FIRMA ON LINE CONTRO LA PENA DI MORTE
FIRMA ON LINE CONTRO LA PENA DI MORTE: CLICCA SULL'IMMAGINE
Almeno 5.851 esecuzioni sono state effettuate in 26 paesi nel 2007.
Iran: almeno 355
FIRMA ON LINE CONTRO LA PENA DI MORTE: CLICCA SULL'IMMAGINE
Almeno 5.851 esecuzioni sono state effettuate in 26 paesi nel 2007.
CHI PAGA L'ACQUA DELLA CITTA' DEL VATICANO?
A partire dal 1929, con la firma dei Patti Lateranensi, lo stato italiano si fa carico della dotazione di acqua per lo Stato Vaticano, in virtù dell’articolo n. 6, che al primo comma dice che "L’Italia provvederà, a mezzo degli accordi occorrenti con gli enti interessati alla Città del Vaticano un’adeguata dotazione d’acqua in proprietà".
L’Italia si fa carico da allora dei 5 milioni di metri cubi d’acqua consumati in media dallo Stato Pontificio. Per le acque di scarico, Città del Vaticano si allaccia all’Acea, ma non paga le bollette, perché non riconosce la tassazione imposta da enti appartenenti a stati terzi. In soldoni, non riconosce Acea perché è "straniera".
Quando Acea si quota in borsa nel 1999, chiede un intervento al governo italiano, che ripiana i 44 miliardi di lire di debiti relativi alla fornitura delle acque vaticane. Da quel momento, la Chiesa avrebbe dovuto farsi carico di una spesa di 4 miliardi di lire annui, ma non è andata così. Tutti i salmi finiscono in gloria, e lo Stato italiano si trova di nuovo nel 2004 a pagare il conto: tocca alla finanziaria 2005 stanziare 25 milioni di euro subito e quattro dal 2005 per dotare il Vaticano di un sistema di acque proprie.
Nel 2001 il Governo Berlusconi istituisce una commissione bilaterale per provare a dirimere la questione delle acque bendette, ma pare che ci sia poco da fare per i debiti che ACEA lamenta, il Vaticano è disponibile a pagare solo una quota di 1.100 euro, per realizzare un depuratore. STOP.
La commissione ha assicurato allo stato pontificio la dotazione d’acqua richiesta (1059 once all’anno) sempre con carattere di gratuità, come disposto dai patti lateranensi, per far fronte alle esigenze sia all’interno delle mura Lonine, che all’esterno, a beneficio delle sedi di dicasteri ed enti contrali della Chiesa, indicati dalla Santa Sede con apposito elenco, che viene aggiornato in via diplomatica. Quali e quanti siano è da scoprire. Il Vaticano comunque corrisponderà un contributo periodico in riconoscimento degli oneri connessi al trasporto dell’acqua.
Carta e penna alla mano, facendo due conti si realizza facilmente che il debito dal 1999 ad oggi ammonta a circa 52 milioni di euro.
C’è da strabuzzare gli occhi, al pensiero dell’enorme buco che lo stato italiano ha dovuto ripianare e che Acea ha tollerato, soprattutto se si confronta con un normale cittadino, che se non paga una bolletta rischia di trovarsi i sigilli sul contatore!
L’acqua è diventata un bene preziosissimo per il pianeta, a causa delle molte guerre che per essa si combattono. Nei Paesi poveri si imbracciano i fucili per avere qualche zampillo d’acqua potabile che garantisca la sopravvivenza. Nei Paesi ricchi invece il business si fa privatizzandola: comprando a poco prezzo le fonti, e rivendendo in bottiglie di plastica etichettate un "prodotto" che in realtà è un bene primario, un’esigenza per la vita della collettività.
Le grandi multinazionali e le multiutility dei comuni fanno schizzare i bilanci alle stelle vendendo l’acqua a prezzi più elevati del petrolio, ma l’acqua è soprattutto vita, bene comune dell’umanità. Ecco perché anche il Vaticano dovrebbe riconoscerle il giusto valore (se non per il debituccio…).
By Franca Rame at 2007-05-21 16:29 | Basta con gli sprechi | blog di Franca Rame | aggiungi commento | letto 2443 volte
franca rame
ACQUA VATICANO
A partire dal 1929, con la firma dei Patti Lateranensi, lo stato italiano si fa carico della dotazione di acqua per lo Stato Vaticano, in virtù dell’articolo n. 6, che al primo comma dice che "L’Italia provvederà, a mezzo degli accordi occorrenti con gli enti interessati alla Città del Vaticano un’adeguata dotazione d’acqua in proprietà".
L’Italia si fa carico da allora dei 5 milioni di metri cubi d’acqua consumati in media dallo Stato Pontificio. Per le acque di scarico, Città del Vaticano si allaccia all’Acea, ma non paga le bollette, perché non riconosce la tassazione imposta da enti appartenenti a stati terzi. In soldoni, non riconosce Acea perché è "straniera".
Quando Acea si quota in borsa nel 1999, chiede un intervento al governo italiano, che ripiana i 44 miliardi di lire di debiti relativi alla fornitura delle acque vaticane. Da quel momento, la Chiesa avrebbe dovuto farsi carico di una spesa di 4 miliardi di lire annui, ma non è andata così. Tutti i salmi finiscono in gloria, e lo Stato italiano si trova di nuovo nel 2004 a pagare il conto: tocca alla finanziaria 2005 stanziare 25 milioni di euro subito e quattro dal 2005 per dotare il Vaticano di un sistema di acque proprie.
Nel 2001 il Governo Berlusconi istituisce una commissione bilaterale per provare a dirimere la questione delle acque bendette, ma pare che ci sia poco da fare per i debiti che ACEA lamenta, il Vaticano è disponibile a pagare solo una quota di 1.100 euro, per realizzare un depuratore. STOP.
La commissione ha assicurato allo stato pontificio la dotazione d’acqua richiesta (1059 once all’anno) sempre con carattere di gratuità, come disposto dai patti lateranensi, per far fronte alle esigenze sia all’interno delle mura Lonine, che all’esterno, a beneficio delle sedi di dicasteri ed enti contrali della Chiesa, indicati dalla Santa Sede con apposito elenco, che viene aggiornato in via diplomatica. Quali e quanti siano è da scoprire. Il Vaticano comunque corrisponderà un contributo periodico in riconoscimento degli oneri connessi al trasporto dell’acqua.
Carta e penna alla mano, facendo due conti si realizza facilmente che il debito dal 1999 ad oggi ammonta a circa 52 milioni di euro.
C’è da strabuzzare gli occhi, al pensiero dell’enorme buco che lo stato italiano ha dovuto ripianare e che Acea ha tollerato, soprattutto se si confronta con un normale cittadino, che se non paga una bolletta rischia di trovarsi i sigilli sul contatore!
