LA MIA LETTERA DI DIMISSIONI

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In verità basterebbero poche parole, prendendole a prestito da Leonardo Sciascia: «Non ho, lo riconosco, il dono dell’opportunità e della prudenza, ma si è come si è».
Il grande scrittore siciliano è, in effetti, persona che sento molto vicina, (eravamo cari amici) sia per il suo impegno culturale e sociale di tutta la vita, sia perché a sua volta, nel 1983, a fine legislatura decise di lasciare la Camera dei Deputati per tornare al suo lavoro di scrittore.
 
                 Le mie motivazioni, forse, non sono dissimili dalle sue. Del resto, io mi sono sentita “prestata” temporaneamente alla politica istituzionale, mentre l’intera mia vita ho inteso spenderla nella battaglia culturale e in quella sociale, nella politica fatta dai movimenti, da cittadina e da donna impegnata. E questo era ed è il mandato di cui mi sono sentita investita dagli elettori: portare un contributo, una voce, un’esperienza, che provenendo dalla società venisse ascoltata e magari a tratti recepita dalle istituzioni parlamentari.
Dopo 19 mesi debbo constatare, con rispetto, ma anche con qualche amarezza, che quelle istituzioni mi sono sembrate impermeabili e refrattarie a ogni sguardo, proposta e sollecitazione esterna, cioè non proveniente da chi è espressione organica di un partito o di un gruppo di interesse organizzato.
 
                 Nel marzo del 2006, l’Italia dei Valori mi propose di candidarmi come senatrice alle elezioni. Ho riflettuto per un mese prima di sciogliere la mia riserva, mossa da opposti sentimenti, ma alla fine ho maturato la convinzione che per contribuire a ridurre i danni prodotti al Paese dal governo retto da Silvio Berlusconi e dall’accentramento di poteri da lui rappresentato, ogni democratico dovesse impegnarsi in prima persona nell’attività politica.
Ho infine accettato, ringraziando l’On. Di Pietro per l’opportunità che mi aveva offerto, pensando, senza presunzione, che forse avrei potuto ricondurre alle urne, qualcuna o qualcuno dei molti sfiduciati dalla politica.
Ecco così che il 12 aprile 2006 mi sono ritrovata a far parte, alla mia giovane età (!!), del Senato della Repubblica carica d’entusiasmo, decisa a impegnarmi in un programma di rinnovamento e progresso civile, seguendo le proposte portate avanti durante la campagna elettorale dell’Unione, soprattutto quella di riuscire a porre fine all'enorme e assurdo spreco di denaro pubblico.
Ho così impegnato la mia indennità parlamentare per lavorare in questa direzione, anche organizzando (giugno 2006) un convegno con un gruppo di professionisti tra i più valenti, al fine di tracciare le linee di un progetto in grado di tagliare miliardi di euro di spese dello Stato nel settore dei consumi energetici, delle disfunzioni della macchina giudiziaria e dell'organizzazione dei servizi.
A questo convegno ho invitato Senatori della commissione ambiente e altri che ritenevo sensibili ai temi in discussione.
Non ne è venuto uno.
Ho inoltre presentato un disegno di legge (4 luglio 2006) con cui chiedevo che i funzionari pubblici, condannati penalmente, venissero immediatamente licenziati, trovando su questo terreno l’adesione di parlamentari impegnati nella stessa direzione, quali i Senatori Formisano, Giambrone, Caforio, D’Ambrosio, Casson, Bulgarelli, Villecco Calipari, Russo Spena e molti altri, compresi numerosi deputati.
E' nato così il progetto delle “10 leggi per cambiare l'Italia”.
Ho anche acquistato spazi su alcuni quotidiani e sul web, per comunicare i punti essenziali di questo progetto. Ma anche questa iniziativa non ha suscitato interesse nei dirigenti dei partiti del centro sinistra.
Nei quasi due anni trascorsi in Senato, ho presentato diverse interrogazioni.
Tutte rimaste senza risposta.
Ho presentato numerosi emendamenti, ma non sono stati quasi mai accolti.
Questa, per la verità, è la sorte che capita a quasi tutti i Senatori.
In seguito a una inchiesta da me condotta sul precariato in Parlamento, sei mesi fa mi sono impegnata nella stesura di un disegno di legge (presentato 18 luglio) in difesa dei diritti dei collaboratori dei parlamentari: illegalità, evasione contributiva e sfruttamento proprio all’interno della istituzione parlamentare!
Mi sono contemporaneamente impegnata su questioni drammatiche e impellenti, quali la necessità che il ministero della Difesa riconoscesse lo status di “vittime di guerra” ai reduci dei conflitti nei Balcani, Iraq e Afghanistan, avvelenati dai residui dell'esplosione dei proiettili all’uranio impoverito.
Quanti sono i militari deceduti? Mistero.
Quanti gli ammalati ignorati senza assistenza medica né sostegno economico? Mistero. Le cifre che si conoscono sono molto contraddittorie .
Quello che si sa con certezza è che ci sono famiglie che per curare il figlio si sono dissanguate e alla morte del congiunto non avevano nemmeno i mezzi per pagare la tomba. 
 
Anche per questa tragica campagna d’informazione ho acquistato spazi su quotidiani e web. Grazie ad alcuni media e a “Striscia la notizia” di Antonio Ricci, il problema è stato portato per quattro volte al grande pubblico: giovani reduci dei Balcani gravemente colpiti, raccontavano la tragedia che stavano vivendo. Dopo tanto insistere, finalmente il Ministro Parisi, se ne sta occupando: speriamo con qualche risultato concreto.
 
                 Posso dire serenamente di essermi, dall’inizio del mio mandato ad oggi, impegnata con serietà e certamente senza risparmiarmi.
Ma non posso fare a meno di dichiarare che questi 19 mesi passati in Senato sono stati i più duri e faticosi della mia vita.
 
