MALA TEMPORA... DI DARIO FO

Certo, bisogna ammetterlo… siamo in un brutto periodo. Eravamo già in crisi con l’altro governo, quello di centrosinistra: disoccupazione, precariato per i giovani che frequentano con sacrifici l’università nella speranza di ottenere un buon posto qualificato e sicuro, e poi si ritrovano nel pollaio dei co.co.co. spernacchianti e spernacchiati – stipendi ridotti al minimo saccheggiati dalle tasse – ici, irpef, parfi, tittor, fecci, ci.ci.pi. – meno male che c’è l’amore, con tanto di passione e voglia di stare insieme, farsi una famiglia, no? Lo dice anche il Papa: la famiglia è la cosa più importante, senza famiglia non c’è neanche religione! Dio, patria e famiglia. E invece, ti tocca convivere tu con lei, lei con te, ma ognuno a casa dei propri genitori… e aspettare la domenica che tutti escano, per poter far l’amore… e quindi sei nel peccato, vivi nel peccato: siete una coppia di conviventi non autorizzati da Dio, peccatori… e tutto per via dell’ici, irpef, parfi, tittor, fecci, ci.ci.pi.; oltretutto sei precario e la tua donna è in apprendistato, se resta incinta non ha diritto né al parto né alla maternità. Senza casa non hai alcun diritto sociale. La casa è tutto. Ma come si fa ad averla? Per fortuna, ci sono le banche che ti offrono un vantaggioso mutuo, a tasso fisso o a tasso variabile: il direttore bancario ti consiglia il variabile: puoi perfino guadagnarci, oppure perdere, perdere tutto – è il caso più facile - e quello che hai pagato viene riassorbito dalle banche: ti può capitare addirittura di assistere alla vendita all’asta della tua casa pagata oltre il 70%, tutto a vantaggio della banca, che così ha incassato i soldi tuoi, quelli della vendita a terzi e ha pure venduto i mobili che t’ha requisito. È la regola di mercato, regola da strozzini ma legale! Ma come si può continuare a vivere in un mondo di soprusi, di trappole bancarie che sorpassano ogni più infame usura? Ma perdio! Non c’è qualcuno, un San Giorgio qualsiasi, anche di seconda mano, che ci venga a liberare, che entri in campo, lancia in resta, a trafiggere il drago dell’infamità? Sì che c’è, ed è un eroe di prima classe, nuovo e invincibile. Chi è? Dov’è? Eccolo annunciato da trombe potenti che fan tremare il suolo. Non lo riconoscete? Ma perdio, è Iulius Tremontis detto il tremendo Tremonti che urla dal suo cavallo scoccando dal terribile arco l’infallibile freccia: “Bastardi! Avete succhiato il sangue alla gente con il petrolio e gli interessi da rapina, ora verserete tutto il maltolto. Metterò in campo tasse pesanti verso i tiranni moderni. Voi, petrolieri e banchieri, dovrete sputare il maltolto! Vi voglio veder piangere lacrime di sangue. È finita la pacchia, non godrete più del trucco di incassare a tutto vostro vantaggio miliardi destinati alle imprese serie e all’università per la ricerca scientifica di nuovi propellenti. No. Voi non vi ingoierete più ciò che non vi spetta, cioè l’intiera torta.” Esaltati dalla promessa di Robin il terribile, stiamo aspettando tutti frementi di assistere alla mortificazione dei grandi signori del mercato e della finanza, che avanzano ricurvi battendosi il petto e sgorgando lacrime anche dalle orecchie, e invece no… la robin hood tax con un giochetto da prestigiatore la paghiamo noi consumatori, e loro, indenni, sghignazzano come sempre e finanziano le loro stupende squadre di calcio per farci divertire un po’, mentre ce lo mettono in quel posto! Ma calma, i nostri governanti è vero che spesso ci tirano bidoni orrendi, ma certe volte il loro cuore batte generoso. Infatti, chi sono quei cittadini che si presentano al supermercato e ad altri mercati esibendo al momento di pagare, una carta che permette loro uno sconto? Sono milioni di pensionati o operai o impiegati di basso reddito. Questa specie di carta annonaria dell’ultima guerra mondiale è senz’altro un soccorso verso i bisognosi di grande umanità… qualcuno di loro è impacciato, si vergogna… perché? Si sente mortificato, poiché quella carta vuol dire povero in canna, cittadino pezzente. Ma bando alle malinconie. Non lasciamoci abbattere dagli eventi. Cosa è successo di così tragico dopotutto? Noi della sinistra centro sinistra un po’ moderati propensi al dialogo… abbiamo perso, ci hanno battuti come stracci da cucina, e per la terza volta Berlusconi implacabile ha stravinto. Ma la colpa è nostra che ci siamo presentati all’elettorato senza un’idea viva, sconvolgente. Al contrario, Berlusconi è sceso subito in campo con un programma davvero geniale. S’è rifatto niente meno che a Terenzio Placido, saggista e stratega romano che diceva: “Per vincere una battaglia politica devi spargere paura, terrore, ma non tanto nei tuoi nemici, quello è secondario. Devi creare panico in quel popolo che tu hai individuato come tuoi più che probabili elettori. Devi montare in loro l’ossessione di qualcosa di estraneo, possibilmente proveniente da un’altra razza, magari di colore e lingua diversi, che incombono su ogni cittadino, che rubacchiano, scippano e magari fanno violenza, stuprano. Ma per raggiungere l’ossessione devi parlarne molto, in ogni occasione, spargere notizie a tormentone: rendetevi conto, succede qua e là, per strada, nella periferia, nei suburri e nei vicoli…. Ma attenti – avverte Terenzio - dovete soprattutto trattarne con passione continua in Senato, dove testimonianze di questa violenza debbono straripare giù inondando le piazze così da indignare ognuno, farlo sentire indifeso, fino a gridare: ‘Dateci sicurezza!’. E qui, ecco voi che entrerete in gioco declamando: ‘Noi! Siamo qui apposta, a questo scopo. La sicurezza è la nostra bandiera.”. E all’istante noi scopriamo che Berlusconi, vi sembrerà impossibile, ha letto Terenzio Placido, ancor più, l’ha imparato a memoria e ha applicato il metodo dello stratega romano alla perfezione, servendosi a man bassa di ogni veicolo; ha indotto perfino vescovi, cardinali e, seppur di sguincio, anche il Papa a parlarne, al quale ha promesso, baciandogli la mano che gli avrebbe elargito denaro per le scuole cattoliche private. La televisione poi, della violenza e dell’insicurezza, ne ha trattato ogni giorno a valanga in tutti i telegiornali, per non parlare dei servizi più o meno speciali, approfondimenti culturali, dibattiti… addirittura nei telequiz. E così la destra è riuscita a piantar chiodi nei cervelli fino a ubriacare massaie, pensionati, agricoltori e perfino metalmeccanici. Attenzione, Berlusconi, da quell’uomo colto e informato che è, sapeva bene di barare a schifio, era a completa conoscenza del fatto che statistiche recenti ci assicurano che furti, scippi e violenze contro le donne in strada in tutta l’Europa stanno diminuendo notevolmente, e che oltretutto noi italiani siamo il popolo che vanta un numero limitato di atti criminali a cielo aperto rispetto a tutta l’Europa… forse è l’unico caso in cui gli italici si ritrovano in coda alle classifiche di indennità. E ancora, non solo lui, il Presidente, ma tutto il Popolo della Libertà, compresi Maroni, Bossi e Cicchitto, sanno bene che non è dai vu cumprà, dai rom e dagli immigrati clandestini, che viene l’orrore più alto della violenza, specie quella sessuale, ma… tenetevi tutti, nasce e si sviluppa nelle famiglie. Sicuro! E’ dentro le sane famiglie italiane che si perpetrano gli atti di infamia contro donne, mogli, figlie per non parlare dei bambini. Insomma, lo stupratore ha le chiavi di casa. Infatti, l’85%, ripeto l’85% degli atti di violenza, compresi gli stupri, si consumano dentro le mura domestiche. Ma per carità… questo non bisogna dirlo, sennò i rom e i loro piccoli, come fai a schedarli e prendere loro le impronte digitali!? Dovresti prima di tutto cominciare col metter sotto controllo e monitorare milioni di abitanti del nostro Paese. E così, applicando questo metodo di geniale discriminazione misto all’ossessione d’insicurezza, il partito della libertà seppur provvisoria ha stravinto, e la nostra nuova coalizione unica della sinistra un po’ di centro fatti più in là ma senza dare nell’occhio, è rimasta imbragata come le pecore quando le spingi nel corridoio della standerga a farsi tosare. Ma insomma, questi bambini che rubano, infilando le mani nelle tasche e nelle borsette… da chi sono organizzati? Pare addirittura che ci siano alle loro spalle i padri, che li costringono con la forza alla rapina e, secondo quanto assicurano fonti ben informate, fanno loro violenza, anche sessuale, per punirli nel caso si ribellino; ma quando questi piccoli mariuoli, presi con le mani nel sacco vengono identificati e si rintracciano i loro genitori, questi li disconoscono, spudoratamente assicurano che quelle creature non sono del loro sangue. “Ecco – ci spiega Maroni – perché dobbiamo schedarli quei piccoli, prender loro le impronte digitali: per poterli salvare!” E come si salvano? Traendoli dalle grinfie di padri criminali, raccogliendoli in strutture adeguate. I bambini così saranno liberi… liberi, ma figli di nessuno. Sopravviveranno come orfani, senza padre tiranno ma anche senza madre, né sorelle… insomma, come dicono i sociologi, privi di ogni identità. Si sa, gli orfanotrofi sono istituti ideali per ridare il sorriso agli innocenti! I nazisti risolsero il problema offrendo ai piccoli rom una famiglia: sequestravano quei derelitti quindi li affidavano a coppie di razza ariana, senza dir loro di dove provenissero. È un sistema dolce di pulizia etnica, importante è segare loro le radici, cancellar nel loro dna ogni memoria. Qualche giornale cattolico ha stigmatizzato questa idea di sgombero forzato di innocenti, ricordando che anche Gesù, fin da bambino, si trovò a essere un paria perseguitato, e agli occhi dei romani e dei loro sostenitori, gli ebrei, anche appena venuti al mondo, erano considerati degni di una strage come quella ordinata da Erode, loro rappresentante. Ma il nostro pontefice di tutto questo non se n’è accorto: ha continuato a inveire contro le coppie di fatto, gli omosessuali, ed è tornato perfino a riconsiderare la condanna a Galileo Galilei e alla sua idea dell’universo. Meglio non scendere in conflitto ideologico con la Lega, che, anche se rozza, è sempre un movimento vagamente paracristiano. E non è il caso di irritarla. E' vero… ci troviamo in tempi duri, ‘MALA TEMPORA CURRUNT’ diceva un detto latino, e aggiungeva ‘atque peiora premunt’ (sono tempi duri, ma ne arrivano di peggiori) cioè ci aspettano tempi peggiori e tutti lo tacciavano di menagramo. Poi puntuali arrivarono i barbari, ma questa è un’altra storia. Ma non vogliamo soffermarci troppo all’analisi della situazione davvero angosciante in cui ci sta portando questo ultimo governo e la sua politica, le leggi ad personam che cadono a valanga sulle nostre teste, compresa la pretesa di una immunità parlamentare per le quattro autorità massime dello Stato, dove, guarda caso, come quarto intoccabile salta fuori dallo scatolone a molla, il pupazzo nano dei baubau, urlando: “UAU!!! UAU! Sono l’impunito!” “Ma tutti calmi, non diamo in escandescenze, non poniamoci a livello di quell’attaccabrighe: faremmo il suo gioco! - ci frena Veltroni - “Io sono d’accordo che bisogna mettere in campo una feroce opposizione, ma non adesso: aspettiamo settembre… quello sarà il tempo di farci sentire”. “Eh no - gli urla di rimando una gran folla - il tempo di agire è adesso, se aspettiamo settembre ci troveremo con una situazione ormai bloccata, addirittura un’altra Costituzione. Questa, dovete rendervene conto, è la minaccia più grave che stiamo subendo dal dopoguerra ad oggi. E’ un grave colpo di Stato, col quale si farà strame di ogni libertà, a cominciare dalla libertà di stampa, dall’indipendenza della magistratura e di tutti i nostri diritti civili. Quello che si sta compiendo è un obbrobrio: per evitare un suo processo Berlusconi impone la sospensione di tutti i reati a partire dallo stupro fino all’usura, truffa e associazione a delinquere, comprese bancarotta fraudolenta e corruzione in atti giudiziari, e così in sol colpo vengono congelati più di 100.000 processi. Per i delinquenti sarà una pacchia, grazie a Berlusconi potranno godere di un anno in libertà garantita. D’ora in poi, in segno di gratitudine, faranno parte del suo elettorato più vitale, se non lo sono di già! Quello che ci aspetta quindi se non riusciamo a porvi argine, sarà un disastro dal quale usciremo tutti con le ossa rotte. Ma noi non vogliamo buttarci in ginocchio, ripiegati su noi stessi per meglio piangerci sulle mani, al contrario vogliamo mirare più in alto e trattare di un cataclisma a dir poco smisurato: uno tsunami di dimensioni inimmaginabili che spazzerà in un sol colpo governi, parlamenti e ogni simbolo di questa bassa politica che mira solo al potere. Il fenomeno viene da lontano, prima della creazione biblica, e fa parte dell’apocalisse e dei sette sigilli che si susseguono a spazi di tempo calcolabili in miliardi di anni l’uno dall’altro, sempre più affrettati, fino al conteggio finale. Continua….