L’acqua è diventata un bene preziosissimo per il pianeta, a causa delle molte guerre che per essa si combattono. Nei Paesi poveri si imbracciano i fucili per avere qualche zampillo d’acqua potabile che garantisca la sopravvivenza. Nei Paesi ricchi invece il business si fa privatizzandola: comprando a poco prezzo le fonti, e rivendendo in bottiglie di plastica etichettate un "prodotto" che in realtà è un bene primario, un’esigenza per la vita della collettività.
Le grandi multinazionali e le multiutility dei comuni fanno schizzare i bilanci alle stelle vendendo l’acqua a prezzi più elevati del petrolio, ma l’acqua è soprattutto vita, bene comune dell’umanità. Ecco perché anche il Vaticano dovrebbe riconoscerle il giusto valore (se non per il debituccio…).
By Franca Rame at 2007-05-21 16:29 | Basta con gli sprechi | blog di Franca Rame | aggiungi commento | letto 2443 volte
ECCOVI GLI ARTICOLI... BUON DIVERTIMENTO!!
LA RICCHESSA DELLA CHIESA
La ricchessa della chiesa
Sono i poveri e gli oppressi
Che però come ricchessa
Non ti danno gli interessi
Se vuoi fare investimenti
Meglio vendere i pareti
E comprare apartamenti
Stefano Benni “Prima o Poi l’Amore Arriva
Fonte: La Repubblica
L'otto per mille, le scuole, gli ospedali, gli insegnanti di religione e i grandi eventi
Ogni anno, dallo Stato, arrivano alle strutture ecclesiastiche circa 4 miliardi di euro
I CONTI DELLA CHIESA, ECCO QUANTO CI COSTA.
di CURZIO MALTESE
"Quando sono arrivato alla Cei, nel 1986, si trovavano a malapena i soldi per pagare gli stipendi di quattro impiegati". Camillo Ruini non esagera. A metà anni Ottanta le finanze vaticane sono una scatola vuota e nera. Un anno dopo l'arrivo di Ruini alla Cei, soltanto il passaporto vaticano salva il presidente dello Ior, monsignor Paul Marcinkus, dall'arresto per il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. La crisi economica è la ragione per cui Giovanni Paolo II chiama a Roma il giovane vescovo di Reggio Emilia, allora noto alle cronache solo per aver celebrato il matrimonio di Flavia Franzoni e Romano Prodi, ma dotato di talento manageriale. Poche scelte si riveleranno più azzeccate. Nel "ventennio Ruini", segretario dall'86 e presidente dal '91, la Cei si è trasformata in una potenza economica, quindi mediatica e politica. In parallelo, il presidente dei vescovi ha assunto un ruolo centrale nel dibattito pubblico italiano e all'interno del Vaticano, come mai era avvenuto con i predecessori, fino a diventare il grande elettore di Benedetto XVI.
Le ragioni dell'ascesa di Ruini sono legate all'intelligenza, alla ferrea volontà e alle straordinarie qualità di organizzatore del personaggio. Ma un'altra chiave per leggerne la parabola si chiama "otto per mille". Un fiume di soldi che comincia a fluire nelle casse della Cei dalla primavera del 1990, quando entra a regime il prelievo diretto sull'Irpef, e sfocia ormai nel mare di un miliardo di euro all'anno. Ruini ne è il dominus incontrastato. Tolte le spese automatiche come gli stipendi dei preti, è il presidente della conferenza episcopale, attraverso pochi fidati collaboratori, ad avere l'ultima parola su ogni singola spesa, dalla riparazione di una canonica alla costruzione di una missione in Africa agli investimenti immobiliari e finanziari.
Dall'otto per mille, la voce più nota, parte l'inchiesta di Repubblica sul costo della chiesa cattolica per gli italiani. Il calcolo non è semplice, oltre che poco di moda. Assai meno di moda delle furenti diatribe sul costo della politica. Il "prezzo della casta" è ormai calcolato in quattro miliardi di euro all'anno. "Una mezza finanziaria" per "far mangiare il ceto politico". "L'equivalente di un Ponte sullo Stretto o di un Mose all'anno".
Alla cifra dello scandalo, sbattuta in copertina da Il Mondo e altri giornali, sulla scia di La Casta di Rizzo e Stella e Il costo della democrazia di Salvi e Villone, si arriva sommando gli stipendi di 150 mila eletti dal popolo, dai parlamentari europei all'ultimo consigliere di comunità montane, più i compensi dei quasi trecentomila consulenti, le spese per il funzionamento dei ministeri, le pensioni dei politici, i rimborsi elettorali, i finanziamenti ai giornali di partito, le auto blu e altri privilegi, compresi buvette e barbiere di Montecitorio.
Per la par condicio bisognerebbe adottare al "costo della Chiesa" la stessa larghezza di vedute. Ma si arriverebbe a cifre faraoniche quanto approssimative, del genere strombazzato nei libelli e in certi siti anticlericali.
Con più prudenza e realismo si può stabilire che la Chiesa cattolica costa in ogni caso ai contribuenti italiani almeno quanto il ceto politico. Oltre quattro miliardi di euro all'anno, tra finanziamenti diretti dello Stato e degli enti locali e mancato gettito fiscale. La prima voce comprende il miliardo di euro dell'otto per mille, i 650 milioni per gli stipendi dei 22 mila insegnanti dell'ora di religione ("Un vecchio relitto concordatario che sarebbe da abolire", nell'opinione dello scrittore cattolico Vittorio Messori), altri 700 milioni versati da Stato ed enti locali per le convenzioni su scuola e sanità. Poi c'è la voce variabile dei finanziamenti ai Grandi Eventi, dal Giubileo (3500 miliardi di lire) all'ultimo raduno di Loreto (2,5 milioni di euro), per una media annua, nell'ultimo decennio, di 250 milioni. A questi due miliardi 600 milioni di contributi diretti alla Chiesa occorre aggiungere il cumulo di vantaggi fiscali concessi al Vaticano, oggi al centro di un'inchiesta dell'Unione Europea per "aiuti di Stato". L'elenco è immenso, nazionale e locale. Sempre con prudenza si può valutare in una forbice fra 400 ai 700 milioni il mancato incasso per l'Ici (stime "non di mercato" dell'associazione dei Comuni), in 500 milioni le esenzioni da Irap, Ires e altre imposte, in altri 600 milioni l'elusione fiscale legalizzata del mondo del turismo cattolico, che gestisce ogni anno da e per l'Italia un flusso di quaranta milioni di visitatori e pellegrini. Il totale supera i quattro miliardi all'anno, dunque una mezza finanziaria, un Ponte sullo Stretto o un Mose all'anno, più qualche decina di milioni.
