Dario Fo: Contro Travaglio un'azione bipartisan

  A proposito della bufera esplosa in conseguenza delle parole di Travaglio da Fazio, mi viene in mente un commento di Gianni Rodari, col quale il poeta apre un suo testo:
"Le parole sono come pietre. - dice - Lanciate nello stagno producono cerchi concentrici che s'allontanano dai tonfi allargandosi fino alla riva. Quelle pietre hanno spaventato gli uccelli e i pesci che schizzano via... nessuno si cura delle rane e delle carpe colpite dai sassi. La parola muove l'acqua, creando scompiglio e sgomento. Se ne approfittano alcuni passanti che raccolgono veloci rane e pesci che galleggiano storditi."
Assomiglia un po' al cataclisma innescato da Travaglio l'altro giorno a 'Che tempo che fa'.
I commenti tratti da un libro scritto da Marco insieme a Peter Gomez ed edito un mese fa, hanno sdegnato ed anche sconvolto gli inquilini dello stagno. Perfino alcuni pesci rossi, in verità un po' sbiaditi, sono letteralmente guizzati fuori dall'acqua in una danza d'indignazione!
Ma che suono avevano quelle parole lanciate nella calma gora? E' semplice....ricordavano amicizie e frequentazioni ambigue fra l'appena eletto Presidente del Senato, Renato Schifani, e alcuni figuri di capi cosca mafiosi. Ma attenti: lo Schifani (strana onomatopeica di un nome) non s'è gettato furente insieme ai suoi numerosi sostenitori contro il libro di prevedibile enorme tiratura, ma contro le parole dette attraverso un mezzo - la televisione - che normalmente si occupa di giochi per famiglie, concorsi fra giovani disposti a esibire cosce e glutei, telegiornali disinformanti, vacui e noiosi.... Sta qui lo scandalo! In quella stessa acqua incolore, le pietre scagliate hanno prodotto un'eco insopportabile.
Tant'è che Renzo Lusetti della Margherita, partito Democratico, ha urlato: "....il direttore generale Rai, Cappon, deve prendere provvedimenti concreti, cioè a dire sanzioni, interdizioni dal video...." E poi aggiunge disperato "Purtroppo la Rai non si decide mai".
S'indigna Luigi Bobba del Pd: "La televisione che fa Santoro con Travaglio è come un format (
Bella questa del format! Cioè chi preconfeziona un discorso e lo avalla con delle prove è un indegno mestatore!
Da cui si evince che tutti i grandi scrittori, poeti, registi di questo mondo sono manipolatori infami, furbacchioni abietti.... a partire da Dante, che scriveva pure in rima!
E' un esercito di protestatori offesi da sinistra al centrosinistra, a destra un po' a sinistra, a destra senza sinistra fino ai fasci littorio ante litteram.
Infatti alle parole di Travaglio s'è indignato perfino Ciarrapico: cinque processi, cinque condanne, oggi senatore del Popolo delle Libertà.
Ma attenti, non c'è di che farci troppo sollazzo satirico. Questo schizzare di indignati prelude a un'azione questa volta sì preconfezionata e terribile. Bipartisan.
Finalmente destra e sinistra si ritrovano coinvolte dentro a una medesima cultura: quella dell'insofferenza verso la satira e la denuncia di ogni illecito.
Qui fate attenzione, non si tratta di occasionali esternazioni prodotte da un fastidioso ronzare contestatorio.... Qui, per la prima volta, dentro tutto o quasi l'arco politico del nostro Paese si è deciso di imporre il silenzio, la pace dello spirito e soprattutto delle idee.
"Basta con l'antipolitica" come ripetono gli eletti dello stagno e le rane sopravvissute all'ultimo conflitto "eliminiamo i mestatori".
Come dice la canzone: "Silenzio. Zitti e basta di gracchiare!" Si chiude. Piantatela con le denunce non controllate, le inchieste sopra le costruzioni abusive, le accuse di appalti truccati, con concorsi dove i vincenti sono già stabiliti. Smettiamola di eccitare gli animi, soprattutto le menti dei giovani e dei pensionati, a costo di annullare qualche garanzia di libertà e persino di democrazia.
In poche parole, interriamo lo stagno. Sabbia, per favore! Via le rane, pesci e uccelli. Guai a chi gracchia e rompe il silenzio di chi governa unito.
DARIO FO
 


Al Gore intervistato dalla Tv “made in Ancona”

IL Corriere adriatco - Edizione del 11 maggio 2008, oggi in edicola:
ANCONA - “Good luck Green tg”. Un augurio che parla americano ma che tutto il mondo può capire. E’ quello che ha rivolto il Premio Nobel alla Pace Al Gore ospite del Green tg che lo ha raggiunto a Roma in occasione della presentazione italiana di Current tv, il canale multimediale da lui stesso fondato, ora anche satellitare su piattaforma Sky.

Ai microfoni del Green tg (www.greentg.tv), la prima tv on line dedicata interamente a temi di carattere ambitale e realizzata interamente dalla società Segni e Suoni di Ancona, l’ex Vice presidente degli Stati Uniti Al Gore ha infatti sottolineato come proprio “internet rappresenti una delle più incisive forme di comunicazione di cui può disporre chi è impegnato nella salvaguardia dell’ambiente.

“Un linguaggio semplice diretto veloce, quello multimediale, che arriva facilmente ad un pubblico vasto - si legge in una nota di Segni e suoni - e disposto a creare reti di salvaguardia ecologica anche on line”.

Dopo il Presidente della Repubblica Antonio Napolitano, dopo le interviste al Presidente di Confindustria Luca Montezemolo, allo stesso Premio Nobel Dario Fo, al Green tg arrivata ora un’altra testimonianza di grande prestigio e valore, quella appunto di Al Gore, Nobel per il documentario ambientale “Una scomoda Verità”, il quale ha così confermato come la battaglia ambientale passi ormai anche attraverso le più ampie e ramificate forme di comunicazione: internet e tutti gli strumenti di una multimedialità capaci di fare informazione integrando sistemi vecchi e nuovi. Un bel modo di dire “In bocca al lupo, Green Tg”, che arriva dal lato più verde dell’America.


Fiera del libro - Dario Fo e Franca Rame fanno il pienone.

 La Repubblica, SABATO, 10 MAGGIO 2008
 

Da Piero Angela ai cosmetici E la Costituzione fa spettacolo
 
Gusti e tendenze dei visitatori, aspettando Sarkozy
 
Dario Fo e Franca Rame fanno il pienone. I New Trolls sposano il pesto con il sushi

 
SARA STRIPPOLI
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Sarà pure vero che gli italiani non leggono, ma non è un´immagine fantaletteraria da organizzatori ansiosi di gridare al miracolo quella di lettori passionali che non resistono alla tentazione e nel caos dell´ingresso centrale, nel pieno del bailamme fra bimbi con aureola di palloncini e code «per e da» Spizzico, aprono il loro acquisto recente con avidità, sordi alla folla che va e viene. Il più isolato dal mondo? Un ragazzone sui trenta che divora Prima missione non entrare in banca. Un segno dei tempi.
Questo e quello alla Fiera del Libro di Torino, in un´edizione insolita che nel pomeriggio di oggi pulserà (in formato ridotto, e di quanto?) a pochi metri dal corteo, e nella mattinata di ieri sgomitava e sudava per la visita di Giorgio Napolitano. L´interesse maniacale per la più rara delle edizioni e la vaghezza più totale, il calciobalilla e la pallavolo giocata prima di superare i cancelli insieme con il silenzio assoluto del più serioso dibattito di nicchia. La ressa per il vino e il pane e salame della regione Umbria all´ora dell´aperitivo e la vendita straordinaria del reparto cosmesi, prodotti naturali del Mar Morto, dello stand d´Israele. La bellezza carismatica di Afef e la sceneggiata a uso e consumo dei giornali di Graziano Cecchini, che la fama l´ha conquistata per aver tinto di rosso l´acqua della fontana di Trevi e lanciato migliaia di palline dalla scalinata di piazza di Spagna. Alla Fiera fa scoppiare coriandoli e stelle filanti che finiscono sugli stand, provocando le ire dei rappresentanti del Movimento per la Vita. Lo scopo? «Un inno al dialogo e al rispetto della cultura d´Israele. Stile «Mettete dei fiori nei vostri cannoni».
 
Tutto esaurito per Dario Fo e Franca Rame nella sala gialla da 600 posti. Un pubblico inaspettatamente giovane. La vis polemica di Fo, c´era da dubitarne? «Questi antagonisti dovrebbero essere applauditi per aver suscitato questo dibattito». Un punto di vista contro corrente come si addice al premio Nobel, a cui Fo aggiunge una confessione divertita: «Io al corteo ci andrei ma non ci vado perché devo andare al programma di Crozza». Franca Rame legge la lettera di Mandela al giornalista americano Thomas Friedman
Il bilancio della giornata è positivo. La piccola flessione, il 2 per cento, del primo giorno è stata del tutto recuperata, assicurano alla Fiera. E i big dell´editoria confermano: «Non un attimo di respiro questa mattina», dicono da Mondadori, dove la colonna del libro di Alberto Angela cala fino quasi a scomparire in poche ore. E da Einaudi, dove una visitatrice i libri addirittura li fotografa, il topo Firmino di Sam Savage conquista il primato. Arriva o non arriva lunedì Nicolas Sarkozy? Questo il dilemma di fine serata.
 
, Ernesto Ferrero per l´ennesima volta racconta il perché della scelta, l´Egitto del prossimo anno, il diritto alla libertà di decidere. In mattinata pienone al Bookstock Village, dove un trascinante Alessandro Bergonzoni ha declinato in mille modi il termine Costituzione. Un´iniziativa riuscita dell´assessorato regionale all´Innovazione insieme con la Fiera. Oggi, alle 11.30, tocca a Oliviero Toscani «giocolare» con la parola Bandiera. Sono attese interessanti provocazioni. Peccato però che al Bookstock Village l´atmosfera non sia proprio delle migliori. La ragione è presto spiegata: il padiglione 5 ha una pessima acustica, il volume si alza e fra musica e parole comincia la guerra. Le parole non sono percepite, la musica ha diritto a farsi ascoltare. Perseverare è diabolico. Già l´anno scorso, a Lingua Madre le scaramucce fra i tecnici del suono e i partecipanti al dibattito confinante erano quotidiane. Era il caso di replicare? Altro motivo di lamentele la forzata condivisione degli spazi nei laboratori. Mentre lo scorso anno ognuno aveva il suo, questa volta si turna. Risultato? Tutto un monta-smonta che innervosisce gli standisti. Qualche nervosismo anche al Caffè Pedrocchi. In serata interviene addirittura la polizia - d´altronde piuttosto numerosa - per sedare una lite. La musica ha la sua rivincita all´Angolo dei Sensi dove i New Trolls presentano il loro libro davanti ad un pubblico di fan. Il titolo è Dal pesto al sushi. Facilmente svelata la ragione della scelta: a Tokyo il complesso genovese ha il suo fan club più numeroso al mondo.
 


II PUNTATA "BREVE VISITA IN SENATO"

