All’alzarsi della luce vediamo al centro del palcoscenico, quasi in proscenio, spalle al pubblico, un confessionale: unico elemento ad indicare che il brano si svolge in una chiesa. Entra in scena una donna acconciata in un costume che la fa assomigliare a una zingara. Porta una grande borsa. Cammina circospetta. Ha l’aria di essere inseguita.
DONNA Porcaccia d’una miseriaccia, ’sti caramba dell’ostrega... fin dentro la chiesa mi vengono a tampinare! Adesso dove mi nascondo?... In sacrestia. Dove sarà la sacrestia? Di qua del coro o di là? (Sempre cercando di nascondersi) Rieccone altri due, porco boia, m’hanno incastrata... Il confessionale... mi nascondo dentro il confessionale. (Fa per entrare nel confessionale ma si blocca) È occupato! C’è dentro un prete! Te li ritrovi dappertutto ’sti preti dell’ostrega! Beh, mi confesso... voglio vedere se i carabinieri hanno il coraggio d’interrompere il sacro sacramento... (Si inginocchia a destra del confessionale. Sottovoce) Pronto... ehhum volevo dire... padre, padre! Cazzarola, si è addormentato! (Batte con le nocche delle dita sulla grata) Padre, padre, si svegli!... Oh, finalmente! Vorrei confessarmi, e se è possibile anche in fretta!... Come non è possibile?... E ancora addormentato? Beh, parliamo, così si sveglia, no?... Questa non l’avevo mai sentita, un prete che prima di confessarmi vuole andare al bar per prendersi un caffè! Eh, no, lei di qui non si muove, o io faccio una scenata! È un mio sacrosanto diritto di essere confessata. Pago le tasse!... Le tasse, c’entrano eccome! Se non sbaglio la nostra è una religione di Stato, e se non sbaglio lo stipendio ve lo dà lo Stato, cioè noi contribuenti... quindi, io pretendo che la mia ragione di Stato mi confessi. (Cambia tono: implorante) Su, padre, mi confessi... Ho una ondata di fede che sto affogando! Forza padre, che poi quando abbiamo finito il caffè glielo offro io al bar... Sì, cominciamo? Cominciamo!... Come?... L’ultima volta che mi sono confessata? Mi ci faccia pensare un attimo... Certo che sono credente, se no sarei qui a confessarmi, scusi! Sono credente, osservante, praticante... tutto! Vent’anni fa... l’ultima volta che mi sono confessata è stato giusto vent’anni fa, il giorno del mio matrimonio... Sì, in chiesa. Una cerimonia bellissima! A dire la verità io non mi volevo sposare in chiesa, ma l’ho fatto per accontentare la madre di lui, molto credente... No, no, anch’io sono credente, ma sono anche comunista: comunista credente! Non teista, non ateista, non antiteista: sono marxista, lineetta e leninista, tolemaica, apostolica, berlinguista!... Sì, d’accordo, non si può dire che sia stata molto osservante: vent’anni senza confessarmi, lo confesso, è grave. Però io ho sempre fatto la mia brava autocritica, almeno una volta al mese nella sezione del mio Partito... Non è la stessa cosa? Ma io credevo che dopo il compromesso teologico... Dice? Beh, non insisto. Incominciamo?... Sì, sono pronta. (Si alza in piedi solenne) Giuro di dire la verità, tutta la verità, niente altro che... (S’interrompe di colpo) Che ho fatto?! Ah sì, scusi, ho sbagliato... Mi scusi padre, ma sa, è la grande abitudine ai processi... (Si siede comoda sul gradino del confessionale) Oeuhh, ci sono stata un sacco di volte sotto processo... (Tira fuori il lavoro a maglia e comincia