8 LUGLIO MOBILITAZIONE NAZIONALE A ROMA

Manifestazione in piazza Navona. Passaparola!

COLOMBO, PARDI, FLORES D’ARCAIS: TUTTI IN PIAZZA CONTRO LE LEGGI-CANAGLIA

temi.repubblica.it/micromega-online/

Care concittadine e cari concittadini,
il governo Berlusconi sta facendo approvare una raffica di leggi-canaglia con cui distruggere il giornalismo, il diritto di cronaca e l’architrave della convivenza civile, la legge uguale per tutti.

Questo attacco senza precedenti ai principi della Costituzione impone a ogni democratico il dovere di scendere in piazza subito, prima che il vulnus alle istituzioni repubblicane diventi irreversibile.

Poiché il maggior partito di opposizione ancora non ha ottemperato al mandato degli elettori, tocca a noi cittadini auto-organizzarci. Contro le leggi-canaglia, in difesa del libero giornalismo e della legge eguale per tutti, ci diamo appuntamento a Roma l’8 luglio in piazza del Pantheon alle 18, per testimoniare con la nostra opposizione – morale, prima ancora che politica – la nostra fedeltà alla Costituzione repubblicana nata dai valori della Resistenza antifascista.

Vi chiediamo l’impegno a “farvi leader”, a mobilitare fin da oggi, con mail, telefonate, blog, tutti i democratici. La televisione di regime, ormai unificata e asservita, opererà la censura del silenzio.

I mass-media di questa manifestazione siete solo voi.

On Furio Colombo
Sen. Francesco Pardi
Paolo Flores D’Arcais

E' IMPORTANTE CONTARCI
Comunicare adesioni e numero partecipanti
cliccando sull'indirizzo E-mail seguente

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Bambini schedati e ordinaria violenza

Un paese che ha perso la memoria. Così Amos Luzzatto, ex-presidente dell’UCEI, conclude la sua intervista pubblicata sul quotidiano Repubblica questa mattina.
La questione è inerente la proposta avanzata nella giornata di ieri da parte del Ministro Maroni di prendere le impronte digitali anche ai bambini Rom. Il Ministro ha tenuto a precisare che  "non si tratta di una schedatura etnica, bensì di una ulteriore garanzia per la tutela dei loro diritti e per garantire a chi ha il diritto di stare in Italia migliori condizioni di vita", ricorrendo alla revoca della patria potestà qualora il minore venga costretto all’accattonaggio. Luzzatto non teme di parlare esplicitamente di razzismo, lui no, ma l’opposizione neanche ci pensa.
Dopo l’onta anche la beffa: il pacchetto sicurezza già conteneva norme fortemente lesive nei confronti della salvaguardia dei diritti del bambino. La possibilità che questi vengano rispediti indietro anche in assenza dei genitori è una disposizione umanamente e democraticamente inconcepibile, come inconcepibile è l’idea di poter schedare un bambino in rapporto alla sua appartenenza etnica, cosa che lo costringerebbe a prendere atto, sin da piccolo di una sua presunta diversità rispetto ai coetanei italiani (nonostante molti di loro siano nati in Italia e frequentino le scuole italiane). A ribaltare la situazione e a riportare il dibattito sul piano della costituzionalità di un simile provvedimento ci pensa stamane Ugo Pastore, procuratore dei minori di Ancona, il quale sottolinea come, prendere le impronte digitali solo ai Rom violi l’art.3 della nostra Costituzione, in quanto discriminatorio.
Lancia dunque una proposta alternativa: le impronte digitali dovrebbero essere prelevate a tutti i cittadini, non solo ai Rom.
Si levano le obiezioni dell’Unicef, del Consiglio europeo per i diritti Rom, dei Garanti per l’infanzia… Non usa mezzi termini il Garante campano, minacciando addirittura lo sciopero della fame, e non si capacita dell’assenza di reazioni ad una proposta simile, lo stesso valga per il Garante del Lazio che bolla il provvedimento come inutile e dannoso per i diritti dell’infanzia, quando invece, ad essere colpiti dovrebbero essere gli adulti responsabili di sfruttamento.
Se non  bastassero le obiezioni finora enucleate sarebbe il caso di dare una rispolverata alla Carta dei diritti dell’infanzia approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, dove all’articolo 2, si legge testualmente:
1) Gli Stati parti s'impegnano a rispettare i diritti che sono enunciati nella presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo nel proprio ambito giurisdizionale, senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, del fanciullo o dei suoi genitori o tutori, della loro origine nazionale, etnica o sociale, della loro ricchezza, della loro invalidità, della loro nascita o di qualunque altra condizione.
2) Gli Stati parti devono adottare ogni misura appropriata per assicurare che il fanciullo sia protetto contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivata dallo status, le attività, le opinioni espresse o il credo dei suoi genitori, dei suoi tutori o di membri della sua famiglia.