con la collaborazione di Carlotta Nao
Infatti l’indomani bastò una sola votazione per eleggere Marini. Un senatore dei DS sussurrava in napoletano: “Quarcherùn(o) ha avut(o) chell(e) ch’ha demannat(o)! E chi è ‘u mariuolo ch’ha condott(o) ‘stu ricatt?” L’ho saputo il giorno appresso leggendo i quotidiani: il mariuolo era Clemente Mastella, il Padreterno dell’Irpinia, che aveva preteso il Ministero della Giustizia. E Prodi ha dovuto ammollarglielo. Ecco… questo era il Senato. Per me si trattava della prima lezione di politica attiva: dammi sull’unghia o sbotto… ti do l’avvisata e il giorno appresso mi fai l’incoronata, Ministro sono! E di Giustizia! Sì, la dea cieca… cieca, ma solo per gli elettori… Sono sempre più frastornata. Questo ravanare da mercato delle vacche mi piace sempre meno. Per fortuna alla fine ce l’abbiamo fatta e Franco Marini è presidente del Senato. Evviva! Lo osservo… un uomo minuto… nulla di particolare, per ora. Proviene dal sindacato. Anche questa mattina, “senatoriale”, sono arrivata presto al mio posto di lavoro. Tutto chiuso, ma illuminato all’interno con mille luci. Ammazzalo, che spreconi! Mi faccio una passeggiatina sino al Teatro Argentina, guardo i manifesti, le fotografie dello spettacolo in cartellone… gli attori che conosco… mi prende una disperazione struggente così, all’improvviso. Mando giù, mando giù per cacciare il groppo che mi soffoca… niente da fare. Scoppio in singhiozzi e meno male che non ho intorno nessuno. Ma dove mi sono cacciata? Ma che ci faccio qui? Forse sono caduta nel buco profondo come Alice? Tra poco incontrerò il Bianconiglio, mi farò piccola e poi enorme come una sonda d’aria!? Cerco di ricompormi guardando i libri esposti alla Feltrinelli: “Com’è che ho smesso di leggere?” Leggo solo giornali… Cerco disperatamente di scantonare dalla situazione in cui mi trovo; mi son buttata a preparare l’edizione di cinque commedie di Dario che usciranno per Einaudi. La mia testa è tutta lì, fra quei fogli, come un segnalibro. Che ore sono? Anche il tempo va a rilento… perde colpi come un cuore in fibrillazione… Oddio, sta piovigginando… c’era il sole! Per fortuna che ho sempre con me uno scialle. Mi avvolgo, coprendomi il capo. È ora… arrivo al portone del Senato finalmente spalancato, con due soldatini che montano la guardia. Entro, ma subito faccio un salto. I due militari sono scattati al mio passare sull’attenti battendo i tacchi, mentre uno di loro grida: “AAAAttentiiii!” Mi sfugge un “Grazie… state comodi!” M’aspetto quasi che intonino “Fratelli d’Italia!” Procedo segnando il passo… Mi sento ridicola e anche un po’ scema. Manca solo che scatti con la mano tesa sul cuore, come nei film americani. Quasi quasi… e mi metto a ridere. Qualche giorno appresso, le due guardie diranno alla mia assistente: “La tua senatrice ci saluta sempre, ci dispiace molto non poterle rispondere. Diglielo.” In aula si inizia a parlare di leggi, emendamenti. Prendo appunti. L’opposizione interviene su tutto. Spesso vociando, quasi seguendo un programma… Ho imparato da tempo a inquadrare il pubblico in teatro; mio padre, capocomico, diceva: “Se non sai individuare chi hai davanti, in platea, è meglio che cambi mestiere.”. Li osservo, a gruppi e uno alla volta. C’è chi sta seduto come una comparsa, completamente disinteressato, chi si agita di continuo, chi telefona su due cellulari… chi passa da un gradone all’altro senza una ragione logica… poi ecco che all’istante tutti scattano in un gesticolare improvviso e trascinano in quella pantomima anche gli altri. “Ecco – penso – ecco il branco.”. Poi all’istante si vanno a sedere… come esausti… E dalla mia parte?... sì, anche noi facciamo più o meno così. Che strana fauna, i senatori! In una pausa decido di recarmi alla buvette. Attraverso il salone Garibaldi, pieno di gente… con un certo impaccio, ma mi muovo con aria spavalda, come se abitassi lì di casa. Sicuramente si stenta a pensarmi timida e sballonata, ma è così. Penso a Dario, a Jacopo… vorrei averli qui con me. Folla: Senatori e giornalisti. Attira la mia attenzione una specie di possente Erma, una scultura in legno policromo di un certo Giuliano Vangi. Allude a un grande dito che indica il cielo o è piuttosto un fallo con inserita in cima una testa di donna? Sì… è proprio così. Che strano! Si sente spesso ripetere che il maschio ha sempre in capo, come un chiodo fisso, quella cosa lì… ma non sapevo che infilzasse anche teste! E pensa che questa statua dovrebbe rappresentare l’Italia!! Mi informo e vengo a sapere che quell’opera è stata acquistata dal precedente presidente del Senato Marcello Pera, quindi è un’opera quasi autografa…. Tra qualche mese verrà sostituita con un busto di Garibaldi… o qualche eroe più recente… forse Mangano…! Storicamente il busto di Garibaldi è sempre stato in quella stanza, ma il presidente Pera ha pensato bene di traslocarlo in qualche cantina o magazzino per fare spazio al menhir rosa. Grazie al cielo Marini ha ripristinato in gran fretta il vecchio Garibaldi al suo posto d’onore. Della stele di Vangi non ci sono notizie. Il magnate Pera non si è limitato a quell’opera bizzarra: un delfino assai discutibile al posto di un altro padre della patria, uno scimpanzé di marmo in una nicchia in cima ad uno scalone, qualche altro quadro qui e là. Particolare da non sottovalutare, gli artisti erano tutti amici suoi, e i soldi per comperarli tutti del Senato! Ho cercato di fare chiarezza su questi acquisti, andando a parlare addirittura con il ragioniere generale della tesoreria… Ma lui muto! Professione OMERTA’! Mi rivolgo a un commesso: “Scusi, dov’è la cassa?” “Beh, senatrice, basta guardarsi intorno… qui è tutta casta!” “Ma cos’ha capito? La cassa, non la “casta”! Dove pago insomma?” “Ah, scusi – trattiene a fatica una risatina – la cassa è subito qui a destra.” Questa volta chiedo una spremuta. “Quanto devo?” “1 euro.” Pago. “Che poco!” Commento. “Lo scontrino, per favore…” “No, senatrice, qui non diamo lo scontrino…” mi risponde meccanicamente il gestore. Che stravaganze!... A Montecitorio lo danno, non al Senato. Perché? “Non è elegante”. Siamo nei matti. Col tempo ho capito la comodità di questa usanza. Si consuma e poi pagano i senatori corretti. A qualcuno invece, capita di consumare e se ne esce, scordandosi di versare il dovuto: uno si può dimenticare, andiamo… con quella ressa…! Come diceva Sartre: “È dall’insignificante scorrettezza che s’indovinano i furbi di rango!” Mi accosto al banco e chiedo la mia consumazione con un “Buongiorno…” gentile ai camerieri indaffarati. Mi guardano perplessi. “Oddio, ho sbagliato?” No. È che non li saluta mai nessuno. “Buongiorno” sussurrano a loro volta e ci sorridiamo. Lo stesso discorso vale riguardo quei signori abbigliati con eleganti abiti neri da 1800 euro: sono i commessi. Per tutta la popolazione degli onorevoli, sono esseri trasparenti… e sono 300, maschi e femmine. Non ho mai notato qualcuno che li salutasse. Sono a completa disposizione dei senatori. E’ ora di rientrare in Aula. Mi siedo accanto a Furio Colombo. Parliamo del più e del meno, quando Furio mi sussurra: “Guarda, sta entrando Dell’Utri…” Lo sbircio appena e poi gli soffio: “Lo sai che quello ci ha querelato per il fatto che nello spettacolo ‘L’Anomalo Bicefalo’ facevamo un apprezzamento su di lui, ricordando che è un grande collezionista di libri antichi e aggiungevamo: ‘Ne ha una caterva e di preziosissimi! Quando sono sporchi li ricicla…” Scoppia a ridere e poi subito: “Zitta, zitta che sta venendo verso di te…” “Chi?” “Dell’Utri…” “Oh… parli del diavolo e spuntano le corna…” faccio io. Infatti me lo trovo davanti… con calma mi prende la mano e me la bacia, sussurrandomi: “Sa chi sono io?” “Ma certo… Lei è sempre nei miei pensieri… caro Onorevole…” calco appena il tono su “Onorevole”. Poi, chinandosi verso il mio orecchio: “Non si preoccupi per quel milione di euro di danni che ho chiesto per diffamazione…” “Grazie onorevole… ma non siamo affatto preoccupati… la sua querela non andrà mai in porto… il processo non si farà mai. Lei è stato condannato a 9 anni per concorso in associazione mafiosa… A meno che… col tempo non cada in prescrizione…” Sorridendo m’informa: “Senatrice, ho molti avvocati…” “Giusto! Ne ha proprio bisogno… tanti auguri!” e mi lascia con un sorriso. Inizia la seduta. Ascolto, prendo appunti. Ho le antenne tutte tese. Mi sento al ginnasio… ci metterò un bel po’ ad arrivare al liceo. Passerò gli esami? Pausa pranzo. Scendo al ristorante, cerco tra i tanti ospiti un viso amico. Qualcuno che conosco c’è, ma il mio imbarazzo congenito m’impedisce di avvicinarmi e dire: “Posso sedermi e pranzare con te?” Mi sento molto distante da tutti… sconosciuta tra sconosciuti. Mi viene in mente la descrizione dell’Inferno di Bescapè, dove le anime dannate stanno tutte per proprio conto ed evitano di dialogare tra di loro per timore di dover raccontare dei propri peccati, e soprattutto per non dover ascoltare quelli degli altri. I camerieri sono gentili, e premurosi… Ho l’impressione che la maggior parte mi mostri una particolare attenzione. Da sempre mi capita di intuire quello che la gente “prova”, i loro sentimenti nei miei riguardi… e, senza presunzione, raramente mi sono sbagliata. Mangio di malavoglia. “Senatrice desidera ancora qualcosa?” “Quand’è che mi chiamerà Franca?” gli butto lì con un sorriso. Mi guarda spiazzato, imbarazzato… e con rincrescimento risponde: “Qui?... Mai.” E termina di sparecchiare, regalandomi un bel sorriso. C’è un commesso anziano, che sta ad un ingresso laterale, che ama ricordare di quella domenica in cui ha portato la moglie a far colazione al bar, e ha incontrato me e Dario, ma la cosa che più l’ha colpito è che io l’abbia salutato, di domenica! Fuori dal lavoro e senza divisa! Penso a casa mia, “cosa staranno mangiando?” se ha fatto il risotto Dario ci vorranno due ore per rimettere in ordine la cucina. Però… che risotto…! Ci mette tutto, perfino la frutta! E anche qualche fiore! La giornata passa senza tremiti. Mi sono scordata di parlarvi del nostro primo incontro di gruppo IDV, avvenuto qualche giorno prima dell’elezione del Presidente del Senato. Rimedio subito. Ci eravamo riuniti con Antonio Di Pietro nella sede del partito, una sede un po’ periferica, oltre stazione Termini: 4 senatori, 21 deputati. C’era anche il sen. Sergio De Gregorio. S’indovinava che non era del tutto a proprio agio. I vari intervenuti sembravano evitare ogni contatto con lui. Personalmente, lo sentivo sfuggente, e anche un po’ untuoso, sul tipo Bondi… un po’ più tondo e più lucido. IL Senatore De Gregorio, ad oggi, è sotto indagine per riciclaggio, poiché in un blitz a casa di un camorrista, Rocco Cafiero, sarebbero stati sequestrati assegni firmati e girati dal senatore. Due suoi fedelissimi sono tra gli indagati per i fondi in Liechtenstein, risulta poi iscritto nel registro degli indagati per concorso in esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso (‘Ndranghetista). L'inchiesta condotta dalla Dda di Reggio Calabria riguarda il presunto ruolo di mediatore che il parlamentare, ancorché presidente della commissione difesa del Senato, avrebbe svolto per conto della cosca Ficara per l'acquisto della caserma dell'esercito Mezzacapo. E da ultimo è indagato a Roma per corruzione nell'ambito di un'indagine avviata a Napoli e poi trasmessa nella capitale per competenza e riguardante presunti tentativi per ottenere voti al Senato per far cadere il governo in occasione della discussione della Finanziaria. L'indagine riguarda un presunto accordo che prevedeva il finanziamento del gruppo 'Italiani nel mondo' da parte di Forza Italia. Dopo tre mesi… l’uovo era fatto… il De Gregorio Sergio, passa con il peso di tutto il suo corpo che non è poco, armi e bagagli con Berlusconi... da cui PROVENIVA. FORZA ITALIA. E così con l’andata via di questo galantuomo, l’Ulivo è sempre più resegato, siamo 158, contro 156. Non sarà divertente votare. Durante quella riunione, ci viene chiesto di quale commissione vogliamo essere membri. Avevo già anticipato l’idea di compiere un’inchiesta sugli sprechi di Stato, ma alla riunione Antonio mi propone la Commissione Cultura. “No, scusami, per la mia inchiesta andrebbe meglio la Commissione Bilancio. Solo lì ho la possibilità di raccogliere i dati per il mio progetto sugli sperperi.” Il cambio mi viene accordato. Consegno a Di Pietro, tutta contenta un breve dossier di cui vi offro qualche primizia. Impresa SOGIN di cui è presidente il generale Carlo Jean (SOcietà Gestione Impianti Nucleari) Nata nel 1999 si dovrebbe occupare dello smaltimento delle scorie accumulate dalle centrali nucleari italiane non più funzionanti. La società è finanziata tra l’altro anche dalle bollette degli utenti Enel per centinaia di milioni. Nel triennio 2002-2004 la Sogin ha speso 468 milioni di Euro senza smaltire nulla; la stessa Autorità per l’Energia e il Gas e il Min. del Tesoro ritengono esagerate, anzi assurde, tali spese puntando il dito su: 4,8 milioni di Euro per la sede centrale e lo sfavillante ufficio a Mosca, ripetiamo a Mosca! Da Putin!, 2,7 milioni di Euro per la comunicazione, 257 mila Euro, cioè mezzo miliardo di lire, per uno stand al Salone del Libro usato, organizzato da Publitalia voluto da Marcello Dell’Utri. Rieccolo il collezionista raffinato! E per chiudere, un messaggio elegiaco dedicato ai giovani precari: Si tratta di un’interrogazione parlamentare del Sen. A. Longhi (Ds) su: - assunzione di raccomandati fra cui: Baldassarri figlio del viceministro dell’Economia, la nuora di Gustavo Selva, la nuora di Altero Matteoli ministro dell’Ambiente; - consulenze esterne tra cui quella allo Studio legale di C. Previti; - appalti affidati senza gara. In conclusione, una società al 100% del Tesoro, al momento inutile, con un personale che conta 600 dipendenti, e che continua ad assumerne. Inoltre: una previsione di spesa per 360 milioni di Euro per lo smantellamento dei sottomarini nucleari russi formalmente in cambio dello stoccaggio delle nostre scorie in Russia, al momento Mosca si è sempre rifiutata di prendere le nostre scorie e noi abbiamo cominciato a spendere 8 milioni di Euro. E a ‘sto punto andate pure a dormire tranquilli… e sarei curiosa di sapere i sogni che riuscirete a inventarvi. Un bacione Franca Continua….