a sferruzzare) Beh... resistenza aggravata a pubblico ufficiale, furto con destrezza, che poi non era neanche con ’sta gran destrezza, se mi son fatta beccare! Semmai era furto con impaccio! Le pare?... No, non sono una ladra abituale. Così, ogni tanto... qualche sciocchezza, tanto per fare la spiritosa. Le autoriduzioni invece le faccio tutte... Mi entusiasmano... Bello! Che bello: in trenta quaranta cinquanta donne di un quartiere, entrare in un supermarket, fare la spesa: “Quanto pago?” “Centomila”. “No, noi paghiamo 50ooo! Autoriduzione del 50 per cento perché tanto voi sul 50 per cento che vi rimane guadagnate ancora...” (Meravigliata) È peccato padre?... Peccato mortale? E l’inflazione allora che peccato è? Beh, ormai l’ho fatto. Lei prenda nota di tutti i miei peccati e poi mi darà la penitenza... Certo che ci ho famiglia: un marito e un figlio... No, loro non rubano... Sì, vivo fuori casa... Beh, dove capita: un po’ qua, un po’ là... Lo so, lo so, come moglie e madre non sono questo gran modello di virtù, ma se sono diventata quella sciamannata che sono è proprio perché ero fin troppo esagerata come “modello di virtù”. Io a mio figlio ci davo anche il sangue. Io per starci vicino a mio figlio, per poterlo tirar su, io, di persona, ho piantato persino il lavoro... un impiego che mi piaceva... ero caporeparto e anche nel sindacato. Me lo sono tirato su come fosse il Gesù Bambino... e io... mi sentivo come fossi la Madonna... e mio marito... San Giuseppe il bue e l’asino tutto insieme! Poi è cresciuto, è andato a scuola e si è messa di mezzo ’sta maledetta politica... quando è arrivato al liceo, sa, le occupazioni, gli scontri con la polizia... Una volta mi è arrivato a casa massacrato, tutto sporco di sangue... sono svenuta dallo spavento, padre, sono svenuta! E da quel giorno, tutte le volte che tardava un po’ o sentivo la sirena dell’autoambulanza: “È mio figlio, è mio figlio!” gridavo. Padre, padre, lei non sa cosa voglia dire essere madre, padre! Madre di un estremista di sinistra!
E poi in casa ’sto ragazzino, ci contestava tutto a me e a mio marito... sa, noi siamo tutti e due militanti osservanti del Pci. Le parole più gentili che ci diceva erano: “Revisionisti, socialdemocratici, opportunisti, sacrestani di sinistra!”
Però quello che ci faceva andare in bestia era quando tirava fuori le tiritere cretine da indiano metropolitano, tipo questa:
“Ma dove vai ZANGHERO,
con la PAJETTA da NAPOLITANO
sulla testa COSSUTA, ripiena di CERVETTI
la cravatta AMENDOLATA, lo sguardo
BERLINGUERO,
mi sembri il comico TATÒ,
oh figlio INGRAO!
Qui NATTA ci cova!”
Oh, che rabbia mi faceva! Cosa c’entrano i dirigenti del mio partito... Mi provocava, capito? (Alza la voce) “E adesso dove vai?”... No, padre, non ce l’ho con lei, mica le do del tu, andiamo... ci conosciamo appena... A mio figlio lo dicevo:
“E adesso dove vai?”
“Esco con i miei compagni”.
“Perché noi, io e tuo padre non siamo dei compagni?”
“No, voi siete LA FAMIGLIA!”
E mi tirava ’sta “FAMIGLIA” come se mi buttasse addosso un sacco di merd... (s’interrompe di colpo e si corregge) d’insaccato Molteni.
“No, voi, voi non siete dei compagni, – gli rispondevo, – voi siete una banda, come quelli della via Paal. Siete dei teppisti... untorelli, siete!”
“No, untorelli siete voi che ungete il sedere alla Dc!”