Non si capisce dunque, in che modo, una norma del genere potrebbe tutelare il bambino da forme di violenza o sfruttamento. Non sarebbe forse più efficace incrementare e incoraggiare i progetti volti a creare forme di integrazione e coinvolgimento nei confronti dei rom adulti e bambini che siano in sintonia con quanto stabilito dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 31 gennaio 2008 su una strategia europea per i rom che… “ ritiene che l'Unione europea e gli Stati membri condividano la responsabilità di promuovere l'inserimento dei rom e di appoggiare i loro diritti fondamentali in quanto cittadini europei, e che debbano intensificare prontamente i loro sforzi per conseguire risultati visibili in tale settore; invita gli Stati membri e le istituzioni dell'Unione europea ad avallare le misure necessarie per creare un clima sociale e politico adeguato, che consenta di porre in atto l'inserimento dei rom”

Alla luce di queste considerazioni, la proposta avanzata dal Ministro leghista sembra andare in direzione diametralmente opposta, acuendo invece la spaccatura tra “noi” e “loro” e avallando quel clima di xenofobia e intolleranza che ha mostrato il suo vero volto negli ultimi tempi: perché se una bambina può essere insultata e aggredita in strada alla luce del giorno da due adulti, solo perché rom, nella generale indifferenza, e il padre viene massacrato qualche giorno dopo per aver denunciato il fatto alla stampa, allora alla deriva ci siamo già arrivati e fermarla diventa difficile…

Articolo 21 - Liberi di                             Bruna Iacopino


In piazza, subito, per la giustizia

1) Stiamo chiamando a raccolta coloro che si ostinano a credere di essere responsabili della democrazia nel proprio Paese perché credono che la democrazia italiana sia di nuovo in pericolo. Berlusconi chiede, e pensa di ottenere, anche con qualche sostegno parziale della opposizione, leggi che sono contro tutti le leggi e fuori del dritto. Lo sottraggono ai suoi processi e bloccano un numero altissimo di altri procedimenti.

2) Ci ammoniscono: questa volta no. Questa volta Berlusconi è stato eletto con una maggioranza che impedisce qualunque de-legittimazione. Rispondiamo: Non siamo noi a delegittimare. E’ il premier che delegittima se stesso con le leggi “private” che intende imporre. In ogni caso la parola serve a introdurre un clima di zuffa e di golpe che oscura la questione. La questione è opposizione. L’opposizione a leggi che violano le leggi (prima di tutto la Costituzione) è un dovere.

3) La democrazia è una forma di governo basato sulle garanzie di chi governa ai cittadini, e sul consenso dei cittadini a chi governa. Richiede, come ogni meccanismo geniale e delicato, continua sorveglianza e continua manutenzione. E’ vero, Berlusconi ha avuto (non tanto lui, ma certo la sua coalizione-testugine) molti voti in più dei suoi avversari. Quei voti gli aprono legittimamente la porta. Ma non approvano, o autenticano o dichiarano giusto e vero tutto ciò che il beneficiario di tutti quei voti farà, una volta varcata la soglia delle elezioni. Ogni atto successivo, se nel frattempo permangono condizioni di libertà, è soggetto al giudizio di chi si oppone. Tutto ciò non è automatico e per “partito preso”. Neppure i più aspri detrattori di Berlusconi si aspettavano che, per prima cosa, l’uomo di Arcore celebrasse il suo ritorno con leggi ancora peggiori di quelle per cui era già diventato celebre non solo in Italia.

4) Se il diritto al giudizio sugli atti di chi governa finisse nel giorno e nell’ora in cui viene eletto (è ciò che ti dicono i berlusconiani: “ Con tutti quei voti come osate criticarlo?) allora finirebbe la democrazia. E invece della democrazia ci sarebbe un consenso controllato.

5) Berlusconi è un primo ministro legittimo esattamente nella misura in cui l’ormai celebre primario della clinica Santa Rita di Milano è un chirurgo legittimo. Berlusconi ha avuto i suoi “pieni voti”, e così il chirurgo che asportava pezzi di corpo umano a piacere. Anche lui era arrivato al tavolo operatorio a pieni voti. Il giudizio - sul primo ministro e sul chirurgo (che in entrambi i casi si chiama “giustizia” e “difesa dei cittadini”) non contesta i “pieni voti”. Riguarda ciò che il titolare di quei voti fa nell’esercizio di un potere di cui, ad ogni istante, è chiamato a rendere conto.

6) E’ antidemocratico sostenere che il voto sospende il giudizio. Anche la pena di morte (in alcuni paesi tra cui gli Stati Uniti) è davvero democratica nel senso che più del 50 percento dei cittadini è a favore. Chi è contrario alla pena di morte però continua a battersi e non smette di chiedersi se ce la farà. Il consenso cambia, se c’è lotta e opposizione decisa. Questo è il tratto distintivo della democrazia, e il dovere democratico dei cittadini che non vogliono arrendersi. Questi cittadini non hanno voglia o interesse di sostenere che sono più bravi - o coraggiosi o democratici - di altri o che fanno una opposizione che altrimenti non si fa. Questo giudizio, a tempo debito, lo daranno col voto. Ma la questione urgente e grave è qui, adesso. E noi non vogliamo chiamarci fuori. Intendiamo esserci.

7) Esserci non vuol dire fare teatro, vuol dire fare politica. Poiché la grande stampa e tutte (tutte) le televisioni sotto controllo dirottano il discorso altrove o raccontano di un consenso che non c’è o di un premier e di un governo che esistono in dibattiti finti, commenti di esaltazione e “retroscena” concordati, noi ci rendiamo conto che la presenza fisica è indispensabile.
E’ ciò che ci resta come spazio di contatto con i cittadini.
Noi abbiamo orrore del silenzio, quelli di noi che hanno vissuto altre epoche difficili, come il fascismo. Sappiamo quanto rapidamente si passa dal silenzio al silenzio-assenso. Vuol dire, nei fatti, fine della libertà anche quando la libertà resta teoricamente nelle leggi.

8) Ci dicono: sarete in pochi. E’ possibile. Nella storia succede. Si va facilmente da un milione a duemila partecipanti. E ritorno. Ecco, noi contiamo sul ritorno. Sappiamo che avviene solo se non ci si sottomette alla “loro” regole del gioco. Solo se non si tace. Solo se non si finge di vivere in tempi di legale normalità.

 Furio Colombo


Pancho Pardi: Tutti i reati sospesi dal decreto-vergogna

Oggi in Senato la maggioranza ha approvato il decreto legge sulla sicurezza. Stabilisce che sono sospesi per un anno i processi per reati che prevedano una pena inferiore ai dieci anni, compiuti prima del 2002. L'idea sarebbe che i processi per reati di grave allarme sociale, e più recenti, potranno procedere con maggiore speditezza. Qui sotto un elenco che raduna i reati che vengono considerati di minore allarme sociale .

Sequestro di persona art. 605 c.p.
Estorsione art.629 c.p.
Rapina art.628 c.p.
Furto in appartamento art. 624 bis
Furto con strappo
Associazione per delinquere art. 416 c.p.
Stupro e violenza sessuale art. 609 bis c.p.
Aborto clandestino
Bancarotta fraudolenta
Sfruttamento della prostituzione
Frodi fiscali
Usura
Violenza privata
Falsificazione di documenti pubblici
Detenzione di documenti falsi validi per l'espatrio
Corruzione
Corruzione in atti giudiziari
Abuso d'ufficio
Peculato
Rivelazione di segreto d'ufficio
Intercettazioni illecite
Reati informatici
Ricettazione
Venditadi prodotti con marchi contraffatti
Vendita di prodotti in violazione del diritto d'autore
Detenzione di materiale pedo-pornografico
Porto e detenzione abusiva di armi anche clandestine
Immigrazione clandestina ( art.12 c.1 l. 286\1998)
Calunnia ( 368 c.p.)
Omicidio colposo per colpa medica
Omicidio colposo con violazione delle norme sulla circolazione stradale
Truffa comunitaria
Maltrattamenti in famiglia
Incendio e incendio boschivo
Molestie
Traffico di rifiuti
Adulterazione di sostanze alimentari
Somministrazione di medicinali pericolosi
Circonvenzione di incapaci

Il provvedimento permette di sospendere il processo Mills in cui il presidente del consiglio è imputato di corruzione in atti giudiziari

Tutte le sospensioni dovranno essere notificate, e così tutte le relative riaperture, se ci saranno. Con oneri altissimi. Poiché in un anno molti magistrati cambieranno posto o sede, i loro processi dovranno ripartire da capo. Decine di migliaia di parti lese non avranno giustizia.

