO DI PALAZZO MADAMA DAL CAPOCOMICO ALLA SPALLA

di: Marco Travaglio - Unità 13 dicembre 2007
Il cavaliere indagato

Tutto in mano a lui, Silvio Berlusconi. Molti in scena con lui, come Fuda, in maggioranza ma con il cuore a destra.
C’è anche l’ex dg della Rai, che nel 2002 fu l’esecutore materiale dell’editto bulgaro. Ora domina le terre dorate di Raifiction.
Il supelmarket dei senatori che ha innescato l’ennesima accusa di corruzione a Silvio Berlusconi s’inserisce perfettamente nella nuova stagione politica delle «larghe intese», ultimo approdo della commedia all’italiana, a cura di Castellano & Pipolo. Titolo: «Ok il prezzo è giusto» o «Chi vuoI esser milionario». Ecco personaggi e interpreti, in ordine di apparizione.
Berlusconi Silvio, il capocomico. Un tempo si comprava Craxi e quello gli faceva due decreti salva-tv più la legge Mammì. Si comprava il giudice Metta e quello gli regalava la Mondadori. I suoi manager si compravano la Guardia di Finanza (a sua insaputa, s’intende) e quella chiudeva un occhio, anzi due sui bilanci del gruppo. E si compravano pure l’avvocato inglese David Mills (senza dirgli nulla, si capisce) perché testimoniasse il falso nei processi a suo carico. Il grande venditore era anche un formidabile compratore: mostrava il libretto degli assegni, diceva «scriva lei la cifra», e di solito funzionava.
Ora, per dire com’è ridotto, telefona ad Agostino Saccà perché «sollevi il morale del Capo» sistemandogli certe «attrici» (ieri l’ometto le ha definite «artiste discriminate perché non di sinistra», insomma ideologhe anticomuniste, un po’ come quelle che sedevano sulle sue ginocchia nel parco di Villa Certosa). Una, fra l’altro («la Evelina») sarebbe amica di un senatore dell’Unione «che mi può essere utile per far cadere il governo Prodi». E il governo non cade. Allora corteggia e coccola un senatore dell’Oceania, promettendogli un posto nel suo eventuale, prossimo governo (il famoso «sottosegretariato all’Australia»), e la piazza numero 2 nelle liste nazionali di Forza Italia (o come diavolo si chiama adesso) alle presunte elezioni anticipate. Il tutto con la stessa credibilità con cui Totò vendeva la fontana di Trevi all’italoamericano Decio Cavallo, che lui chiamava Caciocavallo. Solo che, diversamente, da Decio Cavallo, il senatore Randazzo non abbocca e lo manda a stendere, inseguito dal povero Cavaliere che gli promette addirittura «un contratto», millanta «ho con me Dini e i suoi» e lo implora in ginocchio: «Mi basta anche solo una piccola assenza...». Poveretto, come s’offre.
Randazzo Nino, l’antagonista.
L’uomo che resiste impavido (e inedito) alle profferte del Grande Compratore è un vecchio giornalista italoaustraliano d’altri tempi, che dinanzi ai contratti e alle promesse risponde: «Sono stato eletto col centrosinistra e dunque resto fedele al centrosinistra perché ho una mia moralità». Alla parola «moralità», il Cavaliere chiama Bonaiuti e chiede un dizionario: dev’essere un termine australiano, comunque arcaico. Poi capisce che non c’è nulla da fare: la lunga permanenza all’estero deve aver guastato il senatore, non troppo aggiornato sulle prassi recenti della nostra politica. Affranto per l’affronto, il Cavaliere ripiega sugli italiani doc.
Nick Scavi, il buttadentro.
Imprenditore australiano, si materializza alle spalle di Randazzo un giorno che questo sta passeggiando alla galleria Alberto Sordi, a Roma. Da quel momento diventa il suo angelo custode, gentile omaggio del Cavaliere: «Voglio offrirti la possibilità di diventare milionario», gli dice, e pare gli mostri un assegno in bianco accompagnato dalla frase: «Scrivi tu la dfra, fino a 2 milioni». Il suo ruolo è simile a quello delle ragazze buttadentro che accalappiano i giovanotti davanti alle discoteche. Ma Randazzo, tetragono, resiste anche alle sue sirene.
Saccà Agostino, la spalla.
Calabrese, giornalista (chi non lo è?), craxiano, poi forzista, poi dalemiano, poi di nuovo forzista («voto Forza Italia come tutta la mia famiglia»), nel 2002 fu l’eserutore materiale dell’editto bulgaro del Capo contro Biagi, Santoro e Luttazzi. Da allora si garantì una serena vecchiaia. Da direttore generale dovettero cacciarlo perché in un anno la sua Rai aveva perso 4 punti di share su Mediaset: sull’onda dell’ entusiasmo, era andato anche oltre il mandato. Ma lo sistemarono a Raifiction, una specie di grotta di Ali Babà piena d’oro, che lui amministra da par suo con gli arnici degli amici. Ultimamente, mentre partecipava alla campagna acquisti berlusconiana dei senatori e preparava la fiction sul Barbarossa («Bossi non fa che parlarmene», insisteva il Cavaliere), si spacciava per veltroniano: pare che, per essere credibile, pronunciasse solo parole che iniziano con la w: walter, wafer, water, woobinda, wow, woody allen, watussi, wonderbra. Soprattutto wonderbra.
De Gregorio Sergio, il servo furbo. In controtendenza col proliferare in politica di servi sciocchi, il senatore ex socialista, ex forzista, ex democristiano, ex dipietrista, neo forzista ha recuperato la tradizione plautiana del serva furbo. Eletto nel 2006 con l’Italia dei Valori per nobili motivi ideali -un posto da sottosegretario- fu deluso quando non l’ottenne e cominciò a fare la fronda. Intanto fu indagato a Napoli per certi assegni trovati in mano a un contrabbandiere. E cominciò a votare contro la maggioranza che l’aveva eletto. L’improvvisa sintonia programmatica con la Cdl fu conoborata dalla promessa berlusconiana di finanziare la sua associazione Italiani nel mondo con 5 milioni di euro l’anno. Con tanto di contratto spedito via fax e addirittura firmato - scrive Repubblica - dall’ingenuo Bondi.
Fuda Pietro, servitor di due padroni.
Calabrese, già forzista, poi margherito, poi numero 2 del Pdm di Loiero, indagato per storie di ’ndrangheta, balzò alle cronache un anno fa per un comma di poche righe che mandava salvi centinaia di pubblici amministratori nei guai con Ia Corte dei conti per reati contabili. Saccà, suo contenaneo, lo contatta poi riferisce: «Fuda vuoI far sapere al Capo che il suo cuore batte sempre a destra, anche se oggi è costretto a stare a sinistra. Ma se gli toccano gli interessi e le cose sue, darà un aiuto al Cavaliere in Parlamento». Ecco anche Fuda c’ha le cose sue.
P. S. C’è poi da segnalare Fausto Bertinotti che protesta vibratamente con la Procura di Napoli per la «fuga di notizie» e per eventuali «intercettazioni di parlamentali». Speriamo che il Presidente della Camera trovi anche tempo e modo per allarmarsi della compravendita di senatori in corso nell’altro ramo del Parlamento.