FO: rinuncio al mio libro per parlare di Palestina.

Il premio Nobel. L'accusa: Napoltano sbaglia a tenere conto soltanto di una parte

 
 
Avrebbe dovuto presentare il suo nuovo libro, "L'apocalisse rimandata", cronaca visionaria del nostro mondo prossimo venturo, appena uscito per i tipi di Guanda. ma gli eventi e le polemiche levitate intorno al "caso" Israele, hanno convinto Dario Fo, da sempre sensibile alla causa del popolo palestinese, a cui nel '71 dedicò anche una pièce, "Fedayn", a una diversa partecipazione alla Fiera torinese.
 
 
Così venerdì prossimo alle 18 Fo sarà come stabilito nella Sala Gialla, ma non per parlare del suo libro. "Ho accettato solo a patto di poter dedicare quello spazio a un dibattito pubblico. Molti hanno dato forfait alla Fiera, io invece penso che bisogna andarci e sollevare il tema tabù: la Palestina. Perché l'eterno conflitto con Israele non si potrà mai risolvere senza tener conto delle ragioni di quel popolo occupato, violato, oltraggiato da sessant'anni", anticipa il premio Nobel, che sarà affiancato da Khaled Fouad Allam, Mario Tozzi e dal direttore della Fiera, Ernesto Ferrero. prosegue Fo -. Stiamo parlando di libri? E allora invitiamo gli scrittori, israeliani e palestinesi insieme, mettiamoli a confronto, facciamoli parlare. magari verranno fuori parole di comprensione, di pace. Invece l'aver voluto dare rilievo solo al Paese dominante ha esasperato i toni, ha trasformato la Fiera delle idee e della creatività in una cittadella armata, ha scatenato frasi inopportune. Come quelle di Napolitano, che contravvenendo al suo ruolo equanime, ha tenuto conto di una parte sola. O ben peggio, come quelle di Fini, che scordandosi del suo recente passato, delle camicie nere e i bracci tesi che ancora oggi gli fanno da contorno, ha avuto l'impudenza di proclamarsi paladino di quel popolo perseguitato dai suoi maestri di un tempo. Non avrei mai immaginato di sentirlo dire un giorno: guai a chi tocca Israele. Un po' di decenza, via".
E conclude: "Proprio pensando alle vittime dell'Olocausto di allora e alle vittime della guerra di oggi, i bambini, le donne massacrati ogni giorno a Gaza, mi sarebbe parso giusto dedicare questa Fiera ai due popoli, Israele e Palestina, uniti almeno per una volta, come auspica del resto il meglio dei loro intellettuali, da Moni Ovadia ad Amos Gitai, da David Grossman a Daniel Barenboim. L'averli tenuti separati, l'aver dato spazio ancora una volta a uno solo, è l'ennesima sconfitta della speranza".
Giuseppina Manin
Corriere della Sera 7 maggio 2008
 
 
 
"Anziché affidare l'evento alla politica, la Fiera avrebbe dovuto puntare sul versante culturale -
 
 
 
MILANO -


Lo choc positivo del dopo-elezioni Diamo un'occasione alla femminilità delle sinistre

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Aurelio Mancuso
Pane caldo, cioccolato fondente, Passito di Pantelleria. Così vorrei accostarmi a qualsiasi militante della Sinistra Arcobaleno che ci ha creduto, ci ha riflettuto e, ora, è sprofondato nello scoramento. Non volevo nei giorni immediatamente successivi alla prima grande sconfitta delle sinistre italiane accorrere nel gruppo dei critici, dei "Ve lo avevamo detto". Le tante cose che ho scritto in questi mesi sulle pagine di Liberazione sono sufficienti e le do ormai come chiuse, in uno scrigno di profumato legno colorato dal sale della memoria.

C'è un lato diverso del romboide gelido del lutto che è stato scrutato poco, forse quasi per nulla. Eppure la grand'energia emotiva che corre sul web, sulle colonne dei giornali della sinistra, delle valanghe di email è così intensa che è possibile farsi attraversare e ascoltare nel profondo delle invettive, delle recriminazioni, delle tragedie personali e collettive. La ruvida dolcezza che se ne trae è confortante, perché parla di un amore per il mondo di un popolo oggi impietosamente ed ingiustamente umiliato. Una parte di persone che si è fatta ammaliare dal voto utile, o dalla protesta tafaziana dell'astensione, o ancora che ha resistito. Ma questi tre comportamenti, così apparentemente distanti sono il pozzo profondo dell'acqua sorgiva da cui attingere per combattere la desertificazione delle emancipazioni colpevolmente mancate. In verità questa moltitudine è composta da unicità, che in modo dirompente per la prima volta si sono espresse riconoscendosi paure, fatiche, egoismi, errori, mai esplicitati in forma così potente. Questo è il vero choc positivo che può aiutare a comprendere che la donna e l'uomo sono differenti fra loro, e poi le donne e gli uomini sono differenti dentro di loro da altre ed altri, e che però avvertono incertezze intime, anche tribali, identiche a donne e uomini lontane e lontani da loro per cultura, orientamento politico, storia collettiva e personale. Lo sconquassamento delle frammentazioni infinite ha provocato un big bang inaspettabile.
Col senno di poi si sono lette molte analisi, ma la verità aspra della luna, che nasconde i suoi volti nella notte incerta delle urne, non la conosceva nessuno. Di tremori, difficoltà, risultati modesti si era sentito parlare, ma non di cancellazione di un intero pezzo del paese. Sono possibili ora primi irresponsabili sorrisi? Sì, bisognerebbe avere la forza mite della pietas per ricominciare a sorridere. Sarebbe consigliabile cercare l'occasione prima un po' fuggente, poi sempre più sicura, di scoprire che negli occhi del popolo delle sinistre (tutte) le lacrime non sono insipide, inquinate dai calcoli, dai rapporti di forza, dalle prossime ed urgenti manifestazioni di piazza da dover organizzare per consolarsi di esserci. No le lacrime sono salate, colgono le inquietudini della paura nei confronti dei diversi siano essi rumeni o froci (paradigmatico l'articolo di Liberazione sugli operai dell'Iveco); l'insicurezza irrazionale, ma per questo umanamente apocalittica, dello smarrimento del senso di sé in uno spazio tempo sconosciuto. L'immagine, le parole, l'estetica: ricordo che alcuni mesi fa ho scritto di questo. Ho ricevuto alcuni giustificati rimbrotti. Ci si preparava alla battaglia e io, frivolo frocio attento solo al suo ombellico politico, la menava con le immaterialità. Già quell'ombellico, la porta aperta e chiusa della vita; il particolare di una pancia femminile - maschile, ritenuto eufemistico, ornamentale.
A quella pancia sapremo tornare, tralasciando i tribali riti delle vestizioni gerarchiche? Sapremo ricordare il ventre come occasione per appropriarci della prossimità e dell'assunzione dei conflitti dei corpi e delle idee che finalmente esprimendo levità, evitando strepitii, parate di muscoli? Sarà data finalmente un'occasione alla femminilità delle sinistre italiane? Non si sa. Certo che bello sarebbe guardare alla cruna di un ago con soddisfatto stupore.

Liberazione, 06/05/2008
 

 


XV Legislatura – 28 aprile 2006 - Febbraio 2008 - BREVE VISITA

BREVE VISITA
IN SENATO PRIMA PUNTATA
  XV Legislatura – 28 aprile 2006


Primo giorno in Senato. Mi sono svegliata alle 5.
Agitata.
Gironzolo per l’appartamento preparandomi gli abiti da indossare.
Alle 5.30 decido di fare una camminata. Il sole sta per spuntare. Il portiere ASSONNATO, del residence di via Ripetta, dove per anni Dario ed io si alloggiava durante le tournées nei teatri romani, mi guarda strano: “Che succede senatrice? Non si sente bene?”
E’ questo che sta dicendo? Senatrice? Oddio, adesso mi chiameranno tutti così?
“No, no, grazie… sto bene, vado a far quattro passi…” - lo tranquillizzo con un sorriso. Dà un’occhiata all’orologio, ma non fa commenti.
Esco e giro a destra. Dove vado? Mi domando. Cammino veloce verso l’Ara Pacis.

Quando sto per sorpassarla, non posso fare a meno di buttarci un occhio. La sento un po’ INGOLFATA in quella scatolona di vetro con cui Veltroni l’ha rivestita. Le grandi lastre di cristallo riflettono gli alberi e il Tevere che scorre lì sotto. Passa gente indaffarata, che non la degna nemmeno di uno sguardo. E’ l’altare della pace. Si sente un po’ trascurata… fuori moda… che senso può avere? Ho letto che sulla trabeazione un tempo stava scritto: “Una volta usciti da questo luogo cosa portate nel mondo, di me? La pace dovrebbe ingiungervi a purezza, rifiuto di sangue innocente, sparso ignobilmente nel fango…”
Meno male che oggi viviamo in un Paese che aborrisce per Costituzione la guerra e, se ci partecipa, è solo per portare aiuto e conforto agli afflitti. Purtroppo siamo costretti ad andarci coi carri armati e i caccia bombardieri da combattimento… perché, non si capisce come, i liberati ci scambiano sempre per aggressori!
Ma per favore, non facciamo retorica.
Svolto in Via del Corso. In un attimo sono in Piazza di Montecitorio.
La malinconia e la preoccupazione che ho addosso non se ne vanno, né si attenuano. Senza averlo scelto mi ritrovo in Piazza del Pantheon.

Mi siedo sui gradini della fontana. Anche non lo volessi, il Pantheon si fa proprio notare. Ogni volta che mi ritrovo davanti a opere “impossibili” come questa, mi viene da pensare alle migliaia di schiavi che le hanno costruite, immediatamente dopo mi vedo Michelangelo esclamare: “Ognuno di noi non vale un respiro della loro sapienza!”.
Da questi pensieri mi distraggono i fatti miei.
Tiro un gran sospiro. Poi lentamente, passo dopo passo, mi mangio i pochi metri che mi separano dal Senato. Arrivo davanti all’imponente palazzo Madama, con il portone ancora chiuso.
L’osservo appoggiata al muro di fronte con un vuoto allo stomaco. Forse ho anche appetito. Non ho trovato un bar aperto. Dio mio, dovrò proprio entrarci. Che mi aspetterà?
Sono veramente agitata.
Rientro al residence che manca poco alle sette. Devo far passare ancora tre ore. Sto bloccata su una sedia nell’atrio sotto una gran pianta esotica.