La Chiesa cattolica, non eletta dal popolo e non sottoposta a vincoli democratici, costa agli italiani come il sistema politico. Soltanto agli italiani, almeno in queste dimensioni. Non ai francesi, agli spagnoli, ai tedeschi, agli americani, che pure pagano come noi il "costo della democrazia", magari con migliori risultati.
Si può obiettare che gli italiani sono più contenti di dare i soldi ai preti che non ai politici, infatti se ne lamentano assai meno. In parte perché forse non lo sanno. Il meccanismo dell'otto per mille sull'Irpef, studiato a metà anni Ottanta da un fiscalista all'epoca "di sinistra" come Giulio Tremonti, consulente del governo Craxi, assegna alla Chiesa cattolica anche le donazioni non espresse, su base percentuale. Il 60 per cento dei contribuenti lascia in bianco la voce "otto per mille" ma grazie al 35 per cento che indica "Chiesa cattolica" fra le scelte ammesse (le altre sono Stato, Valdesi, Avventisti, Assemblee di Dio, Ebrei e Luterani), la Cei si accaparra quasi il 90 per cento del totale. Una mostruosità giuridica la definì già nell'84 sul Sole 24 Ore lo storico Piero Bellini.
Ma pur considerando il meccanismo "facilitante" dell'otto per mille, rimane diffusa la convinzione che i soldi alla Chiesa siano ben destinati, con un ampio "ritorno sociale". Una mezza finanziaria, d'accordo, ma utile a ripagare il prezioso lavoro svolto dai sacerdoti sul territorio, la fatica quotidiana delle parrocchie nel tappare le falle sempre più evidenti del welfare, senza contare l'impegno nel Terzo Mondo. Tutti argomenti veri. Ma "quanto" veri?
Fare i conti in tasca al Vaticano è impresa disperata. Ma per capire dove finiscono i soldi degli italiani sarà pur lecito citare come fonte insospettabile la stessa Cei e il suo bilancio annuo sull'otto per mille. Su cinque euro versati dai contribuenti, la conferenza dei vescovi dichiara di spenderne uno per interventi di carità in Italia e all'estero (rispettivamente 12 e 8 per cento del totale). Gli altri quattro euro servono all'autofinanziamento. Prelevato il 35 per cento del totale per pagare gli stipendi ai circa 39 mila sacerdoti italiani, rimane ogni anno mezzo miliardo di euro che il vertice Cei distribuisce all'interno della Chiesa a suo insindacabile parere e senza alcun serio controllo, sotto voci generiche come "esigenze di culto", "spese di catechesi", attività finanziarie e immobiliari. Senza contare l'altro paradosso: se al "voto" dell'otto per mille fosse applicato il quorum della metà, la Chiesa non vedrebbe mai un euro.
Nella cultura cattolica, in misura ben maggiore che nelle timidissime culture liberali e di sinistra, è in corso da anni un coraggioso, doloroso e censuratissimo dibattito sul "come" le gerarchie vaticane usano il danaro dell'otto per mille "per troncare e sopire il dissenso nella Chiesa". Una delle testimonianze migliori è il pamphlet "Chiesa padrona" di Roberto Beretta, scrittore e giornalista dell'Avvenire, il quotidiano dei vescovi. Al capitolo "L'altra faccia dell'otto per mille", Beretta osserva: "Chi gestisce i danari dell'otto per mille ha conquistato un enorme potere, che pure ha importantissimi risvolti ecclesiali e teologici". Continua: "Quale vescovo per esempio - sapendo che poi dovrà ricorrere alla Cei per i soldi necessari a sistemare un seminario o a riparare la cattedrale - alzerà mai la mano in assemblea generale per contestare le posizioni della presidenza?". "E infatti - conclude l'autore - i soli che in Italia si permettono di parlare schiettamente sono alcuni dei vescovi emeriti, ovvero quelli ormai in pensione, che non hanno più niente da perdere...".
A scorrere i resoconti dei convegni culturali e le pagine di "Chiesa padrona", rifiutato in blocco dall'editoria cattolica e non pervenuto nelle librerie religiose, si capisce che la critica al "dirigismo" e all'uso "ideologico" dell'otto per mille non è affatto nell'universo dei credenti. Non mancano naturalmente i "vescovi in pensione", da Carlo Maria Martini, ormai esiliato volontario a Gerusalemme, a Giuseppe Casale, ex arcivescovo di Foggia, che descrive così il nuovo corso: "I vescovi non parlano più, aspettano l'input dai vertici... Quando fanno le nomine vescovili consultano tutti, laici, preti, monsignori, e poi fanno quello che vogliono loro, cioè chiunque salvo il nome che è stato indicato". Il già citato Vittorio Messori ha lamentato più volte "il dirigismo", "il centralismo" e "lo strapotere raggiunto dalla burocrazia nella Chiesa". Alfredo Carlo Moro, giurista e fratello di Aldo, in uno degli ultimi interventi pubblici ha lanciato una sofferta accusa: "Assistiamo ormai a una carenza gravissima di discussione nella Chiesa, a un impressionante e clamoroso silenzio; delle riunioni della Cei si sa solo ciò che dichiara in principio il presidente; i teologi parlano solo quando sono perfettamente in linea, altrimenti tacciono".
La Chiesa di vent'anni fa, quella in cui Camillo Ruini comincia la sua scalata, non ha i soldi per pagare gli impiegati della Cei, con le finanze scosse dagli scandali e svuotate dal sostegno a Solidarnosc. La cultura cattolica si sente derisa dall'egemonia di sinistra, ignorata dai giornali laici, espulsa dall'universo edonista delle tv commerciali, perfino ridotta in minoranza nella Rai riformata. Eppure è una Chiesa ancora viva, anzi vitalissima. Tanto pluralista da ospitare nel suo seno mille voci, dai teologi della liberazione agli ultra tradizionalisti seguaci di monsignor Lefebrve. Capace di riconoscere movimenti di massa, come Comunione e Liberazione, e di "scoprire" l'antimafia, con le omelie del cardinale Pappalardo, il lavoro di don Puglisi a Brancaccio, l'impegno di don Italo Calabrò contro la 'ndrangheta.
Dopo vent'anni di "cura Ruini" la Chiesa all'apparenza scoppia di salute. È assai più ricca e potente e ascoltata a Palazzo, governa l'agenda dei media e influisce sull'intero quadro politico, da An a Rifondazione, non più soltanto su uno. Nelle apparizioni televisive il clero è secondo soltanto al ceto politico. Si vantano folle oceaniche ai raduni cattolici, la moltiplicazione dei santi e dei santuari, i record di audience delle fiction di tema religioso. Le voci di dissenso sono sparite. Eppure le chiese e le sagrestie si svuotano, la crisi di vocazioni ha ridotto in vent'anni i preti da 60 a 39 mila, i sacramenti religiosi come il matrimonio e il battesimo sono in diminuzione.
