SCUSATE SE E’ POCA Napoli, 23 febbraio Il Giorno del Rifiuto di Mimmo Grasso

E adesso dove la metto questa?”, pensa, corrucciatissimo, Dante mentre regge un sacchettone di spazzatura (e, ovviamente -è un poeta,no?-, che “spazzatura” è perifrastica attiva e futura). E’ indeciso se tenersela in mano o lanciarla cadere sulla capoccia dei passanti. Può anche darsi che la sta portando come souvenir non metaforico del suo viaggio iniziatico, del “rito di passaggio”. E se invece  fosse il contrario, vale a dire che porta con sé la “mappatella” con il necessario per il viaggio che stavolta inizia da Napoli? Immaginiamo quanti “maledetti dannati”  incontrerà laggiù e quale sarà l’ovvio contrappasso.
L’operazione di mettere nel giorno del “munnezza day” quel presente in mano all’ Alighieri (anche se mi pare che, tutto sommato, stia dicendo,nauseato, “scusate se è poca”) è di Giacomo Faiella, patafisico del Collegio Partenopeo (Rettore Mario Persico). La foto ha già girato mezzo mondo e sarebbe divertente analizzarla come “segno” in vari modi. Dante come lo spazzino di Baudelaire? Dante come emblema del “Trionfo della spazzatura” di Montale? Mah. Ovviamente, elaborando altre letture (teoria del caos, globalizzazione) lo stesso sacchetto può sostituire la fiaccola della statua della Libertà di Manhattan. La spazzatura come monumento e memento della morte del pianeta E, infatti, in termini di caos, le rovine delle Twin Towers (segno di sfacelo che, tuttavia, mantiene un valore storico e semantico) valgono le macerie di Napoli (che, appunto “macerano”, sono già ex-rovine).
Il 23 febbraio ero mischiato indifferenziato nella folla dei “munnezza day” di Napoli, in piazza Dante e ho ascoltato sia cose interessantissime che altre che non condivido (nel merito,ahimè, più che nel metodo).
Tra quelle del primo gruppo ci metterei le relazioni degli scienziati (Marfella, Pallante, Ortolani) sottolineando che Pallante ha fatto benissimo a tirare le orecchie ad altri scienziati che non rispettano il criterio che fonda la scienza, e che è l’abduzione di Peirce. In parole semplici, uno scienziato ragiona sempre (e fino a prova contraria)  se…allora, probabilmente e salvo che…. Suscita infatti enorme perplessità che altri addetti ai lavori, incluso i rappresentanti del Ministero della Salute, si mostrino tetragoni ottimisti in ordine ai rischi di malattia generate dai rifiuti tossici che,altrimenti, perché si chiamerebbero tossici, perché hanno la tosse?
Ma, come suol dirsi, occorre trasformare le minacce in opportunità, pensare positivo.  Se comandassi io, preparerei questa  strategia:
1. individuare qualche extracomunitario raccolto a Lampedusa e che abbia la dissenteria.
2.temporeggiare per togliere la spazzatura e aspettare che arrivi il caldo che, notoriamente, aumenta il rischio di epidemie.
3. creare una ditta e dittarelle collegate per la produzione di articoli sanitari e di vaccini (n.b.: chiedere ai comparielli della camorra di contattare la camorra cinese, così facciamo presto a soddisfare la richiesta ).
4. mandare in giro scagnozzi per acquistare tali prodotti fino ad esaurimento scorte e dimostrare, carte alla mano,  al Ministero competente che c’è un problema.
5. far dichiarare a vari primari ( miei debitori perché li ho messi io lì e in quel ruolo) che c’è il  rischio di colera (abbiamo precedenti credibili).
6. chiedere soldi a chi di dovere, così sano e risano la sanità campana (occorre fare presto: già escono articoli sui giornali. Devo fare una riunione coi direttori dei miei giornali  per dirgli che non sono ancora pronto).
7. in caso di risposta negativa, libererei per le strade di Napoli gli extracomunitari di cui sopra, facendoli ricoverare all’ospedale per le malattie infettive, dandone adeguata informazione ai media con l’ordine di monitorare il caso ogni giorno e aumentare le interviste ai luminari della scienza e al popolo (n.b. ricordarsi di farsi fare il riassunto della peste dei Promessi Sposi).(n.b.di n.b.: gli extracomunitari  non rischiano niente perché nessun napoletano se la prenderebbe con un povero cristo).
8. mandare i miei scagnozzi a fare casino sia tra i napoletani che tra gli extracomunitari e creare problemi seri di ordine pubblico.
9. nell’attesa dei soldi chiedere ai miei consulenti finanziari di elaborare un giro di fatture.
10. Arrivano i soldi, dò le percentuali, sistemo la sanità, recupero voti e posso anche alzare  senza storie le barriere per l’immigrazione.
Assurdo, vero? Chissà.
Pochi giorni fa ho letto che Hegel, che tifava per la rivoluzione francese, nel vedere Napoleone-a-Cavallo entrare a Jena, si emozionò e annotò:”Ho visto lo Spirito del mondo a cavallo”. E io, chi cazzo vedo? Qual è lo Spirito-del-mondo che mi privilegia di una “visione”? Mi devo accontentare di Re Ubush.
Ci hanno detto dal palco di piazza Dante che “L’incredibile è vero”, che “ciò che non sapete è l’incredibile”, ecc. Lo ha detto Grillo che ha anche chiesto “diecimila scuse” per come l’Italia ha trattato e tratta Napoli. Accetto le sue scuse, una tantum, perché ne avverto la sincerità, ma non accetterò mai quelle di altri. Dò atto a Grillo di aver centrato il bisogno di riscossa e di “appartenenza” di Napoli. Ciò che ha detto è vero e reale (documentabilissimo): le aziende del Nord hanno, ricorrendo all’offerta della camorra (e dunque rendendosi complici di coloro che dicono di condannare) usato la Campania come sversatoio di rifiuti tossici. Ma ciò, caro Grillo, fa parte della tradizione napoletana, a cominciare dai rifiuti del big-bang. Scherzo. E’ altresì  vero che Napoli & Affini è ancora colonia del Nord cui interessa comunque la raccolta, irriciclata, di  risparmio del sud che viene  investito al nord costringendo le imprese di qui a finire in mano agli strozzini (curiali o camorristi). Basta vedere, ad esempio, quante banche nuove sono state aperte negli ultimi dieci anni; leggere i flussi bankitalia relativi al risparmio  (dove viene raccolto e dove finisce). A proposito (sennò mi scordo: che fine hanno fatto i furbetti del quartierino? Riciclati? E vorremmo dimenticare Sindona, Calvi, Parmalat, Bipop e tantissimi altri?). I “napoletani” sono borsaioli ma non certo scalatori di borsa. Sono d’accordissimo inoltre nel condannare (ma è poco: occorre prenderli in giro)  i Savoia  scappati con la cassa (noblesse oblige) e ai quali non è stato inviato un regale vaffanculo. Hanno osato pensare addirittura a un risarcimento. Ok: facciamo un po’ di conti? D’accordissimo ancora su tante altre cose, ivi incluso il brigantaggio (per togliere ogni cattivo pensiero di resistenza duosiciliana il Piemonte pretendeva una ferma militare di sette anni). La “Questione meridionale” non si risolve da centinaia di anni perché  è una famelica opportunità settentrionale. Altresì, questa città non ha mai avuto un re napoletano. Sempre stranieri -e con l’indispensabile  sigillo papale. Forse solo Federico II si può considerare “napoletano” ed è stato lui, tra l’altro, che ha dato all’Italia la coscienza civile e il senso dello Stato, più tante altre cose modernissime. Tièh.
Marfella ci ha informati, da esperto, sul fatto che  noi, i napolegni, siamo geneticamente più forti perché sangue misto, meticci. Facciamo un po’ l’elenco: italici, osci, fenici, greci, romani, longobardi, bizantini, normanni, svevi, francesi, spagnoli, austriaci (cui si aggiungono gli extracomunitari di oggi, la cui maggiore rappresentanza da cinquant’anni è quella americana, per la presenza della Nato). Si, siamo geneticamente fortissimi. In tremila anni, facendo i conti delle lavandaie ,che sono diretti e non sbagliano, ognuno di questi invasori ha governato circa 10 generazioni a testa, quanto basta per mischiare il sangue come si deve. Conviene tenerci buoni: siamo un’ottima riserva di piatrine, “jettammo  ’o sango”.
Tre  passaggiì di Grillo, nel pieno della vis oratoria, non mi convincono. Anzi, non sono per niente d’accordo e posso accettarli solo come “pro-vocazione” agitatoria, come espediente –retorico-  per creare dissonanza e indurre a riflettere (probare-delectare-flectere- Cic, Quint.).
Il primo: “la camorra sarà anche camorra ma è intelligente e non avrebbe consentito che a Napoli arrivasse l’esercito”. Sorry: la camorra fa schifo e non è intelligente;  è tribale (nel senso di prepaleolitica, bestiale), conosce solo il diritto penale, ragiona esclusivamente  in termini di business, preda. E’ infatti il predatore che si organizza in gruppo per rubare la carcassa agli animali cacciatori, stanchi per le corse nella savana e il lavoro di appostamento. Non si penserà, spero, che il camorrista sia un povero diavolo senz’arte né parte. Il branco della camorra ha arte e parte e dividendi, s’intana a Piazza Affari e nei quartieri-bene. Il capo camorrista è altresì molto borghese. Mi chiedo inoltre cosa ci sia di diverso tra il contratto sottoscritto dall’Impregilo e un’estorsione. Se è vero che la mondezza che giace moribonda per le vie di Napoli appartiene, contrattualmente, all’Impregilo, De Gennaro sta facendo un’appropriazione indebita?
L’esortazione di non andare a votare credo vada nella direzione del “tanto peggio tanto meglio”. Credo che se non si va a votare si aprono spazi proprio a chi si vuole combattere e che certamente se ne impiperà dello scarso consenso numerico eventualmente espresso dal voto. Anzi, lavora meglio e senza controllo.
L’esortazione affinché Napoli chieda la separazione dal resto d’Italia, come ha fatto il Kossovo, può servire solo per far leva sulla presunzione che staccarsi dall’Italia possa contribuire a un senso di identità e sembra conseguente al solo vaffanculismo. Napoli non è il Kossovo, terra sulla quale sono morte migliaia di persone per motivi che non stiamo qui a ripetere (chiamiamola, alla Reich, “peste emozionale”). E, poi, scusate, se è utile che qualcuno vada via, perché non  i veneti o altri, quelli che ci hanno riempito di rifiuti pagando quattro soldi lo smaltimento affidato al malaffare e iscrivendo a bilancio tale costo al valore di mercato,lucrando anche sul differenziale e consolidando il rating (il che dimostra che la mondezza di Napoli è più che utile e che non è vero che non viene differenziata)? Perché la finanza non fa qualche ispezioncina sui loro bilanci e proprio per queste voci? E’ semplice: attraverso le fatture (che avranno una partita Iva) si può risalire alla ditta che ha trasportato i rifiuti e verificare dove li ha sgomberati. Poi, attraverso le analisi di bilancio della stessa e degli estratti conto è abbastanza agevole verificare che fine ha fatto il differenziale di cui sopra. M, comunque, perché dovremmo separarci? Mica siamo leghisti: abbiamo molto rispetto per gli antenati che sono morti per l’Italia. Ma, poi, se dobbiamo separarci, dovremmo anche in questo caso attualizzare i soldi che il Piemonte ha incamerato per la sua  tesoreria, valorizzare le industrie che c’erano, le materie prime passate di mano, ecc. E valorizzare le centinaia di migliaia di vite perse nelle miniere, ecoballe di carne . Un accordo col Belgio, per esempio, prevedeva negli anni  post-bellici tot tonnellate di carbone contro tot minatori del sud. Gli emigrati del Sud con le loro rimesse hanno consentito il boom economico italiano. Se vi capita di vedere la richiesta di attestazione dei redditi che l’INPS invia annualmente ai pensionati, noterete che c’è ancora la voce “indennità ex minatori del Belgio”. Mica occorrerà inserire anche la voce “Indennità Impresilo”? Occorrerà valorizzare, ancora, i giovanissimi napoletani che parteciparono come volontari per liberare la Spagna (4.000, mica bruscolotti). L’elenco, in tutti i settori,  sarebbe lungo e il risarcimento incalcolabile. Non ne vale la pena perché questi soldi non ce li restituiranno  mai e saremmo costretti a dichiarare guerra. Ma qui siamo tradizionalmente guerrafondai tra di noi e pacifisti con l’estero. L’unica realtà europea che non ha mai dichiarato guerra e ha voluto vivere in pace (nei limiti del tempo) è stato il Regno delle due Sicilie.
Comunque, grazie a Grillo l’ Italia sa -in modo diretto e senza fronzoli:è importante- da dove nasce questo pattume, perché Napoli è finita in questa situazione.
E ringrazio, di cuore, Franca Rame, che ha letto la sera del 23 febbraio una lettera indirizzata ad alcuni boss della camorra. Previdente, l’ha solo letta perché, imbucata, sarebbe tornata indietro con l’annotazione “sconosciuto all’indirizzo”. Il testo si trova su questo blog. Su Youtube si può ascoltare e vedere una buona parte della lettura. Mi ha meravigliato il suo trattare i camorristi come persone. Certo, so perfettamente che i vari Sandokan Tanzan e Madrake della camorra una lettera del genere non la leggeranno, neanche se gliela mette il figlio sotto il piatto il giorno di Natale (perché pure loro portano la famiglia in giro per presepi nella settimana dell’avvento). Ma perchè poi dovrebbero leggerla? Non possono farlo, sono analfabeti, sanno solo contare  e misurano il proprio onore con gli zero del conto in banca.
Questa lettera è stata tuttavia ascoltata da migliaia di persone, in diretta, ed ha fatto leva  sul loro profondo sentimento  di civiltà..
Ci sono dei momenti in cui ci sembra di rivivere le situazioni. Si tratta di quelle piccole piramidi di tempo che sono i dejà vu. Vi testimonio il mio: piazza Dante; il palco davanti all’emiciclo di una costruzione in rosso pompeiano; statue sui cornicioni. Port’Alba a sinistra
e il vico (famigerato) Carceri Sanfelice a destra.
Appare Franca, “figura” con un mantello rosso.
Le statue si danno la voce e guardano tutte verso il centro del palco.
Chi c’è con lei, Eleonora Pimentel Fonseca?
Sento aprirsi il portone di Palazzo Serra di Cassano, quello che il Principe, dopo l’impiccagione del figlio Gennaro, rivoluzionario del ’99, volle fosse chiuso per sempre.
E, altresì, mi è sembrato di vedere in quella piazza un tempo “mercatello” e scenario di giochi equestri,  un cavallo dal bel manto nero luminoso scalpitare senza briglie. E’ l’ Equus neapolitanus, il cavallo -furente- di Virgilio e simbolo di Napoli che un altro nobilissimo napoletano, Giuseppe Maresca, ha fatto resuscitare pochi anni fa, dedicandoci la vita. Un miracolo. E’, per capirci, come se un gesso pompeiano improvvisamente si alzasse dalla pomice, dalle rovine e dalle macerie  e, come niente fosse, vi dicesse “Che ora è?”  Non si sa -che anche l’arte equestre è nata a Napoli. Perché l’equus era senza briglie? Perché Carlo d’Angiò, venendo a Napoli, fece apporre, per sfregio all’irruenza dei napoletani, un paio di briglie sulla statua di un famosissimo cavallo di bronzo di cui è rimasta la testa, conservata oggi al Museo Archeologico Nazionale.
“Briglie consapevoli” di allora come lo “sfollagente consapevole” di oggi?
Beh, comunque, tornando a casa e passando davanti al Museo, ho sentito un nitrito.
 