Trascorro quasi un’ora a pensare… “Son proprio giù, maledizione!”.
Accidenti, ma perché? “Dovrei essere contenta! – mi dico – SENATRICE! Ma ti rendi conto che onore t’è capitato?”
“Sì, sì… senatrice!!! – e mi rifaccio il verso. Non ho mai pensato di diventare senatrice, non era proprio nei miei programmi! “Onorata, onorata” per carità… Mi sono trovata eletta senza aver mosso un dito. Non mi sento all’altezza… sono spaventata, anche se non lo dico a nessuno.” “Non ti senti l’altezza? E allora, quelli che hanno votato per te, t’hanno scelta così, a caso? Proviamo con un’attrice… piazziamoci un bel personaggio decorativo, in quel mausoleo di tromboni! Piantala con ‘sta solfa! Ricordati di tutto il lavoro che hai tirato in piedi nelle carceri, l’organizzare le difese dei ragazzi arrestati per reati politici… sbattuti in galera, torturati… sbatti in galera, carceri speciali modello tedesco… le centinaia di spettacoli in sostegno delle fabbriche in lotta che hai fatto con Dario?”
 “Sì, ecco, ecco… adesso gonfiamoci di orgoglio…”
 “È solo per rinfrescarti la memoria darti un po’ di sicurezza! Insomma! Ti sei sbattuta per anni solo per darti un tono?!... come a fare un po’ di footing? Dovresti essere orgogliosa: pensa in quanti ti hanno votata! In quanti hanno avuto fiducia in te. È tutta gente che ti ha scelta con cognizione di causa. Non per caso. Solo in Piemonte ti sei beccata 88 mila voti! E nelle altre 5 regioni dove sei stata presentata capolista, quanti ne hai presi?... Sorrisino? Forza!”
 “Ma vai al diavolo, tu e le tue leccate di gratifica!”
Così, in conflitto con me stessa salgo nell’appartamento.
Mi guardo allo specchio: più tirata di così non potrei essere.
 “Che bello sfottermi con quel Sorrisino… mi sento fuori posto… non all’altezza… non adeguata… in più sono vecchia per affrontare una vita nuova.”
Beh, non esageriamo… Adesso a guardarmi bene, a tutto campo nello specchio non mi vedo proprio da buttare! 
“Oh, per la miseria, alla tua età dovresti sbatter la coda per la gioia, cara senatrice!! E anche voltolare su te stessa come in una danza!?! Facciamo conto di dover entrare in scena… sono figlia d’arte e noi della professione montando sul palcoscenico non si trema mai. Via con la metamorfosi: doccia. Biancheria. Che abito metto? Come si veste una senatrice? Mi piacerebbe vestirmi di rosso… che capiscano subito da che parte sto. Poi opto per il nero, più consono al momento e al mio umore. Pantaloni, top e una giacca di seta opaca che mi ha regalato Gianfranco Ferré con un mare di altri indumenti elegantissimi, quando Dario ha preso il premio Nobel a Stoccolma.
Mi pettino, mi trucco… faccio tutto col rallenty, ma sono pronta in un momento.
Mi risiedo e aspetto.
Quante volte ho guardato l’orologio?
Mi chiamano dalla portineria: “E’ arrivata Rai 3…”
Salgono nel mio appartamento. Antonio Caggiano vuole filmare i preparativi….
Quando arrivano m’infilo la giacca. “Ma come?!... già pronta?” M’è venuto da ridere. “Sì… mi mancano solo gli orecchini…” “Come mai porta da anni sempre questi orecchini?” “Me li ha regalati Dario in un momento particolare della nostra vita… non li toglierò mai più! Andiamo?”
 Telecamera è in azione… saliamo in macchina… chiacchiere di circostanza… telefona Dario…: “Auguri… ti voglio bene…”
“Anch’io!” maledizione Dario, perché non sei qui…
Mando giù il magone e fingo di avere la tosse. Arriviamo… Sono calma, calmissima e… sconvolta..
Un mare di gente.
Giornalisti, fotografi, televisioni.
Scendo augurandomi di non essere notata.
“Senatrice…” “Franca” “Senatrice…” “Franca” “Franca” “Senatrice come si sente? E’ felice?”
 Ci penso un attimo… potrei dire, sono emozionata… sono onorata… sprizzo gioia da tutti i pori! Invece mi esce una frase che pare tratta da una vecchia canzone popolare lombarda che fa così: “Sono felice come una giovane di diciott’anni che va sposa a un vecchio catarroso che non ama…” Ma cosa sto a dire? Infatti, i più mi guardano perplessi per un attimo poi mi sparano: “Ora incontrerà Cossiga… Andreotti… che farà? Stringerà le loro mani?” Maledizione, ma che domande ti fanno di prima mattina?
 “Beh… Andreotti… mi fa venire subito in mente Moro, e le sue lettere dalla prigione Br a lui indirizzate (grigio più grigio del grigio) e Cossiga non posso fare a meno di vederlo su una tolda di una nave da guerra, come lui s’immaginava di stare durante il conflitto del Kuwait, col vento che gli scompigliava i capelli… è lì che gli son diventati ricci, quasi crespi!” Scoppia una gran risata fra gli operatori tv. Al contrario, molti dei cronisti restano freddi come mammozzi di gesso. Tiro un sospiro. “E che ci dice del fondatore di Forza Italia?” mi provoca uno di loro. “Chi? Dell’Utri? - Parlo lenta, pesando le parole… non vorrei finire in carcere il primo giorno - Beh… questo amico di Berlusconi… ci ha chiesto un milione di euro di penale per aver accennato vagamente alla sua simpatia per gente di Cosa Nostra…” Incalza un cronista – si lascerà baciare la mano da lui?” “Perché? Pensate che lo incontrerò in Senato?” “Di certo! Dal momento che è stato eletto senatore…!” “Ma com’è possibile? Se è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa… come può stare qui nel tempio degli eletti onesti e puri?!? – e, continuando a recitare la parte dell’allocca, commento – Siamo proprio un Paese anomalo!”
Gli intervistatori mi guardano, interdetti senza commenti… approfitto del silenzio per tirar via con Antonio Caggiano e la troupe. E’ la seconda volta che entro in Senato.

C’ero venuta anni e anni fa, con Rossella Simoni, per tentare di risolvere il problema di suo marito, Giuliano Naria, detenuto nel carcere speciale di Trani e poi assolto, con formula piena, dopo nove anni di detenzione preventiva; dovevamo incontrare il Senatore Viviani, persona straordinaria, un socialista fuori regola, presidente della commissione Grazia e Giustizia.
Mi guardo intorno. Sono le stesse immagini che mi sono apparse mille volte in tv… ma ora, ritrovarmi di persona dentro quell’architettura solenne, mi emoziona. Saluto i miei amici della Rai… mi dispiace vederli andar via.
Entro nell’emiciclo semivuoto. Sentirmelo tutto intorno, abbracciata dai gradoni a cerchio… mi sembra di essere sospesa dentro proiezioni virtuali… mi gira un po’ la testa… e mi lascio cadere su una poltrona.
Una voce alle spalle esclama: “Troppo onore, signora! Ma stia comoda…” Volto appena lo sguardo e mi rendo conto d’essermi seduta sulle ginocchia del senatore Formisano che mi sorride divertito. Come una molla, scatto in piedi. Chiedo scusa, arrossendo. “Cara senatrice, non ti preoccupare - scopro in quel momento che tra senatori, sinistra e destra - tutti si danno del tu - hai scelto proprio il sedile perfetto, io sono il tuo capogruppo, qui in Senato.

”
Balbetto qualcosa d’incomprensibile. Dove mi siedo? Penso. Mi guardo intorno e mi sento su un piede solo… Riconosco personaggi notissimi del governo Berlusconi… Calderoli, Dell’Utri, Mantovano e appresso, ricurvo su se stesso, vedo spuntare anche Andreotti, che, stranamente mi sorride come avesse apprezzato la mia battuta sul grigio più grigio del grigio, detta qualche minuto prima. Alcuni senatori si sono accomodati occupando l’emiciclo di sinistra, dove risiede l’opposizione, altri passeggiano a gruppetti… si formano capannelli… chi telefona… si chiamano da un lato all’altro, facendo gesti a braccia tese e segnali con entrambe le mani, alla maniera dei broker durante le contrattazioni in Borsa. A mia volta vorrei imitarli. Sollevo le braccia, ci provo, ma poi rinuncio. Mi prenderebbero per pazza. Ci vorrebbe Dario, qui! Lui con lo smanacciamento pantomimico si guadagnerebbe perfino un applauso! Abbracci, un gran vociare, qualche risata, qualche sorriso, manate e sghignazzi… quasi come allo stadio in attesa del fischio d’inizio per la partita. E il via lo dà l’onorevole Scalfaro, che scorgo proprio là, in centro al tavolo della presidenza,
contornato da gente che non conosco.
Non mi sento per nulla rassicurata.
Mi guardo intorno alla ricerca di qualche faccia amica. In tanti stanno seduti qua e là… vedo volti noti… rincontro Nello Formisano dell’Italia Dei Valori, che, vedendomi impacciata, mi rassicura: “Siediti dove vuoi, al Senato non c’è posto fisso.”

Una panoramica con lo sguardo per valutare dove posso sistemarmi. Cerco protezione. C’è l’avvocato Calvi, ci conosciamo dai tempi del processo Valpreda, e del Soccorso Rosso… mi sorride festoso e mi abbraccia; più avanti scorgo Gavino Angius e altri che conosco solo attraverso la televisione… Oh! Furio Colombo… Tiro un gran sospiro di sollievo. Siamo amici da prima che diventasse direttore de l’Unità, è la persona più gentile, generosa ed educata che abbia mai incontrato. Mi accomodo vicino a lui. Mi sento come in famiglia.
Le Senatrici… cerco le Senatrici… Che piacere vedermi da vicino la Finocchiaro, ex giudice, sprigiona forza, simpatia e intelligenza. Un mito per me! Chissà se riuscirò a scambiare due parole con lei. Rina Gagliardi. La conosco dagli anni ruggenti del Manifesto, giornalista fantastica. Quando leggevo i suoi articoli ero colpita da quel suo lessico così intenso e chiaro. Avrei voglia di andare ad abbracciarla, ma mi dispiace fare alzare Furio, che mi sta accanto. Le faccio un gran cenno e le mando un bacio. Mi risponde allegra.
In una pausa incontro anche Lidia Menapace… “Sono onorata!” le dico timidamente. Tra di me penso: “Accidenti che fortunaccia ho.

Potrò parlare con loro… farmi consigliare… discutere… pranzeremo certamente insieme al ristorante del Senato. Bene, bene!”
Il mio umore va migliorando.
Luigi Scalfaro scuote una campanella ripetutamente per ottenere silenzio e dare inizio alla seduta. È a lui che tocca il ruolo della presidenza momentanea. Il brusio assordante non tende a diminuire.
Inizia a parlare… Nessuno ascolta. Riscuote con forza la campana per chiedere un minuto di silenzio per i due soldati morti a Nasiriya. Nessuno ascolta. Sulla gradinata di fronte a me, scorgo due senatori che si parlano all’orecchio e ridono, come nel dipinto di Bruegel, quello dei due giudici al processo di Cristo.
Sono interdetta. Stupita. Sconcertata.
“Che si fa ora?” chiedo a Furio. “Vedrai che fra poco i capigruppo interverranno e ci sarà più attenzione.” “Ma poi? Qual è il programma?” “Dobbiamo eleggere il presidente del Senato”. “Per chi dovremmo votare noi?” – “Tutta la sinistra ha scelto Franco Marini” “Bene. Sono della sinistra, vero?” E ridiamo insieme.
Si arriva alla votazione. Viene estratta una lettera, non mi ricordo quale. Tipo la C. io sono R… hai voglia quanto dovrò aspettare. Osservo attentamente quel che succede: ad uno ad uno vengono chiamati i senatori che transitano sotto al tavolo della presidenza, lì c’è una specie di trabiccolo nel quale entri, voti, poi inserisci la scheda nell’apposita urna. Faccio molta attenzione: guardo quello che fa chi mi precede.
È la prima volta per me e sono preoccupata… spero di non fare brutte figure..
Arriva il mio turno, tutto va bene. Viene fatto lo spoglio delle schede: ci sono errori: 2 Francesco invece di Franco. Si rivota: Idem: Si rivota: idem—idem, tra urla, insulti e strepiti. Roba da stadio. Ma siamo veramente al Senato? - mi chiedo.
“Ma che significa quel “Francesco? - chiedo a Furio - È davvero uno svarione casuale?” E lui mi risponde: “No, sono piuttosto segnali di fumo…” “Oddio! Siamo sulle montagne rocciose con gli indiani? Cosa si stanno comunicando?” “Credo sia per Prodi… qualcuno del centrosinistra avverte che, se non ottiene ciò che ha chiesto, voterà contro l’elezione di Marini.” Stop.
Le votazioni riprenderanno domattina.


Sono arrivata al residence che erano quasi le tre di notte. Cerco di prender sonno ripensando alla giornata trascorsa.
Chiamala giornata! E’ durata almeno 100 ore.
Dove sono capitata? È una situazione che mi ricorda una commedia grottesca di Ben Johnson, “La fiera di San Bartolomeo”, dove non esiste alcuna differenza fra la normalità e la follia.
E oggi m’è sembrato di ritrovarmi proprio in quell’identico caos, erano tutti pazzi! O, meglio, fingevano: era una pazzia organizzata.
Un bacio franca.
CONTINUA....

 

 

INGLESE:

A BRIEF VISIT TO THE SENATE by Franca Rame
English Version
Translated by Elizabeth Pyjov
Department of Romance Languages and Literatures, Harvard University
Adviser: Prof. Walter Valeri

Part I

May 4 2008, Legislature XV – April 28, 2006. The first day in the Senate. I wake up at 5 am. I’m restless. I stroll about the apartment preparing the clothes I’ll wear. At 5:30 am I decide to take a walk. The sun is about to come up. My residence is on via Ripetta. Dario and I lived there for years during our tours in the theatres of Rome. The porter is sleepy. He looks at me funny and asks, “What happened, Senator? You don’t feel well?” Is he really saying that? Senator? Oh god! Is this what everyone will call me now? “No, no thank you … I’m good. I’m going to walk around a bit…” -- I calm him down with a smile. He looks at his watch, but he doesn’t comment on the time. I go out and turn right. “Where do I go?” I ask myself. I quickly walk toward the Ara Pacis.