Il clero è vittima dell'illusoria equazione mediatica "visibilità uguale consenso", come il suo gemello separato, il ceto politico. Nella vita reale rischia d'inverarsi la terribile profezia lanciata trent'anni fa da un teologo progressista: "La Chiesa sta divenendo per molti l'ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l'ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo". Quel teologo si chiamava Joseph Ratzinger.
Da Repubblica
CdV, 11:46
PAPA: CROLLO DELLE BANCHE CI DICE CHE UNICA ROCCIA E' DIO
"Vediamo adesso nel crollo delle grandi banche che i soldi scompaiono, sono niente e tutte queste cose che sembrano vere sono di secondo ordine". Lo ha detto il Papa, parlando a braccio alla prima congregazione generale del Sinodo iniziato oggi in Vaticano. "Chi costruisce solo sulle cose visibili, come il successo, la carriera e i soldi rischia poi di perdere tutto". Per il Papa, "solo la Parola di Dio e' solida". E dunque e' "realista chi costruisce sulla Parola di Dio". Secondo Benedetto XVI, "costruisce sulla sabbia la casa della propria vita chi costruisce solo sulle cose visibili e toccabili, come il successo, la carriera, i soldi: apparentemente queste sono le vere realta', ma - ha ammonito - questa realta' prima o poi passa". "Vediamo adesso nel crollo delle grandi banche, che scompaiono questi soldi, che non sono niente", ha scandito. "Di per se' - ha aggiunto il Papa - tutte queste cose che sembrano la vera realta' sono solo realta' di secondo ordine e chi costruisce su questo costruisce sulla sabbia". Per il Pontefice infatti "solo la parola di Dio e' fondamento della realta' e cambia il nostro concetto di realismo: realista e' chi riconosce la realta' nella parola di Dio".
Da Il Giornale
Crollo banche, il Papa: "Dio è l'unica roccia"
di Redazione
Roma - "Vediamo adesso nel crollo delle grandi banche che i soldi scompaiono, sono niente, e tutte queste cose che sembrano vere in realtà sono di secondo ordine". Lo ricordi chi "costruisce solo sulle cose sono visibili, come il successo, la carriera, i soldi". Lo ha detto il Papa, parlando a braccio, in apertura dei lavori del sinodo dei vescovi sulla Bibbia. "Solo la parola di Dio - ha detto - è una realtà solida".
La riflessione del Papa è partita dal brano evangelico sulla casa costruita "sulla sabbia o sulla roccia". "Costruisce sulla sabbia la casa della propria vita - ha osservato Benedetto XVI - chi costruisce solo sulle cose visibili e toccabili, come il successo, la carriera, i soldi". "Apparentemente - ha commentato il Santo Padre - queste sono le vere realtà, ma questa realtà prima o poi passa: vediamo adesso nel crollo delle grandi banche, che scompaiono questi soldi, che non sono niente". "Di per sè - ha aggiunto il Ponrefice - tutte queste cose che sembrano la vera realtà sono solo realtà di secondo ordine e chi costruisce su questo costruisce sulla sabbia". "Solo la parola di Dio è fondamento della realtà e cambia il nostro concetto di realismo: realista è chi riconosce la ottobre 2008)
Dal forum ‘finanzaonline:
Squalidaz (http://www.finanzaonline.com/forum/member.php?s=89b537e4de779c4dbaf952e4... )
....Vuol dire che il giudizio universale è alle porte!
CITTA' DEL VATICANO - Anche il Papa è intervenuto sulla crisi mutui, ricordando che "i soldi scompaiono" e che "solo la parola di Dio è una realtà solida". "Vediamo adesso nel crollo delle grandi banche che i soldi scompaiono, sono niente, - ha detto Benedetto XVI, parlando a braccio, in apertura dei lavori del sinodo dei vescovi sulla Bibbia - e tutte queste cose che sembrano vere in realtà sono di secondo ordine". Una considerazione, ha aggiunto il Papa, rivolta soprattutto a chi "costruisce solo sulle cose sono visibili, come il successo, la carriera, i soldi".
La riflessione Benedetto XVI è partita dal brano evangelico sulla casa costruita "sulla sabbia o sulla roccia". "Costruisce sulla sabbia la casa della propria vita - ha osservato il Papa - chi costruisce solo sulle cose visibili e toccabili, come il successo, la carriera, i soldi".
"Apparentemente - ha commentato - queste sono le vere realtà, ma questa realtà prima o poi passa: vediamo adesso nel crollo delle grandi banche, che scompaiono questi soldi, che non sono niente". "Solo la parola di Dio è fondamento della realtà e cambia il nostro concetto di realismo: realista è chi riconosce la realtà nella parola di Dio".
per quanto riguarda ciò in cui crede il Papa la verifica se si tratti di una "bolla speculativa" o no è rimandata a dopo la morte.
I sogni rendono liberi, soprattutto se proiettati là da dove nessuno ritorna.
CONTINUA...
VIGNETTA DI VAURO SUL MANIFESTO del 7 ottobre 2008 CRISI BORSE IL PAPA: “SOLIDA SOLO LA PAROLA DI DIO!” SI’, SI’… MA ORA NON COMINCIATE A CHIEDERMI PRESTITI!” Domani pubblicherò articoli dei più grandi giornalisti italiani e INCHIESTA mia sul VATICANO. BACI A TUTTI! franca
Emmanuel Bonsu è stato operato, con esito positivo, nel tardo pomeriggio dall'equipe chirurgica del reparto maxillo-facciale del Maggiore. Proprio nelle ore dell'operazione si sono moltiplicate le testimonianze di chi, lunedì sera, era al parco Ex Eridania e ha assistito, parzialmente o totalmente, alla scena del fermo. Una baby sitter, una signora che frequenta il parco con il cane e una campionessa di basket. Due delle tre donne sono state ascoltate nella mattinata dalla Procura della Repubblica, che sta cercando la verità mettendo a confronto due versioni diametralmente opposte. Quella dei vigili urbani, che parlano di una caduta accidentale durante il fermo e negano di avere scritto sulla busta "Emanuel negro"; e quella dello studente che dice di essere stato picchiato e insultato con epiteti razzisti. Il sindaco Pietro Vignali, invitato dalla trasmissione Chi l'ha visto a intervenire dopo la messa in onda delle testimonianze, non ha chiamato.
La giocatrice di basket: "Lo malmenavano almeno in tre"
"Portavo a passeggio il mio cane quando nel parco ho notato una certa confusione. Allarmata e incuriosita ho guardato: prima ho assistito a un arresto e poi ho visto un ragazzo nero, Emmanuel, a terra. Urlava, spaventato. Intorno a lui c'erano almeno 3 persone (solo poi ho capito essere agenti in borghese) che lo malmenavano. Una di loro aveva anche una pistola". E' quanto dichiara a panorama.it Francesca Zara, campionessa di basket della Lavezzini Parma.