 
 
                                                                                              Mimmo Grasso


Ricordate la storie di Giuseppe? Buona nuove! - Grazie Gargantua

MARTEDÌ, 04 MARZO 2008
La Repubblica, Pagina IX - Firenze
Rientro immediato del bambino in famiglia. Lo ha ordinato la corte d´appello e venerdì il padre, un non vedente, ha potuto riportare a casa suo figlio di 7 anni e mezzo. La madre ha un tumore al cervello. Nel maggio 2007 il bambino era stato allontanato dal genitore, ritenuto inadeguato. Del caso si sono interessati i senatori Franca Rame, Antonio Tomassini e Paola Binetti. Ora la corte riconosce che l´affidamento del bambino in comunità non lo ha aiutato affatto. Al contrario. Meglio restituirlo al padre che - dicono gli avvocati Rocco Di Leone e Ilaria Tozzi - «ha dei limiti, ma può essere aiutato a diventare un buon genitore».


ELEZIONI FAI DA TE di Antonietta M. Gatti

 

Cari Amici,
eccovi una bella riflessione della Dott.ssa Gatti sulle prossime elezioni... che ne pensate?
redazione

 
Dissoltasi quest’ultima legislatura nata moribonda, il 13 e 14 aprile saremo richiamati a scegliere i membri del nuovo governo con una legge non rispondente alle esigenze di un paese che abbia qualche pretesa di democrazia. Io voterò, ma questa volta cercherò di non farmi gabbare di nuovo. Dal momento che l’ideologia, già nucleo portante di ogni partito, si è persa, non posso votare per un concetto, un principio che non c’è più neanche nella bandiera. Dovrò votare per le persone. Purtroppo lo scenario presenta sempre le stesse facce, vecchie, rugose, bavose per le continue liti che hanno subìto o intavolato loro stessi nel corso degli anni. Non potrò, tuttavia, scegliere gli uomini uno ad uno, ma mi si obbligherà a votare un raggruppamento già preconfezionato, già premasticato: precotto, insomma. Questo è quanto l’ennesimo attentato alla Costituzione, ormai ridotta ad un ectoplasma con buona pace dei discorsi tronfi per il suo sessantesimo compleanno, costringe me e tutti a fare. Ma io voglio essere parte attiva nelle elezioni pur in questa situazione.
Così ho stilato per mio uso un vademecum che seguirò per identificare il raggruppamento che meno peggio (ma da oggi pretendo di dire meglio) mi rappresenterà al governo. Allora seguirò i seguenti criteri:
 
1-     Non voterò per il raggruppamento che avrà persone che hanno già avuto una sentenza di colpevolezza o che risultano inquisite dalla magistratura. Valuterò il curriculum vitae della persona e dei suoi famigliari con i criteri in uso nel corpo dei Carabinieri. Integrità morale fino alla terza generazione. E se il curriculum non è disponibile e chiaro, niente voto.
2-     Non voterò per il raggruppamento che abbia in lista persone che hanno in atto un conflitto d’interessi, palese o mascherato che sia.
3-     Non voterò per il raggruppamento che abbia in lista persone che in passato hanno dato esibizione pubblica di litigiosità, di gesti offensivi, che siano maleducati e denigratori verso i colleghi. Chi dà triste spettacolo di sé e dell’Italia nelle TV di tutto il mondo come è accaduto anche pochi giorni fa, è opportuno che resti a casa.
4-     Non voterò per il raggruppamento che abbia in lista persone che abbiano incarichi governatavi o statali in contrasto con il mandato che chiedono e che abbiano usufruito di raccomandazioni.
5-     Voterò solo per il raggruppamento che comprenda al suo interno persone di riconosciuta capacità, amministrativa, sociale, sanitaria, economica, ambientale, legale o artistica che sia, e che abbiano una visione dei problemi almeno europea e non solo di paese, per non dire di casa propria.
6-     Spulcerò senza pietà tutti gli atti anche di politica locale che ogni raggruppamento, ogni partito e ogni persona in lista ha compiuto nei riguardi dell’ambiente, comprese le dichiarazioni programmatiche, ricordando che se distruggi l’ambiente in cui vivi, smetti di vivere. Questo, almeno, è quanto c’insegnano i biologi. Dunque, chi attenta in qualsiasi modo all’ambiente, non avrà il mio voto.
.
Ammesso che ci sia in giro ancora gente onesta e incorruttibile e che ci sia qualcuno così intelligente da allestire un tipo di lista per bene, a quel punto la mia scelta andrà al programma che
 
1-     metterà al primo posto (il secondo non m’interessa più) il cittadino e la sua salute e garantirà la salubrità dell’aria, del territorio e del cibo.
2-     Farà un piano di risollevamento della nostra economia basato su capacità esistenti e innovazione e non su sogni irrealizzabili o, peggio, sulla devastazione dell’ambiente. Nel programma devono sin da ora essere indicati con precisione i meccanismi per conseguire gli obiettivi proposti.
3-     Farà un programma che indicherà strategie economiche ragionevolmente realizzabili o, almeno, già adottate con vantaggio da alcuni paesi europei come, ad esempio, Spagna ed Irlanda. Copiare da chi ha già avuto successo è indice d’intelligenza.
4-     Farà un programma che troverà soluzioni per la corruzione dilagante, dai denari sfilati dalle tasche dei contribuenti al nepotismo con tutte le sue sfumature nei vari enti, e proporrà un codice morale che contenga anche le conseguenze (negative) e le sanzioni (certe) per chi non lo osserva.
5-     Farà un programma che proporrà degli indicatori per la valutazione dell’operato degli eletti lungo tutto il mandato. E se gli indicatori sono al di sotto dell’aspettato gli eletti dovranno essere licenziati come succede agli allenatori di calcio o, meglio, autolocenziarsi.
 