Tra circa una settimana il provvedimento inzierà il suo iter alla Camera, prima in commissione e poi in aula.
Chi vuole manifestare il suo dissenso ha tempo per prepararsi.

 

Argomento: 

Direttive per il corteo d’autunno.

A tutti i compagni della sinistra.

Direttive per il grande corteo d’autunno di lotta e protesta indetto dal Pd contro il governo Berlusconi. Attenersi alle disposizioni. Per dubbi e domande rivolgersi al funzionario di zona. Non cedere alle provocazioni. Ingoiare questo articolo subito dopo la lettura.

Compagni del nord-est. Comporsi ordinatamente in corteo alle spalle della delegazione regionale capeggiata dal compagno Calearo. Evitare atteggiamenti minoritari, evitare abbigliamento troppo casual o trasandato: è possibile che il corteo venga invitato a un’assemblea di Confindustria. Non facciamo figuracce.

Precari. Le forze produttive sottopagate o ricattate dal capitale si comporranno dietro lo striscione della componente Giavazzi. Visto che hanno molto tempo libero fra un contrattino e l’altro, si consiglia attenta lettura dei fondi del “Corriere” da cui ricavare gli slogan di riferimento (licenziare meno/ licenziare tutti) Lo striscione con l’enorme scritta “Il liberismo è di sinistra” si collocherà immediatamente dopolo striscione di apertura del corteo.

Metalmeccanici. Tutti dietro lo striscione della componente Colaninno. Evitare inutili slogan sul contratto che risulterebbero controproducenti, sottolineare il ruolo degli imprenditori illuminati.

Anziani e pensionati. Non dimenticare l’acqua minerale. Esibendo la social card del governo, i panini verranno scontati del dieci per cento.

Caduti sul lavoro. Questa componente del corteo sarà numerosa ma, per forza di cose, immobile. Sarà aperta dal grande striscione “Industrie Marcegaglia”.

Comizio finale. Sul palco interverranno i maggiori esponenti del partito, a sottolineare la vivace democrazia interna. Aprirà Veltroni, e concluderà il comizio il compagno Walter Veltroni. Al termine defluire ordinatamente.

Il manifesto  A. Rebecchi


Doppio gioco: Il ritorno del caimano

E adesso, pover'uomo? Dalle parti di Walter Veltroni e del Partito democratico comincia a farsi largo il sospetto tremendo: e cioè di essere caduti come gonzi nella supertrappola di Silvio Berlusconi. Altro che lo 'statista', tutto sorrisi e nuova dignità istituzionale. Piuttosto l'autore di un trappolone pazzesco, una supercazzola storica, e un amo ingoiato dal Pd con tutta la lenza fino alla canna. Un tranello magistrale che inizia con la strategia del sorriso, qualche mese prima delle elezioni, allorché il Cavaliere comincia ad attrarre Veltroni verso una partita uno contro uno, contando sull'orgoglio dei veltroniani, e sulla loro fiducia che la grande novità rappresentata dal Pd potesse modificare strutturalmente il contesto competitivo, far dimenticare l'abisso di consenso in cui era precipitato il governo Prodi e consentire al nuovo centrosinistra di sfondare al centro, grazie al modernismo della sua proposta politica.
Come in tutte le trame perfette, il trucco era lì sul tavolo, in piena evidenza, e aveva le corna vichinghe e le fattezze della Lega, accolta nell'alleanza elettorale della destra come un partito 'regionale', e quindi marginale rispetto allo schema del faccia a faccia epocale Berlusconi-Veltroni; e rivelatasi invece decisiva, con il quasi raddoppio dei suoi voti al Nord, nella contabilità dei rapporti di forza elettorali e nel quantificare nella sua pesantezza la sconfitta del Pd. Ma il piatto presentato da Berlusconi era effettivamente appetitoso: comunque fossero andate le elezioni, il testa a testa fra il vecchio capopopolo di Forza Italia e il nuovo segretario del Pd avrebbe finalmente legittimato e normalizzato la politica italiana, attribuendo ai due leader un'allure 'costituente' e lasciando il campo libero per l'edificazione della terza Repubblica.

È per questo che fino a pochi giorni fa l'atteggiamento di Veltroni è sembrato giustificare l'attacco spazientito di Arturo Parisi, che con una secca intervista a 'la Repubblica' ha dettato il primo compito: "Ammettere la sconfitta". Altrimenti il Pd si sarebbe ancora trastullato, come dicono negli ambienti vicini all'ex ministro della Difesa, con la confortante, per quanto strampalata, idea di avere vinto o quasi le elezioni e di essere al governo con Berlusconi.

Per uscire da questa rosea nuvola, era necessario che il Cavaliere rivelasse il suo vero volto, che poi è il suo volto solito, con i 44 denti spianati del Caimano, l'animosità interessata contro la giustizia delle toghe rosse, quelle che vorrebbero appiccicargli addosso sei anni di condanna in primo grado per l'affare Mills, ossia per una presunta colossale evasione fiscale, e che hanno indotto Berlusconi a modificare il decreto sulla sicurezza per introdurvi le sue solite e costituzionalmente micidiali leggine 'ad personam'.

Ma in realtà, che sotto la maschera dello statista ci fosse sempre il solito Berlusconi, il demagogo insofferente dei controlli legali e istituzionali, era molto più di un sospetto dei malevoli. La strategia berlusconiana nel cammino verso Palazzo Chigi si era dispiegata con tutte le accortezze del caso. Il malfido Pier Ferdinando Casini era stato tenuto fuori dai confini del Pdl e dell'alleanza. Sopravvissuto elettoralmente, si era ritrovato in una posizione scomodissima, schiacciato fra Pdl e Pd, ignorato dai media, praticamente ridotto al silenzio; mentre l'altro dei dioscuri, Gianfranco Fini, che qualche mese fa aveva osato aprire una rissa a suon di insulti con il Cavaliere, era stato fatto accomodare sullo strapuntino della presidenza della Camera, terza carica dello Stato (in teoria), ma convogliato di fatto in un binario morto.

Ma il vero capolavoro di Berlusconi era stato fatto con la formazione del governo. Con Palazzo Chigi sotto la flautata regia di Gianni Letta, punto di incontro e di gestione di relazioni politiche, civili, militari e clericali, Berlusconi ha messo i suoi tasselli nelle posizioni critiche del governo. Accanto al disarmante Angelino Alfano, come vero ministro ombra della Giustizia ha piazzato il suo penalista Niccolò Ghedini, l'Azzeccagarbugli di cui sono note le sottigliezze giuridiche
E il capolavoro autentico è riuscito nell'assemblaggio del pacchetto di mischia del governo, in cui spiccano gli ultimi eredi del Psi e del craxismo (Renato Brunetta, Giulio Tremonti, Maurizio Sacconi, Franco Frattini, per non citare Stefania Craxi). Ora, vecchi e giovani craxiani, come Berlusconi sapeva bene, una dote ce l'hanno: sono capaci di fare politica. Hanno, storicamente, pochi tabù. Come cultura, sono eclettici.

E posti di fronte alla necessità di governare un paese in stagnazione economica, in cui sarà difficile rispondere alle aspettative suscitate fra i cittadini, soprattutto per ciò che concerne i redditi, specialmente Brunetta e Tremonti si sono detti che non era il caso di andare sul classico e sul prevedibile. Occorrevano invenzioni da "socialismo nazionale" (come disse Nino Andreatta nella polemica da 'comari' con Rino Formica: anche se va ricordato che spesso Andreatta pensava in inglese, e la formula 'national socialism', tradotta rigidamente in italiano, non suonava bene).

Brunetta ha attaccato sul fronte del pubblico impiego, aprendo il fronte della trasparenza e passando alle minacce contro i "fannulloni". Tremonti ha provato ad applicare sul campo i postulati del suo pamphlet 'La paura e la speranza', inventandosi la 'Robin Hood Tax', diventata rapidamente 'Robin Tax', in assonanza con la Tobin Tax dei no global acculturati, e che dovrebbe mettere le mani nelle tasche dei petrolieri e delle banche, tassando i profitti congiunturali. Ora, non ci vuole molto a capire che questa tassa è un taglieggiamento illiberale, e un'operazione di colossale demagogia (chi decide che i profitti sono eccessivi? Il ministro dell'Economia?). Altro che tassa "etica". Una gabella discrezionale, con verniciatura populista: un esercizio di cinismo politico a fini di consenso di stampo putiniano.