Dario Fo per Daniele Luttazzi

In questi giorni nei vari articoli apparsi sui quotidiani a commentare la censura di cui è stato vittima Daniele Luttazzi, si sono susseguiti a iosa termini come “buongusto”, “stile”, “opportunità”, “decenza”, “trivialità”, ecc..
All’istante, di contrappunto mi sono venute in mente caterve di espressioni e situazioni scurrili a dir poco feroci, impiegate da maestri storici della satira, a cominciare da Mattazzone da Calignano, grande giullare lombardo del XIII secolo, che, in un suo fabulazzo sulla lamentazione dell’uomo per la pena che Dio ha imposto a lui e alla sua femmina, elenca le fatiche e le mortificazioni nonché i continui flagelli e morbi a cui le creature umane sono sottoposte fin dalla creazione. Il Padreterno si lascia convincere dalle invocazioni dell’uomo e, ipso facto, decide di creare a suo vantaggio il villano, che lo servirà “in ogni bisogna” al par d’uno schiavo. In quell’istante passa di lì un asino e il creatore con un gesto della sua mano santa lo ingravida. Al nono mese, preannunciato da “un trempestar tremmendo de fulmini e saiette, de la panza de l’anemal, traverso el so’ cul de lü, sbotta de fora ol vilan spussento, tüto empastao de merda sgarosa e: stralak! Sto cul sforna criante ol servante creat da Deo. Una piova sbatente se spraca contra el corpazon del vilan scagazzao spussente, perché se faga cosiensa de la vita de merda che ve se presenta. ‘Da po’ che l’è nato egnudo’ ordena el Segnor ‘deghe un para de brache de canovasso crudo, brache spacà in del messo e dislassà, che no’ debbia pert tropp tempo in del pissà!’.”
Subito appresso mi appare Bescapè, un contemporaneo di Mattazzone da Calignano, che ci accompagna, mezzo secolo prima di Dante, nell’Inferno, dove personaggi ben noti della società del tempo vengono immersi a testa in giù nello sterco fumante, costretti a compiere gargarismi, trillando in gola secchiate di escrementi prodotti da animali fra i più fetenti.
E poi ancora vedo scorrere i milanesi longobardi sconfitti da Carlo Magno, che un anonimo fabulatore descrive costretti dall’Imperatore a “nettar co’ la lengua l’arco treonfal, costruit da lori mismi a onor da lu venzedor franzoso. Sü l’arcon tüti i soldat de Carlo gh’hann pissat sovra per una jornada entera e anco smerdao con cüra. Das po’ a ognün de’ Longobar fue ordenat de catar rospi, ratti e pantegan de fogna, e cusinarseli per far gran banchetto. I poverazz, boni cosiner con erbe parfumate, hann insaporit i boccon del pasto, engorgià tuto con gran fatiga e despo’ all’entrassat, tuto ch’avien magnat, gh’hann vomegado fora. L’emperador, desgostà, l’ha criat: ‘Ma cos’è ‘sta porcaria? No’ voi védar per le mee terre ‘sto vomegame! Lecadevelo subetamente e che tuto sia ben polido!’. Oh ch’el regal potestà!”.
Di certo si tratta di brani poco noti, che però Dante Alighieri ben conosceva per averli addirittura raccolti nel suo De Vulgari Eloquentia. Attraverso queste testimonianze, è risaputo, il sommo poeta, insieme ad altri autori che l’hanno preceduto, costruì il nuovo linguaggio, o Dolce Stil Novo, che ognuno di noi impara a considerare la base assoluta della nostra cultura.