La giocatrice ha poi telefonato a Chi l'ha visto precisando: "Non è scivolato, lo hanno messo a terra". E alla domanda se i vigili lo avessero picchiato, ha risposto: "Qualche calcio glielo hanno dato". Poi ha spiegato di avere capito che si trattava di un'operazione di polizia solo quando sono spuntate le manette e il ragazzo era già a terra.
Il 7 ottobre sarà un anno che Anna Politkovskaja è stata uccisa sul portone di casa sua a Mosca. Chi, a volto scoperto, le ha sparato quattro colpi di pistola è ancora impunito, così come quanti hanno ordinato di far fuoco sulla più coraggiosa giornalista che la Russia ricordi. Anna in patria era sconosciuta, come ha opportunamente (e delicatamente) ricordato il presidente Putin poche ore dopo l’esecuzione. Lì infatti i libri di Anna sulla Cecenia e sull’involuzione democratica russa faticavano a esser pubblicati. La libertà di stampa è minacciata in Russia da quando il Cremlino è guidato da un ex tenente colonnello del Kgb. Eppure, malgrado minacce e avvelenamenti, Anna non aveva voluto abbandonare la sua terra, la sua Russia. I suoi coraggiosi reportage sulle violazioni dei diritti umani a Groznj come a Mosca erano noti in Occidente. Ma nessun rappresentante dell’Unione europea si è sentito in dovere di partecipare ai suoi funerali. Nessun capo di Stato. Nessun premier del mondo che parla di esportare la libertà. Se la politica è stata disattenta (partecipe invece alla gara per pagare il gas russo qualche spicciolo in meno), il mondo della cultura non può dimenticare Anna Politkovskaja. Chiediamo quindi che, in tutta Europa, giornali, teatri, filarmoniche, orchestre o singoli artisti organizzino per il 7 ottobre 2007 iniziative per ricordare Anna. Per dire a chi l’ha fatta uccidere: noi non dimentichiamo!
BASE VICENZA: SINDACO, SOPRAFFATTI DA STATO SORDO E LONTANO (AGI) - Venezia, 1 ott. - "Oggi ci sentiamo traditi. Vivo questa decisione come la violenta sopraffazione di uno stato sordo e lontano". Il sindaco di Vicenza, Achille Variati, commenta l'ordinanza del Consiglio di Stato che sospende la consultazione sul Dal Molin: "Oggi ero a Roma con i sindaci del Veneto per rivendicare l'autonomia degli enti locali e dei territori che essi rappresentano e proprio da Roma e' giunto il pesantissimo stop ad una consultazione che era assolutamente in linea con questi principi. Non sono solito commentare le decisioni della magistratura, ma questa appare un'ordinanza incomprensibile, miserevole dal punto di vista del diritto, e che sembra avvolgere l'alta corte del Consiglio di Stato in una nube di sospetto francamente inquietante. Ogni territorio ha diritto, se non di decidere, almeno di poter partecipare al processo decisionale sulle scelte che ne determinano il futuro: prima avendo accesso trasparente alle informazioni, poi potendo far sentire la propria voce. Soltanto questo volevamo: che dopo anni in cui era stata costretta al silenzio, la citta' potesse finalmente esprimersi. Ma la sordita' romana - continua il sindaco in una nota - ha deciso altrimenti, e pretende oggi di sottomettere nuovamente al silenzio una comunita'. Una comunita' che ha dato molto allo Stato, e alla ragion di Stato, in termini di terra e di ospitalita'". Intanto la segreteria della Cgil vicentina propone di effettuare il referendum in forma autogestita: "Il pronunciamento del Consiglio di Stato nega ai cittadini di Vicenza di potersi esprimere sul futuro del loro territorio, viene impedita un'espressione fondamentale di democrazia diretta. La risposta migliore e' fornire comunque alle donne e uomini di Vicenza la possibilita' di esprimere il loro parere attraverso la consultazione in forma autogestita, qualora non sia possibile mantenerla per via istituzionale. Questa la proposta che avanzeremo ai comitati, alle associazioni e movimenti che con noi sono impegnati a continuare la mobilitazione contro la costruzione di una nuova base militare al Dal Molin". (AGI) Questa proprio non me l’aspettavo! Giuro. Che in qualche modo il governo sarebbe riuscito a far ampliare la base americana nell’area Dal Molin di Vicenza lo immaginavo, ma che riuscisse fin da subito a negare anche il referendum ai cittadini, non ci pensavo nemmeno. E invece ce l’hanno fatta, il CONSIGLIO DI STATO ha bocciato il referendum programmato per il 5 ottobre. La motivazione è che è inutile chiedere ai cittadini di essere favorevoli all’aumento del patrimonio del proprio comune. Ma pensate che bella motivazione! Se avessero detto NO perchè domenica arriva il Circo di Moira Orfei a Vicenza, sarei stato più comprensivo con questa manica di criminali che (non) ci rappresenta in parlamento. Non bastavano i pestaggi (clicca qui per vederli) alla popolazione di qualche settimana fa, ora ai cittadini Vicentini viene tolto anche il diritto ad esprimere democraticamente la propria volontà. Quindi in nome di chissà quanti e quali interessi, l’occupazione militare USA in Italia deve aumentare! Non bastano le 90 testate nucleari già presenti ad Aviano e a Ghedi Torre, (cliccando qui puoi vedere un'ottima testimonianza video)abbiamo bisogno anche della più grande base militare USA d’Europa. In nome di cosa? Della sicurezza del mondo che i nostri eroici paladini statunitensi vogliono garantirci? Mi si rivolta lo stomaco.... Se gli USA continuano con la loro politica di guerra e con questo viscerale desiderio di “esportare democrazia nel mondo”, fra 5 – 10 – 20 anni (che sono pochissimi....quasi tutti noi ci saremo ancora, non sto parlando del 2080!), state certi che arriverà qualche bel conflitto di quelli tosti (altrochè Iraq!) e per colpire gli Stati Uniti, Vicenza sarà uno dei primi obbiettivi. Vicentini, tranquilli, beccheranno anche qualche pezzo di Friuli. Mal comune mezzo gaudio! Un complimento particolare ai rappresentanti della Lega che tanto sostengono il motto “noi padroni in casa nostra” e poi stendono il tappeto rosso agli americani senza nemmeno prendersi la briga di ascoltare la voce dei propri concittadini. Come disse Charles Bukowski: “la differenza fra una democrazia e una dittatura, è che in una democrazia prima voti e poi ordini; in una dittatura non devi perdere tempo a votare”. Oggi possiamo finalmente dire che la nostra democrazia rappresentativa, altro non è che una dittatura oligarchica mascherata e camuffata da democrazia. E dobbiamo ringraziare la base Dal Molin e i vicentini per aver messo a nudo la Dittatura ! Ringraziamo pure i “camerieri” dei banchieri, perché con i loro atteggiamenti e le loro dichiarazioni completano e arricchiscono il quadro. Dal momento in cui lo Stato disattende il volere del popolo, non è più, a buon diritto, uno Stato democratico..dato che del 'demos' (il popolo appunto) se ne frega..e si mette sotto i piedi lo strumento più importante dell'espressione del popolo, ossia il referendum che, in quanto di iniziativa della società civile, dovrebbe portare le sue istanze alla politica..che, in uno stato democratico , le dovrebbe accogliere o rigettare dopo gli esiti della votazione e del controllo costituzionale. Così funziona in uno stato democratico vero e non in uno