Eppure, in un ambiente culturale moralmente deprivato come quello italiano pochissime voci si sono sollevate contro il disegno neostatalista di Tremonti. Vecchi e giovani liberisti, che fino a mezz'ora fa tenevano lezioni ultraliberali con il ditino alzato e le labbra a culo di gallina, si sono adeguati senza battere ciglio ai diktat di Tremonti. Il povero ministro ombra Pier Luigi Bersani ha provato a spiegare che l'aggravio fiscale verrà immediatamente scaricato sui consumatori, "alla pompa", ma la sua voce, così come le tenui critiche della Confindustria, è stata soffocata dagli applausi delle platee osannanti.

Solo quando Berlusconi ha portato il colpo sulla giustizia qualcuno si è svegliato. E ha proceduto a un primo e provvisorio bilancio. Alla voce Alitalia, è probabile un mezzo disastro, dopo che il Cavaliere ha deliberatamente provocato il fallimento della trattativa con Air France; potrebbe risultarne uno spezzatino e una significativa perdita di posti di lavoro. Sui rifiuti a Napoli, il premier si è buttato a corpo morto, sempre sulla base dell'idea che i problemi si risolvono soltanto se lui si arrotola le maniche (ma ci vorranno tre anni, la militarizzazione delle discariche, e qualche prodigio nei tempi nella realizzazione dei termovalorizzatori).Il nucleare è stato rilanciato dall'esperto dell'uranio Scajola, senza nessuna discussione e senza nessun approfondimento, con l'annuncio che partirà nel 2013 ma ovviamente senza spiegare dove (dire quando si avvierà un programma nucleare è facile, dire i luoghi in cui si metteranno le centrali, invece, meno).
Sul piano interno, dopo avere costruito un clima demenziale verso immigrati e zingari, e combinato qualche casino con il reato o l'aggravante legati alla clandestinità, il governo ha lanciato la pazza iniziativa della militarizzazione delle città, un segnale deprimente che moltiplica l'allarme per la sicurezza. In politica estera Berlusconi e Frattini hanno già offerto a George W. Bush, sull'impegno in Afghanistan, più di ciò che il presidente americano poteva e voleva offrire in cambio. In Europa, il governo ha annunciato che terrà fede ai programmi prodiani sul rientro del deficit e, a parte qualche volgarità leghista sul referendum irlandese, per ora non sembra coltivare vere vocazioni euroscettiche. Il resto, sfoltimento delle province e tagli pesanti agli enti locali, appartiene al Dna del centrodestra. Abolizione dell'Ici e detassazione parziale degli straordinari erano due misure simboliche, poco utili e forse dannose.

Ma adesso che Berlusconi si è sentito obbligato a riaprire il cantiere del conflitto con la giustizia, che potrebbe avere riflessi distruttivi sul piano costituzionale (in particolare con il presidente della Repubblica), tutti gli infingimenti sono caduti. Per ciò che riguarda il Cavaliere, essendo lui naturalmente disinibito, si arrangerà: avanzerà o arretrerà in base ai suoi interessi, al timore delle condanne, alla prospettiva di farsi eleggere a maggioranza sul Colle più alto. L'attacco alla libertà d'informazione con il disegno di legge sulle intercettazioni prepara comunque un clima da 'demokratura', con gli intellettuali sedicenti liberali che plaudono alla stretta sui media.

In ogni caso, il problema riguarda soprattutto Veltroni: il Pd è diviso fra correnti, fondazioni, centri culturali, e l'intera sinistra appare talmente abbattuta (vedi i catastrofici risultati amministrativi in Sicilia) da rischiare l'evaporazione. Con ogni probabilità il disegno strutturale del leader del Pd, pacificazione politica e riforme, è abortito. Il risultato elettorale è stato fallimentare, il programma istituzionale sta per arenarsi di fronte alla protervia di Berlusconi. In questa situazione, non c'è congresso che possa rianimare il Pd. Ma se si tratta di inventare qualcosa per salvare il salvabile, per i 'democrat' è venuto il momento di pensare a qualcosa di eccezionale, di emergenziale: forse perfino di eroico, anche se sappiamo che è sfortunato quel partito che ha bisogno di eroi.

Edmondo Berselli - da L'Espresso

21 giugno 2008 


IMMIGRATI....

A PROPOSITO DELLE LEGGI APPENA EMANATE DAL GOVERNO ITALIANO CONTRO GLI EMIGRATI PUBBLICHIAMO QUESTA AUTENTICA TESTIMONIANZA 30 Novembre 2005 LA FUGA DALLA SOMALIA Siamo fuggiti dalla Somalia, esattamente da Gondar. Dopo il tramonto abbiamo attraversato il confine del Sudan. Nella notte stelle a grappolo nel cielo, gran frinire di cicale che mordevano l’aria umida. Con me c’era una donna, Halìbe, che poteva essere mia madre. Okem, il suo bambino di un anno, le dormiva appeso al collo. Il terreno era pietroso. Halìbe inciampa, io faccio appena in tempo ad afferrare il bambino che sta rovinando a terra con lei. Il piccolo Okem si è svegliato per lo scossone e ora piange disperato fra le mie braccia.