                 A volte mi capita di pensare che una vena di follia serpeggi in quest’ambiente ovattato e impregnato di potere, di scontri e trame di dominio.
L'agenda dei leader politici è dettata dalla sete spasmodica di visibilità, conquistata gareggiando in polemiche esasperate e strumentali, risse furibonde, sia in Parlamento che in televisione e su i media. E spesso lo spettacolo a cui si assiste non “onora” gli “Onorevoli”.
In Senato, che ho soprannominato “il frigorifero dei sentimenti” non ho trovato senso d’amicizia. Si parla... sì, è vero... ma in superficie. Se non sei all’interno di un partito è assai difficile guadagnarsi la “confidenza”. A volte ho la sensazione che nessuno sappia niente di nessuno... O meglio, diciamo che io so pochissimo di tutti.
In Aula, quotidianamente, in entrambi gli schieramenti (meno a sinistra per via dei numeri risicati), vedi seggi vuoti con il duplicato della tessera da Senatore inserita nell’apposita fessura, con l’intestatario non presente: così risulti sul posto, anche se non voti e non ti vengono trattenuti 258 euro e 35 centesimi per la tua assenza, dando inoltre la possibilità ai “pianisti” di votare anche per te, falsando i risultati.
Questo comportamento in un Paese civile, dove le leggi vengono applicate e rispettate, si chiama “truffa”.
La vita del Senatore non è per niente comoda e facile per chi voglia partecipare seriamente ed attivamente ai lavori d’Aula.
Oltre l’Aula ci sono le commissioni. Ne ho seguite quattro: Infanzia, Uranio impoverito, Lavori pubblici e comunicazione, Vigilanza Rai.
A volte te ne capitano tre contemporaneamente e devi essere presente ad ognuna o perché è necessario il numero legale o perché si deve votare.
E’ la pazzia organizzata!
Se queste riunioni si facessero via web si ridurrebbero i tempi e si potrebbe arrivare velocemente alle conclusioni, ma l'era del computer non ha ancora toccato i vertici dello Stato!
E tutto questo attivismo produce un effetto paradossale: la lentezza.
Si va lenti… “lenti” in tutti i sensi.
Nel nostro Parlamento l'idea del tempo è quella che probabilmente hanno gli immortali: si ragiona in termini di ere geologiche, non certo sulla base della durata della vita umana e degli impellenti bisogni della gente.
 
                 Oltretutto mi sento complice di una indegnità democratica. Stiamo aspettando da 19 mesi, che vengano mantenute le promesse fatte in campagna elettorale. Non è stata ancora varata, ad esempio, la legge sul conflitto d'interessi, e ritengo questo ritardo gravissimo. Non è stata liberata la Rai dai partiti, non è stato fissato un antitrust sulle televisioni, mentre in compenso tutte le leggi del governo Berlusconi, assai criticate anche all’estero, sono in vigore, il falso in bilancio continua a essere depenalizzato, la ex Cirielli continua a falcidiare migliaia di processi. Contemporaneamente il governo ha bloccato il processo sul sequestro di Abu Omar sollevando due conflitti d’attribuzione davanti alla Corte costituzionale. E ha creato i presupposti perché al Pubblico Ministero Luigi De Magistris vengano tolte le indagini su politici di destra e di sinistra e il Giudice Clementina Forleo venga fatta passare per esaltata e bizzarra.
Nonostante gli impegni programmatici sulla legge Bossi-Fini e sui Centri di permanenza temporanea, che sarebbe più appropriato definire centri di detenzione, dove sono negati i diritti più elementari, non ci sono novità.
Ora stiamo aspettando anche in Senato il disegno di legge che vieta ai giornali di pubblicare le intercettazioni e gli atti d‘indagini giudiziarie, già votato alla Camera da 447 deputati, con soli 7 astenuti e nessun contrario.
Come andrà in Senato?
In tante occasioni ho fatto prevalere, sui miei orientamenti personali la lealtà al governo e allo schieramento in cui sono stata eletta, ma questa volta non potrei che votare contro.
 
                 Il Paese si trova in gran difficoltà economica: disoccupazione, precarietà, caro vita, caro affitti, caro tutto... pane compreso.
Che diredella lontananza sconvolgente che c’è tra il governo e i reali problemi della popolazione?
E che dire dei 1030 morti sul lavoro nel solo 2007 (cifra peraltro destinata a crescere con la stabilizzazione dei dati Inail) Ben venga il disegno di legge del ministro Damiano e il nuovo Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro.
Non è mai troppo tardi.
Solo un po’...
Che dire dell’indulto di “tre anni” approvato con una maggioranza di 2/3 del Senato, con l’appoggio di UDC, Forza Italia e AN?
Era certamente indispensabile alleggerire il disumano e incivile affollamento delle carceri, ma con un criterio che rispondesse davvero al problema nella sua essenza, con un progetto di riforma strutturale del sistema penitenziario, con il coinvolgimento delle innumerevoli associazioni del volontariato privato-sociale, che storicamente operano sul territorio nazionale e locale.
A migliaia si sono trovati per strada e molti senza un soldo né una casa, né tanto meno un lavoro. Dodici donne italiane e straniere furono dimesse dal carcere di Vigevano a notte fonda in piena e desolata campagna! 
La notte stessa e nei mesi a seguire, circa il 20% degli scarcerati è ritornata in cella. Sono anni che le carceri scoppiano... nessuno ha mai mosso un dito. Di colpo arriva l’indulto!
E’ difficile non sospettare che il vero obiettivo di questa legge proposta dal governo, fosse soprattutto quello di salvare, in fretta e furia, dalla galera importanti e noti personaggi incriminati, industriali e grandi finanzieri, e soprattutto politici di destra e qualcuno anche di sinistra...
Che dire dei deputati e senatori condannati e inquisiti che ogni giorno legiferano e votano come niente fosse? 
Che dire di una finanziaria insoddisfacente alla quale siamo stati obbligati a dare la fiducia, altrimenti non avrebbe avuto i voti per passare?
Che diredel consenso dato dal governo Prodi nel 2006 e riconfermato, “di persona” dal Presidente Napolitano a Bush nel 2007, per la costruzione della più grande base americana d’Europa a Vicenza?
Gli impegni presi da Berlusconi sono stati mantenuti.
I vicentini hanno diritto di manifestare in centinaia di migliaia, con la solidarietà di molti italiani, ma non di ottenere attenzione e rispetto delle proprie ragioni.
Che dire del costante ricatto, realizzato da questo o quel onorevole, di far cadere il governo per cercare di ottenere privilegi o cariche?
Quante volte, per non farlo cadere, ‘sto benedetto governo, ho dovuto subire il ricatto e votare contro la mia coscienza?
Troppe. Tanto da chiedermi spesso: “Cosa sono diventata? La vota rosso-vota verde?”
 
