QUESTO MONOLOGO E' UN PO' LUNGO... MA MOLTO BELLO! BUON DIVERTIMENTO!!!
Personaggi: Una donna, Il cognato.
Elementi scenografici: due porte disposte ai lati del palcoscenico, un’altra porta sul fondo a sinistra. La porta di destra è l’entrata dell’appartamento, quella di sinistra dà nella camera da letto, quella sul fondo in cucina. In proscenio un lungo tavolo, sul quale stanno un telefono, una radio, un ferro da stiro, una bacinella, una spazzola. Davanti al tavolo uno sgabello. Ancora: un mobiletto qualsiasi con sopra un vassoio contenente cerotti, bende, alcool e una pomata. Appeso a una parete un fucile da caccia grossa. Una sedia. Questa scena rappresenta il tinello di una casa di piccola-media borghesia. La radio accesa a tutto volume trasmette musica Rock; la luce sale lentamente. Ballando freneticamente entra in scena una donna, che regge una cesta colma di indumenti da stirare. Indossa una vestaglietta scollata, piuttosto pretenziosa. Ballando si avvicina al tavolo, posa la cesta, prende una giacca da uomo e sempre ballando si dirige a un’immaginaria finestra in centro proscenio. Scuote la giacca per toglierne la polvere, solleva lo sguardo e si blocca, piacevolmente sorpresa nello scoprire la presenza di qualcuno nel palazzo di fronte.
DONNA (ad alta voce per richiamare l’attenzione) Signora... Signora! Buongiorno!... Ma da quando è venuta ad abitare di fronte a casa mia?... Non mi sono neanche accorta del trasloco... credevo che fosse proprio disabitato. Sono contenta... (Quasi urlando) Dicevo che sono contenta... Non mi sente? Ah sì, ha ragione... la radio... la spengo subito... (Esegue) Mi scusi tanto, ma quando sono in casa sola, se non ho la radio bella sparata mi viene voglia di impiccarmi. In questa stanza (si dirige alla porta di sinistra) ho sempre in funzione il giradischi... (Apre la porta, si sente una musica) Sente? (Richiude) In cucina il mangianastri... (Idem alla porta di cucina) Risente? (Richiude la porta) Così in qualsiasi stanza vado, ho la compagnia. (Si avvicina al tavolo e inizia a lavorare: spazzola la giacca da uomo, attacca bottoni, ecc.) No... in camera da letto no, ci mancherebbe altro! No, lì ho il televisore... sempre in funzione... a tutto volume! Ora stanno trasmettendo una messa. Cantata!... In polacco. Che lingua! Da papi! Non si capisce niente... Sì, mi piacciono anche i non ballabili... purché sia musica... il rumore... mi tiene compagnia. E lei come fa a tenersi compagnia? Ah, ha un figlio! Che fortunata!... Che stupida, anch’io ho un figlio... anzi, ne ho due. Scusi, me ne ero dimenticato uno, per l’emozione di parlare con lei... No, non mi tengono compagnia. La più grande è grande, sa, gli amici, le amichette... Il maschietto invece è sempre con me, ma neanche lui mi tiene compagnia... Eh, dorme! Dorme sempre! Fa la cacca, mangia e russa!.. . Ma io non mi lamento, io sto bene in casa mia... non mi manca niente... mio marito mi tiene come una rosa nella serra!... Ho tutto! Ho... dio, quante cose ho... Ho il frigorifero!... Sì, lo so che il frigorifero ce l’hanno tutti, (dandosi molta importanza) ma il mio fa il ghiaccio a palline!! Ho la lavabiancheria, 24 cicli! Lava e asciuga... Ma come asciuga!... Certe volte devo ribagnare tutto, per poter stirare... è tutto secco! Ho le pentole a pressione... il frullatore “Girmiii”, la musica in tutte le stanze, cosa devo volere di più dalla vita io... Dopotutto, sono solo una donna... Sì, ce l’avevo, a ore, poi è scappata; poi ne è venuta un’altra, è scappata anche quella. Scappano tutte le donne a casa mia... Come?... No, non per me... (imbarazzata) per mio cognato... Eh... le toccava! Le toccava tutte! Proprio lì... È ammalato... Morboso? Non so se sia morboso, so solo che pretendeva certe cose da queste ragazze... e loro giustamente si ribellavano. Vorrei vedere lei, cara signora, che è lì che fa i mestieri e tràchete!, le si infila una mano sotto... che strizza... e vedesse che mano che ha mio cognato! Meno male che ne ha una sola!... Ma no, cosa ha capito? Un incidente, un incidente di macchina... pensi, così giovane, trent’anni, si è tutto rotto! È ingessato dalla testa ai piedi; l’hanno ingessato seduto per farlo stare più comodo... è stata una gentilezza del primario... Gli hanno lasciato solo un buchino per respirare e mangiare. Parlare non se ne parla, biascica solo qualcosa... non si capisce niente. Gli occhi sono rimasti sani, qumdi non glieli hanno ingessati... glieli hanno lasciati fuori... poi gli hanno lasciato fuori anche la mano tocacciona... che anche quella è rimasta sana... ed è rimasto sano anche... (Si blocca imbarazzata) Non so come dire... ci conosciamo da così poco tempo, non vorrei che pensasse male di me... Insomma... è rimasto sano... lì. Com’è sano lì, signora! Anche troppo!! Ha sempre voglia di... lei