Mi sfugge un’imprecazione: “Se ci sentono le guardie siamo rovinate!” Stordita, la madre si alza a fatica… ha sbattuto la testa. Strappa letteralmente dalle mie braccia il bambino e se lo pone con il viso fra i suoi seni. Spalanca la giubba e gli offre il capezzolo perché si acquieti. Con le labbra il bimbo lo afferra e torna tranquillo. Rimaniamo accucciate per qualche tempo: no, niente guardie… Per nostra fortuna in quel passaggio non ce sono. Sempre camminando verso nord, dopo due giorni arriviamo a Cherén, in uno spiazzo invaso dai cammelli. Cerchiamo un mezzo che ci porti a Gondòla. Ci avevano assicurato che lì avremmo trovato dei camion e forse qualche pullman con i quali avremmo raggiunto attraverso il deserto la costa libica. Siamo arrivate alla piazza indicata. I mezzi c’erano, ma i disperati che come noi speravano di salirci erano una folla. E gli autisti ne approfittavano per chiedere un terzo in più della tariffa stabilita. La donna con il bimbo non aveva che poche monete. A me mancava soltanto qualche spicciolo. Halìbe solleva il bambino da terra e me lo pone in braccio. “Per favore, tienimelo per un paio d’ore, io ho una commissione da fare.” “Ma se piange, che faccio?” “Dagli il seno, si calma subito.” “Il mio seno? Ma… io non ho latte.” “Non fa niente. A lui basta la tetta.” E così dicendo, se ne va, quasi correndo. Mi siedo all’ombra di un albero e penso alla pazzia di questo viaggio. Quella donna col bambino l’avevo incontrata proprio nei pressi della frontiera con il Sudan. Il marito è stato ammazzato dagli uomini del dittatore. Ci siamo confidate, strada facendo. Le ho raccontato della mia famiglia, deportata chissà dove, la ragione per cui ho deciso di andarmene, cercare di raggiungere l’Italia, dove c’è mio fratello, del quale però non ho notizie da quasi un anno. Il bambino che tengo in braccio si mette a frignare. Lo ninno un po’, ma non si quieta. Allora spalanco la camicia e ci provo: offro il mio seno al piccolo Okem. Incredibile! Si calma subito. Che strana sensazione quelle piccole labbra che mi succhiano il capezzolo… Sì, ma adesso sta esagerando, mi dà dei succhiotti da farmi gridare. “Ehi, mi fai male!”. Gli cavo di forza il capezzolo di bocca. Non lo avessi mai fatto! Spara un urlo come lo scannassi. Tutta la gente si volta verso di noi. Gli restituisco subito la tetta. A un certo punto, non so come, ho l’impressione che mi stia uscendo qualcosa di liquido. Forse è solo siero… No! Stringo il capezzolo fra due dita, le porto alla bocca… è latte! Come è possibile? Sono incinta? Ma cosa dico… sono vergine. Che sia un miracolo? Passa un’ora, due ore… viene buio. Halìbe mi aveva detto che era questione di un paio d’ore… Cosa le sarà successo? E io intanto come me la cavo? Il bambino cerca di nuovo il mio seno me lo afferra con le sue manine e si serve da sé. Buon appetito! Si addormenta. Appoggiata con la schiena all’albero, mi addormento anch’io. Finalmente – è quasi l’alba – la madre del bimbo torna: “Come sta il piccolo?” “Ah, lui bene! Ma a me è successa una cosa che mi ha sconvolto!” “Cosa?” “Mi è venuto il latte” “Ma va?” “E il tuo bambino me ne ha succhiato un sacco” “Ma tu guarda. Ne avevo sentito parlare, ogni tanto succede. Ma non temere, ne avrai per due o tre giorni, poi torni alla normalità” “Speriamo…” Halìbe mi mette in mano un paio di monete. “Queste sono per te. È per il tuo viaggio nel deserto.” “Ma no! Servono a te, io…” “Non ti preoccupare, me ne sono procurate altre. Eccole qua.” “Ma come ci sei riuscita?” “Mi sono prostituita, era l’unica maniera. Passami pure il bambino”. Di lì a poco siamo saliti su un camion. La traversata del deserto è stata terribile, avevamo portato con noi qualche provvista e dell’acqua, ma il viaggio era interminabile. A metà strada non avevamo più un goccio d’acqua. La preoccupazione era soprattutto per il bimbo. A turno io e la madre gli davamo il seno, per quel poco latte che ci rimaneva. È stata dura ma ce l’abbiamo fatta. Ora eravamo sulla lunga spiaggia del Mediterraneo. La barca sulla quale saremmo saliti era una specie di mastello sgangherato. Gli organizzatori si dimostrano esosi come strozzini. Avevamo già pagato l’intero anticipo a un tirapiedi prima di partire dalla Somalia, ma adesso quei maledetti pretendevano altri quattrini. Ci hanno spogliati fino all’ultimo centesimo. Ci siamo trovati ammassati, proprio come acciughe. C’erano quasi settanta uomini e donne sotto coperta e altrettanti sopra. La mia amica ed io con il bambino abbiamo preferito starcene in coperta, per poter almeno respirare. Sotto c’era un tanfo insopportabile. Ci troviamo finalmente al largo. Spirava una piacevole brezza, qualcuno cantava, altri gli facevano da coro e ridevano eccitati. Stavamo andando verso una nuova vita, lontano dal terrore, dalle epidemie e dalle stragi. Il motore ogni tanto esplodeva in preoccupanti singhiozzi. Si fermò un paio di volte, ma gli scafisti riuscirono a farlo ripartire. Ogni tanto eravamo investiti da sparate di fumo puzzolente che rischiava di asfissiarci. La notte passò abbastanza tranquilla. Sembrava un miracolo che quella bagnarola riuscisse a reggere tanta gente. Eravamo così stravolti dalla fatica che riuscimmo persino ad addormentarci. Lo scafista ci avvertì che stavamo arrivando a metà del viaggio. La brezza andava trasformandosi in un vento più sostenuto. Per fortuna ci stava in favore, tanto che alzarono una vela quadrata per approfittare di quella spinta. Il mare si stava agitando. Le onde si arrotolavano contro le fiancate del barcone con poderosi schianti. Cominciarono ad arrivarci addosso degli spruzzi sostenuti. Di colpo un’ondata attraversò l’intiera coperta, inzuppandoci. Un uomo ci venne vicino e ci consigliò di legarci alle balaustre delle fiancate. Ci offrì anche una grossa corda e ci aiutò a bloccarci: io col bambo in braccio e Halìbe vicino a me. Ci trovavamo in piena tempesta. Eravamo tutti terrorizzati, le onde crescevano a dismisura, s’arrampicavano oltre le fiancate… ci investivano urlando… spazzando la coperta. Due uomini si trovarono scaraventati fuori dalla barca. Li ho visti galleggiare per un attimo fra le onde e poi sparire. Il motore s’era fermato, la bagnarola oscillava paurosamente e imbarcava acqua ad ogni ondata. Una gigantesca sbruffata investì un gruppo di uomini e li trascinò fuori dalla barca. L’urlo del mare era così forte che anche le voci disperate degli uomini e delle donne venivano sommerse. Noi eravamo legate. Io mi stringevo al petto il bimbo. Ad un certo punto ci ritrovammo completamente immerse dentro un maroso. “Questa volta finiamo annegati”, pensai. Ma come per miracolo l’acqua sparì. Tornammo ad emergere. Mandai un grido. Halìbe, la madre del bimbo, non c’era più. La corda cui era legata s’era sciolta. Era stata risucchiata dall’onda. L’ho intravista laggiù, sulla cresta di una montagna d’acqua. Non so quanto sia durato quell’inferno. Alla nostra destra spuntò una grossa barca, un peschereccio d’altura. Si mise al nostro fianco. I pescatori della nave buttarono delle corde. Di lì a poco sopraggiunse anche una motovedetta della marina militare. Eravamo in Italia… Ci gettarono funi, riuscirono ad affrancarci. Salvi… eravamo salvi. Il nostro barcone fu trainato sulla spiaggia. Ci fecero scendere e ognuno venne avvolto in coperte. Distribuirono bevande calde, poi ci trasportarono a un centro di raccolta. Una donna poliziotto si curò di assistere Okem. Parlava qualche parola della mia lingua. Mi chiese: “Di chi è questo bimbo?” “Mio – dissi – è mio figlio.” “Impossibile, sei troppo giovane!” Lo afferrai e me lo portai al petto, gli ho dato la tetta: “Vede? Ho il latte. È mio. È mio figlio!”


Da San Dialogo a San Taciturno, ovvero, Walter da Feltroni e il Grande Ganassa

Padre Walter da Feltroni, priore dell'ordine dei Buonisti Dialoganti, aveva un solo desiderio: convertire alla fede dei Dialoganti il grande Burlesconi, capo dei Ganassa. Nelle terre dove prima i Buonisti Dialoganti seminavano e mietevano, dialogando liberamente con bestie ed esseri umani, ora spadroneggiava il capo dei Ganassa, calato con la sua gente dalla foresta di Arcore. Nel suo buonismo il pio Walter credeva che Burlesconi fosse facile da convertire e che, una volta portato alla fede in San Dialogo, i Buonisti Dialoganti avrebbero potuto seminare e mietere insieme a lui, dividendo in qualche modo il raccolto, senza risse e vendette.

Nella lingua dei Ganassa, Burlesconi vuol dire "Il Ridanciano", appellativo con il quale chiamavano il loro capo che aveva sempre una espressione divertita e sghignazzante.

Il buon padre Walter da Feltroni era ottimista perché non aveva capito che quella pieghe intorno alla bocca di Burlesconi, quella esibizione lieta di denti, costituivano una maschera come quella che i danzatori africani o dell'Estremo Oriente si applicano al volto quando ballano o che ci mettiamo noi nelle feste di carnevale.
Più volte padre Walter si era recato al suo cospetto, e lo aveva intrattenuto recitando il rosario di San Dialogo, una lunga collana di grani per ognuno dei quali salmodiava il versetto: "San Dialogo ci protegga, San Dialogo ci sorregga, San Dialogo ci consigli come fossimo suoi figli"; e ogni sei grani ripeteva a voce alta: "San Dialogo conforme, noi faremo le riforme; tutti insieme con passione cambieremo la nazione".

Burlesconi lo ascoltava con espressione contenta e faceva di sì con la testa, cadendo ogni tanto in un lieve sopore, ma appena il buon Walter accennava a iniziare il dialogo credendolo convertito, il capo dei Ganassa si ridestava gli diceva di tornare il giorno dopo e con un rosario più lungo perché quella nenia gli piaceva.
Finché un giorno che padre Walter da Feltroni aveva appena finito di salmodiare quattro ore di rosario, nel corso del quale si era interrotto solo per andare alla ritirata, il Gran Capo Ganassa gli disse: "Dialoghiamo sì; però comincio io". Il Buonista non credeva alle proprie orecchie, tirò un sospiro di soddisfazione e si accinse ad ascoltare e anche a riposarsi.
Il Gran Ganassa si voltò verso i dignitari che stavano dietro al trono e fece un cenno. Subito uno di loro, il portatamburo Buona-Juti, gli portò un grande tamburo e due mazze foderate di pelle. Burlesconi scoppiò in una risata vera, peggiore di quella che portava come maschera, e gridò "Ascolta Feltroni, ascolta!"; poi si mise a percuotere il tamburo con grande forza e quel senso del ritmo che aveva maturato quando suonava il bongo sulle piroghe.
Il Gran Ganassa smise di battere soltanto quando il povero Buonista, stordito dal rumore e avvilito per lo scherno subìto, mise in tasca il rosario e tornò in convento piangendo.
L'ordine dei Buonisti Dialoganti si sciolse e padre Walter da Feltroni, per penitenza, si fece devoto di San Taciturno, i cui fedeli fanno voto di parlare solo il giorno in cui si celebra questo grande santo.

Renzo Butazzi (19 giugno 2009)


La parrucca del Re Sole che governa il Belpaese

di EUGENIO SCALFARI

"BERLUSCONI vuole dimostrare che per governare la crisi italiana è costretto per necessità a separare lo Stato dal diritto. Come se il Paese attraversasse una terra di nessuno. Il soldato come questurino, il giudice come chierico, il giornalista come laudatore: sono le tre figure di una scena politica che minaccia di trasformare il senso della nostra forma costituzionale. Sono i fantasmi di un tempo sospeso dove il governo avrà più potere e il cittadino meno diritti, meno sicurezza, meno garanzie". Così ha scritto ieri Giuseppe D'Avanzo su questo giornale.