La prima volta che ho sentito forte la necessità di allontanarmi da questa politica svuotata di socialità, è stato proprio con il rifinanziamento delle missioni italiane “di pace” all’estero. Ero decisa a votare contro, ma per senso di responsabilità, e non mi è stato facile, mi sono dovuta ancora una volta piegare.
E non mi è piaciuto proprio. Credo che il mio malessere verso queste scelte sia ampiamente condiviso dai molti cittadini che hanno voluto questo governo, e giorno dopo giorno hanno sentito la delusione crescere, a seguito di decisioni sempre più distanti da loro, decisioniche li hanno alla fine, allontanati dalla politica.
 
                 In queste condizioni non mi sento di continuare a restare in Senato dando, con la mia presenza un sostegno a un governo che non ha soddisfatto le speranze mie e soprattutto quelle di tutti coloro che mi hanno voluta in Parlamento e votata.
La prego quindi signor Presidente di mettere all’ordine del giorno dell’Assemblea le mie irrevocabili dimissioni.
 
                 Non intendo abbandonare la politica, voglio tornare a farla per dire ciò che penso, senza ingessature e vincoli, senza dovermi preoccupare di maggioranze, governo e alchimie di potere in cui non mi riconosco.                               
Non ho mai pensato al mio contributo come fondamentale, pure ritengo che stare in Parlamento debba corrispondere non solo a un onore e a un privilegio ma soprattutto a un dovere di servizio, in base al quale ha senso esserci, se si contribuisce davvero a legiferare, a incidere e trasformare in meglio la realtà. Ciò, nel mio caso, non è successo, e non per mia volontà, né credo per mia insufficienza.
 
                 E’ stato un grande onore, per il rispetto che porto alle Istituzioni fondanti della nostra Repubblica, l’elezione a Senatrice, fatto per il quale ringrazio prima di tutto le donne e gli uomini che mi hanno votata, ma, proprio per non deludere le loro aspettative e tradire il mandato ricevuto, vorrei tornare a dire ciò che penso, essere irriverente col potere come lo sono sempre stata, senza dovermi mordere in continuazione la lingua, come mi è capitato troppo spesso in Senato.
 
                 Mi scuso per la lunga lettera, signor Presidente, ma sono stata “in silenzio” per ben 19 mesi! Roba da ammalarmi!
 
                 Prima di accomiatarmi non posso non ricordare quelle colleghe e colleghi di gran valore intellettuale e politico che ho avuto l’onore di conoscere. Tra questi una particolare gratitudine va ad Antonio Boccia, che fin dall’inizio mi ha tenuta sotto la sua ala protettrice con amichevole affetto, consigliandomi e rincuorandomi nei momenti difficili.
Un pensiero particolare al Ministro Di Pietro e i Senatori di Italia dei Valori e a chi ha dimostrato simpatia nei miei riguardi.
Rimane il rammarico di non aver potuto frequentare, se non rarissime volte, i colleghi oltre le mura del Senato. 
 
                 Infine un ringraziamento sentito alla Senatrice Binetti e al Senatore Tomassini che con grande umanità hanno superato le ideologie che ci dividono, per soccorrere uniti, un bimbo di 6 anni in grande difficoltà.
Augurandomi che Lei possa comprendere le mie motivazioni, desidero ringraziarLa per la gentilezza e disponibile accoglienza che mi ha accordato.
 
                 La saluto con stima sincera
  
                                                                                                                         Franca Rame
 

Gentile Presidente Marini,

con questa lettera Le presento le mie dimissioni irrevocabili dal Senato della Repubblica, che Lei autorevolmente rappresenta e presiede.

Una scelta sofferta, ma convinta, che mi ha provocato molta ansia e anche malessere fisico, rispetto la quale mi pare doveroso da parte mia riepilogare qui le ragioni.


Alla Sapienza fronte anti-Ratzinger "Nemico di Galileo, qui non parli"

di ANNA MARIA LIGUORI , La Repubblica, 12 gennaio 2008
 "Benedetto XVI non deve entrare all'Università La Sapienza". Il vade retro viene da un nutrito gruppo di docenti e studenti di uno degli atenei più antichi d'Europa e apre un nuovo fronte laici-cattolici. Il rischio è che giovedì prossimo, quando è in programma un discorso del Papa - terzo pontefice in visita all'ateneo - vada in scena una clamorosa contestazione, un sit-in antipapalino all'ombra delle Minerva. La parola d'ordine è: "Non vogliamo Ratzinger nel tempio della conoscenza perché è troppo reazionario".

L'alzata di scudi laica era stata preannunciata giovedì da una lettera ai vertici dell'università che hanno invitato, il 17 gennaio, papa Ratzinger ad inaugurare l'anno accademico 2007-08, il 705° dalla fondazione. Sessantasette docenti, tra cui tutti i più noti fisici dell'ateneo, hanno firmato un appello (pubblicato scorso su Repubblica) perché "quell'invito sconcertante", così lo hanno definito, venga revocato.

Il messaggio anti Ratzinger è stato spedito direttamente al rettore Renato Guarini: "Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso a Parma, Joseph Ratzinger ha rilanciato un'intollerabile affermazione di Feyerabend: "Il processo della Chiesa contro Galileo fu ragionevole e giusto"". Una frase che ha fatto sobbalzare il gruppo di scienziati che ora fa la fronda alla visita di Benedetto XVI. E che si dicono "indignati in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze. Quelle parole ci offendono e ci umiliano. E in nome della laicità della scienza auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato".

La risposta del rettore Guarini? Un invito alla tolleranza e nessuna marcia indietro. "Al di là delle divergenze di opinioni - dice - bisogna accogliere Benedetto XVI come un uomo di grande cultura e di profondo pensiero filosofico, come messaggero di pace e di quei valori etici che tutti condividiamo". Così la cerimonia è stata confermata, e sarà divisa in due parti: la lectio magistralis tenuta da Mario Caravale, docente di storia del diritto, che parlerà della pena di morte, poi gli interventi del ministro dell'Università Fabio Mussi e del sindaco di Roma Walter Veltroni. Poi il discorso di Benedetto XVI. Alla fine, tutti in cappella.