A me e mio marito, capisce padre? (Questa battuta sarà gridata come uno slogan). “Il Pci non è qui, untorella la Dc!... il Pci non è qui untorella...” e via che se ne andava. Ma lo sa, padre, che io sono arrivata al punto di andare dietro alle manifestazioni degli estremisti!... Eh, non ce la facevo a restare a casa ad aspettare che me lo portassero lì, bello che morto. Andavo in corteo anch’io, dieci passi dietro a mio figlio e lo controllavo senza farmi vedere... La cosa più tremenda era che per non dare nell’occhio dovevo gridare anch’io gli slogan che gridavano loro. E fin quando si trattava di gridare delle robe contro i fascisti, andava bene... ma quando mi toccava, a me del Pci, gridare a squarciagola delle cose contro la Dc, dio, dio... mi sentivo male! E poi, marciare, correre... (Si alza in piedi e, camminando come fosse in manifestazione, passa alla sinistra del confessionale) E tutte le volte che... (Si accorge che il confessore la crede ancora dell’altra parte del confessionale, quindi batte le nocche sulla grata) Padre, sono qua, padre... (Si siede) Ma no, non sono irrequieta, è che ho fatto la manifestazione! E tutte le volte che stavo gridando ’sti slogan, trach, non ti incrociavo gli occhi con gli occhi di qualcuno della mia sezione, magari il segretario, che era lì sul marciapiede e che a vedermi e a sentirmi gridare quelle cose lì, si faceva subito il segno della falce e martello. (Esegue) E così, mi hanno sbattuta fuori dal Partito, e tutto per amore di mio figlio! Come m’ha fregato a me l’amore, padre, come mi ha fregato! Non s’innamori, mi dia retta, padre... Lo sa che una volta a una manifestazione, che mi ero precedentemente informata: “Com’è la manifestazione domani, compagni?” “Pacifica!” Ed io mi sono vestita da manifestazione pacifica: un paio di scarpe con un tacco alto così (mima con la mano l’altezza dei tacchi), una sottanina stretta stretta... Una carica della polizia come quella, non si era mai vista negli ultimi cento anni! Ce li avevamo dietro tutti: poliziotti, carabinieri... per me, c’era anche la finanza a cavallo e le guardie pontificie! E io, via, a correre con ’sti tacchi alti che se cadevo mi rompevo tutti i femori che ho... Per correre meglio mi sono tirata la sottana fino a qui... e tutti i poliziotti dietro a me! E io che gli gridavo: “Cosa volete? Andate via!” Mamma che corsa: da piazzale Loreto alla Bovisa... mi sarò fatta un 54 chilometri, tutti di corsa! Mi sentivo male, tutta sudata, il cuore che mi usciva... Come mi sentivo male! Avevo le ovaie alla cock!... (Il prete la sta evidentemente rimproverando) Eh sì, “Non si dice, non si dice”, vorrei vedere lei padre... ha mai provato a correre con i tacchi alti? (Riprende il racconto) Un fumo! Candelotti, spari, gas lacrimogeni, bombe a mano, bottiglie molotov... e io avevo anche perso mio figlio e lo chiamavo: “Figlio, figlio mio...” Mi rispondevano tutti i figli delle altre mamme... A un certo punto, non ti vedo mio figlio, dall’altra parte della strada, in mano a un carabiniere che con la bandoliera, “patascich, pataschach” sulla sua faccina bianca! Non ci ho visto più: ho fatto l’urlo del coyote! Ho attraversato la strada incurante dei candelotti fumogeni che passavano ad altezza d’uomo... e anche di donna... ho brancato il caramba per l’elmetto e col dente mi sono attaccata all’orecchio, che se non arrivavano dei suoi colleghi a tirarmelo fuori dal dente, io non mi formalizzavo: lo mangiavo tutto!... Non si deve fare? Ma dico padre, è mio figlio sa! L’ho fatto io... ci ho messo nove mesi a confezionarlo... gli ho fatto tutto: due occhi, venti dita, tutti i denti... e quel carabiniere lì me lo rompeva su tutto in cinque minuti! Così mio figlio è riuscito a scappare... lui! Io no. Mi hanno riempito di botte e mi hanno portata in prigione. Mi hanno fatto un processo che non finiva più! Come l’hanno fatta lunga con quell’orecchio, padre!... Che non era poi neanche ’sto gran orecchio. Il presidente del tribunale con una voce terribile mi diceva: “Lei ha colpito l’orecchio dello Stato!” Cosa ho passato! E tutto per amore di mio figlio. Come mi ha fregata a me l’amore, padre... Il mio matrimonio per esempio è stato un matrimonio d’amore. (Tutta ispirata) Come amavo mio marito padre, come amavo mio marito