Purtroppo questo suo giudizio fotografa esattamente la realtà. Non sarà fascismo, ma certamente è un allarmante "incipit" verso una dittatura che si fa strada in tutti i settori sensibili della vita democratica, complici la debolezza dei contropoteri, la passività dell'opinione pubblica e la sonnolenta fragilità delle opposizioni.

Questa sempre più evidente deriva democratica, che si è profilata fin dai primi giorni della nuova legislatura ed è ormai completamente dispiegata davanti ai nostri occhi, ha trovato finora il solo argine del capo dello Stato. Giorgio Napolitano sta impersonando al meglio il suo ruolo di custode della Costituzione. L'ha fatto con saggezza e fermezza, dando il suo consenso alle iniziative del governo quando sono state dettate da necessità reali come nella crisi dei rifiuti a Napoli, ma lo ha negato nei casi in cui le emergenze erano fittizie e potevano insidiare la correttezza dei meccanismi costituzionali. Sarebbe tuttavia sbagliato addossare al presidente della Repubblica il peso esclusivo di arginare quella deriva: se la dialettica si riducesse soltanto al rapporto tra il Quirinale e Palazzo Chigi la partita non avrebbe più storia e si chiuderebbe in brevissimo tempo. Bisognerà dunque che altre forze e altri poteri entrino in campo.

Bisogna denunciare e fermare la militarizzazione della vita pubblica italiana della quale l'esempio più clamoroso si è avuto con i provvedimenti decisi dal Consiglio dei ministri di venerdì sulla sicurezza e sulle intercettazioni: due supposte emergenze gonfiate artificiosamente per distrarre l'attenzione dalle urgenze vere che angustiano gran parte delle famiglie italiane.

la prima volta che l'Esercito viene impegnato con funzioni di pubblica sicurezza. Quando fu assassinato Falcone e poi, a breve distanza di tempo, Borsellino, contingenti militari furono inviati in Sicilia per presidiare edifici pubblici alleviando da quelle mansioni la Polizia e i Carabinieri affinché potessero dedicarsi interamente alla lotta contro una mafia scatenata.

Ma ora il ruolo che si vuole attribuire alle Forze Armate è del tutto diverso: pattugliamento delle città con compiti di pubblica sicurezza e quindi con poteri di repressione, arresto, contrasti a fuoco con la delinquenza.

Che senso ha un provvedimento di questo genere? Quale utilità ne può derivare alle azioni di contrasto contro la malavita? La Polizia conta ben oltre centomila effettivi, altrettanti ne conta l'Arma dei carabinieri e altrettanti ancora la Guardia di finanza. Affiancare a queste forze imponenti un contingente di 2.500 soldati è privo di qualunque utilità.

Se il governo si è indotto ad una mossa tanto inutile quanto clamorosa ciò è avvenuto appunto per il clamore che avrebbe suscitato. Tanto grave è l'insicurezza delle nostre città da render necessario il coinvolgimento dell'Esercito: questo è il messaggio lanciato dal governo. E insieme ad esso l'eccezionalità fatta regola: si adotta con una legge ordinaria una misura che presupporrebbe la dichiarazione di una sorta di stato d'assedio, di pericolo nazionale.
Un provvedimento analogo fu preso dal governo Badoglio nei tre giorni successivi al 25 luglio del '43 e un'altra volta nel '47 subito dopo l'attentato a Togliatti. Da allora non era più avvenuto nulla di simile: la Pubblica sicurezza nelle strade, le Forze Armate nelle caserme, questa è la normalità democratica che si vuole modificare con intenti assai più vasti d'un semplice quanto inutile supporto alla Pubblica sicurezza.

* * *

Il disegno di legge sulle intercettazioni parte dalla ragionevole intenzione di tutelare con maggiore efficacia la privatezza delle persone senza però diminuire la capacità investigativa della magistratura inquirente.

Analoghe intenzioni avevano ispirato il ministro della Giustizia Flick e dopo di lui il ministro Clemente Mastella, senza però che quei provvedimenti riuscissero a diventare leggi per la fine anticipata delle rispettive legislature.

Adesso presumibilmente ci si riuscirà ma anche in questo caso, come per la sicurezza, il senso politico è un altro rispetto alla "ragionevole intenzione" cui abbiamo prima accennato. Il senso politico, anche qui, è un'altra militarizzazione, delle Procure e dei giornalisti.

Le Procure. Anzitutto un elenco dei reati perseguibili con intercettazioni. Solo quelli, non altri. E' già stato scritto che lo scandalo di Calciopoli non sarebbe mai venuto a galla senza le intercettazioni. Così pure le scalate bancarie dei "furbetti". Ma moltissimi altri. Per chiudere sul peggiore di tutti: la clinica milanese di Santa Rita, giustamente ribattezzata la clinica degli orrori.

Le intercettazioni poi non possono durare più di tre mesi. Non c'è scritto se rinnovabili e dunque se ne deduce che rinnovabili non saranno. Cosa Nostra, tanto per fare un esempio, è stata intercettata per anni e forse lo è ancora. Tre mesi passano in un "fiat", lo sappiamo tutti.

I giornalisti e i giornali. C'è divieto assoluto alla pubblicazione di notizie fin all'inizio del dibattimento. Il deposito degli atti in cancelleria non attenua il divieto. Perché? Se le parti in causa o alcune di esse vogliono pubblicizzare gli atti in loro possesso ne sono impedite. Perché? Non si invochi la presunzione di innocenza poiché se questa fosse la motivazione del divieto bisognerebbe aspettare la sentenza definitiva della Cassazione. Dunque il motivo della secretazione è un altro, ma quale?

In realtà il divieto non è soltanto contro giornali e giornalisti ma contro il formarsi della pubblica opinione, cioè contro un elemento basilare della democrazia. Il caso del Santa Rita ha acceso un dibattito sull'organizzazione della Sanità, sul ruolo delle cliniche convenzionate rispetto al Servizio sanitario nazionale. Dibattito di grande rilievo che potrebbe aver luogo soltanto all'inizio del dibattimento e cioè con il rinvio a giudizio degli imputati.

L'eventuale archiviazione dell'istruttoria resterebbe ignota e così mancherebbe ogni controllo di opinione sul motivo dell'archiviazione e su una possibile critica della medesima. Così pure su possibili differenze di opinione tra i magistrati inquirenti e l'ufficio del Procuratore capo, sulle avocazioni della Procura generale, su mutamenti dei sostituti assegnatari dell'inchiesta. Su tutti questi passaggi fondamentali la pubblica opinione non potrebbe dire nulla perché sarebbe tenuta all'oscuro di tutto.

Sarà bene ricordare che il maxi-processo contro "Cosa Nostra" fu confermato in Cassazione perché fu cambiato il criterio di assegnazione dei processi su iniziativa del ministro della Giustizia dell'epoca, Claudio Martelli, allertato dalla pressione dei giornali in allarme per le pronunce reiterate dell'allora presidente di sezione, Carnevale. Tutte queste vicende avvennero sotto il costante controllo della stampa e della pubblica opinione allertata fin dalla fase inquirente. Falcone e Borsellino non erano giudici giudicanti ma magistrati inquirenti. Mi domando se avrebbero potuto operare con l'efficacia con cui operarono senza il sostegno di una pubblica opinione esaurientemente informata.

Le gravi penalità previste da questa legge nei confronti degli editori costituiscono un gravame del quale si dovrebbero attentamente valutare gli effetti sulla libertà di stampa. Esso infatti conferisce all'editore un potere enorme sul direttore del giornale: in vista di sanzioni così gravose l'editore chiederà a giusto titolo di essere preventivamente informato delle decisioni che il direttore prenderà in ordine ai processi. Di fatto si tratta di una vera e propria confisca dei poteri del direttore perché la responsabilità si sposta in testa al proprietario del giornale.

Si militarizza dunque il giudice, il giornalista ed anche la pubblica opinione.

* * *

Ha ragione il collega D'Avanzo nel dire che questi provvedimenti stravolgono la Costituzione. Identificano di fatto lo Stato con il governo e il governo con il "premier". Se poi si aggiunge ad essi il famigerato lodo Schifani, cioè il congelamento di tutti i processi nei confronti delle alte cariche dello Stato, l'identificazione diventa totale.

Qui il nostro discorso arriva ad un punto particolarmente delicato e cioè al tema dell'opposizione parlamentare.

Parlo di tutte le opposizioni politiche. Ma in particolare parlo del Partito democratico.