Ma la vigilia potrebbe diventare "pesante". Dopo i professori anche gli studenti promettono che non resteranno a guardare. Annunciano che faranno un sit-in contro "l'oscurantismo" di Benedetto XVI, terzo papa in visita alla Sapienza dopo Paolo VI nel 1964 e Giovanni Paolo II nel 1991. "Non capiamo per quale motivo il Papa debba prendere parte alla cerimonia" sottolinea Michele Iannuzzi della Rete per l'Autoformazione. E centinaia di studenti delle università romane già fanno sapere che nei prossimi giorni si daranno appuntamento sotto la statua della Minerva, simbolo del sapere e della conoscenza. Già mercoledì organizzeranno cortei, campagne di comunicazione e daranno vita a "gesti eclatanti" per coinvolgere il maggior numero di studenti in quella che vuole essere "una vera e propria lotta contro l'ingerenza del pontefice nelle istituzioni italiane".

Clima di mobilitazione anche tra i docenti. Andrea Frova, docente di Fisica generale, è tra coloro che hanno partecipato alla stesura della lettera: "L'invito è una scelta inopportuna e vergognosa e non è sufficiente che il Papa non tenga più la lectio magistralis, come avevano deciso all'inizio. È solo un maquillage fatto anche piuttosto male. Si tratta di un capo di stato straniero ed inoltre il capo della Chiesa cattolica. E noi che abbiamo dedicato tutta la vita alla scienza non ci sentiamo di ascoltare, a casa nostra, una voce autorevole che condanna di nuovo Galileo". Un altro dei firmatari più attivi è Carlo Cosmelli, docente di Fisica: "Le accuse anti-scienza che il Papa ha lanciato da cardinale le ha ribadite anche nella sua ultima enciclica. Lui è convinto che, quando la verità scientifica entra in contrasto con la verità rivelata, la prima deve fermarsi. Una cosa del genere in una comunità scientifica non può essere accettata".
 
Ecco la lettera aperta al Rettore della Sapienza di Marcello Cini, pubblicata dal Manifesto:
 
14-11-2007
 SE LA SAPIENZA CHIAMA IL PAPA E LASCIA A CASA MUSSI,

Lettera aperta

Signor Rettore, apprendo da una nota del primo novembre dell'agenzia di stampaApcom che recita: «è cambiato il programma dell'inaugurazione del 705esìmo Anno Accademico dell’università di Roma La Sapienza, che in un primo momento prevedeva la presenza del ministro Mussi a ascoltare la Lectio Magistralis di papa Benedetto XVI». Il papa «ci sarà, ma dopo la cerimonia di inaugurazione, e il ministro dell'Università Fabio Mussi invece non ci sarà più».

Come professore emerito dell'università La Sapienza - ricorrono proprio in questi giorni cinquanta anni dalla mia chiamata a far parte della facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali su proposta dei fisici Edoardo Amaldi, Giorgio Salvini e Enrico Persico - non posso non esprimere pubblicamente la mia indignazione per la Sua proposta, comunicata al Senato accademico il 23 ottobre, goffamente riparata successivamente con una toppa che cerca di nascondere il buco e al tempo stesso ne mantiene sostanzialmente l'obiettivo politico e mediatico.

Non commento il triste fatto che Lei è stato eletto con il contributo determinante di un elettorato laico. Un cattolico democratico - rappresentato per tutti dall'esempio di Oscar Luigi Scalfaro nel corso del suo settennato di presidenza della Repubblica - non si sarebbe mai sognato di dimenticare che dal 20 settembre del 1870 Roma non è più la capitale dello stato pontificio. Mi soffermo piuttosto sull'incredibile violazione della tradizionale autonomia delle università - da più 705 anni incarnata nel mondo da La Sapienza dalla Sua iniziativa.

Sul piano formale, prima di tutto. Anche se nei primi secoli dopo la fondazione delle università la teologia è stata insegnata accanto alle discipline umanistiche, filosofiche, matematiche e naturali, non è da ieri che di questa disciplina non c'è più traccia nelle università moderne, per lo meno in quelle pubbliche degli stati non confessionali. Ignoro lo statuto dell'università di Ratisbona dove il professor Ratzinger ha tenuto la nota lectio magistralis sulla quale mi soffermerò più avanti, ma insisto che di regola essa fa parte esclusivamente degli insegnamenti impartiti nelle istituzioni universitarie religiose. I temi che sono stati oggetto degli studi del professor Ratzinger non dovrebbero comunque rientrare nell'ambito degli argomenti di una lezione, e tanto meno di una lectio magistralis tenuta in una università della Repubblica italiana. Soprattutto se si tiene conto che, fin dai tempi di Cartesio, si è addivenuti, per porre fine al conflitto fra conoscenza e fede culminato con la condanna di Galileo da parte del Santo ufficio, a una spartizione di sfere di competenza tra l'Accademia e la Chiesa. La sua clamorosa violazione nel corso dell'inaugurazione dell'anno accademico de La Sapienza sarebbe stata considerata, nel mondo, come un salto indietro nel tempo di trecento anni e più.

Sul piano sostanziale poi le implicazioni sarebbero state ancor più devastanti. Consideriamole partendo proprio dal testo della lectio magistralis del professor Ratzinger a Ratisbona, dalla quale presumibilmente non si sarebbe molto discostata quella di Roma. In essa viene spiegato chiaramente che la linea politica del papato di Benedetto XVI si fonda sulla tesi che la spartizione delle rispettive sfere di competenza fra fede e conoscenza non vale più: «Nel profondo.., si tratta - cito testualmente - dell'incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione. Partendo veramente dall'infima natura della fede cristiana e, al contempo, dalla natura del pensiero greco fuso ormai con la fede, Manuele II poteva dire: Non agire "con il logos" è contrario alla natura di Dio».