When I’m about to pass it, I can’t help but give it a glance. I feel like it’s a bit SQUEEZED in the glass box with which Veltroni covered it. The large panes of crystal reflect the trees and the Tiber River that flows below. People pass in a hurry and don’t even condescend to giving it a single look. It’s the Altar of Peace. It feels a little neglected. … out of style … what use can it have? I read that a long time ago it was written on the trabeation: “Once you come out of here, which part of me will you bring into the world? Peace should lead you to purity, to rejecting innocent blood shed despicably in the mud….” Lucky that now we live in a country which hates war by Constitution, and if it does participate in war, it’s only to bring help and comfort to the dejected. Unfortunately, we are forced to proceed in battle with tanks and fighter-bombers … because, it’s hard to understand how, the free are always taken for the aggressors! But please, let’s not get into rhetoric. I turn on Via del Corso. A moment later I’m at Piazza de Montecitorio. The sadness and concern that I have now don’t go away, nor do they lessen. Without really having chosen a direction, I find myself in Piazza Pantheon.

I sit on the steps of the fountain. The Pantheon draws attention to itself, even without me wanting it to. Every time I find myself in front of these “impossible” works, I end up thinking about the thousands of slaves who had built them, and right after I imagine Michelangelo exclaiming, “Each of us isn’t worth a single breath of their wisdom!” My own cares distract me from these thoughts. I take a deep breath. Then slowly, step by step, I cover the few meters that separate me from the Senate and arrive at the imposing Palazzo Madama. The front gate is still closed. I look at it, leaning on the opposite wall, feeling the emptiness in my stomach. Maybe I even have an appetite. I didn’t find a bar that’s open. Oh God, I’ll really have to enter. What will await me there? I am truly shaken. I come back to the residence, now that it’s almost seven a.m. I still need to make three hours pass. I am stuck on a chair in the lobby under a large, exotic plant.

I spend almost an hour thinking… “I’m feeling pretty down, damn it!” But why? “I should be happy! I tell myself – SENATOR! But do you realize what an honor has been bestowed on you? “Yes, yes … Senator!!! – and I make that face again. I never thought that I’d become a senator. It just wasn’t in my plans! “Honored, honored.” Not at all … I was elected without lifting a finger. I don’t feel up for the greatness … I’m scared, even though I won’t tell this to anyone.” “You don’t feel that you’re at the greatness? And so those who voted for you, they picked you just like that, by chance? Let’s try voting an actress into office … Let’s put a nice, decorative figure in that mausoleum of chatterboxes! Cut it out with that old story! Remember all the work that you carried out in the jails, organizing the defense for the young who were arrested for political offenses, who were thrown into prison, tortured …  locked up in jail, those special jails made by the German model… the 100s of shows in support of factories on strike that you put on with Dario?” “Yes, there, that’s it … now let’s fill up with pride…” “It’s only to refresh your memory and give you a little assurance! Well! Have you struggled for years only to put on airs?! … like doing a little jogging? You should be proud: think about how many voted for you! Think about how many had faith in you. They are all people who had chosen you knowing your cause. Not by chance. You received 88,000 votes only in Piemonte! And in the other five regions, where you were presented at the head of the electoral list, how many votes did you get there? … A little smile? Come on!” “But go to hell, you and your self-flattery!” In this way, at war with myself, I go back into the apartment. I look at myself in the mirror. I couldn’t be more dressed up than this. “How nice it is to delude myself with that little smile… I feel out of place… not at some height... more like I don’t fit in … on top of that, I’m too old to handle a new lifestyle.” Well, let’s not exaggerate… Now that I really look at myself from all sides in the mirror, I don’t see myself as one that should be thrown out! “Oh goodness, at your age you should wag your tail from joy, dear senator!! And also spin like in a dance!?! Let’s just imagine that I have come on stage … I’m a daughter of art, and in our profession no one’s ever afraid to get on stage. Enough with the metamorphoses. Now a shower. Lingerie. What outfit do I wear? How does a senator dress? I would like to dress up in red … so that they understand right away which side I’m on. Then I go for black – it’s more consistent with the moment and my mood. Pants, a top, and a jacket of opaque silk that Gianfranco Ferré gave me along with other very elegant clothes when Dario received the Nobel prize at Stockholm. I brush my hair, put on make-up… I do everything slowly, but I’m ready in a moment. I sit back down and wait. How many times have I looked at the clock? They call me from the porter’s lodge: “Rai Channel 3 is here…” They come up to my apartment. Antonio Caggiano wants to film me getting ready… When they arrive, I put on my coat. “But really!? … Ready already?” I wanted to laugh. “Yes… I just still need to put on the earrings …” “How come for years you always wear these earrings?” “Dario gave them to me as a gift at a very special time in our life… I won’t take them off ever again! Let’s go?” The television camera is rolling … we get into the car … we chat about the occasion … Dario calls … “Good luck! ... I love you…” “Me too!” Damn it, Dario, why aren’t you here … I get rid of the lump in my throat and pretend to have a cough. We arrive … I’m calm, very calm and … shocked. There’s a sea of people. Journalists, photographers, televisions. I get out of the car wishing no one notices me. “Senator…” “Franca” “Senator…” “Franca” “Franca” “Senator, how do you feel? Are you happy?” I think about it for a moment… I could say, I’m excited … I’m honored … joy is bursting from all my pores! Instead the phrase that comes out seems taken from an old Lombardian folk song that goes something like this: “I’m as happy as a young eighteen year old girl who is getting married to an old Catarrhal whom she does not love…” But what am I saying? And sure enough, the others look at me, perplexed, and then they shoot questions at me: “Now you will meet Cossiga … Andreotti … What will you do? Will you shake their hand?” Damn it, but what kinds of questions do they ask me so early in the morning? “Well … Andreotti … right away he brings to mind Moro and the letters from red brigade prison addressed to Andreotti (Moro described the soul of Andreotti as “grey that’s the most grey of all grey”). As for Cossiga, I can’t help but see him on the deck of a warship, like he imagined himself during the conflict of Kuwait, with the wind ruffling his hair … it’s there that his hair became so curly, almost frizzy!” A great laugh breaks out among the cameramen. But a lot of the reporters are rigid, like plaster puppets. I take a deep breath. “And what do you have to say about the founder of Forza Italia?” one of them tries to provoke me. “About who? Utri?” – I speak slowly, carefully picking words … I don’t want to end up in prison on the first day. “Well… this friend of Berlusconi … he asked us a penalty of a million euro for having vaguely hinted at his affinity toward the people of Cosa Nostra …” A journalist presses, “Will you allow him to kiss your hand?” “Why? Do you think I’ll meet him in the Senate?” “Of course! He’s been elected senator…!” “But how can this be? If he’s been convicted of foreign aid in association with the mafia … how can he be here, in the temple of the pure and honest who have been elected?!? – and, continuing to recite the part of the fool, I comment – We really are in an anomalous country!” The interviewers look at me, dumbfounded and speechless ... I take advantage of the silence to step aside with Antonio Caggiano and the crew. This is the second time that I enter the Senate.

I had come here years and years ago with Rossella Simoni to try to resolve the problem of Giuliano Naria, her husband. He was prisoner in the special jail of Trani and then after nine years of preventive imprisonment he was freed and deemed innocent without doubt. Then we had to meet Senator Viviani, an extraordinary person, an atypical socialist, president of the committee of Grace and Justice. I look around. These are the same images that have appeared on TV thousands of times … but now actually finding myself here inside this solemn architecture moves me. I say goodbye to my Rai friends … I’m sorry to see them go. I come into the half-empty hemicycle. Feeling all this around me, that I’m surrounded by tiers of circles ... it seems like I’m hanging in virtual projections … my head is spinning a little … and I let myself fall on an easy chair. A voice behind me exclaims: “This is too great of an honor, Madame! But make yourself comfortable …” I barely turn my head and I realize that I sat down on the knees of Senator Formisano who smiles at me, amused. Like a spring, I jump to my feet. I apologize, blushing. “Dear Senator, don’t worry about it – I find that now senators, left-wingers and right-winger are all on familiar terms among themselves. You’ve really picked the perfect seat. I’m your group leader here in the Senate.”

I mumble something incomprehensible. Where do I sit? I’m thinking. I look around, and I feel that I’m standing on only one foot … I recognize the most famous figures of Berlusconi’s government … Calderoli, Dell’Utri, Mantevano and right after, curved on himself, I see Andreotti appear, who strangely enough smiles at me, as if he had actually appreciated my joke about the grey that’s the most grey of all grey which I had said a few minutes ago. Some senators took a seat on the left side of the hemicycle, where the opposition resides. Others walk around in little groups … they form small crowds … some make phone calls ... they call each other from one side of the room to the other, gesturing with outstretched hands and making signals with both hands, in the style of brokers negotiating in the Stock Exchange. I, for my own part, would like to imitate them. I lift my arms, try to, but then I give up. They would have taken me for crazy. Who we really need here is Dario! With his dynamic hands of a pantomime he would even get an applause! Hugs, a great shout, some laughter, some smiles, slaps and scornful laughs … almost like a stadium awaiting the whistle that signals the beginning of a game. The honorable Scalfaro gives the starting-signal. I see him right over there, in the center of the table of the president, surrounded by people I don’t know. I don’t feel a bit reassured. I look around, in search of some friendly face. Many are seated here and there … I see well-known faces … I meet Nello Formisano, from the Italia Dei Valori party, who sees that I’m self-conscious and reassures me: “Sit wherever you want, in the Senate we don’t have assigned seating.”

With a glance I do a general survey to figure out where I can settle down. I search for protection. There’s Calvi, the lawyer – we know each other from the times of the Valpreda trial and of the organization Soccorso Rosso … he smiles at me joyfully and hugs me; ahead I see Gavino Angius and others who I know only from seeing them on television… Oh! Furrio Colombo … I take a great big sigh of relief. We were friends before he became the director of the newspaper l’Unità. He’s the most kind, generous and polite person I’ve ever met. I sit down next to him. I feel at home. The female senators … I look for the female senators … What a pleasure it is to see Finocchiaro, the ex-judge from close-up. She gives off strength, charm and intelligence. She’s a legend to me! I wonder if I’ll be able to exchange a few words with her. I see Rina Gagliardi. I know her since the roaring years of the newspaper Manifesto. She’s a fantastic journalist. When I read her articles, I was struck by her vocabulary – so intense and so clear. I would like to go hug her, but I’d be sorry to make Furio, who’s sitting next to me, get up. I give her a big nod and I blow her a kiss. She happily replies. During a pause I also meet Lidia Menapace … “I’m honored!”, I tell her timidly. I think to myself: “Damn, what luck I have!”

I’ll be able to talk to them … receive advice … debate … Surely we’ll have lunch together at the Senate restaurant. Good, good! My mood is improving. Luigi Scalforo rings a bell repeatedly to bring about silence and begin the session. It’s his turn to have the role of the temporary president. The deafening buzz doesn’t seem to be declining. He begins to talk … No one listens. He rings the bell again, strongly, to ask for a minute of silence for the two soldiers who died in Nasiriya. No one listens. On the tiers in front of me, I see two senators whispering into each other’s ears and laughing, like in Bruegel’s painting, the one with the two judges at the trial of Christ. I’m baffled. Dumbfounded. Stupefied. “What do we do now?” I ask Furio. “You’ll see that soon the group leaders will interfere and people will pay more attention.” “But after that? What’s the plan?” “We need to elect the president of the Senate.” “Who should we vote for?” – “All the left-wingers chose Franco Marini.” “Good. I’m a left-winger, right?” And we laugh together. The time to vote comes. A letter of the alphabet is randomly pulled out, I don’t remember which. Something like C, while I’m R …. Who knows how long I’ll have to wait. I attentively observe what is happening: one-by-one senators are called and walk below to the table of the president, where there’s a kind of booth in which one enters, votes and then inserts the card in a special ballot box. I’m very careful: I watch what the person before me does. It’s my first time and I’m worried … I hope I won’t make a bad impression … My turn comes. Everything is going well. The examination of the ballot cards is done – there are errors: two Francescos instead of Franco. There’s a revote: the same. There’s a revote – the same. The same amidst shouts, insults and noise, like in a stadium. But are we truly in the Senate? – I ask myself. “But why did they write Francesco twice, what does it mean? – I ask Furio – Is it truly a mistake, just by chance?” And he replies: “No, rather there are smoke signals …” “Oh God! Are we on the Rocky Mountains with the Indians? What are they communicating?” “I believe it’s a message to Prodi … Someone from the center left has informed us that if he doesn’t receive what he asked for, he will vote against the election of Marini.” Stop. The voting will resume tomorrow morning

When I came back to the residence, it was almost 3 a.m. I try to go to sleep, thinking about the day. How can you call it just a day? It lasted at least 100 hours. Where did I end up? The situation reminds me of a grotesque comedy by Ben Johnson, The Bartholomew Fair, in which there isn’t any difference between normality and insanity. And today I felt like I found exactly the same chaos – everyone was crazy! Or rather, they were pretending: it was an organized madness. A kiss, Franca. TO BE CONTINUED…

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Dibattito sul boicottaggio della Fiera del Libro di Torino.