stato, come il nostro, che, di giorno in giorno, mostra sempre più spesso i suoi lati autoritari. CI METTONO LE ATOMICHE NEL CULO E DOBBIAMO STARCI ZITTI? http://it.youtube.com/watch?v=mA2qZxk25bc I PESTAGGI AL DA MOLIN http://www.youtube.com/watch?v=QAJ9tO1397g Illustre signor Presidente, benvenuto nella nostra città, ricca di storia, fascino e cultura. Lei viene a celebrare Andrea Palladio, il suo ingegno e le sue opere, segni tangibili che ci onoriamo di ospitare nella nostra terra. Come cittadini siamo orgogliosi che, nel mondo, Vicenza venga associata al nome e alle opere del grande architetto. Allo stesso tempo, siamo estremamente preoccupati per il destino della nostra città. Signor Presidente, oggi qui Lei rappresenta, seppure la sua sia una visita privata, lo Stato. Come Lei ben saprà, da oltre due anni una larga parte dei cittadini di Vicenza è mobilitata in difesa della propria terra da un progetto insensato e dannoso. Siamo certi che Vicenza abbia rappresentato, agli occhi di Roma, un'anomalia. Una terra abituata a vivere laboriosamente, da cui ogni tanto si levavano mugugni, ma sempre sotto traccia e senza clamore, è salita alla ribalta delle cronache per la protesta contro la nuova base militare statunitense nell'area dell'aeroporto Dal Molin, l'ennesima nel nostro territorio. Come cittadini siamo rimasti allibiti dal comportamento che lo Stato ed i vari governi succedutesi in questi anni hanno tenuto nei nostri confronti. Un comportamento fatto di menzogne, omissioni, banalizzazioni, quasi che i vicentini fossero dei selvaggi incapaci di intendere e di volere, da ammansire e circuire. Fortunatamente così non è. Abbiamo visto il Commissario da Lei incaricato per la realizzazione della nuova base prodigarsi in consigli al Governo su come "estirpare il dissenso" di questa città, sia pure basato su "cause ragionevoli, perché fondate". Chissà, forse questo è lo stesso ragionamento che fecero i sovietici nel 1956 quando invasero l'Ungheria. Lei di questo ne dovrebbe sapere qualcosa. Lo Stato da Lei rappresentato si è qui materializzato nella sua forma più bieca, autoritaria e centralista, ben lontano da quel concetto di federalismo che, proprio da qui, ha trovato nuova linfa negli scorsi anni. Siamo convinti che il federalismo non possa essere ridotto a mera discussione sull'applicazione dell'art. 119, così come disegnato dal Titolo V° della Costituzione, quasi esclusivamente sul terreno della capacità impositiva degli Enti Locali. Vorremmo che vi fosse una discussione più profonda, capace di registrare le modificazioni del nostro tempo. Forse scioccamente, noi abbiamo sempre pensato di essere cittadini, e non sudditi. Come diceva Machiavelli "governare è far credere", a meno che il bambino della fiaba non faccia capire che il re è nudo. Qua non solo un bambino, ma migliaia di uomini e donne hanno colto la verità, non si sono lasciati ammaliare da fantomatiche promesse, da lusinghe e inganni. Il nostro futuro, il futuro dei nostri figli e della nostra terra, sono leve potenti, signor Presidente, che ci donano un'energia e una voglia di non stare zitti e accettare supinamente ciò che lo Stato, di cui Lei è la massima carica, vorrebbe imporci. Noi andremo avanti nel contrastare questo scempio, questo è certo. Non esiste ragion di stato capace di farci cambiare idea, non abbiamo paura del Leviatano. Lo Stato, e quindi anche Lei, signor Presidente, dovrà decidere se ascoltare le ragioni legittime di questa comunità o, seguendo le peggiori tradizioni autoritarie, tentare di annichilire questo straordinario movimento di uomini e donne di ogni età, provenienza sociale, appartenenza politica. Umilmente le ricordiamo quanto disse re Pirro dell'Epiro, che sconfisse i Romani a Heraclea e Ascoli Satriano: "un'altra vittoria così e siamo rovinati". Signor Presidente, buon soggiorno nella nostra città, che noi continueremo ad amare e difendere. Cinzia Bottene, consigliere comunale Vicenza Libera No Dal Molin Vicenza, 19 settembre 2008 A Vicenza PROVE DI DITTATURA (Nella foto, la "piccola minoranza" ignorata) Questa proprio non me l’aspettavo! Giuro. Che in qualche modo il governo sarebbe riuscito a far ampliare la base americana nell’area Dal Molin di Vicenza lo immaginavo, ma che riuscisse fin da subito a negare anche il referendum ai cittadini, non ci pensavo nemmeno. E invece ce l’hanno fatta, il CONSIGLIO DI STATO ha bocciato il referendum programmato per il 5 ottobre. La motivazione è che è inutile chiedere ai cittadini di essere favorevoli all’aumento del patrimonio del proprio comune. Ma pensate che bella motivazione! Se avessero detto NO perchè domenica arriva il Circo di Moira Orfei a Vicenza, sarei stato più comprensivo con questa manica di criminali che (non) ci rappresenta in parlamento. Non bastavano i pestaggi (clicca qui per vederli) alla popolazione di qualche settimana fa, ora ai cittadini Vicentini viene tolto anche il diritto ad esprimere democraticamente la propria volontà. Quindi in nome di chissà quanti e quali interessi, l’occupazione militare USA in Italia deve aumentare! Non bastano le 90 testate nucleari già presenti ad Aviano e a Ghedi Torre, (cliccando qui puoi vedere un'ottima testimonianza video)abbiamo bisogno anche della più grande base militare USA d’Europa. In nome di cosa? Della sicurezza del mondo che i nostri eroici paladini statunitensi vogliono garantirci? Mi si rivolta lo stomaco.... Se gli USA continuano con la loro politica di guerra e con questo viscerale desiderio di “esportare democrazia nel mondo”, fra 5 – 10 – 20 anni (che sono pochissimi....quasi tutti noi ci saremo ancora, non sto parlando del 2080!), state certi che arriverà qualche bel conflitto di quelli tosti (altrochè Iraq!) e per colpire gli Stati Uniti, Vicenza sarà uno dei primi obbiettivi. Vicentini, tranquilli, beccheranno anche qualche pezzo di Friuli. Mal comune mezzo gaudio! Un complimento particolare ai rappresentanti della Lega che tanto sostengono il motto “noi padroni in casa nostra” e poi stendono il tappeto rosso agli americani senza nemmeno prendersi la briga di ascoltare la voce dei propri concittadini. Qui sotto, dal Blog di Beppe Grillo, il Referendum on line: Referendum del blog www.beppegrillo.it sulla nuova base militare DAL MOLIN a Vicenza È lei favorevole alla adozione da parte del Consiglio comunale di Vicenza, nella sua funzione di organo di indirizzo politico amministrativo, di una deliberazione per l'avvio del procedimento di acquisizione al patrimonio comunale, previa sdemanializzazione, dell'area aeroportuale "Dal Molin" - ove è prevista la realizzazione di una base militare statunitense - da destinare ad usi di interesse collettivo salvaguardando l'integrità ambientale del sito? Chi vota SI non vuole la nuova base militare DAL MOLIN a Vicenza. Chi vota NO vuole la nuova base militare DAL MOLIN a Vicenza. -- SI (NON voglio la nuova base) NO (VOGLIO la nuova base) > Guarda i risultati PollDaddy.com ------------------------------------------------------------------------ Scopri il Blog di Yahoo! Mail: trucchi, novità, consigli... e anche la tua opinione!