Io sono convinta che se ognuno seguisse questi semplici criteri, e basterebbe farlo tutti per le elezioni del prossimo aprile, chi tiene le redini di partiti e alleanze non avrà altra scelta che fare bene le sue scelte se vorrà mantenere la poltrona o ottenerne una. Se i partiti non dovessero rispondere, allora la mia sarà una scheda bianca senza temere l’ingenua accusa di qualunquismo.


E adesso chi glielo spiega che le donne non godono a essere torturate e stuprate?

Fuori dal liceo Mamiani di Roma è apparsa una scritta che diceva grossomodo: "Franca Rame ha goduto a essere stuprata".
Si tratta di un antico insulto alle donne vittime di violenza sessuale.
Vuol dire che sei tanto troia che ti piace comunque.
Chi ha scritto questa frase evidentemente non ha idea di molte cose. Mia madre fu ustionata con le sigarette accese e tagliata con le lamette. La perizia medica misurò tra l'altro una ferita lunga quasi 30 centimetri. Poi fu violentata dai componenti del commando fascista che l'aveva sequestrata armi alla mano. L'aggressione fu talmente disumana che perfino uno dei membri del commando, disgustato, chiese agli altri di smetterla e ricevette per questo un ceffone che lo riportò all'ordine. Ora io mi chiedo che idea del sesso abbia uno che è convinto che una donna possa godere ad essere violentata.
E mi chiedo che piacere sessuale possano trarre le donne che si accoppiano con questo individuo.
E mi chiedo di che dimensioni sia il deserto interiore di questo maschio rampante, e quanta paura debba avere di non essere all'altezza di un vero incontro d'amore e di passione. Forse se entrasse nelle scuole una buona educazione al sesso e ai sentimenti questo vuoto esistenziale potrebbe essere colmato nelle generazioni future.
La malattia dell'Italia non è solo politica, è morale, filosofica e sentimentale. Molti non sanno neppure cosa siano i sentimenti. Vivono tenendo carcerate le loro emozioni. Ma a scuola non si può parlare apertamente di corpo e di anima . In Italia continua a reggere questa connivenza oggettiva tra il clero reazionario e la cultura dello stupro. Il tutto con l'appoggio esterno di settori della sinistra maschilista. Quelli che dopo il corteo pacifista tornano a casa e picchiano la moglie e queli che l'ultima volta che hanno dato un bacio d'amore è stato al liceo. Quelli che parlare di punto G li fa incazzare perché "abbiamo cose più importanti di cui occuparci".
Io non credo che l'Italia cambierà seguendo chi è bravissimo a denunciare la corruzione e la violenza del capitalismo ma si dimentica di parlare di amore, amicizia, tenerezza, sesso, parto dolce, sentimenti, emozioni, ascolto di sé, educazione non autoritaria, scuola comica, arte, valore della vita, necessità di dare un senso anche alla morte. Il futuro migliore lo si costrisce casa per casa, migliorando i nostri baci e smettendo di consumare energia elettrica prodotta dal petrolio. E scendendo per strada a distribuire abbracci gratis.
La mancanza d'amore si cura aumentando l'amore.
Denunciare i crimini della Casta non basta.
Disgraziatamente a sinistra e a destra siamo ancora in pochi a pensarla così.
Jacopo Fo
Tratto da www.jacopofo.com

Argomento: 

da "Ci ragiono e canto" 1963

ciao a tutti! sto riordinando il nostro materiale... mi sono venute sotto gli occhi tre belle canzoni, adatte ai nostri giorni... che vi propongo: DOPO OTTO ORE Canzone di G. Bertelli. Dopo otto ore ritorno a casa senza più voglia di fare all’amore: è ormai da quando m’hanno impiegata alla catena che non m’hai più amata, già da tre mesi come due cani andiamo a letto, si aspetta il domani: se questa è vita siamo allevati come due polli sterilizzati. CORO Non ne posso più. Non ne posso più. Non ne posso più. Contemporaneamente inizia il movimento dei bastoni. Gli uomini sollevano un bastone sopra il capo, abbassano il secondo fino alle ginocchia. Poi lo alzano sopra il capo e abbassano l’altro. Le tre donne allargano e stringono le braccia, allontanando e riavvicinando i bastoni corti. Le tre donne sulla panca fanno scorrere il bastone a destra e a sinistra con movimenti alternati. Il movimento di tutti è veloce e scattante, la sincronia dei gesti e il ruotare e lo scorrere dei bastoni suggeriscono l’immagine di un grande telaio in movimento. Cantano SIGNOR PADRONE NON S'ARRABBI... Canzone di Dario Fo. – Signor padrone, non si arrabbi ché al gabinetto vorrei andare. – Ci sei stato l’altro ieri tutti i giorni ci vuoi andare, mi vuoi proprio rovinare la catena fai rallentare. – Signor padrone, ci prometto che da domani non ci vado mangio solo roba in brodo e farò solo pipì, la faccio qui. – Vai ma sbrigati in tre minuti come è scritto nel contratto: non si fuma al gabinetto né si legge «l’Unità» c’è il periscopio che ti vedrà. – Sei secondi per arrivarci, sei secondi per spogliarti, tre secondi per sederti: viene il capo a sollecitarti non ti resta che sbrigarti. Tre secondi per alzarti, due secondi per vestirti, se hai fortuna puoi pulirti e corri subito a lavorar, a lavorar, a lavorar. POVERA GENTE Canzone di Dario Fo, Enzo Del Re, e Antonio Infantino. Povera gente, veneno do paese mio doi giorni e una notte in treno sempre in treno tra valige di cartone, i figli, la moglie, la moglie e ’sta creatura appena nata che vomita tutto quello che ha mangiato, qualche volta arriva già morta. Povera gente, arrivano a Torino, alla stazione c’è il solito imbroglione che li ingaggia nella carovana: manovale, sterratore, dodici ore, senza contratto giornaliero, un quinto al procuratore, dormitorio, tutti in un camerone, ogni letto trecento lire, lavorare tanto per campare, per non morire. Povera gente, veneno do paese mio un mese, doi mesi, finito torna al paese col foglio di via, ma che ci torno a fa a stu paese nun ce sta nisciuno: un vecchio, due donne, un prete, una capra e un cane. Piglia o treno addio amore, piglia o treno addio amore. In Svizzera c’è lavoro in un cantiere, buca montagna, scoppia la mina, vien giù la frana, che disastro: son dieci, venti, cinquanta, cento e passa muoiono come mosche questi meridionali. Povera gente, veneno do paese mio in Germania ad Amburgo: alla ghisa, fabbrica silicati, flessione, disoccupazione, finito, chiuso, in Danimarca taglia alberi, lavoro stagionale finito, in Norvegia, taglia, pesci secchi, finito, chiuso. Povera gente, ritornano a o paese mio già vecchi, sfiniti, a morire. Povera gente, ritornano a morire... È FATALITA' PRIMO SOLISTA – Son metalmeccanico e secondo le statistiche CORO – È fatalità, è fatalità. PRIMO SOLISTA – Campo cinque o sei anni in meno della media normalità. CORO – È fatalità, è fatalità. PRIMO SOLISTA – Devo prender o lasciare, muoio prima per campare. CORO – Sciopero, sciopero, vogliamo l’aumento di trenta lire in più! Importante non ci badare, guarda indietro chi sta peggio di te. PRIMO SOLISTA – Per esempio? ALTRO – Lui! ALTRO – Chi, io? CORO – Sì, tu! SECONDO SOLISTA – Io faccio il soffiatore, soffiatore di vetro a fuoco. CORO – È fatalità, è fatalità. SECONDO SOLISTA – Campo dieci, dodici anni in meno della media normalità. CORO – È fatalità, è fatalità. SECONDO SOLISTA – Devo prendere o lasciare, muoio prima per campare. CORO – Sciopero, sciopero, vogliamo l’aumento di trenta lire in più! Importante non ci badare, guarda indietro chi sta peggio di te. SECONDO SOLISTA – Chi, per esempio? ALTRO – Lui! ALTRO – Chi, io? CORO – Sì, tu! TERZO SOLISTA – Io faccio il ceramista e mi vien la silicosi. CORO – È fatalità, è fatalità. TERZO SOLISTA – Non arrivo a cinquant’anni della media normalità. CORO – È fatalità, è fatalità. TERZO SOLISTA – Devo prendere o lasciare, muoio prima per campare. CORO – Sciopero, sciopero, vogliamo l’aumento di trenta lire in più! Importante non ci badare, guarda indietro chi sta peggio di te. TERZO SOLISTA – Chi, per esempio? ALTRO – Lui! ALTRO – Io? CORO – Sì tu! QUARTO SOLISTA Io faccio il minatore, non arrivo alla pensione. CORO – È fatalità, è fatalità. QUARTO SOLISTA – Per un crollo, un’esplosione a quarant’anni son già nei fu. CORO – È fatalità, è fatalità. QUARTO SOLISTA – Devo prendere o lasciare, muoio prima per campare. CORO – Sciopero, sciopero, vogliamo l’aumento di trenta lire in più! Importante, non ci badare, guarda indietro chi sta peggio di te. QUARTO SOLISTA – Chi, per esempio? CORO LUI – TU – LORO – TU... Venendo in proscenio tutti cantano NON ASPETTAR SAN GIORGIO Non aspettar San Giorgio, che lui ci venga a liberare, non aspettar San Marco, che lui ci venga a vendicare coi fanti e i cannoni. Portella delle Ginestre i morti calabresi e quelli delle Puglie, quelli di Reggio Emilia e quelli morti in fabbrica e quelli sui cantieri e quelli avvelenati dall’acido e il benzolo. Non aspettar San Giorgio, che lui ci venga a liberare, non aspettar San Marco, che lui ci venga a vendicare coi fanti e i cannoni. E quelli che son crepati di tisi e silicosi e il cancro alla vescica per più di mille donne e i morti giù in miniera... ma basta con ’sto elenco son venticinquemila ’mazzati in poco tempo. In pochi anni nessuno paga i danni, è roba del padrone, comanda lui e non gridare aiuto. Eh no! Chi può aiutarti oppresso è il tuo compagno stesso – è lui che ti potrà salvare, soltanto lui. Però bisogna buttarci tutto, alè, o merda o berretta rossa, o merda o berretta rossa, chi non vuol provare la scossa sta dalla parte del padrone o la pagherà.


Franca Rame al Liceo Mamiani - rassegna stampa


Per Luigi Fusi da Franca

Caro Luigi Fusi,
abbiamo ricevuto più di qualche lamentela relativa alla lunghezza dei tuoi post… Devo quindi chiederti di essere più stringato, succinto, dritto al punto!
Tieni come esempio il fatto che 20 righe sono più che sufficienti per esprimersi, e che tutti, più o meno cercano di controllare i propri pensieri per dare spazio a tutti di esprimersi liberamente!!
Grazie
Franca

Franca risponde a Salvatore Rizzo...

 Ecco la risposta, terminata solo ieri sera, a causa degli impegni in viglianza RAI.
Eccomi. È finita.