La decisione di avere come ospite d’onore lo Stato d’Israele per l’edizione 2008 ha aperto un dibattito sull'opportunità di boicottare l'evento.
Un gruppo di intellettuali, di vari paesi, ha promosso un appello per chiedere alla direzione della Fiera del Libro di Torino di revocare la decisione di avere lo Stato di Israele come ospite d'onore. Questi intellettuali propongono di dedicare invece alla pace questa edizione 2008.
 *1.* Chiediamo di revocare una decisione sbagliata ed inopportuna fortemente condizionata dalla volontà delle autorità israeliane di celebrare in un importante evento culturale in Italia un atto esplicitamente politico come la celebrazione dei sessanta anni della nascita dello Stato di Israele.
Occultare la Palestina e il dramma del popolo palestinese – indissolubilmente connessi alle scelte concrete di Israele – è stata una forzatura che non poteva passare sotto silenzio, né in Italia nè altrove. Tanto più alla luce della mattanza scatenata dalle forze armate israeliane contro la popolazione palestinese di Gaza
 

*2.* A nessuno è sfuggita la dimensione politica e per molti aspetti strumentale della decisione di dedicare a Israele l’edizione 2008 della Fiera del Libro.
Questa dimensione tutta politica, non può essere occultata dal tentativo di disegnare la contestazione e il dissenso dalla scelta della direzione della Fiera del Libro di Torino come una operazione tesa ad imbavagliare la cultura o di mettere a tacere la letteratura ebraica ed israeliana. *Nulla di più falso.* Al contrario riteniamo che proprio il tentativo di utilizzare la cultura come forma di legittimazione della politica di uno Stato sia un’offesa verso il buonsenso dell’opinione pubblica, una strumentalizzazione della libertà di espressione e del ruolo degli scrittori.
Allo stesso modo riteniamo maldestro e fallace il tentativo di lasciar credere che la campagna di contestazione della Fiera del Libro di Torino sia partita dalle capitali dei paesi arabi e islamici e non da una spinta dal basso della società civile italiana. E’ accaduto esattamente il contrario sia sul piano cronologico che politico. E’ stato solo dopo che associazioni e comitati impegnati nella solidarietà con il popolo palestinese hanno contestato la decisione di dedicare a Israele la Fiera del Libro che il dibattito e l’allarme hanno raggiunto la sponda sud del Mediterraneo. Solo in seguito alle denunce delle associazioni sono venute crescendo proteste e proposte di boicottaggio anche tra gli scrittori e le istituzioni del mondo arabo-islamico. Affermare il contrario è una falsità che non aiuta la discussione né la soluzione.
*3.* Gli echi e i contraccolpi di questa iniziativa di contestazione in Italia sono stati talmente forti e argomentati che scrittori e intellettuali arabi, israeliani e arabi-israeliani hanno deciso di non partecipare ad un evento che celebra i sessanta anni della nascita di uno Stato nato sulle spalle della popolazione palestinese e che definisce questo anniversario come Nakba (la catastrofe).
E’ ormai evidente che sono molti ad aver compreso che così come è stata concepita e costruita la Fiera del Libro di Torino di quest’anno, l’ha trasformata in un evento scivoloso e strumentalizzabile, decidendo di conseguenza, pubblicamente o meno, di tenersene alla larga.
Ciò dimostra che l’operazione fin qui tentata è fallita e che la direzione della Fiera del Libro ha un’ultima possibilità di evitare tensioni, polemiche e strumentalizzazioni che condizioneranno pesantemente un evento culturale come quello di maggio a Torino.
*C’è solo una decisione da prendere e noi torniamo a chiedere con questo appello che venga presa adesso: revocare la decisione di dedicare a Israele la Fiera del Libro e dedicare l’edizione di quest’anno alla pace. E’ l’unica scelta che può restituire contenuto e dignità alla Fiera del Libro e forse riparare ad alcuni dei danni fatti nelle relazioni culturali tra l’Italia e il resto delle società del Mediterraneo e allo spirito libero e critico del confronto tra le culture.*.Primi firmatari:
Gianni Vattimo (università di Torino)
Angelo Baracca (università di Firenze)
Giulietto Chiesa (giornalista ed europarlamentare)
Giorgio Forti (ECO, rete ebrei contro l’occupazione)
Wasim Dahmash (università di Cagliari)
Danilo Zolo (università di Firenze)
Edoardo Magnone (università di Tokio)
Giorgio Cremaschi (sindacalista Fiom)
Antonello Petrillo (università di Napoli "O .Benincasa")
Domenico Losurdo (università di Urbino)
Luciano Vasapollo (università di Roma "La Sapienza")
Nella Ginatempo (università di Messina)
Guglielmo Carchedi (universita’ di Amsterdam)
Antonio Di Stasi (università Politecnica delle Marche)
Rita Martufi (ricercatrice Cestes-Proteo)
Andrea Martocchia, ricercatore Istituto Nazionale di Astrofisica
Annamaria Crescimanni (università. La Sapienza, Roma)
Mauro Cristaldi (università. La Sapienza, Roma)
*Nino Pagliccia (universita della British Columbia, Canada)*
Marco Rizzo (europarlamentare)
Salvatore Cannavò (deputato uscente)
Fosco Giannini (senatore uscente)
James Petras (Università di New York e di Halifax, USA/Canada)
Joaquim Arriola (università di Pamplona, Spagna)
Ricardo Antunes (università di Campinas, Brasile)
James Cockcroft (università di Montreal, Canada)
Josè Alberto Jaula Botet (università di Pinar del Rio, Cuba)
Alvaro Bianchi (università di Campinas, Brasile)
Honorato Tessier Fuentes (università di Coahuila, Messico)
Carolus Wimmer (parlamentare, Venezuela)
Manuel Mera (Fondazione per lo Studio Sociale e Sindacale, Galizia, Spagna)
Mauricio Nunez (Centro Studi Martiano, Cuba)
Henrike Galarza, (Universidad Pública de Navarra, Paesi Baschi)
Francisco Dominguez (università. Middlesex, Londra)
Francisco Torrealba (parlamentare Venezuela)
Alberto Munguira Elizondo, (università pubblica della Navarra, Paesi Baschi)
Gloria Martínez González (Università Nazionale Autonoma di Città del Messico)
Alejandro Valle (Università Nazionale Autonoma di Città del Messico)


1° maggio al corteo del Mayday Parade a Milano

 Ieri, 1° maggio, con Franca e Dario eravamo al corteo del Mayday Parade a Milano, insieme ai precari, ai migranti, e ai ragazzi dei centri sociali, accolti da tanta gente colorata festosa e danzante. Abbiamo assistito alle consuete calde manifestazioni di affetto e di stima che sempre accolgono la loro partecipazione agli eventi di questo genere. Musica e canti di tanti paesi, carri tematici con le effigi di San Precario e San Migrante. C'era il carro delle precarie vestite da sposa (con chiara allusione alla soluzione di Berlusconi per risolvere il problema con un matrimonio di interesse), c'era quello dei migranti, quello sulle morti bianche, tutti con cartelli dove si rivendicavano i diritti al lavoro, alla sicurezza e a un trattamento dignitoso.
Sul cartello più ironico si leggeva "Migranti, non ci lasciate soli con gli italiani "!
Veniva distribuito un volantino altrettanto ironico dove si chiedeva con chi si ritenesse di avere più cose in comune, con Mohammed, operaio metalmeccanico precario, affitto esagerato, reddito insufficiente e improbabili prospettive di pensione, o con Montezemolo, Presidente di Confindustria, proprietario di grandi aziende, ville, palazzi, terreni e rendite per migliaia di anni.
Eravamo in tanti, 50.000, tanti che contano poco, tanti "invisibili" che non hanno i media dalla loro parte, tanti che portavano istanze scomode al sistema dei partiti e delle holding, fastidiosi per gli smaniosi di profitto e di potere che oggi hanno in mano ben salde le redini del paese.
Se è vero che le manifestazioni, da sole, non risolvono i problemi, è pure vero che sono importanti momenti di incontro di volontà collettive che si esprimono con la partecipazione e rappresentano l'espressione di impulsi sociali in modo, per molti versi, ritualizzato e liberatorio.
Anche se di sicuro per quanto riguarda la precarietà, le morti bianche e le migrazioni, non ci saranno, a breve, risposte istituzionali alle richieste di una maggiore sicurezza - che, è bene sottolinearlo, non vuol dire solo ordine pubblico - questi respiri di piazza sono tuttavia il segno di non aver ceduto alla rassegnazione per l'incertezza in cui siamo stati trascinati da governanti sciagurati e indegni di guidare il paese.
Gessica e gargantua


Reggio, in procura il morbo palermitano. E la 'ndrangheta va verso la terza guerra