Non insisto sulla pericolosità di questo programma dal punto di vista politico e culturale: basta pensare alla reazione sollevata nel mondo islamico dall'accenno alla differenza che ci sarebbe tra il Dio cristiano e Allah - attribuita alla supposta razionalità del primo in confronto all’imprevedibile irrazionalità del secondo - che sarebbe a sua volta all'origine della mitezza dei cristiani e della violenza degli islamici. Ci vuole un bel coraggio sostenere questa tesi e nascondere sotto lo zerbino le Crociate, i pogrom contro gli ebrei, lo sterminio degli indigeni delle Americhe, la tratta degli schiavi, i roghi dell'Inquisizione che i cristiani hanno regalato al mondo. Qui mi interessa, però, il fatto che da questo incontro tra fede e ragione segue una concezione delle scienze come ambiti parziali di una conoscenza razionale più vasta e generale alla quale esse dovrebbero essere subordinate. «La moderna ragione propria delle scienze naturali - conclude infatti il papa - con l'intrinseco suo elemento platonico, porta in sé un interrogativo che la trascende insieme con le sue possibilità metodiche. Essa stessa deve semplicemente accettare la struttura razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura come un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la domanda {sui perché di questo dato di fatto) esiste e deve essere affidata dalle scienze naturali a altri livelli e modi del pensare - alla filosofia e alla teologia. Per la filosofia e, in modo diverso, per la teologia, l'ascoltare le grandi esperienze e convinzioni delle tradizioni religiose dell'umanità, specialmente quella della fede cristiana, costituisce una fonte di conoscenza; rifiutarsi a essa significherebbe una riduzione inaccetabile del nostro ascoltare e rispondere».

Al di là di queste circonlocuzioni (i corsivi sono miei) il disegno mostra che nel suo nuovo ruolo l'ex capo del Sant'uffizio non ha dimenticato il compito che tradizionalmente a esso compete. Che è sempre stato e continua a essere l'espropriazione della sfera del sacro immanente nella profondità dei sentimenti e delle emozioni di ogni essere umano da parte di una istituzione che rivendica l'esclusività della mediazione fra l'umano e il divino. Un'appropriazione che ignora e svilisce le innumerevoli differenti forme storiche e geografiche di questa sfera così intima e delicata senza rispetto per la dignità personale e l'integrità morale di ogni individuo.

Ha tuttavia cambiato strategia. Non potendo più usare roghi e pene corporali ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l’effige della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella della conoscenza scientifica e metterla in riga. Non esagero. Che altro è, tanto per fare un esempio, l'appoggio esplicito del papa dato alla cosiddetta teoria del Disegno Intelligente se non il tentativo - condotto tra l'altro attraverso una maldestra negazione dell'evidenza storica, un volgare stravolgimento dei contenuti delle controversie interne alla comunità degli scienziati e il vecchio artificio della caricatura delle posizioni dell'avversario - di ricondurre la scienza sotto la pseudo-razionalità dei dogmi della religione? E come avrebbero dovuto reagire i colleghi biologi e i loro studenti di fronte a un attacco più o meno indiretto alla teoria danwiniana dell'evoluzione biologica che sta alla base, in tutto il mondo, della moderna biologia evolutiva?

Non desco a capire, quindi, le motivazioni della Sua proposta tanto improvvida e lesiva dell’immagine de La Sapienza nel mondo. Il risultato della Sua iniziativa, anche nella forma edulcorata della visita del papa (con «un saluto alla comunità universitaria») subito dopo una inaugurazione inevitabilmente clandestina, sarà comunque che i giornali del giorno dopo titoleranno (non si può pretendere che vadano tanto per il sotttile): «Il Papa inaugura l'Anno Accademico dell'Università La Sapienza».

Congratulazioni, signor Rettore. Il Suo ritratto resterà accanto a quelli dei Suoi predecessori come. simbolo dell'autonomia ,della cultura e del progresso delle scienze.

Marcello Cini


IN VENDITA tavole di Dario Fo - EVENTO ECCEZIONALE!

Dario si è occupato di una giovane stilista, di grande creatività e gusto, nostra cara amica Gentucca Bini. Nella scorsa stagione, Dario ha allestito la scenografia della sfilata di Gentucca con grandi dipinti del Mantegna, e curato la regia, davvero insolita, che vedeva indossatrici e indossatori sfilare saltando, ballando, ridendo... Un gran successo! Rifacendosi agli abiti della sfilata, davvero inconsueti e pieni di festosità, ha disegnato 12 bozzetti che ha poi elaborato per tradurli in altrettante incisioni litografiche a colori. Le 12 tavole in esacromia impresse su carta a mano intonsa rosaspina di Fabriano, sono raccolte in una cartella e numerate da 1 a 100, dimensione 51x37. Dario ha pensato di metterle in vendita per raccogliere fondi in sostegno alle famiglie dei militari colpiti dall’uranio impoverito. L’importo che abbiamo deciso per ciascuna cartella, contenente le 12 tavole, è di 250 €, (Più 10 DI SPEDIZIONE) pur consci che il loro effettivo valore sia da ritenersi assai superiore. Chi è interessato a contribuire a questa iniziativa, può inviare una e mail al seguente indirizzo: [email protected]

UniCredit Banca MILANO PORTA ROMANA C

Corso di Porta Romana 132
Milano (MI)
Conto corrente n° 4968564 ABI CAB 1612 CIN E L’IBAN IT 35 E 0200801612000004968564 INTESTATO A COMITATO IL NOBEL DEI DISABILI 

(URANIO E DISABILI HANNO UN UNICO CONTO)

Un bacio a tutti franca

 


Argomento: 