Lo stesso Dante usa immagini similari per colorare di veemente indignazione la presenza di certi notissimi personaggi in cui incappa nell’infernale viaggio osceno. “A chi servirà quel buco vomitante fuoco?” chiede il tosco poeta a Virgilio. E quegli risponde: “Là dentro verrà fra poco infilato testa in giù, un Pontefice che ben merita di starsene a cottura lenta e le natiche al vento a sbattacchiar gambe al par d’un forsennato!”. Quel Pontefice è nientemeno che Bonifacio VIII, quello che incarcerò, costringendolo a vivere incatenato tra le proprie feci, Jacopone da Todi che si era permesso di insultare il Santo Padre in questione urlandogli: “Ahi! Bonefax! Hai iogato ben lo munno! Ahi! Bonefax! Che come putta hai traito la Ecclesia!” cioè, come una puttana hai ridotto la Chiesa!
Oggi, si sa, nessun cardinale si permetterebbe di porre mano pesante su questi scritti... è questione di opportunità e stile... oggi!
Ma di certo vi farà sussultare di stupore scoprire che anche il santo giullare Francesco di Assisi spesso si lasciasse andare a espressioni di un linguaggio azzardato, per non dire sconveniente. Infatti in una delle storie testimoniate da suoi seguaci, si racconta che un giovane discepolo un giorno si recò da lui disperato, sconvolto, giacché continuava ad apparirgli un orrendo demonio che lo tormentava con lusinghe e minacce, perché si lasciasse indurre nel peccato. Francesco, dopo averlo ascoltato, da autentico giullare quale era, disse al suo tormentato fratello: “Sai che debbi fare? Quando verrà l’enfame demonio, tu digli spietato: ‘Veneme appresso che eo te abbranco per l’orecchi, ti vo’ a spalancà la bocca e in quella ci caco dentro tutto lo smerdazzo che me riesce d’emprignatte!’. Così il giovine seguace repetette a lu demonio quella menaccia che Francesco li avea soggerita: ‘Te vo’ cacando in la bocca finché t’annego de merdazzo!’ Quello diavolo, preso de lo terrore, fuggì, annanno a sbatte contro rupi de le montagne che se sgretolaveno, come sotto tremmamoto, e tutto lo covertirno, seppellennolo per l’intero.”.
È inutile sottolineare che di questa leggenda non si trova traccia nella versione ufficiale della vita di Francesco, quella riscritta quarant’anni dopo da fra Bonaventura da Bagnoreggio, eletto a generale dell’ordine dalla Chiesa di Roma, che censurò l’originale, anzi lo distrusse addirittura mandandolo alle fiamme.
Ma quello di mascherare le notizie e le testimonianze che danno impaccio alle elegie è cosa di tutti i giorni da sempre. Al contrario spesso si scelgono bell’apposta, come nel caso di Luttazzi, le espressioni e i lazzi satirici palesemente scurrili e si mettono in bella mostra allo scopo di abbassare il livello di dignità dell’autore.
Conosciamo bene questa pratica davvero ipocrita e furbesca: ti si accusa di usare forme oscene di linguaggio per censurarti o addirittura eliminarti dalla scena.
A me e a Franca è accaduto con Canzonissima quando ci permettemmo di parlare di morti bianche sul lavoro e della mafia criminale. Nessuno, fino ad allora, sto parlando di quarant’anni fa, aveva mai trattato l’argomento. Anche in quell’occasione, fra le tante accuse, quali quella di buttarla in politica, ci si scaraventò addosso anche l’accusa di scurrilità e di non rispettare il comune sentire degli spettatori.
Luttazzi non a caso stava preparando una puntata sull’enciclica del Pontefice.
Come eliminarlo senza mettere in primo piano l’autentico soggetto?
Si fa la carambola: si spara su un bersaglio laterale per poterti di rimando colpire in piena fronte o, se volete, in piene chiappe.
A parte che un bersaglio come Ferrara, è così generoso, da non potersi sbagliare!
Esulta, mio caro Daniele! Così ti hanno eletto a classico della satira, e anche della letteratura! Complimenti!
 