Questa mattina mi sono svegliata presto, ho ascoltato come sempre Prima Pagina alla radio.
La sveglia ha suonato alle 8,30. Via veloce. Entrata in aula 9.15. inserita carta, piegato cappotto e infilato sotto poltrona, come faccio da sempre. (depositarlo al guardaroba prende troppo tempo quando esco). Estratto computer. Attivato ma non mi sono messa immediatamente a lavorare.
Penso: è l’ultimo giorno.
Mi guardo intorno… ci sono stata per quasi 2 anni in questo austero luogo. Austero… si fa per dire: qui ci si insulta, si tirano libri, carta giornali, ci si sputa addosso. No. Oggi, sono certa sarà una giornata calma.
È l’ultima.
Tutti a casa.
Io certamente.
Mi arriva una telefonata delle tante. “senatrice si ricandida?” una risata gentile e chiudo. 
A poco a poco l’emiciclo si popola. Oggi tutti si scambiano saluti. C’è voglia di gentilezza. Bene.
Devo rispondere a una lettera arrivata sul blog, che parla del mio intervento a Napoli. La leggo e la rileggo e non mi trovo. Non mi riconosco.
Sabato mattina siamo partite presto per Napoli (Carlotta Nao e Stefania Divertito mi accompagnavano). In treno estraggo dalla cartellona i cartoncini con scritto a grandi caratteri (sono cieca!) l’intervento che con l’aiuto di Carlotta, Stefania e niente popò di meno che di Roberto Saviano, avevamo scritto.
Ero preoccupata. Ci ho lavorato per giorni. Mi rileggo tutto, taglio, stringo. Sono un po’ nervosa. Arriviamo. Hotel. Vorrei riposarmi un po’, fare rilassarmi… ma non riesco. Riprendo in mano il testo e via a rileggere… misurare i tempi. Non mi sento tranquilla… ho addosso un gran nervosismo. Già la mattina in treno, Beppe Grillo era un po’ impressionato da tutti quei fogli.
Arriva l’ora di entrare in scena. Pino, l’organizzatore, aveva parlato delle 21,15.

Era importante per me, avendo un intervento “pesantino” iniziare presto. Invece Beppe, è andato in palcoscenico all’improvviso. Non che abbia trovato la storia scorretta, ci mancherebbe. La serata era la sua. Quindi ok, anche se il programma era cambiato senza che nessuno lo sapesse. Mi sono detta, andrò dopo di lui. Invece ha presentato Pallante. Figuriamoci, uno straordinario personaggio, che ha tutta la mia stima, più che adatto ad affrontare i temi della serata. (con lui e altri a gran livello, abbiamo fatto un convegno a Jacopo giugno 2006). Il tempo passava e pensavo alla difficoltà di entrare dopo un intervento, (sia il suo che quello della dottoressa che è arrivata dopo me) a mio avviso, non adatto a una piazza, con la gente che se ne stava lì da ore in piedi. Meglio un locale chiuso, più raccolto. Dal canto mio cominciavo a sentire la stanchezza della giornata pesante e di questi ultimi giorni in Senato davvero impegnativi. Avevo anche un gran freddo. Ero soprattutto preoccupata che il mio intervento arrivasse troppo tardi. ( E anche le occhiate che Beppe dava ai miei cartoni non mi facevano bene alla salute ... psicologica. ho sempre recitato o fatto interventi a manifestazioni, improvvisando ma lì, non potevo rischiare di sbagliare).
Mi dispiace di aver detto: quando finisce. Non c’era mancanza di rispetto. Solo preoccupazione. Mi dispiace e molto che Beppe abbia sollecitato Pallante più di una volta a chiudere, dicendo la senatrice ha sonno, ha freddo (ci sono rimasta anche un po’ male, ma sono certa che non avesse intenzione di mettermi a disagio… ma mi ci sono trovata). Beppe è un uomo di teatro e si rendeva conto (almeno credo) che l’intervento era un po’ lungo. Purtroppo, il teatro ha i suoi tempi, quelli sono. Quelli devono essere. Se entri in scena dopo un intervento anche se interessante, ma che ha oltrepassato i tempi, è faticoso riprendersi il pubblico. Quando è toccato a me ero più agitata e nervosa che mai… Infatti ho reso il 10 % delle mie possibilità.

Ce l’ho messa tutta. Ma ripeto e sono più che convinta, ci sono interventi che si possono fare in piazza, ma devono essere stringati. Sono proprio dispiaciuta di come sono andate le cose. Telefonerò all’amico Pallante per scusarmi. E mi scuso anche con voi…
Domani torno a casa. Voglio camminare per un mese di seguito. Parlare con la gente… e magari anche ridere.
Franca
p.s. Salvatore… mi fa piacere che ti sia piaciuta la mia erre moscia… ma… non ce l’ho.
Un bacio


Franca Rame al Liceo Mamiani di Roma

Roma, Liceo Classico Mamiani.
 
Un gruppo di studenti antifascisti ha organizzato l’occupazione del Liceo per parlare della 194. Hanno partecipato alla manifestazione per Silvana a Roma, ne hanno fatta un’altra per loro conto di fronte alla scuola, sollecitando la risposta del locale gruppo di Forza Nuova, che in una spedizione punitiva prende a botte un ragazzo del liceo. Poi nella notte, scritte neofasciste ingiuriose verso Franca Rame e inneggianti alle SS, firmate con una svastica.
Gli studenti sono sconvolti dall’evento, organizzano un’assemblea, alla quale ha partecipato stamane Franca.
 
Per rompere il ghiaccio con gli studenti del Mamiani, ha letto una lettera di Dario Fo sul suo sequestro e ha raccontato quello che si seppe nel '99, quando, pervennero al giudice Salvini documenti riservati. ''Si seppe - ha sostenuto la senatrice - di un capitano dei carabinieri della che, nel '73, dopo aver ricevuto una telefonata sul mio sequestro che lo avvisava che 'la punizione era stata compiuta' aveva brindato. ''Il mio sequestro - ha spiegato la senatrice - era un castigo perche', noi, in scena, raccontavamo le responsabilita' delle stragi. Con 'Soccorso Rosso' io mi occupavo di detenuti: li recuperavamo all'integrazione sociale. Un lavoro micidiale, continuato anche quando i giovani hanno cominciato a sparare, a sbagliare: non condividevamo il loro operato - ha ricordato la Rame - ma ci battevamo per il loro diritto a non essere torturati, in carcere''.
Arriva il momento del suo  monologo, lo stupro: ''Una sera - ha detto - in scena ho chiesto di abbassare le luci e ho cominciato a raccontare quello che avevo subito. Dissi che era una testimonianza su Quotidiano Donna, ma era la mia storia.''
 
La palestra del Mamiani è gremita di studenti, che accolgono Franca con grande emozione e applausi calorosi.
 

A margine dell'incontro, poi, Rame si dichiara soddisfatta dell'interesse dei giovani per temi delicati come quello dell'interruzione volontaria di gravidanza. "Questi ragazzi sono vivi, interessati, stanno riprendendo ad occuparsi di politica e questo e' importante perche' devono conoscere il passato: se non sanno da dove vengono non possono sapere dove stanno andando. Anche le ragazze mi sembrano prese, coinvolte- conclude- parlano di 194 e violenza sessuale in un Paese che sta morendo".
''Ho passato una mattinata che veramente mi e' piaciuta e spero di poter tornare qui con Dario''. Cosi' Franca Rame, ha ringraziato gli studenti ed e' stata subissata dagli applausi, nell'aula magna del Mamiani.
Guarda le foto a questo link:
 


Donne per sempre - da leggere sull'Espresso!

Care Amiche e Amici... leggete, leggete!
personalmente, arrivata in fondo all'articolo, sono stata colta da grande sgomento! Povere donne italiane! redazione

di Daniela Minerva
Tutti le vogliono. Dalla politica ai media. Ma nella realtà quotidiana vengono discriminate e umiliate. Costrette di nuovo in piazza a difesa della 194. Fotografia di un paese immobile. Dove l'emancipazione femminile è ancora prigioniera della famiglia. E di tanti pregiudizi
 
 
Lavorano. Sì, ma smettono al primo figlio. Guadagnano. Ma meno degli uomini. Fanno carriera. Ma non fino al top, né nei posti chiave. Scelgono liberamente se essere madri, se fare famiglia, con chi vivere. Beh, non proprio.

No, l'identikit delle donne italiane che emerge dai dati che presentiamo in queste pagine non è la cavalcata edificante tra successi e realizzazioni celebrata dalla retorica modernista, che comunque è realtà in altri paesi europei. Le italiane non assomigliano certo alle scandinave, ma nemmeno alle francesi o alle irlandesi. Faticano come matte, tanto da laurearsi prima e meglio dei maschi, entrano massicciamente nel mercato del lavoro a tutti i livelli, ma poi rimangono impantanate nel vortice della vita privata, della famiglia, dei figli, dell'amore cercato e, poi, spesso, subito. Oppure della solitudine, prezzo della carriera e di un buono stipendio. Sono vulcani fino ai trent'anni, brillanti e impegnate. E poi? In gabbia. Di fatto soggetti sbiaditi, protagoniste di una rivoluzione non compiuta, "crisalidi da cui non è ancora uscita l'angelica farfalla", come le ha definite la filosofa Roberta de Monticelli.

Che, fuor di metafora, vuol dire: soggetti ancora troppo deboli. Che non hanno mai portato fino in fondo la cosiddetta rivoluzione femminista. E sulle quali è piovuta, come un fulmine la grottesca crociata antiabortista di Giuliano Ferrara, sospinta da un perdurante umore misogino dispiegato a gonfie vele dal magistero di Benedetto XVI. Fino all'orrendo episodio della polizia che sequestra al Policlinico di Napoli un feto abortito, corpo del reato o, come ha titolato 'il manifesto': "Corpo elettorale".

Affari di famiglia
Così, all'improvviso, come in un déjà-vu, ecco le donne in piazza. Eccole a promuovere appelli come quello che apre il numero speciale di 'Micromega' in edicola il 29 febbraio e si può firmare sul sito
www. firmiamo.it/liberadonna. Ma cosa è mai potuto accadere? Forse nulla. Perché, come afferma la sociologa della famiglia Chiara Saraceno, "nella nostra cultura i conflitti sui valori si addensano sul corpo delle donne. Perché il controllo su quello che loro fanno, in particolare sulla sfera sessuale, fa parte del controllo della collettività a garanzia della propria riproduzione, e quindi della conservazione della propria identità".

Semplicemente, allora, l'esplosione misogina di questi giorni rivela un dato di fatto forse taciuto fino a oggi per pudore o conformismo politically correct: le italiane sono incaricate di fare famiglia, di curare gli anziani, di coprire il vuoto del welfare. E, insieme, di amministrare il quotidiano di aziende, università e centri di ricerca, senza mai sfondare ai vertici. Sono ingabbiate nel privato, a parlare d'amore e occuparsi del nonno con l'Alzheimer. Sono chine sulle scrivanie, a ingrossare le fila del middle management, come mostrano le indagini di Federmanager-Fondidirigenti, della ricerca scientifica, della sanità, dell'insegnamento di tutti i gradi. È quella che i sociologi chiamano 'femminilizzazione del mondo del lavoro'. Sempre fuori dalle stanze dei bottoni, di qualunque tipo.