La scelta peggiore di Enrico Pugliese, Il Manifesto - 9 gennaio 2008

Et peperit murem. La montagna di spazzatura di Napoli e della Campania ha finalmente partorito un topolino: le proposte di merito di Prodi per fronteggiare l'emergenza irritanti quanto banali e inadeguate. Ma c'è stato un parto ben più grave e mostruoso, che riguarda la nomina a commissario straordinario di Gianni De Gennaro. Le notizie di agenzia fanno sapere che il capo della polizia sarà affiancato da un vice, il generale Franco Giannini. Si dovrebbe supporre che, così come De Gennaro, quest'ultimo abbia elevata competenza se non in materia di gestione dei rifiuti, quanto meno in tematica di politiche urbane o del territorio. Ma è ovvio che non è così. La scelta di nominare un poliziotto e un militare per gestire una questione di grande rilevanza sociale ed economica mostra come il vizio della scorciatoia securitaria, già mostrata in altre occasione (pensiamo alla questione degli immigrati rumeni) stia diventando una solida abitudine del governo Prodi.
Ma c'è un dato ancora più grave - quasi doloroso - nella scelta di De Gennaro. Era lui a capo della polizia quando a Napoli ci fu quella sorta di massacro a piazza Municipio dove la violenza colpì non solo i giovani manifestanti ma anche le mamme e altri rispettabili cittadini presenti in piazza, data la chiusura di tutte le vie d'uscita.
Qualche giorno fa, su queste pagine, avevo presentato la richiesta dell'intervento dell'esercito come l'ennesima provocazione fascisteggiante della Lega. Ora abbiamo invece esercito e polizia. Con tutto il rispetto per le forze dell'ordine. Non si capisce a che serva il loro impiego per affrontare il problema dei rifiuti. Avessero affiancato il poliziotto a un tecnico o un amministratore competente, la scelta sarebbe stata forse non codivisibile ma almeno comprensibile. Così invece si è solo voluto sottolineare che il problema è di ordine pubblico.
D'altronde questo sembra essere dimostrato dalle proposte, rispetto alle quali non si vede la differenza con quelle di Bassolino e degli altri commissari. La costruzione del termovalorizzatore di Acerra che (insieme ad altri due) viene proposta come una sorta di uovo di Colombo è quello che Bassolino (e Romiti) hanno sempre voluto e che ha determinato la scomunica del vescovo di Acerra da parte di Bassolino per essersi opposto. Ora lo si farà funzionare grazie all'impiego delle forze armate?
Per l'emergenza poi il piano del governo impone l'utilizzazione dei siti individuati dalle legge del 2007. Sembra facile, ma finora le discariche di volta in volta prese in considerazione sono risultate inidonee. Difficile che le forze dell'ordine risolvano questo problema tecnico.
Certamente le soluzioni indispensabili per l'attuale emergenza di Napoli non possono che aver carattere di tampone ed essere tutte inidonee. Ma perchè esse vengano accettate è necessario che ci sia consenso a livello di massa e non la militarizzazione del territorio. E c'è un aggravante. E' vero che non bisogna veder la camorra dappertutto, ma ci sono segnali che proprio su questo terreno bande camorristiche si siano mobilitate qua e là (compresa Pianura). Non saranno il confronto armato e lo scontro frontale a ridurre la tensione e isolare la camorra. Con una scelta repressiva si finirà solo per darle più forza. Insomma, peggio di così non poteva andare.

 


Mondanità dell'aborto

 
 di Ida Dominijanni, Il Manifesto, 8 gennaio 2008

Quanto sia sacra la vita umana, ultimativa la decisione di metterne o non metterne una al mondo (e abissalmente diversa da quella di sopprimerne un'altra per punirla di un delitto), impegnativa la cura per inserirla nell'umano consorzio, sono verità che ciascuna donna del pianeta, in qualunque latitudine, sotto qualunque dio e qualsivoglia regime, conosce assai meglio di qualunque papa, qualunque principe e qualsivoglia consigliere di papa e di principe. Papi, principi, aspiranti principi e zelanti consiglieri lo sanno benissimo, come sanno benissimo che una legge può riconoscere questa sapienza femminile e il potere sulla vita che ne deriva, ma nessuna legge può revocarli. Punto.
A capo. Che cosa muove dunque la mobilitazione permanente sulla questione dell'aborto che agita le democrazie occidentali, i loro angeli teodem e la cupola vaticana sopra di loro? Non certo il tentativo, perso in partenza, di sottrarre alle donne questo primato. Bensì quello di colpevolizzarlo, privatizzarlo, ricondurlo nell'ombra di quella dimensione «naturale» da cui la parola femminile lo strappò alcuni decenni fa per portarlo alla luce del sole, della politica, del diritto. Non è un conflitto sulla sacralità della vita. È un conflitto, nient'affatto sacro e tutto mondano, per il potere di parola sulla vita, un conflitto nel quale alcuni uomini si allineano al Dio creatore che dicono di adorare per alimentare il proprio desiderio di onnipotenza e rimuovere il limite imposto a questo desiderio dalla parola dell'Altra.
È un conflitto antico e ritornante, e non ci sarebbe niente di nuovo se la strumentalità del momento non ci mettesse, di volta in volta, il sale e il pepe di qualche macabra aggravante. Non si tratta solo dell'osceno paragone - più osceno nell'implicita versione papalina che in quella esplicita del direttore del Foglio - fra l'aborto e la pena di morte. C'è sotto un altrettanto torbido rimestio fra religione, scienza, politica, morale e diritto che confonde, piuttosto che rilanciare, il dibattito pubblico, e non solo in Italia. Anche negli Stati uniti, dove l'aborto è come sempre una delle issues centrali della competizione elettorale, la richiesta pressante di una «ridefinizione» morale, giuridica e politica della questione (e di altre, come l'omosessualità) passa - si veda il New York Times di domenica - attraverso il cambiamento dei paradigmi scientifici e dei protocolli medici e farmacologici. In una sequenza neo-deterministica in cui biologia, genetica, morale e religione si alleano a produrre un nuovo ordine «oggettivo» del discorso che fa fuori la soggettività delle donne e degli uomini in carne e ossa. L'unica tutt'ora in grado di avere la meglio su una politica laica balbettante, e su un'autorità religiosa evidentemente così incerta da appoggiarsi alle protesi che trova.