padre... (cambia tono) prima di sposarlo... No, no, anche dopo. Ma è che dopo, abbiamo messo su casa e così sono cominciate le prime incazz... (si ferma di botto e cerca una parola diversa in sostituzione della parola “incazzatura”) incomprensioni ideologiche... Eh sì, non ero d’accordo con il comportamento ideologico socialemorale politico casalingo del marito. Lavoravo anch’io otto ore come lui, con una differenza sostanziale: che quando si tornava a casa io continuavo a lavorare per altre ottanta: lavare, stirare, fare i letti, il mangiare: lui no! Si metteva in poltrona e trach... (Accenna ad accendere il televisore col telecomando) 18,45: Tv per ragazzi, “HEIDI”!!! “E no, non ci sto: anch’io sto fuori tutto il giorno a lavorare, – gli dicevo, – sono stanca anch’io come te. Ma chi ha detto che la liberazione della donna comincia quando si conquista il diritto a un lavoro salariato? Io me lo sono conquistato un lavoro salariato, ma quest’altro lavoro della casa chi se lo becca? Me lo becco ancora io! E chi me lo salaria? Nessuno! Bella liberazione della donna: col matrimonio mi sono conquistata due lavori!” Oltre tutto mio marito ci aveva l’asma, l’asma nervosa. Quando a me scoppiavano i santissimi, sì, insomma... lei mi capisce padre... e non ne potevo più... “Pianto qua tutto”, urlavo, lui... plaff: si faceva venire la crisi, (Imita il rantolare di un asmatico) Ahaha, ahaa, secco come un baccalà, non respirava più. Ahaaa... certi spaventi mi prendevo! “No caro, non ti lascio, non ti lascio! Sto sempre con te!” Man mano che lo tranquillizzavo, a lui gli passava la crisi e io ero incastrata un’altra volta! Poi sono rimasta pure incinta!... Ma no padre, non l’ho mica presa come una disgrazia, anzi, l’ho voluto io ’sto figlio... preventivato: piano quinquennale! Ero così contenta di essere incinta... Come ero contenta! Nove mesi di vomito! Sempre a letto per il terrore di perderlo! E mi parlavo tra me e me, con una voce sublimata, tra un vomito e l’altro: “’Sto figlio cambierà tutta la mia vita! – mi dicevo. – Cos’è una donna se non è madre? Manco è donna, soltanto femmina è!” Che cogliona che ero!... Oh, scusi padre, volevo dire che stronz... insomma, faccia lei padre!... Sì, adesso arrivo ai miei peccati... ma sa, se non le faccio il preambolo, magari poi lei equivoca... Va bene, d’accordo, salto tutto e arrivo a due anni fa. Due anni fa, scopro che mio figlio si droga!... E che ne sapevo io se fosse leggera o pesante... per me, m’è bastato sentire la parola “droga” che m’è venuto un colpo! “È un depravato, un asociale, un mostro! – gridavo disperata: – Dove ho sbagliato io?” Mi chiedevo... e a mio marito: “Dove hai sbagliato tu?” e lui ahhha... ahhaa... (Ripete l’ansimare dell’asmatico) E lui e i suoi amici e le sue amichette: “Ma piantala, un conto è l’eroina, che uccide, e un conto farsi una spinellata ogni tanto!” E io, col dito della madre proteso: “Non sono d’accordo! Drogarsi è una scelta ideologica, se non la pianti ti sbatto fuori di casa, tu, i tuoi compagni della banda... e le tue puttanelle!” Sì, ho detto puttanelle... m’è scappato. E lui: “Cosa hai detto? Hai offeso le mie amiche! Me ne vado!” “Dove, – faccio io, – dalla nonna?” “No, me ne vado!!” Io, ferma... non ho fatto una piega. “Vai bello, cosa credi che me ne importi... – e il cuore: patapam patapam, – voglio vedere quanti giorni stai via... tre massimo, poi sei qui, dalla tua mamma!” Passa una settimana, non si vede. Non dormivo più, non mangiavo più e mio marito (ripete l’ansimare dell’asmatico): ahaaa,ahaaa... Andavo a cercarlo dappertutto: nelle scuole occupate, nelle case occupate. Nessuno che mi dicesse niente! Capirai, io ero una mamma! Simbolo della repressione: omertà assoluta! “Questi non parlano perché sono una mamma? E io li frego... mi travesto!...” Da cosa? Da fricchettona. Sì, fricchettona, padre... Cosa sono i fricchettoni? Sono quei ragazzi che sfurnicchiano... rubacchiano, non lavorano... che stanno bene, insomma! Certo che come fricchettona ero un po’ cresciuta. “Farò la zingara, la zingara non ha età!” mi sono detta. Sono andata in uno di quei mercatini della roba usata, scompagnata, originale-orientale fabbricata a Monza e mi sono fatta tutto il corredo: sandali siriani, un gonnellone del Marocco, una