E l'attacco anti-abortista, nel portare le lancette indietro di 30 anni, altro non fa che sancire, con toni crudeli, una realtà che è nei numeri: il potere delle donne nel nostro Paese è cambiato poco o nulla. Perché il dovere di fare figli non si è trasformato, come altrove, in un diritto. È rimasto dovere, compimento ineluttabile di un destino biologico, ingabbiato dai diritti di ogni possibile incontro di cellule concepito, come vorrebbero i nuovi devoti. Ma non solo: l'incapacità di governare col welfare l'invecchiamento della popolazione ha gettato il peso degli anziani sulle spalle e sul destino di chi da sempre si occupa della famiglia. Sotto lo sguardo minaccioso della Chiesa cattolica, vestale di questo ordinamento. Fino a quella che Roberta de Monticelli interpreta come una "recrudescenza di temi ridicolmente regressivi nella sua politica sessuale".

Nel nome di Dio
Ed è la stessa filosofa spiritualista, docente all'Università Vita-Salute del San Raffaele di Milano, a chiedersi perché mai "nella Chiesa cattolica finisce sempre col prevalere il peggio. Eppure il cristianesimo è la religione che più di ogni altra ha valorizzato l'elemento femminile. Nella sua dottrina ci sono tutti gli elementi per non essere misogini. Ma a corrompere il quadro c'è il suo diventare istituzione, c'è la strumentalizzazione politica del nome di Dio". Un nome che rimbomba nelle nuove crociate del tandem Ruini-Ferrara, chiamato in causa per dare sacralità a politiche sessuali molto, ma molto più concrete.
 
"La situazione italiana è paradossale: la società ha bisogno che le donne stiano sia a casa che al lavoro. A casa perché non ci sono servizi e l'invecchiamento della popolazione sta aprendo una voragine. Al lavoro, perché le famiglie hanno bisogno di un salario in più, che diventa anche volano per i consumi", commenta la sociologa della famiglia Chiara Saraceno. Così si crea una sorta di doppia pressione che finisce con l'inceppare il meccanismo. A tutto discapito dell'economia del Paese, a sentire gli esperti. "Molte ricerche mostrano che l'aumento del lavoro femminile produce nuova occupazione. Basata sulla domanda di servizi alle famiglie, al commercio, al tempo libero: badanti, baby sitter, scuole materne, nidi, servizi di pulizia, ristoranti, cibi pronti. Un'economia senza donne è un'economia che si atrofizza, perché in parte è fondata sull'autoproduzione", aggiunge Saraceno.

Progetto Europa
E le mille pressioni dell'Europa per una piena occupazione femminile lo confermano: l'obiettivo della Ue è che nei paesi dell'Unione entro il 2010 lavori il 60 per cento delle donne. Per rispondere ai dogmi comunitari sulla parità tra i sessi, senz'altro. Ma anche per esigenze di sviluppo economico: gli economisti concordano sul fatto chela disoccupazione femminile si traduce in una compressione del Pil. E non solo: uno studio fatto sulle 500 maggiori imprese del mondo censite da 'Fortune' mostra che le aziende che hanno più donne nei consigli di amministrazione e nel top management vanno meglio di quelle che ne hanno poche, sia sul piano finanziario che sul piano dei profitti. Insomma, è quella che in gergo si chiama 'risorsa femminile', ma che l'Italia ha scelto di non utilizzare. Perché?

Fino a qualche mese fa il quadro era sfumato, ma la crudezza della crociata antiabortista, saldata ai continui assordanti appelli alla centralità della famiglia, nel trasferire sul terreno della politica una contraddizione che è nei fatti, palesa l'arretratezza del sistema Italia. Ricercatori e sociologi hanno sfornato per anni i dati dell'anomalia italiana in un'Europa in cui le donne entravano nel mercato del lavoro e nelle stanze dei bottoni. Ma a Roma tutto sembrava impantanarsi nel bolso dibattito sulle quote rosa: in politica come ai vertici delle grandi aziende. La politica ha spazzato via il problema nel 2005 quando il Parlamento ne ha bocciato, con un voto ad hoc, l'istituzione. In Confindustria, più elegantemente, se ne parla, se ne parla e se ne parla. Ma la presenza femminile tra i manager delle aziende con più di 500 addetti resta al 3 per cento. E i manager maschi, racconta nel suo libro 'La resistibile ascesa delle donne in Italia' Francesca Zajkzyc (che intervistiamo a pagina 42), "hanno dubbi riguardo all'affidabilità delle donne in posizioni di potere in quanto più condizionate dai vincoli famigliari". Convinzione che, sarà anche poco politically correct, ma ha una base empirica.

Perché se una laureata su quattro non entra nel mercato e il 13,5 per cento delle donne lasciano il lavoro dopo il primo figlio una ragione ci sarà. Ed è la stessa che spinge il 56 per cento delle italiane, secondo un'indagine Ipsos, a dire che ci sono lavori tipicamente femminili, ovvero quelli che permettono di dedicare al lavoro famigliare ogni giorno 5 ore e 20 minuti, contro l'oretta e mezza degli uomini. D'altra parte, aggiunge Zajkzyc: "Se all'interno dei rapporti di coppia sembrano essere in atto trasformazioni significative, l'organizzazione della società e del welfare sono ancora pesantemente orientati alla famiglia in cui la donna non lavora o lavora parzialmente. Basti pensare agli orari delle scuole o dei servizi per l'infanzia". A cui si aggiunge la cura degli anziani.

I figli sognati
Il risultato è quello evidenziato nei grafici: minore occupazione e minor salario. Fino all'imbarazzo di essere gli ultimi in Europa nel tasso di occupazione femminile. A cui, però, non si accompagna un alto tasso di natalità: i figli fatti sono la metà di quelli progettati. Perché? Risponde Saraceno: "Chi fa figli produce un bene collettivo. Ma fare un figlio è un atto squisito di libertà. E proprio perché è così importante che un gran numero di donne lo scelga, è necessario che la società dia loro molte più risorse. Una società democratica deve prendere atto che ha bisogno delle donne se vuole riprodursi. E l'unico modo di prenderne atto è quello di sostenerle nella loro libertà. Con politiche di sostegno alla famiglia e, insieme, alla contraccezione e alla libertà di interrompere la gravidanza. Le uniche politiche della popolazione che si possono fare in un paese democratico sono quelle che ampliano i gradi di libertà".
Così è andata nel resto d'Europa: servizi, profili di carriere diversi, congedi di paternità pagati al 100 per cento. Nei Paesi nordici, lasciare il lavoro per un anno per seguire un figlio non ha costi. In Francia, esiste una responsabilità sociale forte nei confronti delle famiglie con figli che si concretizza in asili e scuole, in assegni di cui è titolare il nuovo nato. E poi c'è il fatto che in Italia le donne guadagnano meno degli uomini, e, ovviamente, sono loro che lasciano il lavoro quando ci sono da curare figli o anziani.

Così, ridicolmente, ancora angeli del focolare, mentre negli Usa una donna corre per diventare l'uomo più potente del mondo e mentre persino in Nicaragua ci sono più donne ai vertici che in Italia. Perché? Che fine ha fatto l'ondata femminista? "Ci sono stati errori nel nostro femminismo, che non si è trasformato in agenda politica concreta, forse perché sempre molto sulla difensiva, intento a marcare se stesso come diverso. E questo è segno di scarsissima fiducia in un'identità forte che si proclama di avere", conclude Roberta de Monticelli: "Così le donne sono rimaste bloccate. E tutta la società è rimasta vittima del peggiore umore italiano: il senso debolissimo della responsabilità personale. È più facile accettare la tradizione sancita nelle parole dei vescovi che non decidere per sé. Prendendosene la responsabilità. Per chi ci crede, anche davanti a Dio".

ha collaborato Letizia Gabaglio
(21 febbraio 2008)
 


Franca Rame a Napoli: ecco la sua lettera aperta alla Camorra

Vi abbraccio tutti quanti, soprattutto perché vi trovo in ambasce disperati e con la terribile certezza d’esser stati traditi, umiliati, trattati come pupazzi, da scannare e strizzare per farci quattrini.
Perciò, prima, di rivolgermi a voi tutti, vorrei comunicare qualche mio pensiero indignato a gente di gran peso, terribilmente responsabile di tutto ciò che voi state vivendo.
Eccomi. dove siete?
Mi sentite?
Parlo a voi signor Schiavone, detto Sandokan, Bidognètti detto Cicciotto di mezzanottee pure lei, Antonio Iovine, detto “ o ninno”, latitante… E tutti i vostri soci e amici... mi sentite?
Vi voglio parlare…
 
Scusate se vi disturbo, ma vorrei affrontare con voi il problema dell'emergenza dei rifiuti in Campania, ne sapete qualcosa, no? “emergenza” che dura da almeno 14 anni. Ma come è successo che con una progressione a dir poco insensata si è giunti all’attuale insostenibile situazione?
La storia è iniziata negli anni 90, grazie al nuovo business della mondezza, creato dalle imprese del nord bisognose di smaltire i loro rifiuti tossici. E a chi si rivolgono?
A voi, i Casalesi di Sandokan, la famiglia con maggiore vocazione imprenditoriale, a fiutare la nuova possibilità di immenso guadagno.
Non vi bastavano più i milioni e milioni accumulati con cemento, droga, armi, abiti griffati, centri commerciali ecc. L a golosia del mare di denaro che vi sarebbe arrivato ha fatto presto a unire i vostri clan con gli imprenditori che gestiscono l'aspetto legale della faccenda.
Quindi da questo punto eravate tranquilli…E ancora più tranquillizzati dalle coperture delle connivenze politiche. Che ci sono state eccome!
E via che è partita l’operazione “smaltimento rifiuti industriali” di mezza Italia nella vostra terra. Nella vostra terra!
Nel febbraio del 94 nasce il commissariato per l’emergenza: l’amministrazione pubblica ha affidato a imprese private la realizzazione della raccolta differenziata dei rifiuti.
Queste società, spesso improvvisate ad hoc, non avevano nessuna idea, sia tecnica che organizzativa di come si possa realizzare un simile servizio.
Troppo faticoso informarsi e agire correttamente senza ridurre la più bella città del mondo a una pattumiera…E provocare malattie e morte.
Che ha prodotto il commissariato per l’emergenza dal 1994!
soldi - soldi - soldi.
sono passati 14 anni non è successo nulla! Si sta affogando nella mondezza. Per la verità, qualcosa è successo: aziende come la Fibe di Romiti e l’Impregìlo, che pur essendo stati giudicati incapaci dalla commissione tecnica, hanno vinto l’appalto addirittura battendo l’Enel, che aveva punti di credibilità più che notevoli.
l’Impregìlo era incompetente, ma ha vinto ugualmente. Grazie agli appalti in Campania hanno fatto il salto di qualità, milioni di euro per smaltire ecoballe, pardon, per non smaltirle.
Si sono spesi da allora quasi 2 mila milioni di euro: risultato?Lo vediamo: 14 milioni di tonnellate di rifiuti sfuggiti al controllo ufficiale…
Immaginatevi una montagna di 14 mila 600 metri, con una base di tre ettari,e l’E verest è di 8 mila metri..Non portateci per carità i vostri figli a far vacanza!
So che voi, uomini dell’onorata società, offrite ai consorzi un prezzo di smaltimento 50 volte inferiore a quello che paga la regione Campania alla Germania.
ma laggiù a Dusseldorf le mondezze vengono smaltite, qua, grazie a voi, rimangono.
So bene che non siete voi a riempire le strade di spazzatura, so che non siete voi ad aver generato l’emergenza, ma grazie all’emergenza, che vi hanno regalato i politici, avete aumentato i profitti.
 