IL BUON SENSO DEGLI ABITANTI DI PIANURA, di Dott.ssa Antonietta M. Gatti

E’ stato uno spettacolo non esaltante, direi vergognoso, vedere forze dell’ordine che caricano gli abitanti di Pianura per farli distogliere dal loro obiettivo.
Ma che cosa vogliono queste persone? Come per tante altre manifestazioni cui siamo abituati dagli anni Settanta, si stanno forse battendo per un ideale?
No, nessun ideale particolare, se per ideale s’intende qualcosa di romantico. Vogliono solo un’aria pulita da respirare, vogliono solo essere sicuri che il loro destino non sia già stato scritto ora,  che la loro morte per cancro non sia già stata programmata in qualche ufficio di qualche burocrate che, però, non ha la spazzatura davanti a casa. 
Si stanno battendo per un futuro non di malattia dei loro figli, per il diritto a procreare, se saranno ancora abili, non figli malformati.
Si stanno battendo per la loro salute. Non doveva essere un diritto garantito dalla Costituzione? Salvaguardarla non doveva essere un obbligo del primo cittadino di ogni comune? Invece sembra che siano proprio i primi cittadini ad averli condannati a un triste futuro.
Ci sono autorevoli studi che riportano le incidenze di patologie tumorali, di malformazioni fetali, e di alte incidenze abortive fra gli abitanti di zone limitrofe a discariche a cielo aperto. Si sa.
Ed è infatti su questa conoscenza che si decise di chiudere la discarica di Pianura. Ora la si vuole riaprire, ma solo per un tempo limitato. Ma che cosa significa tempo limitato ?
Chi glielo dice alle cellule dei nostri polmoni o ai nostri spermatozoi di essere pazienti, di tapparsi il naso, di non respirare l’aria mefitica con cui dovranno convivere, ma per “un tempo limitato”.
Le nostre cellule funzionano a ossigeno, e non ci sarà nessun prefetto, sindaco, presidente o capo dello stato in grado di imporre loro di cambiare fisiologia. Loro non sono “comprabili”. Loro non si fanno intimidire o imbavagliare. Loro non sono “influenzabili” in alcun modo.
Quando vapori e polveri raggiungono le parti interne del nostro corpo, lo “inquinano” giorno per giorno, fino al punto che le nostre cellule si ammalano, innescando reazioni che portano ad uno stato patologico e alla morte.
Anche i nostri spermatozoi, se non muoiono “asfissiati” nei testicoli, andranno a contaminare un utero e una vagina che non rimarranno indenni.
Il sangue della futura madre poi, anch’esso contaminato dall’aria che ogni giorno si respira, farà il resto su un povero embrione inconsapevole. Altro che pillola del giorno dopo!
A che punto è arrivata la nostra società italiana? Prima si combatteva per delle idee. Queste sono state imbavagliate o bendate o addormentate. Se non vediamo i problemi, non abbiamo l’esigenza di avere idee. Semplice.
E allora, qual è la soluzione per la Campania ricoperta di rifiuti? Bruciarli. Bruciarli ignorando la scienza più elementare che c’insegna che, se quei rifiuti li bruciamo, non distruggeremo un bel nulla ma li conserveremo, invisibili sì agli occhi, ma visibilissimo ai nostri organismi che se ne ammaleranno. Anzi, a peggiorare le cose ci sta il fatto che, bruciandoli, i rifiuti diventano incomparabilmente più tossici di quanto non fossero nella loro pur maleodorante origine.
I giornalisti stranieri, che però non sono bendati, vedono l’Italia per quello che è e non li si può far tacere. Lo so, questo dispiace al nostro Presidente che contrappone alle loro critiche la creatività italiana. Ma io non riesco a vedere creatività nel portare come garanzia in banca delle montagne di rifiuti, nel non provvedere in tempo alle esigenze della popolazione, nel farli morire di rifiuti. Ci stiamo rendendo conto che chiudiamo scuole perché sono un tutt’uno coi rifiuti? Anche noi, respirando i fumi tossici che provengono dai rifiuti incendiati,  ammalandoci, verremo trasformati in cadaveri, in fondo in rifiuti.
Perché siamo arrivati a questo punto? Privilegiando il profitto di alcuni, di pochi, ne stiamo ammazzando tanti. Stiamo assistendo ad una strage degli innocenti e la cosa buffa, ma il trovarla buffa dipende dal proprio senso dell’umorismo, è che molti di questi innocenti sono stati ammaestrati ad essere consenzienti.
Cara Italia, non ci lasci più neanche l’aria da respirare! E allora ha ragione il Times: siamo un popolo in declino, anche psicologico, anche fisico. Io, che abito nella Pianura Padana, so già, perché me lo ha detto l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che morirò 3 anni prima di un mio collega spagnolo o austriaco. Le polveri che produciamo bruciando ogni anno sempre di più, si accumulano perché sono eterne e, pianino pianino, mi stanno scavando la fossa.
Lo so che “polvere siamo e polvere ritorneremo” ma mi secca  farlo in anticipo e solo per riempire il portafoglio di qualche furbetto.
Ho trovato scandaloso l’appello dei politici di Napoli “al buon senso dei cittadini di Pianura”. Che cosa significa? Morite in silenzio, senza rompere le scatole?
Lancio un appello ai politici e ai burocrati di tutta l’Italia: per favore, legiferate in modo da liberare  l’aria da polveri e vapori tossici. Aria più o meno mefitica c’è in tutte le città dove “si brucia”, ma c’è un limite che il nostro corpo come quello degli animali può tollerare e uscirne, se non indenne, almeno in condizioni decenti. Oltre questo limite c’è la malattia.
Ma ricordate sempre, cari politici e cari burocrati, che anche voi e i vostri figli, in fin dei conti, respirate l’ aria inquinata che respiro io: quella che voi avete in tutta legalità generato.


PREMIO NOBEL 1997

CARI AMICI, OGGI, GIRANDO SUL SITO HO TROVATO QUALCOSA CHE VI FARA' MOLTO PIACERE... ANCHE SE MAI NESSUNO NE HA PARLATO. TANTI BACI franca Mistero buffo A cura di Franca Rame «Il Premio Nobel per la Letteratura viene assegnato a Dario Fo perché, insieme a Franca Rame, attrice e scrittrice, nella tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere e restituisce la dignità agli oppressi». L'Accademia di Svezia «In tutta Italia Fo è conosciuto come attore, poco come "autore". Invece in tutto il mondo i suoi testi sono conosciuti e rappresentati». Umberto Eco «Fo è un giullare di corte, un indisponente di professione: il suo pungente senso della satira continua a scagliarsi contro la corruzione, l'avidità e l'ipocrisia dei potenti». The New York Times Mistero Buffo, il piú noto tra gli spettacoli di Dario Fo e anche quello che ha destato piú polemiche, viene qui presentato in «edizione integrale», e, cioè proponendo anche i cambiamenti avvenuti nel corso degli anni e degli oltre cinquemila allestimenti in Italia e all'estero, tra il 1969 e il 2003. L'ironia, il sarcasmo, il lazzo di Strage degli innocenti, Moralitá del cieco e dello storpio, Bonifacio VIII, o la drammaticità di Maria alla Croce (alcuni episodi della commedia), sono la cifra di Mistero Buffo, un testo e un perfetto congegno teatrale che, con il gusto di dissacrare tutti i Tartufi della terra, racconta la tacita, millenaria storia delle classi subalterne in una satira politica e di costume che mantiene intatta nel tempo la sua carica corrosiva.


FRANCA RAME: AUMENTI INDENNITA’ PARLAMENTARI - DA BERTINOTTI SEGNALE POSITIVO. RINUNCINO ANCHE I SENATORI.