Cari amici, vi segnalo un altro luogo della rete dove possiamo incontrarci e dialogare: www.voglioscendere.it E' un blog che abbiamo costruito, con l'aiuto della casa editrice Chiarelettere, a otto mani. Ci scriverò insieme a Pino Corrias, Peter Gomez e Curzio Maltese. Spero che il titolo, intonato con i tempi che corrono, vi piaccia, così come i contenuti. E' un'occasione in più per tenerci in contatto. Mettetelo fra i vostri preferiti! Grazie marco travaglio
COMUNICATO STAMPA di Luisa Morgantini Vice Presidente del Parlamento Europeo Roma, 1 Ottobre 2008 E' davvero una pena la decisione da parte del Consiglio di Stato di accogliere la richiesta di sospensione della consultazione popolare sulla costruzione della Base americana a Vicenza. Una pena per l'arroganza e la cancellazione della democrazia. Sono stata ieri a Vicenza e ho visto con i miei occhi la base: l'ho guardata dal belvedere e appariva come una ferita aperta di una città, consegnata nelle mani di un altro paese, un luogo di cui perdiamo la sovranità e dove troveranno - come dice ipocriticamente il Commissario Costa - riposo, i soldati di ritorno dalle missioni in Iraq e in Afghanistan, dove però non vanno a riposare ma a bombardare e uccidere troppo spesso civili. Sono anche entrata nell'area destinata al 'riposo del guerriero' e ho avuto una sensazione di morte: ho visto gli uomini e le donne dell'aeroporto civile che sarà dimesso e che non avranno più il loro lavoro, e i 15 studenti da pilota che devono interrompere il loro corso e gli hangar e gli aerei inutilizzati, di corsa li stavano portando ieri a Thiene, perchè da Dal Molin hanno avuto l'ordine di non sollevarsi più in volo. Sono andata nella tenda di No dal Molin, un laboratorio di democrazia e di volontà di cittadini e cittadine di Vicenza che non vogliono né una città militarizzata né l'inquinamento della quarta falda acquifera più grande d'Europa proprio sotto la base. Concordo con le parole del Comitato del Presidio No dal Molin, di Cinzia Bottene e delle altre donne e uomini del Presidio: stiamo assistendo ad una drammatica emergenza democratica che cancella il legittimo diritto previsto costituzionalmente dei cittadini di esprimere liberamente la propria opinione e decidere del proprio territorio e della propria vita. Vale comunque la pena andare avanti perché la battaglia del Presidio No Dal Molin è giusta perché difende la terra da disastri ambientali e da città militarizzate. Tutta la mia solidarietà alle donne e agli uomini del No Dal Molin e la mia adesione alla manifestazione di questa sera e di tutti i giorni a venire. Per informazioni: Luisa Morgantini + 39 348 39 21 465 o Ufficio + 39 06 69 95 02 17 [email protected] ; www.luisamorgantini.net ;
TUTTE LE NOTIZIE 28/09/2008 fonte: Presidio Permanente Siamo tutti vicentini: mobilitazioni il 4-5 ottobre APPELLO: [...]la vicenda Dal Molin non riguarda solo la città di Vicenza; a essere in gioco, infatti, è la realizzazione di una nuova base militare statunitense, ovvero di uno strumento utile alle future guerre; ma, anche, il diritto delle comunità locali – di tutte le comunità locali – di potersi esprimere sui progetti [...] ESPRIMI IL TUO VOTO ONLINE Il 5 ottobre, nella città di Vicenza, si svolgerà la consultazione popolare indetta dall'amministrazione per chiedere ai cittadini se vogliono che l'area del Dal Molin – all'interno della quale gli Stati Uniti vorrebbero costruire una nuova base militare – debba essere sottoposta a un processo di acquisizione dal parte del Comune. Ma la vicenda Dal Molin non riguarda solo la città di Vicenza; a essere in gioco, infatti, è la realizzazione di una nuova base militare statunitense, ovvero di uno strumento utile alle future guerre; ma, anche, il diritto delle comunità locali – di tutte le comunità locali – di potersi esprimere sui progetti che riguardano il proprio territorio e che investono il proprio futuro. E, del resto, che la vicenda non riguardi solo il capoluogo berico lo hanno dimostrato le grandi manifestazioni che, il 17 febbraio e il 15 dicembre 2007, hanno attraversato la nostra città; da ogni parte, in questi mesi, abbiamo ricevuto solidarietà e sostegno. Sulla realizzazione di una nuova base militare statunitense hanno diritto di esprimersi anche coloro che vivono in Val di Susa, a Chiaiano o in Sicilia. La consultazione popolare rappresenta, per noi vicentini, un momento importante della nostra mobilitazione; vogliamo dimostrare che tanti cittadini vogliono impedire la costruzione della nuova base statunitense. Ma siamo anche convinti che questo desiderio debba potersi esprimere in ogni angolo d'Italia. Sulla nuova base militare al Dal Molin siamo tutti vicentini; chiediamo a tutti coloro che vogliono impedire la realizzazione dell'installazione militare di esprimersi, nel fine settimana del 4-5 ottobre, realizzando iniziative nei propri territori. Dimostriamo, ancora una volta, che la terra, l'acqua, l'aria, la pace sono tutti fatti nostri e che il futuro è nelle nostre mani. Vi preghiamo di segnalare le iniziative a [email protected]