Molti cittadini, autonomamente, avevano messo in atto la raccolta differenziata ma quasi immediatamente si sono resi conto che la monnezza, veniva sbattuta sui camion in un unico calderone… Tutto rimischiato!
E si sono giustamente sentiti sfottuti e hanno smesso.
Dove erano il comune, la regione, la provincia?Nessuno ha controllato. Nessuno ha saputo…Nessuno ha visto!
 
Si poteva fermare in tempo ‘sta tragedia? Sì. ma non è stato fatto. Dormivano tutti!
Voi, signori delle discariche abusive vi rendete conto di quello che avete messo in piedi? Avete acquistati campi di contadini anziani o malati per approntare sversatoi delle peggiori schifezze industriali che nottetempo raggiungono la Campania.
Silenziosamente avete riempito le discariche di letame tossico, che attraversa l'Italia con bolle di trasporto falsificate quando arrivano certi tir, non si scarica nulla: fatto uscire il conducente, dopo aver sigillato il camion con la fiamma ossidrica, viene calato direttamente nei vasti crateri della discarica
come racconta roberto saviano- e vengono sepolti. Sepolti!
E’ un film dell’orrore. Fantascienza!
 
Siete coscienti di quale terribile pericolo certamente contengono quei tir interrati? Sapete di cosa sono composti quei rifiuti?
Nel casertano e nel napoletano i nas hanno scoperto monnezza prodotta da petrolchimici, da fanghi conciari solo da Santa Croce sull’Arno sono partiti, per ignota destinazione, 5.000 tir carichi di rifiuti. 5.000: tutti sepolti dalle vostre parti? Così come qui da voi abbiamo visto campi e crateri invasi da fanghi dei depuratori di Venezia e di Forlì di proprietà di società a prevalente capitale pubblico. Paese, dopo paese, in ogni luogo avete fatto adottare un veleno.
Grazzanìse è stata prediletta per sversàre i fazzoletti usati per asciugare le mammelle delle vacche munte, Santa Maria i toner toscani, a Capua svérsano persino gli scheletri dei cimiteri di mezza Italia, una balena è stata sversàta a Pianura, persino la Moby Prince, fatta in tante parti è finita smaltita in una cava. Una bella creativita’! E così via.
 
la gente si ammala, crepa mentre voi della onorata società vi stra-arriccchite insozzando indisturbati
e pure governativamente protetti!
Avete regalato alla popolazione tumori ai polmoni, allo stomaco, al fegato, leucemie.
Nelle zone piu' a rischio: aumento della mortalita'  del 9% per gli uomini e del 12% per le donne. Sempre sfigate!
 
A lla morte dell’allevatore Vincenzo Cannavacciuolo, nel suo sangue sono stati riscontrati valori di diossina superiori di 25 volte ai limiti di legge. E’ molto probabile trovare le stesse percentuali nelle bufale di A versa.
 
Vi piace la mozzarella?
 
E dei feti malformati  che mi dite?
Negli otto comuni  a maggiore esposizione allo smaltimento abusivo il rischio di malformazioni fetali supera l’80 % rispetto alla media nazionale.  voi, signori dell’affare redditizio ma pesante, state tutti bene di salute?
Come potete illudervi che l'acqua che bevete non sia appestata dai veleni che le discariche abusive seminano
per la Campania?
Ma certamente voi l’acqua, la farete arrivare dalla Francia bevete Perrier!
Angelica, Chiara, Vincenzo, Cosimo, e i figli di tutti voi, che aria respirano? diossina pure loro? come li nutrite? Dove fanno la spesa le vostre mogli? Fate arrivare ogni giorno in aereo pesce fresco dalla Scozia? E la verdura? Coltivate tutti gli ortaggi in serra? Il pane lo importate o lo fate in casa? Non mangerete certamente quello che viene venduto nei panifici di Scampìa, Secondigliano, Melito, Pianura… Lì si usa la farina di sempre…  Loro fanno il pane per i napoletani la cui vita non conta nulla.
 
I figli…
Ai vostri figli dovete pensare perché non c'è potere che li possa proteggere, denaro che possa corrompere. Sono inermi davanti alle montagne di rifiuti tossici che i loro padri hanno seppellito in Campania. E respirano, respirano: ahha ahah ahaha diossina che il vostro papà abbia commesso un errore? Può essere che ce la facciate a schivare le malattie...E se così non fosse? Siete disposti a vedere i vostri piccoli, mogli, padri, madri, (anche la mamma!?) nipoti, voi compresi ammalarsi pur di mettere soldi in banca?!
Ma a cazzo vi servono tanti soldi?
Già ne possedete a vagoni, in tutto il mondo. Beh vi rimane l’orgoglio di organizzarvi funerali principeschi, carri funebri con 24 cavalli invece dei 12… piume a volontà… paramenti tempestati di smeraldi, brillanti, rubini… il massimo! Ne parleranno fino in America.
Come per le esequie di Tonino Santa Paola, il boss di cosa nostra a Brooklyn… Ma purtroppo sempre defunti siete e nella cassa da morto ci si può portare pochissimo… E voi continuate ad uccidere… Le morti per contaminazione tossica non hanno il rumore degli spari, la cruenza delle esecuzioni.
Sono silenziose, ma altrettanto inesorabili.
 
Disponete del potere di vita e di morte dei compaesani, ma seminando rifiuti, presto sarà lei, la monnezza a disporre anche delle vostre vite.
 
Compresi gli industriali del nord, che credendo di portare i rifiuti qui se ne sarebbero liberati, se li mangeranno con le primizie campane. Quello della monnezza non è un business. E' un vortice che travolgerà tutti. E ‘inutile … vi vedo… E’ inutile che vi strizziate i testicoli….“ la munnezza è oro”.   no. è morte.
 
Strizzate, strizzate…
 
i cittadini hanno assistito impotenti  alle vostre trame intessute con la politica dal bavero bianco. Hanno lanciato allarmi, gridato allo scandalo, condannato i politici, senza risultato alcuno. Campani,  vi ho sentito gridare “cari politici non abbiamo più fiducia. nessuno di voi che abbia sentito la vergogna e il desiderio di sparire, di dimettersi…Ve ne state al vostro posto facendo finta che tutto funzioni a meraviglia mentre Napoli muore! Per sempre questa città avrà di voi una pessima memoria!
 
Non ci resti che tu…
Dove sei De Gennaro… volevo dire, San Gennaro… Stai vedendo e soffrendo per tutto ciò che sta capitando alla tua gente, che ti venera…Anche il cardinale Sepe ti ha chiamato in causa…. Ma tu, niente! Quest’anno  niente miracolo del sangue.
 
Napoli è la tua città datti da fare! Fatti un giro  nelle strepitose ville di chi tiene nelle mani lo sfacelo, la disperazione, la morte.
Vacci mentre dormono, svegliali di soprassalto e fagli assistere al film veloce sulla fetenzìa che hanno combinato.
 
Imponigli di ripulire le strade oberate di rifiuti… Di ripulire la Campania. Mettigli addosso la voglia di "rivoluzionare le loro vite" Fagli nascere il piacere dell’onestà… Il desiderio di poter andare intorno per le strade e i vicoli di questa citta’ senza guardie del corpo, senza doversi nascondere nei bunker.
 
Forza San Gennaro, non deluderci anche tu! Io personalmente tengo parenti stretti qui a Napoli, gente fortemente devota a San Gennaro. E dicono: questo nostro è un santo generoso e innamorato della nostra gente ma guai a chi passa sopra, calpestando la loro vita e chi insulta la loro dignità di uomini e donne pulite, attenti che Gennaro benedice e ama ma non approfittatene …   guai a voi se si incazza!
 
 
 


Codice Gomorra - di Roberto Saviano, l' Espresso

La pericolosità della parola non deriva da quel che è stato scritto, ma da ciò che viene letto. Di questo sono certo. Di questo bisogna convincere chi gestisce l'informazione, la comunicazione. Le organizzazioni criminali non temono mai la parola in sé, ne temono l'ascolto, la diffusione. Che i blog sbraitino, che gli editoriali citino, che le inchieste elenchino nomi e cognomi, tutto questo alle organizzazioni criminali non da fastidio. Niente è più democratico dei cartelli criminali. Parlate pure, il diritto di parlare, di scrivere, di denunciare non vi è negato. Parlate nell'ambito del vostro territorio, ai vostri concittadini, a pochi impegnati o interessati. Si può fare. Anzi in parte si fa pure il loro gioco, così riescono a capire gli orientamenti, dove soffia il vento, su cosa devono calcare la mano e da cosa difendersi. E se qualche giornalista è troppo insistente, troveranno sempre il modo per mostrargli chi comanda, tanto saranno pochi oltre all'interessato a venirne a conoscenza. Perché anche se non lo mettono a tacere, gli mostrano che sono loro il potere e lui è zero fino a quando ciò che scrive non trova attenzione.

Ciò che non deve accadere è proprio questo: che le persone, la parte maggiore, l'opinione pubblica si informi, venga a sapere, che i Tg riportino notizie, che i talk show riferiscano i nomi delle loro aziende, che le sentenze nei loro confronti siano divulgate. Solo le dittature mantengono l'idiozia di perseguitare la scrittura solo perché scrittura, il pensiero in quanto pensiero. Nelle democrazie si censura ignorando e diffamando. Negli ultimi tempi mi sono arrivate molte telefonate e mail da parte di editori che pubblicano libri sulla camorra. E ne sono contento. Sono contento che un fenomeno ignorato per anni dal grande pubblico, tenuto al margine nei lavori scientifici, minimizzato dai vecchi cliché - i cugini scemi della mafia, le disordinate bande di guappi violenti e buffoni - cominci ad
essere raccontato, analizzato, radiografato, divulgato. Per quel che riguarda le mafie i media nazionali le considerano solo quando ci sono molti morti ammazzati.