Dario Fo


Kosovo: le questioni irrisolte

Aria di guerra in Kosovo? Ma non era finita? In questi giorni si aprono squarci nella mente per recuperare ricordi assopiti: ritornano vividi il rosso delle bandiere dei guerriglieri UCK, il tricolore nazionalista serbo, e poi i must televisivi: fucili, sangue, madri piangenti, lunghe colonne di profughi.
Improvvisamente la parola Kosovo ritorna sui tg: che succede stavolta? Il Sottosegretario alla Difesa Forcieri ha comunicato che 900 alpini sono pronti ad intervenire in caso di necessità, con brevissimo preavviso.
Succede che nonostante la pubblica opinione masticasse altre guerre catodiche, altre tragedie sapientemente somministrate, dall’altra parte dell’Adriatico non avevano cambiato canale, erano ancora sintonizzati sulla loro guerra.
 
L’Unione Europea, con grande dispiegamento di fondi, forze e cervelli, ha partecipato alla ricostruzione civile ed economica della regione, le Nazioni Unite hanno offerto assistenza sul fronte civile ed umanitario, centinaia di ONG hanno provveduto al conforto per i più deboli. Il caso Kosovo è paradigmatico: al termine del conflitto armato le forze di pace hanno lavorato alla riconciliazione, cercando di trapiantare un sistema civile ed economico armonizzato a quello comunitario. Ma è evidente che qualche inghippo c’è stato, la costruzione non è solida come ci si attendeva. Ci sono una serie di evidenti miglioramenti, tuttavia il Kosovo rimane un buco nero nella mappa europea, incapace di rinascere dalle sue ceneri, ed imbelle verso il transito di oppio, armi, traffico di organi e corruzione.
 
Questo clima di incertezza non ha favorito il dialogo tra albanesi e serbi: i primi storicamente oppressi dai secondi, alla morte dei leader storico pacifista Ibrahim Rugova, hanno trovato rifugio in istanza oltranziste, accanendosi contro i persecutori. Le enclavi serbe non hanno mai smesso di essere presidiate dal contingente internazionale, ed il patrimonio culturale ed artistico serbo-ortodosso è stato barbaramente distrutto, in nome del dio di tutti gli estremismi.
 
In prossimità della scadenza della mediazione, arrivano notizie preoccupanti: autoproclamazione di indipendenza da parte dei kosovari da una parte, rivendicazione di sovranità sulla regione alla corte internazionale di giustizia dall’altra. Su questo scenario, vigilano i loro interessi USA e Russia. Gli USA spingono per l’indipendenza della regione per ragioni economiche e strategiche, la Russia frena, temendo che quella kosovara sia la prima di una lunga serie di guerre secessioniste: Ossezia, Abkhazia, Bosnia-Erzegovina ecc. La questione non è di lana caprina: la civile Unione Europea non può più stare a guardare cosa accade fuori dalla sua finestra, è chiamata ad intervenire, tanto più a seguito dell’offerta di annessione all’Unione Europea.
 