giacca dell’Afghanistan, un foulard greco dell’UPAIM, detto anche UPIM, le palpebre viola, un coriandolo di stagnola rosso appiccicato sulla fronte, una capsula d’un dente d’oro di mia sorella che l’aveva perduto per uno starnuto tre anni fa, infilato su un incisivo qua davanti, anelli, collane di vetro, ciafferi alle orecchie. Sono andata in una comune di fricchettoni assortiti maschi e femmine... più qualche barbone di contorno. Entro (si porta, con passo maestoso, dall’altra parte del confessionale), sembravo l’albero di natale! Suonavo tutta! (Ribussa alla grata) Sono qua padre... Ma stia più attento! Dunque, entro... un cane che è un cane che si fosse voltato a guardarmi! Mì vado a sedere per mio conto, metto giù la mia roba e faccio come che dormo. Al momento giusto tiro fuori un bottiglino con un intruglio che avevo fatto io: essenza di trementina, olio di fegato di merluzzo, sterco di cavallo, trinciato forte, alcool puro, tintura di iodio, un po’ di dentifricio per dargli colore... creosoto per i cessi, qualche goccia di limone che non guasta mai e mi metto ad annusare con l’occhio sperduto nell’estasi della droga. Dopo tre secondi tutti i fricchettoni e le fricchettone mi si sono seduti intorno: “Cosa fai?” “Mi drogo...” “Che roba è?” “Pesante!” “La fai assaggiare anche a noi?” “Attenti eh... Non voglio morti...” E via, che s’infilavano il mio bottiglino nel naso, fin quasi al cervello e facevano: “Mamma, che droga!!” Per via del dentifricio... che dà alla testa!! Poveri ragazzi... come si fa presto a farli su... “Chi sei? Da dove vieni?” Ero diventata di colpo interessante. Le balle che ho raccontato, padre! “Sono di madre indiana... padre zingaro calabrese... vivo facendo le fatture e leggendo le carte e le stelle... Mi nutro esclusivamente col sangue delle galline e dei gatti appena sgozzati, perché sono una strega!” No, non mi hanno creduta, ma gli sono stata simpatica e mi hanno tenuta con loro... Mio figlio? Mai visto! Una volta sola da lontano al Palalido che c’era un concerto. “Porco cane, adesso lo branco”, mi son detta... faccio per avvicinarmi, non ti parte in quel momento la contestazione! Sfondano! Corrono dentro come matti, ti incendiano gli amplificatori, il palcoscenico... il cantante. La polizia carica... Indovini chi hanno preso per primo?... Bravo! Tanto che, quando mi hanno messo le manette, ci ho detto: “Buonasera... stavo in pensiero!” Mi portano in prigione, ma mi hanno fatto uscire subito... dopo tre giorni, perché io non c’entravo con l’incendio. Vengo fuori e ti vedo un sacco di gente: compagne, fricchettoni, indiani metropolitani, femministe, che mi vengono incontro... Aspettavano proprio me! Gridavano, cantavano... mi abbracciavano... avevano fatto perfino uno striscione con su scritto: “Mamma strega libera!” E una festa che non le dico, padre, una commozione! Non mi ero accorta di avere così tanti amici... non avevo fatto niente per loro... mi volevano bene, così, per me. Davanti a tutti viene una ragazzina, con in mano una gallina viva: “Beviti ’sto cappuccino caldo” mi fa. E così ho cominciato a starci insieme a ’ste ragazze e ragazzi, ascoltavo quello che dicevano... In principio non capivo niente, poi ho capito. Dicevano: “Il personale è politico! Bisogna gestirsi la propria sessualità!”... Sì, sessualità padre. “Prendersi la vita, il godimento, l’immaginazione al potere! Rifiutare l’ideologia del lavoro. (Canta in gregoriano):
Il lavoro fa l’uomo libero
c’era scritto sul muro di un lager
di un lager tedesco”.
... No? Non piace il gregoriano?... Sì, padre, sono composta... (Si mette in ginocchio) Sì, ascolto... (Ripete quanto le dice il confessore) Sono caduta in un baratro... baratro infernale... Disordine morale... E invece ci vuole l’ordine, vero padre? L’ORDINE! LA PAROLA D’ORDINE! LA REGOLA! IL REGOLAMENTO! “LA RAGAZZA HA AVUTO LE SUE REGOLE!” È tutta la vita, da quando sono nata che mi sento ripetere ’ste tiritere:
(Si alza, faccia al pubblico. Autoritaria)
Ohpp, opp, in ordine, ninna nanna.
Fissi! Attenti! Composti! Zitti!
Ohpp, opp. In piedi! Seduti! Puliti!
In ordine per due!
Mangia la pappa, prendi la poppa,
la cacca, la ciccia, a cuccia!
Ninna nanna. La mamma è bella! Il babbo è buono!
Ordine! Maschietti da una parte,
femminucce dall’altra.