Negli ultimi giorni il Pd e Veltroni quale leader di quel partito hanno assunto su alcune questioni di merito atteggiamenti di energica critica nei confronti del governo. La luna di miele di Berlusconi è ancora in pieno corso con l'opinione pubblica e con la maggior parte dei giornali ma è già svanita in larga misura con il Partito democratico. Salvo un punto fondamentale, più volte ribadito da Veltroni: il dialogo deve invece continuare sulle riforme istituzionali e costituzionali.
E' evidente che questa "riserva di dialogo" condiziona inevitabilmente il tono complessivo dell'opposizione. Le riforme istituzionali e costituzionali sono di tale importanza da trasformare in "minimalia" i contrasti di merito su singoli provvedimenti. Tanto più che Tremonti chiede all'opposizione di procedere "sottobraccio" per quanto attiene alla strategia economica; ecco dunque un'ulteriore "riserva di dialogo". Sembrerebbe, questa, una novità a tutto vantaggio dell'opposizione ma non è così. La politica economica italiana dovrà svolgersi nei prossimi anni sotto l'occhio vigile delle Autorità europee. Che ci piaccia o no, noi siamo di fatto commissariati da Bruxelles.

Tremonti dovrà assumere responsabilità impopolari. Necessarie, ma impopolari e vuole condividere con l'opposizione quell'impopolarità.

Intanto, nel merito delle riforme, Berlusconi procede come si è detto e visto, alla militarizzazione del sistema. "L'Etat c'est moi" diceva il Re Sole e continuarono a dire i suoi successori fin quando scoppiò la rivoluzione dell'Ottantanove.
Voglio qui ricordare che uno dei modi, anzi il più rilevante, con il quale l'identificazione dello Stato con la persona fisica del Re si realizzò fu l'asservimento dei Parlamenti al volere della Corona. Gli editti del Re per entrare in vigore avevano bisogno della registrazione dei Parlamenti e soprattutto di quello di Parigi. Questa era all'epoca la sola separazione di poteri concepita e concepibile. Ma il re aveva uno strumento a sua disposizione: poteva ordinare ai Parlamenti la registrazione dell'editto. Di fronte all'ordine scritto del Sovrano il Parlamento registrava "con riserva" e l'editto entrava in funzione. Di solito quest'ordine veniva dato molto di rado ma col Re Sole e con i suoi successori diventò abituale. Quando i Parlamenti si ribellarono ostinandosi a non obbedire il Re li sciolse. Il corpo del Re prevalse sulla labile democrazia del Gran Secolo.

Il Re Sole. Ma qui il sole non c'è. C'è fanghiglia, cupidigia, avventatezza, viltà morale. Corteggiamento dell'opposizione. Montaggio di paure e di pulsioni. Picconamento quotidiano della Costituzione.
Quale dialogo si può fare nel momento in cui viene militarizzato il Paese nei settori più sensibili della democrazia? Il Partito democratico ha un solo strumento per impedire questa deriva: decidere che non c'è più possibilità di dialogo sulle riforme per mancanza dell'oggetto. Se lo Stato viene smantellato giorno per giorno e identificato con il corpo del Re, su che cosa deve dialogare il Pd? E' qui ed ora che il dialogo va fatto, la militarizzazione va bloccata. Le urgenze e le emergenze vanno trasferite sui problemi della società e dell'economia.

"In questo nuovo buon clima si può fare molto e molto bene" declama la Confindustria di Emma Marcegaglia. Qual è il buon clima, gentile Emma? Quello dei pattuglioni dei granatieri che arrestano gli scippatori e possono sparare sullo zingaro di turno? Quello dell'editore promosso a direttore responsabile? Quello del magistrato isolato da ogni realtà sociale e privato di "libero giudizio"? Quello dei contratti di lavoro individuali? E' questo il buon clima?

Ricordo che quando furono pubblicati "on line" gli elenchi dei contribuenti ne nacque un putiferio. Il direttore dell'Agenzia delle Entrate, autore di tanto misfatto, fu incriminato e si dimise. Ma ora il ministro Brunetta pubblica i contratti di tutti i dirigenti pubblici e le retribuzioni di tutti i consulenti e viene intensamente applaudito e incoraggiato. Anch'io lo applaudo e lo incoraggio come ho applaudito allora Visco e Romano. Ma perché invece due pesi e due misure? La risposta è semplice: per i pubblici impiegati si può.

E' questo il buon clima? Attenti al risveglio, può essere durissimo. Può essere il risveglio d'un paese senza democrazia. Dominato dall'antipolitica. Dall'anti-Europa. Dall'anarchia degli indifferenti e dalla dittatura dei furboni.

Io trovo che sia un pessimo clima.

(

15 giugno 2008

).


Una giornata per la giustizia

Dopo l'editto di Berlusconi contro giudici e giornalisti

“Una giornata per la
giustizia”. Lettera aperta
a Veltroni e Di Pietro

 

di Furio Colombo, Giuseppe Giulietti, Pancho Pardi

Caro Walter Veltroni, Caro Antonio Di Pietro,

lo spirito con cui scriviamo a Voi questa lettera è di allarme per la promessa fatta solennemente sabato scorso dal Presidente del Consiglio Berlusconi al convegno dei giovani industriali.
Se ci saranno ancora intercettazioni nelle indagini contro la criminalità saranno puniti con cinque anni di carcere i magistrati che hanno richiesto le intercettazioni, con cinque anni di carcere chiunque si presterà a eseguire l’ordine e a renderlo disponibile, nei modi e tempi previsti attualmente dalle leggi in vigore (e non cancellate) e cinque anni di carcere ai giornalisti che, sulla carta stampata, in televisione o in rete rendano possibile la divulgazione di atti altrimenti consentiti dalle leggi.
Ricorderete che come nella sequenza di un film deliberatamente pensato per denigrare gli imprenditori italiani (nel caso i più nuovi e più giovani) i tre impegni del Presidente del Consiglio, contro i giudici, contro i giornalisti, contro chiunque voglia restare nella lettera e nello spirito della Costituzione combattendo il crimine, sono stati accolti da uno scroscio di applausi entusiastici.
Anzi ci sono stati tre scrosci, come per ringraziare il premier per la pietra tombale che si appresta a gettare sulla giustizia e per la protezione offerta alla criminalità, soprattutto la criminalità dei colletti bianchi, degli affari, delle banche, delle aste truccate, dello insider trading, del passaggio indebito e riservato di notizie che arricchiscono immensamente e scardinano la concorrenza se conosciute solo da alcuni prima del tempo. E la criminalità delle cliniche.
Ma le tre aree indicate come sole permesse per le intercettazioni sono solo una parte di tutta la criminalità che tormenta il paese e contro cui si battono magistrati e forze dell’ordine. E non solo: interi rami di attività criminosa di mafia, camorra e ndrangheta si esercitano e si attuano lungo percorsi che adesso diventano area proibita alle intercettazioni, come gli affari di finanza.
Nello scrivervi questa lettera noi siamo certi che condividete il nostro allarme. Però nelle grandi questioni pubbliche che riguardano soprattutto la protezione dei cittadini (che sono coloro che pagano i grandi imbrogli, le grandi truffe, i grandi silenzi) è importante che l’allarme diventi pubblico, proclamato, comune.
Siamo convinti che il Partito Democratico e l’Italia dei Valori debbano – con urgenza – farsi testimoni di un allarme che vuole avvertire il Paese contro questi tre solenni impegni liberticidi. Viene denunciato il normale percorso della giustizia, viene deformato il fondamento della democrazia che esige la separazione dei poteri, si mette in atto un attacco del potere esecutivo contro il potere giudiziario ma anche contro le prerogative del Parlamento. Infatti il nuovo applaudito editto contro i giudici di Silvio Berlusconi corrisponde, nella forma stentorea e definitiva dell’annuncio, a un potere che un primo ministro democratico non ha. E scavalca con la disinvoltura delle nascenti dittature la voce del Parlamento.
L'editto presidenziale è una minaccia intimidatoria contro i giornalisti italiani che osassero disubbidire e rendere pubbliche notizie di crimini.
Noi siamo convinti che il Partito democratico e l’Italia dei Valori siano i naturali difensori della giustizia e della libera informazione nel paese di un vasto conflitto di interessi mediatico in cui gran parte delle fonti di informazione sono già nelle mani di una sola persona, in veste di proprietario e capo del Governo. Perciò contiamo di ritrovarci uniti con i cittadini che ci hanno votato in una “giornata della giustizia” che vi chiediamo di convocare al più presto. Una grande manifestazione in piazza del protagonismo civile, a torto definito giustizialista, per affermare con rinnovata energia la necessità che l’informazione e la giustizia siano svincolate dal controllo del potere politico.
Abbiamo di fronte un governo prepotente e deciso a tutelare gli interessi particolari che incarna e rappresenta, e a gestire il Parlamento come un parco a tema a cui, di volta in volta, si impongono immagini e rituali di Berlusconi e di Bossi, in un alternarsi di protezionismi, interessi speciali e paure ingigantite fino alla caccia all’uomo. In questa situazione preoccupante e grave, noi pensiamo che il silenzio sia il vero pericolo che dobbiamo respingere con la massima energia.

Roma, 12 giugno 2008

On. Furio Colombo
On. Giuseppe Giulietti
Sen. Francesco Pardi
 

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