C’è poi un’ ulteriore elemento di destabilizzazione: la Serbia non ha ancora consegnato i due principali criminali di guerra Ratko Mladic e Radovan Karadžic ancora piede libero, a fomentare l’odio nazionalista.
 
Nel 1996 Mladić, insieme ad altri leader serbo-bosniaci, fu accusato di crimini di guerra e genocidio dal Tribunale Penale internazionale per i crimini commessi nella ex-Jugoslavia, in connessione con l’assedio di Sarajevo in cui morirono 10.000 persone e con il massacro di 8.100 musulmani bosniaci, a Srebrenica, la peggiore atrocità mai commessa in Europa dopo la seconda guerra mondiale. C'è un mandato d'arresto pendente su Mladić a seguito della risoluzione 61 del Tribunale Internazionale, il quale ha concluso che ci sono ragionevoli sospetti per credere che Mladić ha effettivamente commesso i crimini in questione, compreso il genocidio. Il governo statunitense ha anche offerto una taglia di 5 milioni di dollari per la cattura di Mladić e Karadzic , un politico, un poeta e uno psichiatra serbo-bosniaco, ora incriminato anch’egli per crimini di guerra e genocidio; anche a  suo carico è stato emesso un mandato di cattura internazionale eccezionale.
Carla Del Ponte, procuratore capo oggi dimissionaria del Tribunale Penale Internazionale ha chiesto fortemente che fosse posta come condizione per l’annessione al blocco europeo la consegna dei due criminali, che lei ha individuato, ma ad oggi nonostante le dichiarazioni ufficiali di intenti, nulla si è mosso.
 
Gli ingredienti per l’esplosione ci sono tutti: diritti umani violati, conflitti irrisolti, nazionalismi crescenti, corruzione della classe dirigente, povertà diffusa. Si cercano dunque responsabili artificieri in grado di disinnescare l’ordigno.
 
 


INTERVENTO DI FRANCA RAME IN AULA SULLE COMUNICAZIONI DEL MINISTRO DAMIANO - MORTI BIANCHE

Nel 1962, Dario ed io eravamo i conduttori di “Canzonissima”su Rai Uno.
Nell’ottava puntata avevamo pronto un brano sulle cosiddette “morti bianche”, problema già grave in quegli anni.
I responsabili RAI hanno censurato il pezzo. Così abbiamo scoperto che in Italia la gente non deve sapere che si muore sul lavoro.
Ci siamo rifiutati di accettare il veto e abbiamo abbandonato la trasmissione, affrontando processi uno dietro l’altro.
E per ben sedici anni siamo stati letteralmente cancellati da tutti i palinsesti televisivi.
Oggi, dopo 45 anni, i media informano sulle quasi quotidiane vittime del lavoro:dal 2001 al 2007 si denuciano 8.376 morti… senza contare le innumerevoli malattie professionali, che hanno colpito lavoratori, donne e uomini, la cui sopravvivenza è inesorabilmente segnata.
 
Il nostro Presidente del Consiglio, ha commentato tempo fa: “Quei morti sono martiri del lavoro”. No Presidente, quei morti, non sono martiri del lavoro, ma vittime uccise da atti criminali: lavoro nero, e risparmio sulle impalcature di protezione.
Che vale la vita di un immigrato clandestino? Che vale la vita di un lavoratore bianco in regola? NULLA!
Anche lui può finire carbonizzato.
Quello che vale è solo il profitto sulla pelle di chi è costretto a rischiare la vita ogni giorno per poter campare.
Nel nostro Paese, milioni di persone tutte le mattine vanno al lavoro con il rischio di non tornare… Come si recassero in un campo di battaglia .
Nella guerra nel Golfo hanno perso la vita 3520 militari i morti sul lavoro in Italia dal 2003 all'ottobre 2006 sono ben 5252, (rapporto Eurispes).
Gli infortuni sul lavoro costano alla comunità circa 50 miliardi di euro l'anno: se questa enorme somma di denaro fosse destinata alla sicurezza del lavoratore, non saremmo qui ancora oggi a fare i notai di questa triste conta dei caduti.
Occorre urgentemente una struttura di controllo rapida e incorruttibile che applichi una legge che colpisca severamente gli imprenditori disonesti, anche con carcerazione oltre a pesanti multe.

Certi italiani, si mettono in riga, solo se li tocchi sui soldi. Rispetto del loro prossimo e onestà sono temi che non li riguardano. Il loro cuore batte solo nel portafoglio. VERGOGNA!