Oggi però qualcosa è cambiato. È stato il pubblico a decretare che ciò che era sempre accaduto ed era sempre stato ignorato, ora non poteva esserlo più. Oggi, a forza di pubblicare libri sulle mafie e in particolare sulla camorra, libri di ogni stile e genere, con ogni copertina e ogni strillo possibile, capisco che ci sia il rischio che questa nuova attenzione possa presto essere saturata. Comprendo si possa temere l'effetto 'Codice Camorra'. Come pochi anni fa si era creato il fenomeno 'Codice Dan Brown', ossia l'inflazione di decine e decine di succedanei, sinossi, romanzi, saggi, pseudosaggi, compendi, guide, imitazioni e illustrazioni di quello che era stato il filone paraesoterico del successo globale del 'Codice da Vinci' di Dan Brown. Credo però che il fenomeno riguardo alle pubblicazioni sulle mafie non sia equiparabile, e questo a prescindere dalla qualità dei singoli libri che occorre valutare di volta in volta. Può darsi che il chiasso possa essere assordante. Ma mai potrà essere più assordante di quanto sia stato il silenzio. E non mi importa fino a che punto l'interesse degli editori sia quello di sfruttare una tendenza o una moda. Anche una tendenza o una moda è frutto di un clima cambiato, di una domanda che chiede di essere esaudita. E in questo caso la domanda di mercato nasce dalla domanda dei lettori, dal desiderio di capire sempre di più una realtà di questo paese di cui erano all'oscuro.

Chi scrive un libro sulla camorra, o sulla mafia o sull'ndrangheta non è paragonabile a chi stende un giallo sul mistero dei templari o un saggio sul nome del Graal. Non voglio rivendicare una maggiore nobiltà di principio a questo filone, ma semplicemente segnalare che ha avuto il merito di offrire a molti che si occupano dell'argomento, e soprattutto a molti giovani, l'opportunità di uscire da quella condizione di marginalità cui accennavo prima, marginalità che spesso si accompagna a pressioni da parte dei clan. Il meccanismo principale è quello di screditare ancora più che intimorire. Quello più efficace e pericoloso. Chi si occupa di queste vicende è "un buffone, un mitomane che inventa tutto, uno assetato di successo". Cercano voci che erodano la credibilità, che minino l'autorevolezza di una denuncia che li ha colpiti.
 
Una vittima della camorra
Si attengono alla vecchia massima del potere: Divide et impera. Oppure minimizzano: "sono cose risapute", "tutti le sappiamo", "le hanno dette tutti". Ciò che spaventa i clan non è tanto il racconto del crimine diretto, del sangue, della ferocia. La cosa che più temono è veder scoperti i loro affari sul piano nazionale, veder emergere la zona grigia, la realtà di imprenditori che localmente divengono parte fondamentale della politica e dell'informazione. Ecco perché sono così importanti i libri usciti in questo periodo che trattano di camorra, e che sono spesso scritti da cronisti che pur vantando un'esperienza a volte anche lunga, erano tenuti al margine dei dorsi locali, costretti negli spazi risicati della cronaca.

Ho letto 'I boss della camorra' (Newton Compton) scritto da Bruno De Stefano che è un affresco storico, una specie di manuale per chiunque voglia conoscere le biografie dei boss più feroci. Un libro facile da consultare, un libro secco, chiaro, duro. A De Stefano non piace pontificare, né addentrarsi nella fenomenologia dei clan. Gli piacciono i fatti. Eppure le monografie dei boss sembrano spesso racconti frutto di un'immaginazione figlia bastarda di Balzac e Tarantino. Come la storia del boss Vollaro di Portici, detto 'o' Califfo' perché aveva alloggiato tutte le sue amanti in un unico palazzone dove andava come in un harem a scegliere la favorita. 'I boss della camorra' ricostruisce i percorsi giudiziari, e riporta un episodio che molti avranno dimenticato. Quando Piero Chiambretti andò con la sua trasmissione a Marano di Napoli, perché lì vi fu la prima inchiesta in Italia su qualcosa che tutti conoscevano e praticavano, il voto di scambio. A gestirlo era il clan Nuvoletta, clan campano che siede nella cupola di Cosa Nostra, unica famiglia esterna alla Sicilia ad avere questo privilegio. Chiambretti si avvicinò al boss-patriarca Lorenzo Nuvoletta, indagato per voto di scambio oltre che per reati di mafia e gli chiese: "Lei è Lorenzo Nuvoletta?", e lui rispose: "E lei vuole continuare ad essere Piero Chiambretti?".

Un libro che invece trascina nei succhi gastrici della camorra è 'L'ultimo Sangue. Camorra, vittime e carnefici' di Marco Salvia, uscito per Stampa Alternativa. Un libro fatto di narrazione, inchiesta e fotografia, coadiuvato dagli scatti di Stefano Renna che per vent'anni ha fotografato i morti per le strade napoletane. Una discesa nell'inferno quotidiano, di testimonianza e presa diretta, in cui la narrazione si misura con l'immediatezza cruda delle immagini, cerca di aggredire il lettore, di trascinarlo in quelle strade insanguinate dove la normalità ha il volto della guerra. Una scrittura, quella di Salvia, che non lascia spazio a tentennamenti: il lettore deve scegliere, o con lui o contro di lui.

'L'impero della camorra. Vita violenta di Paolo di Lauro' (Newton Compton) del giornalista Simone di Meo, è un'orchestrazione reportagistica delle vicende del boss di Scampia che l'autore ha seguito da vicino nella cronaca giudiziaria. Ricostruisce una storia che sembra romanzesca ma come avviene per ogni realtà spietata combacia con il più impensabile realismo. La storia di un uomo che prima vive al margine, in silenzio, alleandosi e tramando, e poi diventa protagonista di una tra le guerre più sanguinarie. Guerra che è raccontata dal cronista di Meo con uno stile che ricorda la Chicago di Al Capone, tendendo sempre con forza sullo sfondo l'intero quadro della Napoli criminale del passato e del presente. Tocco di genio, la copertina: un pesce che fuma una sigaretta non dirà nulla alla parte maggiore del pubblico, ma per chi conosce la vicenda è eloquentissima. Paolo Di Lauro, infatti, fu arrestato a causa di un pesce, la pezzogna, suo piatto preferito, che una donna ordinò troppo spesso al pescivendolo tenuto sotto controllo dai Carabinieri.

Sul versante scientifico-saggistico invece è uscito 'Napoli... Serenata calibro 9. Storia e immagini della camorra tra cinema, sceneggiata e neomelodici' (Liguori) di Marcello Ravveduto. Affronta il tema affascinante delmondo dei neomelodici, cantanti che a livello locale sono veri e propri divi che producono un giro d'affari milionario e il cui rapporto con il mondo camorrista oltrepassa quello puramente economico della produzione e diffusione di dischi contraffatti. I neomelodici spesso non sono solo amici dei boss, ma divengono soprattutto i cantori della camorra, gli interpreti di canzoni come ''O latitante', ''O pentito', 'Il mio amico camorrista' e molte altre hit che passate di bocca in bocca cementano la cultura di ampissime zone del territorio.

Il romanzo di Sergio Nazzaro, 'Io per fortuna c'ho la camorra' (Fazi) parte da una domanda retorica che vuol essere una sfida. 'L'Italia sa davvero se esistono Casal di Principe, Mondragone, Frattamaggiore?' - paesi capaci di far cadere governi ma che nessuno realmente conosce nel loro quotidiano, nei capitali che generano, nel sangue che vomitano. Nazzaro attraversa con rabbia l'inferno della sua terra, raccogliendone le storie, storie di tragedie e di violenza e anche quelle minori e quotidiane fra cui una scena per me indimenticabile perché appartiene anche alla mia memoria: ragazzi casalesi che si presentano a una festa e pretendono di entrare gratis solo perché casalesi, perché vivono della guasconeria che la fama del loro paese per diritto di nascita concede.

Legato sempre alle vicende di Casal di Principe, il libro di Rosario Giuè 'Il costo della memoria. Don Peppe Diana. Il prete ucciso dalla camorra' (Edizioni Paoline) racconta vita e assassinio del prete vittima di mafia più trascurato della storia italiana. Il libro non è piaciuto molto alla curia aversana che sembra non amare molto chi tiene a ricordare don Peppino, ucciso per aver scritto un documento intitolato 'Per amore del mio popolo non tacerò'. Nella sua terra, infatti, il suo ricordo è tormentato: basti pensare che una chiesa di San Cipriano d'Aversa ha dedicato una struttura adiacente alla memoria di Dante Passatelli, il re dello zucchero accusato di essere l'imprenditore di fiducia del camorrista Sandokan, e non al prete che non si lasciò impaurire dalla codardia di certe gerarchie ecclesiastiche che coprivano gli interessi dei boss.

È in uscita a breve per Melampo un libro importante, dedicato alla memoria delle vittime innocenti della camorra: 'Vite spezzate' di Raffaele Sardo. Racconta il coraggio di decine di caduti nella guerra contro i clan di cui questo paese non si ricorda non per censura ma per qualcosa di più pericoloso: per indifferenza e per l'incapacità di dare valore a storie che non capisce e quindi non sa riconoscere. E invece c'è bisogno di ricordare e far conoscere queste vite, non solo per rendere giustizia a chi è stato ucciso, ma anche per mostrare che persino in territori dominati dalla camorra non tutti arrivano a piegarsi al suo potere.

Da Forcella invece sono usciti due altri libri che ne raccontano la drammaticità, facendo divenire il quartiere nel cuore di Napoli metafora del male della città intera e della sua possibile speranza. 'Forcella. Tra inclusione ed esclusione sociale' (Guida) è scritto da don Luigi Merola, il giovane prete finito sotto scorta dopo aver preso dal pulpito posizioni contro i Giuliano e i Mazzarella che dominavano il quartiere. Merola racconta il quotidiano di Forcella, cuore criminale di Napoli, ma al contempo generatore delle energie più vive che potrebbero, secondo l'autore, essere il vero antidoto al potere dei clan.

Anche il 'Diario di Annalisa' a cura di Matilde Andolfi e Mario Fabbroni (Pironti), negli ultimi mesi finito fuori catalogo ma ora tornato in libreria, è un documento raro e commovente: traccia la memoria di una ragazzina come altre che il solo fatto di essere cresciuta a Forcella condanna a morte. Nelle pagine del 'Diario' di Annalisa emerge il profilo di una ragazza che vive il clima di un quartiere difficile e sente avvicinarsi un destino fosco cui cerca di reagire con l'allegria e la voglia di vivere.