D’Alema ritiene che “Se si arrivasse a un sistema presidenziale, Berlusconi potrebbe concorrere alla massima carica della Stato perché ci sarebbero quei pesi e quei contrappesi che consentirebbero anche a lui di governare meglio il Paese”. Cito da “La Repubblica” (29 settembre) che fa seguire alla pre-certificazione di D’Alema per l’eventuale candidatura al Quirinale, l’entusiastica approvazione di Bossi (“Noi lo voteremo”) ma poi prosegue con una contestuale notizia politica (stesso giorno, stesse ore): “Intanto Berlusconi lancia un minaccioso avvertimento in attesa che la Corte Costituzionale giudichi il Lodo Alfano 'Se non passasse, allora ci sarebbe da fare una profonda riflessione su tutto il sistema giudiziario e su tutto ciò che abbiamo visto accadere recentemente a Milano'”. Una minaccia non da poco che altrove bloccherebbe la normale vita politica. Restano perciò due domande inevitabili. La prima: Quale leader politico candiderebbe spontaneamente il numero uno del Partito avverso, motivando con il fatto che se ci sarà il sistema presidenziale, tutto sarà garantito da pesi e contrappesi? Neppure Gandhi ha avuto un trattamento così signorile e pre-garantista dai suoi oppositori. Spalanca le porte all’avversario prima ancora che si candidi e assicura sulla perfetta, equilibrata legge sul presidenzialismo prima ancora che quella legge ci sia. E’ un comportamento che sta tra l’imprudente e il profetico (“In verità vi dico che Berlusconi passerà dalla cruna dell’ago del Quirinale”) ma non ha niente di politico ed è privo di somiglianza con fatti e persone di ogni altra democrazia. La seconda domanda è: Se la presidenza della Repubblica è un concorso per titoli, quali saranno i titoli che, data una buona legge che non esiste ma si può sempre sognare, qualificano Berlusconi come un buon candidato a cui persino l’opposizione può offrire una pre-certificazione? Forse l’avere dichiarato il pluriomicida Mangano eroe nazionale? Forse la lunga e leale amicizia con Previti e Dell’Ultri? Forse il numero di imputazioni totalizzate o il numero di non condanne per prescrizione o per tempestivi cambiamento delle leggi? Forse per avere dato del “Kapo” all’eurodeputato tedesco Schultz o avere autorizzato l’eurodeputato Borghezio (alleato di governo) a esibirsi con i nazisti sulle piazze tedesche? O forse il conflitto di interessi che si fa sempre più vasto e radicato? Urge risposta. Per esempio: E’ un equivoco del giornalista? Però, se ciò che scrive “Repubblica” è vero, diremo in piazza, il 25 ottobre, al popolo Pd: “BERLUSCONI FOR PRESIDENT”?
Care amiche e amici avevo messo a disposizione dei bisogni delle molte persone che si sono rivolte a me, per aiuto, il mio stipendio da senatrice. Sono molto orgogliosa di averlo fatto. Per 27 mesi (20 mesi con stipendio Senato, e 7 mesi dalle dimissioni) ho dimostrato la mia solidarietà ad un bel numero di persone, ma ora purtroppo non sono più in grado di continuare. Ho fatto i conti senza l'oste. Ho dato con amore (anche 1000 euro al mese a famiglie militari uranio impoverito e altre solidarietà, manchette su Repubblica e spese varie ecc.), ma mi è stato comunicato dal mio commercialista che dal giugno 2007 ad oggi, ho maturato sul conto corrente un bel “rosso” che arriva a 180.000 euro. Quindi non posso più proseguire su questa strada. In novembre riprenderemo a recitare e spero di poter fare una serata devolvendo tutto l’incasso, così da poter riprendere l’invio di contributi. Sono molto a disagio... e triste. Vi prego caldamente di scusarmi! franca
A nome di tutte le compagne del Movimento Radicalsocialista, rivolgo a Franca Rame un caloroso benvenuto sulle nostre pagine virtuali e un immenso grazie per il suo sostegno e la sua fiducia. Cara Franca, siamo profondamente grate e lusingate della tua manifestazione di stima nei confronti del nostro movimento e degli intenti che in esso esprimiamo e perseguiamo. Le tue parole ci incoraggiano e confortano nell?avventura audace che abbiamo intrapreso: quella di cambiare le coscienze politiche degli italiani e fornire idee e indicare percorsi per migliorare il nostro Paese e il nostro mondo. In questo progetto noi donne abbiamo un ruolo importante e dal tuo esempio potremo attingere sempre rinnovata energia e perseveranza. Fiduciose nella tua vicinanza, che con affettuosa simpatia ci hai già espresso, invitiamo anche le altre donne che leggono a partecipare con noi a questo progetto. Tante voci di donne, insieme a quelle dei nostri compagni, riusciranno infine a trovare la via per costruire una società migliore, pacifista e illuminata. Fulvia Casagrande Le donne del Movimento RadicalSocialista
Lodo Alfano incostituzionale». Pm contro Berlusconi Il pm di Milano Fabio De Pasquale ha sollevato un'eccezione di costituzionalità del Lodo Alfano, la legge che blocca i processi per le 4 più alte cariche dello Stato. Lo fa nel processo sui diritti tv Mediaset che vede imputato, fra gli altri, il premier Silvio Berlusconi. -------------------------------------- Il buco di Catania Maria Novella Oppo CHISSÀ SE ORA IN TV si ricomincerà a parlare anche d'altro che non sia Alitalia. Per esempio, ci piacerebbe tanto vedere una bella inchiesta sul comune di Catania, così ben amministrato dall'ex sindaco Scapagnini (medico personale di Berlusconi, condannato per vari reati), che il suo debito è quasi quanto quello Alitalia. E, come Alitalia, pesa sulla testa (e nelle tasche) dei contribuenti, anche quelli (e sono la maggioranza degli italiani) che non hanno votato Berlusconi. Comunque, per ora, solo Floris ha osato fare il nome di Catania in tv, ma per rimandare tutto alla prossima puntata. Ce la farà? Nell'attesa, torniamo ad Alitalia, per dire che ieri pomeriggio su Sky è andato in onda l'ennesimo dibattito interruptus (da dirette sindacali). Dal dibattito niente di nuovo: le posizioni erano sempre le stesse, chiarite al meglio da Bruno Tabacci, che ha spiegato come gli amichetti della cordata si siano presi la polpa, mentre a noi contribuenti, di patriottico è rimasto il debito. E questo per merito di Berlusconi, l'amico di Scapagnini! Pubblicato il: 26.09.08 ------------------------------------------------------