Reggio, in procura il morbo palermitano. E la 'ndrangheta va verso la terza guerra
di Alessio Magro
Un copione già letto: le talpe e i corvi, le guerre di mafia e le lotte massoniche, veleni tra toghe e coperture politiche. Alla procura di Reggio Calabria impazza la febbre palermitana: tutto come all’epoca del porto delle nebbie, delegittimazioni, fughe di notizie, grilli parlanti e omicidi eccellenti. Tutto come all’epoca di Falcone e Borsellino e alle successive fasi del pool antimafia. Anche i protagonisti sono gli stessi: in riva allo Stretto è appena arrivato Giuseppe Pignatone, fedelissimo di Piero Grasso, che ritrova il suo braccio destro Renato Cortese, a capo della mobile reggina. Mentre sull’altra sponda, nella Dda di Messina c’è un altro grassiano, Guido Lo Forte. Per qualche tempo si è aggirato a Gioia Tauro anche Mario Mori - ex capo degli 007 del Sisde appena rinviato a giudizio per la mancata cattura di Bernardo Provenzano – con il ruolo di commissario straordinario per la sicurezza del porto di Gioia Tauro.
La cimice e la talpa. L’arrivo di Pignatone è preceduto da una scia di polemiche. Segno che la ultradecennale frattura della procura reggina non è mai stata sanata, anzi. C’è chi scrive che parecchi pm abbiamo accolto freddamente il neo procuratore generale. Voce smentita addirittura con un comunicato stampa. Ma per Pignatone una grossa sorpresa: la sua nuova stanza è stata violata prima del suo arrivo. Subito l’ordine di sostituire le serrature e avviare una bonifica. Ecco che spunta fuori una cimice in un ufficio utilizzato dal sostituto Nicola Gratteri (titolare delle indagini su Duisburg) per le conversazioni riservate. Un apparecchio da pochi euro, disponibile in tutti i negozi specializzati, con un raggio d’azione di venti metri.
Caccia allo spione. Probabilmente non si saprà mai chi ha ordinato e chi ha piazzato quella cimice. I principali organi di stampa puntano l’indice su un magistrato. La lista non è lunghissima. A far parte della procura di Reggio Calabria, sono in 25, più l’appena arrivato Pignatone. Si tratta di: Francesco Scuderi (ex pg facente funzioni), Salvatore Boemi (attuale capo della Dda, in via di trasferimento dopo lo stop subito nella corsa alla carica di pg di Reggio), Francesco Mollace, Francesco Tripodi, Nicola Gratteri, Santi Cutroneo, Danilo Riva, Roberto Placido Di Palma, Giuseppe Bianco, Adriana Fimiani, Mario Andrigo, Marco Colamonici, Giuseppe Lombardo, Domenico Galletta, Gabriella Cama, Enrico Riccioni, Antonio De Bernardo, Giuseppe Bontempo, Giovanni Musarò, Carmela Squicciarini, Beatrice Ronchi, Federico Perrone Capano, Sara Ombra, Maria Luisa Miranda, Annalisa Arena. Chi è la talpa?
Il corvo. Si firma proprio così, il corvo, l’autore di una serie di lettere anonime che gettano fango su alcuni magistrati: Luigi De Magistris, lo stesso Gratteri, l’aggiunto Franco Scuderi, reo di aver inviato al Csm e alla Cassazione una segnalazione sulle anomalie dei pm Franco Mollace e Salvo Boemi nella gestione del caso De Gregorio (il senatore avrebbe agevolato affari immobiliari in favore di cosche reggine). Un’inchiesta segretissima (e non segnalata a Scuderi) finita sulle pagine dei giornali (CalabriaOra e tre quotidiani nazionali) insieme all’indagine sul presunto voto di scambio con protagonista il senatore Marcello dell’Utri. Il corvo spara anche su Gratteri: secondo la fonte anonima, avrebbe pilotato gli appalti per le intercettazioni a imprese amiche. È lo stesso Gratteri a smentire: qui si paga il compenso più basso (16 euro al giorno) di tutt’Italia.
Il direttore. Il controverso direttore del quotidiano CalabriaOra risulterebbe coinvolto nell’inchiesta sulla malasanità che ha portato all’arresto del consigliere regionale Domenico Crea, il politico subentrato a Franco Fortugno dopo la sua uccisione. Per Paolo Pollichieni è un bis: già arrestato, processato e assolto in un’inchiesta su appalti sanitari. La figura del giornalista si lega alla vicenda toghe reggine: dalle intercettazioni sull’utenza telefonica del cronista locrese emerge uno strettissimo rapporto con il pm della Dda Francesco Mollace. L’iscrizione nel registro degli indagati del senatore è finita in tempo reale (Pollichieni è coinvolto anche nelle indagini sulla fuga di notizie relativa alla vicenda) sulle pagine del quotidiano edito da un gruppo di imprenditori cosentini (Fausto Acquino e Piero Citrigno, quest’ultimo a processo per usura nella città bruzia, tra l’altro acquirente della storica testata "Paese Sera" e in procinto di subentrare nella gestione dell’Istituto Papa Giovanni XXIII, una struttura sanitaria che da sola assorbe la metà del bilancio sanitario della Regione Calabria). I cronisti di CalabriaOra, inoltre, sono stati indagati più volte per violazione del segreto d’ufficio. Ecco perchè la talpa, secondo gli inquirenti, potrebbe essere proprio un magistrato.
Le Indagini. Il Consiglio superiore della magistratura ha deciso di intervenire direttamente sulla vicenda Reggio, aprendo un fascicolo e ordinando una visita sullo Stretto. Il caso talpa passa per competenza a Catanzaro. Un’altra procura, quella del capoluogo calabrese, profondamente spaccata (vicenda De Magistris, trasferimento dell’ex pg Mariano Lombardi) e in attesa della nomina del nuovo procuratore generale (è in corsa anche Boemi, ma il Csm è spaccato).
I Piromalli. La storica cosca di Gioia Tauro sembra nell’occhio del ciclone. L’omicidio di Rocco Molè – presunto boss della cosca Molè, legata da vincoli di sangue ai Piromalli, ucciso l’11 febbraio a Gioia Tauro – ha aperto uno squarcio nell’alleanza delle ‘ndrine tirreniche (altri fedelissimi, fino ad oggi, sono stati i Pesce di Rosarno e i Mancuso del Vibonese). L’autobomba che ha colpito Antonino Princi, imprenditore in odore di mafia legato ai Piromalli, ha aperto la voragine. Lo scioglimento del consiglio comunale di Gioia Tauro per infiltrazioni mafiose e le indagini su Dell’Utri riportano ancora l’attenzione sui Piromalli.
Come nell’85. Non è la prima volta che viene utilizzata un’autobomba in Calabria. A farne le spese per primo è stato l’imprenditore Gennaro Musella, nei primi anni 80. Ma l’autobomba celebre è quella che ha segnato l’inizio della seconda guerra di ‘ndrangheta: anche in quel caso il bersaglio, Nino Imerti, non morì. Creparono in migliaia nei sei anni successivi. Antonino Princi - privato di gambe, braccia e vista dalla deflagrazione del 26 aprile scorso – è un manager a capo di un impero economico nella Piana, con interessi nei centri commerciali. Uno dei principali, il "Porto degli Ulivi", si trova a Rizziconi, nell’entroterra, ed è partecipato da Pasquale Inzitari, esponente di primo piano dell' Udc calabrese (candidato al Parlamento alle scorse elezioni) e cognato di Princi. Il faccendiere (secondo gli inquirenti avrebbe coordinato le attività di riciclaggio delle cosche dell’entroterra aspromontano) è stato anche azionista del Catanzaro Calcio, prima del fallimento del 2006.
Parente di boss. Per farlo fuori hanno utilizzato una bomba piazzata sotto la sua Mercedes (Gioia Tauro è una delle zone d’Italia a più alta concentrazione di auto di lusso) e attivata con un radiocomando. A colpire sono le parentele eccellenti: i Rugolo di Oppido-Castellace per parte di moglie, e quindi i Mammoliti, tutti alleati degli Alvaro di Sinopoli. Secondo la Dda, l’omicidio potrebbe essere una risposta alla morte di Molè. Un’alleanza basata sugli affari (porto di Gioia, A3, rigassificatore, grandi opere) quella tra Piromalli e Molè che potrebbe essere saltata, forse proprio per via di contrasti sulle infiltrazioni dello scalo marittimo di Gioia, snodo di ingenti risorse nei prossimi anni. Mentre ad avercela con Princi potrebbero essere anche i Crea di Rizziconi. In ogni caso è in atto un terremoto che ha distrutto gli antichi equilibri.
Indagini al rallentatore. La Dda di Reggio stava per arrestare Princi, con l’accusa di concorso esterno e riciclaggio. Una richiesta, maturata dopo l’agguato a Molè, ferma da due mesi negli uffici del gip. Indagini difficili, affidate al procuratore aggiunto di Palmi, Bruno Giordano, e al pm dell' antimafia reggina Roberto Di Palma, con la supervisione di Roberto Pennisi (Dna).
Scioglimento sul filo di lana. Appena qualche giorno prima dell’attentato a Princi, e a poche ore dall’uscita di scena del governo Prodi, il consiglio dei ministri ha decretato lo scioglimento del comune di Gioia Tauro. Infiltrazioni mafiose, ovviamente, che vedrebbero l’ex sindaco Giorgio Dal Torrione in qualche modo in balia delle cosche locali. Ma la decisione irrituale potrebbe aver accelerato la reazione armata sulla Piana.
I Piromalli e Dell’Utri. E alla vigilia del voto alle politiche la stampa ha dato notizia delle indagini sul presunto voto di scambio che vedrebbe coinvolti un faccendiere ex dc, Aldo Miccichè, e il senatore Marcello Dell’Utri. Cinquantamila voti all’estero che i Piromalli avrebbero promesso, con il tramite di Miccichè. In cambio di favori (il capobastone Giuseppe è in regime di 41bis).
Il fronte in procura. La spaccatura sul fronte ‘ndranghetistico della Piana segue al terremoto reggino (con le nuove alleanze e il recente arresto del Supremo, il boss Pasquale Condello) e a quello della Locride (con la cattura del mammasantissima Giuseppe Morabito, l’omicidio Fortugno, la faida di San Luca e la strage di Duisburg). Uno tsunami che fa presagire una terza guerra di ‘ndrangheta, un conflitto guerreggiato, dopo anni di guerra fredda. Sulla stessa spaccatura sembra si inseriscano gli scontri tra toghe. La talpa e il corvo, forse, ci dicono questo: la guerra di ‘ndrangheta si fa anche in procura.

30/04/2008

 

ARTICOLO 21 Liberi di


Genova: Collasso Energetico Festival delle Energie

Genova: Collasso Energetico Festival delle Energie

di Redazione ([email protected])

29/04/2008

Dal 10 al 25 maggio a Genova nel centro cittadino

 
Con un team organizzativo tutto al femminile si svolge a Genova “Collasso Energetico”, grande manifestazione che tratta, attraverso differenti linguaggi, il tema dell'emergenza energetica del pianeta terra. Organizzato e promosso da Teatro Cargo di Genova, su progetto di Laura Sicignano e Alessandra Vannucci, “Collasso Energetico” presenta spettacoli teatrali, numerosi eventi e performances, laboratori, visite ecologiche della città e molte conferenze condotte da illustri relatori.
La manifestazione si svolge nel centro cittadino, tra Palazzo Tursi e Palazzo Ducale, la Civica Biblioteca Berio, Castello D'Albertis e Porto Antico, con eventi nelle piazze Matteotti e San Lorenzo. Nel corso della manifestazione sono proposti alcuni appuntamenti nel ponente genovese, a Teatro Cargo e presso il Muvita Science Center di Arenzano. Ad apertura della manifestazione sabato 10 maggio alle 21,30 in piazza De Ferrari è in programma l'energetica esibizione dei Vulcanica, percussionisti che con passione e divertimento fanno musica suonando di tutto, dai bidoni ai cerchioni e latte di ogni dimensione.
Tra gli spettacoli teatrali “Ecologia, follia e dintorni” di e con Jacopo Fo, analizza le modalità con cui gli uomini hanno portato il pianeta sull'orlo del collasso, chiedendo se l'intervento dei comici possa contribuire a salvarne le sorti. “Del buio e della luce” è il titolo della conferenza scenica di e con Mario Tozzi, spettacolo-evento con racconti attorno all'energia che verrà.
Tra gli eventi spettacolari presentati nella manifestazione “Nomadizziamoci” con Syusy Blady. Nel cortile di Palazzo Ducale viene montata una yurta, tenda mongola, prototipo abitativo del passato e del futuro: gli spettatori, invitati a entrare dall'artista, comodamente seduti tra tappeti e cuscini, assistono all'affascinante racconto della vita ecologicamente compatibile dei nomadi della Mongolia. A Castello D'Albertis un gruppo di Indios dell'Amazzonia costruisce la maloca, tipica capanna brasiliana, raccontando la propria piccola e preziosa civiltà, data già per estinta ma che invece è sopravvissuta grazie ad un accorto uso delle risorse energetiche a disposizione. In Piazza Matteotti visita alla casa ecologica, eco-abitazione a basso consumo alimentata solo con energie alternative, all'interno della quale vivono alcuni operatori che illustrano come sia possibile ricorrere a fonti energetiche alternative e pulite, senza ridurre il confort abitativo.
Il tema della situazione energetica internazionale è trattato nell'ambito di 8 tavole rotonde, conferenze-aperitivo animate da illustri relatori tra i quali il premio Nobel Dario Fo, il metereologo Luca Lombroso, Roberto Danovaro, membro del comitato scientifico del WWF, il geologo e ricercatore del CNR Mario Tozzi, gli scrittori Alessandro Hellmann e Mark Lynas ed i giornalisti Giulietto Chiesa e Patrizio Roversi,
A corollario della manifestazione, visite ecologiche guidate nel centro storico della città, il più grande centro storico d'Europa, stand di libri e riviste sull'argomento ed info point con distribuzione di materiale informativo.
Due le mostre artistiche, “Sete d'Etiopia” a Palazzo Ducale, a cura della Fondazione Butterfly onlus, presenta 41 suggestive foto in bianco e nero di Fabrizio Jelmini, “Nuova scienza: una prospettiva artistica”, di Laulima, coniuga al BerioCaffè arte e scienza. Previste anche giornate a tema sia per imparare a risparmiare energia, spendendo meno in casa, e promuovendo una mobilità sostenibile in città, mentre venerdì 16 s'impara con patrizio Roversi a risparmiare in barca, compiendo su un battello il giro del porto genovese. Divertimento assicurato ed ecologicamente corretto per grandi e piccini anche attraverso feste e giochi, dalla caccia al tesoro ecologica ai passatempi on line.
 
IL Festval delle energie è realizzato con contributo di: Regione Liguria, Comune di Arenzano, Elsag Datamat, Villa Montallegro, Amiu, Iride, Sogea, Qui Ticket Service, Finstral. In collaborazione e con patrocinio di: Comune di Genova
Con patrocinio di: ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Provincia di Genova
Partners: Arpal, Cnr, Legambiente, WWF, IRECon Italia, Associazione Albergatori Genova, Amt Genova, Camera di Commercio Genova, BerioCafè, Bottega Equosolidale, Fnac, Enea, Itinera, Coordinamento Ligure Donne Latinoamericane, Liguria Business Journal, Sostenibili, Kyoto Club, Butterfly onlus, Laulima.
Gli organizzatori ringraziano: Confindustria, IIC, Soslog, Consorzio Liguria Via Mare, Voci della Terra, Coop Solidarietà e Lavoro, Survival, Qualità Italia.
Info: tel. 010.694240
www.teatrocargo.it

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Farla finita con la Realpolitik

 
di Paolo Flores d'Arcais
Il nostro torto è di non credere alle nostre analisi. Quando Nanni gridò a piazza Navona oltre sei anni fa che "con questi dirigenti non vinceremo mai più", in tanti trovammo che quel grido di indignazione e rabbia era la migliore sintesi di anni di riflessioni (anche su MicroMega, anzi quasi solo su MicroMega), e che la rabbia poteva diventare azione, e quindi speranza. Pochi giorni dopo, infatti, realizzammo il Palavobis, a cui stavamo già lavorando, e pochi mesi dopo il milione e più di auto-organizzati a piazza san Giovanni.
Ma a quel punto cominciammo a non prendere più sul serio le nostre analisi, a sostituirle con le illusioni. Le solite illusioni: che quei dirigenti sarebbero cambiati (nel duplice senso: di imparare loro stessi, o di rinnovare parzialmente i gruppi dirigenti dall’interno).