 
La discussione sugli “adeguamenti salariali” tra Palazzo Madama e Montecitorio non è conclusa.
La Senatrice Franca Rame loda il Presidente Bertinotti, per la decisione di bloccare lo scatto di 200 euro lordi mensili delle indennità parlamentari: “credo sia un segnale positivo, che dimostra come il miglioramento sia possibile iniziando da piccoli gesti di buon senso; si tratterebbe, a conti fatti, di un risparmio di oltre un milione e mezzo di euro l’anno solo per la Camera, aggiungendo il Senato si arriverebbe a 2.284.800 euro, senza contare gli aumenti per le future pensioni. Per quanto mi riguarda, una parte della mia indennità finisce dall’inizio del mio mandato nelle mani di persone con gravi malattie, vittime dell’uranio impoverito o pensionati incapaci di arrivare a fine mese”. Sulle proteste dei Deputati, la Senatrice è tranchant: “con quale coerenza si chiedono sacrifici ai cittadini per salvare i conti pubblici italiani, e poi ci si lamenta per il mancato aumento – continua Franca Rame – suggerirei invece ai colleghi Senatori di adeguarci, rinunciando da subito al surplus, sarebbe un gesto rivoluzionario, molto apprezzato dai cittadini, di cui molti, non riescono con il loro stipendio ad arrivare a fine mese!”
La Senatrice conclude con una considerazione: “Credo inoltre che sarebbe un gesto molto “onorevole” da parte di  chi già percepisce vitalizi, emolumenti extra ed altre prebende, la rinuncia ad  almeno 6 mesi di pensione.  Già nel 1999 l’ Espresso  pubblicava i dati delle “pensioni d’oro”: cifre da capogiro, che intere famiglie non arriverebbero ad accumulare in alcune generazioni. Qualche esempio:
pensione da ex DG Banca d’Italia, ex Ministro degli Esteri, ex Presidente del Consiglio 650.529.477 lire – 335.970.43 euro;
pensione da  ex Presidente della Repubblica, ex governatore Banca d’Italia, ex Presidente del Consiglio, ex Ministro del Tesoro 852.423.639 lire – 440.240,06 euro,
pensione da ex Presidente della Repubblica, ex Ministro dell’Interno, ex Presidente della Camera, ex magistrato 165.711.039 lire – 85.582,12 euro.
Cosa sono 6 mesi... Dopo tutto quanto hanno ricevuto? Coraggio, un po’ di generosità! AVETE Già AVUTO!!”


Lettera al Presidente - di Antonietta M. Gatti

Caro Presidente,
 
Grazie per il suo discorso di fine anno.
Per 20 minuti abbiamo sognato un mondo che non c’è.
Lei ha risvegliato per un attimo il nostro orgoglio nazionale ricordandoci la creatività italiana. Purtroppo, però, lei ha evocato un sogno, un a favola d’altri tempi: nei fatti, di questa creatività in giro non c’è segno. La creatività italiana è espatriata con i nostri giovani avviliti da un sistema sempre più folle.
E poi, signor Presidente, un appello alla creatività non basta proprio per far chiudere gli occhi ai giornalisti stranieri. Loro sono abituati a leggere statistiche, numeri, percentuali, a fare confronti obiettivi e una sua affermazione generica non lascia alcun segno. Lei non ha citato un numero, un’entità che si possa contare, che riassuma una situazione e che sia indice incontestabile di una situazione. La mancanza di numeri nel suo discorso è, tutto sommato, un bene. Se non altro non abbiamo dovuto verificare se si trattava di numeri giusti o di numeri aggiustati come ormai siamo abituati a ricevere.
I giornalisti stranieri, quelli che scrivono, magari, sui loro giornali articoli che ci bruciano, non si lasciano bendare facilmente gli occhi e ci giudicano sulla base di fatti e non di romantiche presunzioni o di trite immagini da cartolina. Questi non si accontentano di fumo: hanno bisogno di arrosto per verificare o, se è il caso, per cambiare idea sul nostro paese. Mi creda, la creatività non è qualcosa che si può quotare in borsa. Non è neanche una moneta da dare al fornaio o al fruttivendolo in cambio di generi di prima necessità. La nostra creatività si esprime ormai solo nello sbarcare il lunario, per sgattaiolare tra mille ed una difficoltà alla fine del mese sulla scorta di un salario sempre più miseramente inadeguato.
Italica creatività, dice lei. Eppure non ce l’abbiamo fatta a trovare uno straccio di manager creativo a sufficienza per salvare dal naufragio la nostra compagnia aerea di bandiera, restituirla alla salute e farla rimanere italiana. Gli ultimi creativi con cui abbiamo avuto a che fare sono solo i furbetti del quartierino o quei capitani d’impresa che imprendono con i soldi altrui o quelli che si cimentano in scalate politico-finanziarie. “Ti piace vincere facile?”
Tra le parole che ho apprezzato c’è stato il suo invito al dialogo rivolto ai nostri parlamentari. Ma, mi creda, un invito come il suo, elegante, signorile, educato, è fuori del tempo. Sa, qualcuno dei nostri parlamentari è inquisito, qualcun altro è già stato condannato, qualcuno prima di andare in Parlamento a legiferare deve passare dai Carabinieri a firmare. Con persone di questa levatura credo sarebbero più efficaci sferzate, frustate dove fa male. Capi di stato più giovani e vivaci, certo, con altre prerogative istituzionali, possono chiedere e sono ubbiditi. In Italia si invita, si prega,
Vede, signor Presidente, nel mondo reale e non nella sua gabbia dorata, chi tenta di essere creativo e costruttivo viene emarginato per non costituire un termine di confronto, chi tenta di fare il bene comune, inevitabilmente contrario agli interessi di pochi, viene ugualmente accantonato ed alcune volte zittito con artifici legali costruiti per la bisogna contrari a buon senso e pudore. È così che stiamo perdendo la gara con il progresso e le classifiche parlano impietosamente chiaro, compresa quella, tristissima, sull’indipendenza di un sistema d’informazione che anestetizza i nostri connazionali sempre più sudditi e sempre più vuoti di idee.
Comunque, grazie, signor Presidente, per la bella favola che ci ha raccontato. La prossima volta sarebbe meglio che iniziasse il discorso con “c’era una volta”, così il messaggio risulterebbe più reale.


Felice Epifania!

 

                                                                                                                              

Cari amici,

auguroni per questa Epifania e per il prossimo rientro al lavoro per chi è ancora in ferie!   Un abbraccio,  Franca


dimissioni: la rassegna stampa