I maschietti fanno la pipì in piedi.
Le femminucce la fanno seduta!
Sul vasino per la pupù: tutti seduti!
La pupù è uguale per tuttì!!
La pupù non si tocca.
Non si gioca con la pupù!
La pupù è cacca! Via le manine dalla cacca!
(Parla con un immaginario bambino alla sua sinistra)
Via le manine dal pipì! Il pipì non si tocca!
Non si gioca col pipì.
(Con voce languida, flautata)
Pisellino...
(Si rivolge ad una immaginaria bambina alla sua destra, improvvisamente severa)
Passerina!!
I maschietti non si toccano il pipì
perché il pipì è cacca!
I maschietti non toccano le femminucce,
perché le femminucce sono cacca e pupù!
E allora sa cosa le dico, padre? Mi ascolti bene perché non voglio essere fraintesa, io una cosa l’ho capita: l’amore è disordine! La vita, la libertà, la fantasia, sono disordine, rispetto all’ordine che ci volete dare voi, padre! Fare l’amore per l’amore senza tante sovrastrutture, fidanzamento in casa, dote: “Permetti: i miei genitori...” Fare l’amore per l’amore, è bellissimo!... Le dico che è bellissimo... Ma provi, prima! Io padre ho fatto l’amore con un ragazzo di cui non ricordo neanche più il nome... ma mi ricordo i suoi occhi, il naso, la bocca, mi ricordo le sue mani e le cose che mi diceva mentre facevamo l’amore: “Dio! Madonna! Cristo! Come sto bene! Mi sembra di essere in paradiso!” ed era ateo!... Mi sono perduta? E se le dicessi che mi sono ritrovata? Liberata invece, che sto benissimo! E non ho proprio nessuna voglia di tornarmene indietro, in famiglia. L’ho detto anche a mio figlio... Sì, m’è venuto a cercare. Lui m’ha trovata subito... Era ben vestito, ordinato, i capelli tagliati, la cravatta. “Sono tornato a casa, mamma! Mi sono stufato di ’sta vita da sbandato. Ho messo la testa a posto. Non fumo più. Ho trovato un lavoro... Di andare in piazza non me ne frega più niente... Anche il papà ha messo la testa a posto: gioca a tennis, non ha più gli attacchi d’asma, si è fatto una ragazza, ma se torni tu la pianta subito. TORNA A CASA, MAMMA!” (Accenna a conati di vomito) Mi sono sentita male!... Sì, perché ho avuto come un flash. Mi sono rivista lì, in casa mia, con tutte le grane, la spesa, le camicie da stirare, senza mai un minuto per me... Ma lo sa padre che se volevo leggere il giornale... al gabinetto!! Che se un giorno non funzionavo d’intestino, perdevo le ultime notizie! “No, figlio mio, non mi sento... non sono ancora pronta... devi capire...” “Ma non ti vergogni? Vai in giro come una barbona!!” “Sì, hai ragione, non farò più la barbona. Mi troverò un lavoro, piccolo, a mezzo tempo, che mi dia da mangiare e da dormire. Il resto del mio tempo lo voglio passare tra la gente, tra le donne... Regalare quello che ho dentro, che sono piena di cose bellissime... prendere quello che la gente ha da darmi... le esperienze... Voglio parlare, ridere, cantare... Voglio stare a guardare il cielo... Lo sai figlio mio che il cielo è azzurro, ed io non lo sapevo più? No, caro, a casa non ci torno, neanche se mi mandate a prendere con i carabinieri”. E mi hanno mandata a prendere proprio con i carabinieri!... Sicuro, mio figlio e mio marito mi hanno fatto la denuncia per abbandono del tetto coniugale. Pensi, padre, i carabinieri hanno avuto il coraggio di seguirmi fino in chiesa... Come, dove sono? Là, vicino alla sacrestia, non li vede?... Padre, ma che fa? Padre, non li chiami... È impazzito?... C’è il segreto del confessionale... (Corre a prendere la sua borsa) Non può farmi una cosa così... Zitto!!... (Si dirige correndo verso l’uscita) No, non voglio andare a casa coi carabinieri... (Mima di essere afferrata dai carabinieri e ammanettata) E va bene, andiamo, tanto sono maggiorenne... decido io della mia vita. (Si ferma di botto e rivolta al confessionale, grida) Prete spia, prete spia... non sei figlio di Maria! Spia, spia non sei figlio di Maria!
Buio. Stacco musicale.