'Napoli in guerra. Analisi del fenomeno camorristico partenopeo' (Cuzzolin), di Attilio Iannuzzo, affresca con una scrittura disciplinata una città in guerra,una guerra che viene arginata non dalle polemiche politiche, ma da chi riesce a fronteggiarla con il fare quotidiano e reale, mentre i figli dei boss sempre più divengono l'unica borghesia vincente del territorio. In questo libro, se si omettessero le parole Napoli e camorra, sembrerebbe di trovarsi dinnanzi al racconto di un paese sudamericano, o forse persino mediorientale, anche se occorre ricordare che, come evidenziarono alcuni quotidiani stranieri nei giorni della mattanza di Scampia, vi erano più morti a Napoli che a Baghdad.
Anche sui rifiuti sono usciti alcuni libri interessanti che avrebbero potuto aiutare i giornalisti disorientati dalle emergenze della monnezza napoletana 'Le vie infinite dei rifiuti' (altrenotizie.org, ma a breve riedito da Rinascita Editore) di Alessandro Iacuelli, un giovane fisico che ha deciso di seguire da vicino la scia dei rifiuti campani. Il libro è una sorta di dedalo che ricostruisce storicamente la vicenda, le contraddizioni nate dell'incapacità amministrativa, gli errori madornali dei commissari, l'aumento dei tumori, la scelta delle discariche, e soprattutto il fatto che da anni si sapeva (e ci si speculava sopra) che prima o poi avrebbero occluso ogni spazio pubblico. Iacuelli riesce a dare una descrizione chiara e leggibile della questione dei rifiuti in Campania. Sempre sui rifiuti, si segnala l'uscita di 'Monnezzopoli. La grande truffa' (Pironti) di Paolo Chiariello, giornalista di Sky24. Un racconto dettagliato dello spreco più grande avvenuto nel Mezzogiorno negli ultimi vent'anni, ossia i 2 mila milioni di euro concessi per risolvere il problema campano e drenati da anni di corruzione e mala-amministrazione.

E poi i documentari, di ogni tipo e qualità ma capaci tutti, quelli più eleganti e quelli più spartani, di colmare il vuoto di immagini che li precedeva. Fondamentale per aprire gli occhi sull'orrore è 'Biutiful cauntri' di Esmeralda Calabria, Andrea D'Ambrosio e Peppe Ruggiero: mostra la moria apocalittica di greggi e uomini e fa ascoltare, attraverso intercettazioni telefoniche, gli accenti inequivocabilmente nordici di chi impartisce l'ordine di far sversare nelle campagne campane i rifiuti tossici. E poi ''O Sistema' (Rizzoli) di Matteo Scanni e Oliva, che ha il merito di offrire filmati interessanti e prima di allora dimenticati negli archivi della Rai o addirittura completamente ignorati: le ville dei boss, quelle di Sandokan e Walterino Schiavone, le scene di donne disperate davanti ai cadaveri dei mariti uccisi. Poi c'è 'La Santa, Viaggio nella 'ndrangheta sconosciuta' (Rizzoli) fatta sempre da Oliva e da un cronista di razza come Enrico Fierro. In questo dvd essenziale e militante, si delinea il profilo di una realtà fin troppo sconosciuta con l'aiuto di strumenti documentari semplici, ma di un'efficacia impressionante, come le intercettazioni telefoniche. È ad esempio una vera chicca sentire i narcos calabresi parlare tra loro in codice alfanumerico.

Enrico Fierro è anche autore di un libro sul caso 'Fortugno - Ammazzati l'Onorevole' (Baldini Castoldi Dalai), uno di quei testi che possono essere usati come strumenti indispensabili da tenere sempre in casa, come le cassette degli attrezzi che tutti hanno in qualche ripostiglio. Il libro cerca di dipanare il garbuglio di affari criminali e interessi politici che accompagnano questo caso irrisolto e quando arrivi all'ultima pagina quasi non credi alle cose che vi sono scritte. E invece è la verità di questo paese. Contorta, intricata, labirintica e spesso banale. Come non credi sino in fondo a quel che vedi nel documentario 'Napoli vita morte e miracoli' di Mauro Parissone e Roberto Burchielli dell'agenzia h24, mandato in onda qualche tempo fa su La7, dove gli autori raccontano i 'falchi' della polizia che in moto seguono le vicende dellaguerra di strada napoletana. Ci sono le riflessioni della Napoli borghese riunita intorno a un tavolo e i ragazzini di Montesanto che prima di concedersi alle telecamere premettono: "Se pronunciate la parola camorra smettiamo di parlare".

Un capitolo a parte meritano invece i libri che stanno dando alle stampe Antonio Nicaso e Nicola Gratteri. Il primo è il giornalista numero uno per competenza circa la penetrazione della 'ndrangheta nel mondo, il secondo è un magistrato antimafia in prima linea contro le 'ndrine. Nei loro libri si svela come intere fette di economia siano dominate dalle famiglie calabresi. Nel fondamentale 'Fratelli di Sangue' (Pellegrini) i due autori riescono a raccontare la 'ndrangheta con una marea di dati impressionante, poi i riti d'affiliazione, le tappe della carriera degli 'ndranghetisti, le diramazioni internazionali, le guerre, le trasformazioni che hanno portato una mafia agro-pastorale a divenire la prima azienda del narcotraffico mondiale: una delle organizzazioni di cui l'Europa non può più fare a meno, perché dovrebbe rinunciare agli oltre 36 miliardi di euro che ogni anno la 'ndrangheta versa nel settore immobiliare, nelle banche, nel turismo, nei trasporti, nelle assicurazioni del Nord Europa.

E ancora il libro di Antonio Nicaso sulla strage di Duisburg - 'Le radici dell'odio', Aliberti - che riporta l'intera storia di San Luca, da sempre preda delle famiglie 'ndranghetiste, e ne descrive la sedimentazione di affari e sangue sino al massacro tedesco che fece capire all'Europa che la questione mafia la riguarda da vicino. E poi il bel libro 'La società sparente' di Emiliano Morrone e Alessio Saverio, due giovani calabresi originari della città di Gioacchino da Fiore che coraggiosamente- e al costo di pressioni, boicottaggi - chiamano in causa la cultura che porta la loro terra a non lasciare alternative fra un'emigrazione desertificante o l'accettazione della logica 'ndranghetista che penetra in ogni istituzione e in ogni poro. La tesi del libro è nuova e potente:le mafie come responsabili della nuova emigrazione che porta sempre più giovani del sud al nord. Persone che non vogliono compromettersi e vanno via. Spero veramente che libri come questi siano l'avanguardia di una produzione che avrà modo di espandersi, com'è avvenuto con i libri sulla camorra.

La 'ndrangheta è la più inaccessibile delle organizzazioni criminali, più misteriosa di quanto sia mai stata la camorra, e come avveniva per la camorra questo va soltanto a suo vantaggio. Ma non si tratta semplicemente di colmare una lacuna grave. È necessario che l'attenzione sia rivolta costantemente a tutta la rete delle mafie. Se davvero tutta la curiosità si esaurisse in un'ondata effimera da 'Codice Camorra', si finirebbe per fare il loro gioco, un gioco di relazioni ed alleanze globali. Spero quindi che nasceranno libri capaci di illuminare e divulgare ogni aspetto della presenza criminale in questo paese e oltre i suoi confini. Perché è questo di cui abbiamo bisogno. Paolo Borsellino poco prima di venire dilaniato in via d'Amelio scrisse una lettera a degli studenti veneti con cui ci passa il testimone: "Oggi al di là di quello che sarà lo sbocco giudiziario delle indagini, al di là delle eventuali condanne, le inchieste hanno avuto di riflesso una valenza culturale perché sono state diffuse, rese pubbliche. Perché la gente se n'è interessata". Abbiamo bisogno che di questi libri se ne scrivano ancora. E soprattutto che i lettori se ne interessino ancora. Finché questo avviene, c'è speranza.
(19 febbraio 2008)
 


Campania, arriva Beppe Grillo e "il giorno del rifiuto". La rete ... - éCostiera.it

Campania, arriva Beppe Grillo e "il giorno del rifiuto". La rete ... - éCostiera.it - 19 feb 2008 - Insieme a Grillo la “maratona del rifiuto” vedrà la partecipazione di Franca Rame, Edoardo Bennato, Enzo Gragnaniello, Capone e Bungt e Bangt, ...


IL GIORNO DEL RIFIUTO - NAPOLI, PIAZZA DANTE, SABATO 23 FEBBRAIO

 

 

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Sabato 23 Febbraio in piazza Dante a Napoli, dalle 12:00 a 00:00, avrà vita Il Giorno del Rifiuto!

Artisti, scienziati, cittadini si alterneranno sul palco per parlare con chiarezze e con documentazioni scientifiche della situazione dei rifiuti a Napoli e in Campania.

Sarà una giornata dipura informazione perchè scevra da ogni tipo di interesse se non quello per una vita sana, pulita e giusta per tutti ma proprio tutti.

Questo evento è stato organizzato senza sponsor di nessun tipo, è un evento finanziato da semplici e onesti cittadini di Napoli, della Campania e d’Italia che con un euro per uno hanno creato una giornata che non avrà precedenti.

Saranno con noi Beppe Grillo, Franca Rame, Alex Zanotelli,

Maurizo Pallante, Dott. Gentilini, Paul Connet, Prof. Lucarelli, il dott. Comella, il dott. Marfella, il prof. Ortolani, il prof. De Medici, Alessandro Iacuelli

Edoardo Bennato, Enzo Gragnaniello, Tony Cercola, Sasà Mendoza and quartet jazz, Spakka-Neapolis 55, Nello Daniele, Polo La Famiglia, Capone & Bungt Bangt, Enzo La Gatta e le nuove nacchere rosse, Giovanni Block e Masnada, Antonio Diana, Peter’s Gospel Choir, Anna Troise, Zorama, Impact e tanti altri…

Questo evento ci deve dare soprattutto speranza, quella speranza che politici, cammorristi imprenditori corrotti hanno cercato così fortemente di toglierci. Fortunatamente gli è andata male, ma proprio male!

La città di Napoli è pronta a riprendersi la speranza che gli appartine, la sua intelligenza, la sua cultura e soprattutto la sua umanità. Se le persone sono unite nella loro passione, forza e fiducia non c’è politico o ostacolo che le possa fermare.

Questi non-uomini, zombi mangia soldi e ossigeno che si fanno chiamare “politici” saranno spazzati via dalla speranza degli uomini in un sogno più alto, condiviso, giusto e felice.

Mentre noi differenziamo, riusiamo, recicliamo comprando ogni cosa con intelligenza e accortezza, mentre noi raccogliamo l’umido per fare dell’ottimo compost… gli inceneritori rimarranno delle cattedrali nel deserto attraverso le quali si potrà vedere le opere dei non-uomini politici che ci ricorderanno sempre le nostre disattenzioni di uomini affinchè ciò non avvenga mai più.

Il 23 febbraio sarà un altro giorno di libertà che tutti con fatica, impegno e divertimento ci stiamo riconquistando. Il cambiamento è già inziato…