Illusioni o meno, abbiamo fatto fino in fondo, e anzi oltre, il nostro dovere secondo la "disciplina repubblicana", votando chi non ci convinceva affatto (o peggio) pur di evitare la vittoria del peronismo-videocratico-clerico-fascista. Non è servito a nulla. Le colpe, le ignominie, le dissipazioni, le mediocrità, accumulate e stratificate negli anni dalla nomenklatura variegata del centro-sinistra, sono state più forti di ogni generosità e di ogni impegno: masse di cittadini democratici hanno detto chiaramente, con il loro non-voto, che non sono più disponibili per un "meno peggio" che evidentemente sentono sempre meno distinguibile dal peggio-peggio berlusconiano, leghista e post-fascista.
A questo punto, e dentro una catastrofe che abbiamo fatto di tutto per evitare e di cui solo le nomenklature del centro sinistra (tutte, vecchie e nuove) portano l’intera responsabilità, è lo stesso realismo che impone di farla finita con ogni Realpolitik. L’unica strada che ancora non è stata percorsa è quella della coerenza intransigente e radicale con i valori che si dichiarano. E’ l’unica, perciò, che abbia senso percorrere.
Lungo tale strada il primo equivoco da spazzar via è che ci fossero due sinistre. Ve ne era ed è una sola: PARTITOCRATICA, anche se poi variegata in apparenze più o meno moderate o radicali. Ma i Bertinotti e i D’Alema non sono né moderati né radicali: sono autoreferenziali, sono CASTA.
Ora ci aspettano anni in cui sarà necessario fare politica direttamente, auto-organizzandosi, in mille club, tematici, territoriali, telematici, senza la pretesa di una "linea generale" onnicomprensiva da condividere, ma anche senza più l’illusione che il momento elettorale possa esser delegato alla casta medesima.
Cominciamo subito, perciò, a proporre esperienze di azione politica nuova, a praticarle, a raccontarle, in coerenza con i valori del Palavobis e di san Giovanni. Senza la pretesa di "coordinarle", ma di comunicarle e moltiplicarle. Del resto, la "democrazia presa sul serio" ha almeno un suo rappresentante in Parlamento: Pancho Pardi.
Non perdiamoci di vista e non limitiamoci alla geremiade. Il sito di MicroMega cercherà di servire anche a questo.

(29 aprile 2008)

Il dopo elezioni

Farla finita con la Realpolitik


Va tutto molto bene. Di Marco Travaglio

Ora d'aria
l'Unità, 27 aprile 2008
Spiaceva quasi, l’altroieri, sentire l’intera piazza San Carlo che sfanculava ogni dieci minuti Johnny Raiotta, il direttore del Tg1 che fa rimpiangere Mimun. Troppi vaffa per un solo ometto. Poi però uno rincasava, cercava il servizio del Tg1 di mezza sera su una manifestazione criticabilissima come tutte, ma imponente, che in un giorno ha raccolto 500mila firme per tre referendum. Invece, sorpresa (si fa per dire): nessun servizio, nessuna notizia, nemmeno una parola.

Molti e giusti servizi sul 25 aprile dei politici, sulle elezioni a Roma, sul caro-prezzi, sul ragazzino annegato, poi largo spazio alle due vere notizie del giorno: le torte in faccia al direttore del New York Times e la mostra riminese su Romolo e Remo (anzi, per dirla col novello premier, Remolo). Seguiva un pallosissimo Tv7 con lo stesso Raiotta, Tremonti, la Bonino e Mieli che discutevano per ore e ore di nonsisabenechecosa. Raiotta indossava eccezionalmente una giacca, forse per riguardo verso il direttore del Corriere. Questo sì che è servizio pubblico. Così, nel tentativo maldestro di contrastare - oscurandolo - il V-Day sull’informazione, Johnny Raiotta del Kansas City ne confermava e rafforzava le ragioni.

E anche i giornali di ieri facevano a gara nel dimostrare che Grillo, anche quando esagera, non esagera mai abbastanza. Il Giornale della ditta, giustamente allarmato dal referendum per cancellare la legge Gasparri, sguinzaglia per il terzo giorno consecutivo un piccolo sicario con le mèches in una strepitosa inchiesta a puntate: “La vera vita di Grillo”. Finora il segugio ossigenato ha scoperto, nell’ordine, che Grillo: da giovane andava a letto con ragazze; alcuni suoi amici, invidiosi, parlano male di lui; la sua villa a Genova consuma energia elettrica; ha avuto un tragico incidente stradale; è genovese e dunque tirchio (fosse nato ad Ankara, fumerebbe come un turco); nel suo orto ha sistemato una melanzana di plastica; ha avuto un figlio “nato purtroppo con dei problemi motori” (il giornalista è un cultore della privacy); e, quando fa spettacoli a pagamento, pretende addirittura di essere pagato. Insomma, un delinquente. E siamo solo alla terza puntata: chissà quali altri delitti il Pulitzer arcoriano - già difensore di Craxi, Berlusconi, Dell’Utri e Mangano - scoprirà a carico di Grillo.

Nell’attesa, il Giornale ha mandato al V2-Day un inviato di punta, Tony Damascelli. Il quale, mentre il Cainano riceve il camerata Ciarrapico, paragona Grillo a Mussolini chiamandolo Benito e poi si duole perché piazza San Carlo ha applaudito a lungo Montanelli (fondatore del Giornale quand’era una cosa seria) e Biagi, definito graziosamente “il grande disoccupato”. La scelta di inviare Damascelli non è casuale, trattandosi di un giornalista sospeso dall’Ordine dei Giornalisti perché spiava un collega del suo stesso quotidiano, Franco Ordine, spifferando in anteprima quel che scriveva all’amico Moggi. Siccome l’Ordine non è una cosa seria, lo spione non fu cacciato, ma solo sospeso per 4 mesi. E siccome Il Giornale non è (più) una cosa seria, anziché licenziarlo l’ha spostato in cronaca. E l’ha mandato al V-Day che aveva di mira, fra l’altro, l’Ordine dei Giornalisti. Geniale.

Il Foglio, per dimostrare l’ottima salute di cui gode l’informazione, pubblicava proprio ieri un articolo di Roberto Ciuni, ex P2. Ma, oltre ai giornalisti-cimice, abbiamo pure i giornalisti-medium. Quelli che non han bisogno di assistere a un fatto per raccontarlo: prescindono dal fattore spazio-temporale. Il Riformista, alla vigilia del V-Day, già sapeva che sarebbe stata una manifestazione terroristica, “con minacce in stile Br ai giornalisti servi” (“Le Grillate rosse”). Ecco chi erano i 100 mila in piazza San Carlo: brigatisti. Francesco Merlo se ne sta addirittura a Parigi: di lì, armato di un telescopio potentissimo, riesce a vedere e a spiegare agli italiani quel che accade in Italia. Ieri ha scritto su Repubblica che “in Italia c’è sovrapproduzione di informazione” (testuale): ce ne vorrebbe un po’ meno, ecco.

Quanto a Grillo, è “in crisi” (2 milioni di persone in 45 piazze) e “non riesce a far ridere” (strano: ridevano tutti). Poi, citando Alberoni (mica uno qualsiasi: Alberoni), ha sostenuto che “in piazza c’erano umori che non s’identificano con Grillo”. Ecco, Merlo è così bravo che, appollaiato tra Montmartre e gli Champs Elysées, riesce a penetrare la mente e gli umori dei cittadini in piazza a Torino, Milano, Bologna, Roma. E spiega loro che cosa effettivamente pensano. Più che un giornalista, un paragnosta. Finchè potrà contare su fenomeni così, l’informazione in Italia è salva. Di che si lamentano, allora, Grillo e gli italiani?

 
L' intervento di Marco Travaglio in piazza San Carlo: prima parte - seconda parte - terza parte

Argomento: 

LETTERA PER LA MIA CARA AMICA ELENA DI VARESE

ritrattoCara Elena… rispondo alla domanda che mi hai fatto questa mattina: “Ma tu da Fazio ieri sera non c’eri…”   

No Elena, ieri sera da Fazio c’ero, e ho avuto la conferma, se ce ne fosse stato  bisogno, della mia non esistenza. Sono  2 anni che non esisto. Sono viva ma non ho materia. Non ci sono.
Stravagante. Ma è così.

Prima che mi capitasse la disgrazia di diventare senatrice (“Onorata! Onorata!!!” per carità!)  avevo la mia professione. Recitavo, collaboravo alla stesura dei testi con Dario, provavamo, andavamo in scena. Poi sono andata in scena da sola. “Tutta casa letto e chiesa” “VII ruba un po’ meno” – “Sesso? Grazie! Tanto per gradire” oltre 3000 repliche (1994-2004). Tante, no?

 Il pubblico mi applaudiva, il mio camerino alla fine degli spettacoli era sempre pieno di gente, amici, sconosciuti… tutti a farmi complimenti, ad abbracciarmi. Specie le donne. E fiori, e dolci, e regalini umili e  gentili… Ho recitato in Italia, ho recitato all’estero. Francia, Germania, Spagna. In Inghilterra sono stata in scena un mese di filato.

Esaurito tutte le sere. Così negli Stati Uniti. Ero in scena a N.Y. il giorno che, proprio in quella città è morto mio fratello Enrico alle 6 del pomeriggio (era venuto a trovarci e farci festa!). Non ho recitato tanto bene quella sera.
I nostri testi sulla condizione della donna sono rappresentati in tutto il mondo. Basta andare sul mio sito e toccare con mano.

Dal 18 aprile 2006 sono diventata trasparente. Sono stata assalita da giornalisti, fotografi, telecamere, il primo giorno, all’ingresso in Senato. Poi: cancellata.
Per la verità all’inizio quando ero invitata a trasmissioni tipo Ballarò, dicevo: “No grazie.”

Già mi sentivo le domande: “Da attrice a senatrice… che succede?”. Forse sbagliavo. Ma è quello che pensavo.
Quando avrei avuto cose interessanti da raccontare alla gente, denuncia per l’uranio impoverito, precariato, le mie interrogazioni, gli emendamenti, i disegni di legge, insomma “tutto il  mio fare”, morta e seppellita.

Ho dovuto pagarmi gli spazi su Repubblica per comunicare la tragedia dei nostri soldati morti (174) e ammalati (2740) causa le guerre in Iraq e Afghanistan, le difficoltà delle famiglie abbandonate e senza mezzi… addirittura senza i denari per poter dare al figlio uno straccio di lapide.  Il nostro ministero della difesa doveva spendere miliardi e miliardi per gli armamenti. Anche per la pubblicazione della mia lettera di dimissioni al presidente Prodi idem.

Spazio a pagamento. Che ne dite? Non vi pare che quella lettera meritasse un commento sui media? Silenzio assoluto.  Non da parte della gente. No, la gente m’ha scritto lettere bellissime. A Firenze durante la serata al cinema Colonna che annunciava Pancho Pardi senatore, distribuivano al pubblico la mia lettera a Prodi. 
Vero, che mai ho fatto una telefonata a giornalisti amici chiedendo “Aiuto!!! Fatemi un’intervista…”. Vero anche che nessuno m’ha cercata in 20 mesi.
Morta e seppellita. Amen!

Anche ieri sera: da Fabio Fazio, morta e seppellita.
Non mi sono mai aggregata a Dario quando va in televisione per partecipare a una trasmissione. Ho sempre avuto, in tutta la nostra vita, la paura di quella che mette dentro la testa per farsi fotografare. Ne conosco tante di persone con questo tic.
Ieri pomeriggio Dario m’ha pregato di uscire dal letargo in cui vivo. Sì letargo. Lavoro, parlo con la gente (poca) ma sono come in coma. Non so che mi stia succedendo. È come fossi disoccupata in attesa di non so che. Questi due anni di malinconia mi hanno segnata.

Certe volte mi viene voglia di lanciare messaggi: “Per favore se fate convegni, feste, matrimoni, invitatemi. Porto anche il regalo. Buoni anche  funerali.” Ma me ne sto zitta, nel mio brodo.
Quando il mio dolce e generoso marito ha mostrato il mio ritratto fatto velocemente nel pomeriggio con su scritto: “breve visita al senato” il povero Fazio non ha potuto fare a meno di indicarmi con la sua manina. La gente ha battuto le mani. Ho ringraziato. Ma nessuno mi ha visto. Me ne sono andata dalla Rai con un filo di malinconia. Dario era come umiliato, dispiaciuto per me.

Cara Elena di Varese oggi m’hai telefonato tutta gioiosa: “Che stupendo Dario ieri sera… fantastico!” “Vero – detto io – proprio fantastico! Sono orgogliosa di vivere con lui.” “Ma tu non c’eri… ti avrei vista volentieri.” “No, io c’ero…” “Perché non ti hanno inquadrata?!” “Perché ti sorprendi, bimba? Non ti sei accorta che da 20 mesi sono diventata trasparente!”

“Ma dai!?” “Non te la prendere amica mia… mi ci sono abituata… Ricevo molto  affetto da un sacco di persone, mi sento amata… quanti amici ho sul mio blog, quante cose importanti mi avete offerto in questi lunghissimi e pesantissimi due anni… siete voi che contate. Molte volte ho toccato con mano la rozzezza di una parte (per fortuna, minima) del prossimo nostro, il non rispetto che ti regalano come fossero fiori.

Alla manifestazione del 25 aprile, quanti sono stati i baci, gli abbracci, l’affetto che ci ha donato la gente. Quante donne mi chiamavano per nome e mi battevano le mani? Una bellezza! Autentica, che non TUTTI possono vantare. NON TUTTI.
Un bacione, bella!

Franca

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