mi capisce... Sì, per quello si distrae. Legge, legge moltissimo... s’informa... Fumetti porno! Ha la stanza piena di riviste schifose, con su tutte le donne nude... in certe posizioni! Scomode! Per me, quelle povere ragazze dopo le foto le ingessano come mio cognato... Con su dei pezzi di carne anatomica, ingrandita, a colori... pare un dépliant di macelleria! Che a me quando me ne capita una in mano, poi, a mezzogiorno, non riesco a cucinare la bistecca... mi viene da vomitare... E così, da quando tutte le donne se ne sono andate, mi occupo io di mio cognato, sa, io lo faccio per mio marito... è suo fratello dopotutto... Ma che dice! (Risentita) A me mi rispetta eccome! Ci mancherebbe altro! A me, prima di allungare la mano, me lo chiede, me lo chiede sempre! (Squilla il telefono) Oh, dev’essere mio marito... mi chiama sempre a quest’ora. Scusi un attimo... (Risponde al telefono) Pronto?... Come? Sì... ma come... Vaffanculo, stronzo! (Posa la cornetta conforza. È furiosa. Guarda la dirimpettaia e le fa un sorriso, quasi per chiederle scusa) Scusi la parolaccia... ma quando ci vuole ci vuole! (Riprende a lavorare nervosamente) No, no, non era mio marito, ci mancherebbe altro!... (Fuori dalla grazia di dio) Non so chi sia! È un porcone telefonico! Mi telefona una, due, tre... mila volte al giorno... mi dice delle zozzerie... ma di quelle parole... che non esistono nemmeno sul vocabolario... le ho cercate sullo Zingarelli... non ci sono! Dev’essere un oriundo... Ammalato? Senta, ne ho già uno di ammalato in casa... Non sono l’infermiera di tutti gli sporcaccioni d’Italia, io! (Squilla di nuovo il telefono) Questo è ancora lui! Stia a vedere cosa faccio adesso... Non lo lascio neanche parlare. (Solleva la cornetta) Pronto porco! Ti avverto che il mio telefono è controllato dalla polizia e se... (Cambiando completamente tono) Ciao... (Rivolta alla dirimpettaia, tappando con la mano la cornetta) È mio marito! (Parla al telefono. È molto impacciata) No, non ce l’avevo con te, caro... credevo fosse... insomma c’è un signore che telefona sempre... chiede di te!... Dice delle parolacce tremende... È arrabbiato con te... dice che tu gli devi dei soldi... Così, io, per spaventarlo, gli ho detto “polizia”! (Cambia completamente tono: meravigliata, sempre più meravigliata) Sì, sono in casa... Aldo, ti giuro che sono in casa! Ma scusa, che numero di telefono hai fatto?... E se ti rispondo dove vuoi che sia!... Non sono uscita! Come faccio a uscire se mi chiudi in casa a chiave?! (Rivolta alla dirimpettaia) Signora guardi che mio marito... (Al telefono) Pronto... No, non sto parlando con nessuno... Sì, ho detto signora... ma ogni tanto tra me e me mi chiamo signora... No, in casa non c’è nessuno... Sì, c’è tuo fratello, ma non è qui... Sì, il bambino dorme... Sì, gli ho dato da mangiare... Sì, gli ho fatto fare la pipì... (Seccata) Sì, anche a tuo fratello! (Cerca di controllarsi) Ma chi si arrabbia... dicevo di stare tranquillo che in casa tutti hanno fatto pipì!... Ciao, sì... no, no, sono felice... sono felice, Aldo, sono molto felice. (Sempre più nervosa) Ero qui che stiravo e ridevo... Sì Aldo, sono felice... (Gridando) Sono feliceeee! (Attacca il ricevitore. Lancia un urlo di rabbia contro il telefono. Guarda la dirimpettaia per un attimo, seria e tesa, poi le fa un gran sorriso silenzioso. Ha ripreso il controllo dei suoi nervi) Ha visto? Gli ho dovuto dire una bugia... Eh no, non lo sa del porcone telefonico... se glielo dico va a finire che se la prende con me!... Lo so che io non ho colpa, ma lui dice che se loro insistono è perché sentono che io mi turbo, si eccitano di più e insistono col masturbo! E va a finire che mi fa togliere anche il telefono... Già mi tiene chiusa in casa... Prigioniera! La mattina quando esce mi chiude... Per la spesa? La fa lui... (Riprende a stirare) Beh, se succede qualcosa, lui telefona ogni tanto. Ma cosa vuole che succeda in casa mia... Siamo una famiglia tranquilla... (Di colpo smette di stirare. Punta lo sguardo più in alto. Cerca di coprirsi i seni: il sinistro con un bavaglino, il destro... col ferro da stiro – indicheremo il momento esatto in cui preme il ferro sul seno. Ad altissima voce) Ti vedo, sai! (Alla dirimpettaia) Scusi un attimo. (Al guardone) È inutile che ti nascondi, sai... vedo il binocolo che brilla nel sole! (Si mette il ferro sul seno e lo toglie subito lanciando un urlo. Alla dirimpettaia) Oddio, mi sono stirata un seno!! Là, lei non può vederlo... è la finestra sopra la sua... Pure il Guardone mi mancava oggi!... Vede, una povera donna non può starsene un po’ in deshabillé in casa sua a stirare... Per colpa di quello lì devo stirare con su il paltò! (Gridando rivolta al Guardone) Vero?... E il passamontagna!... E gli sci!... Che non so neanche sciare, cado e mi rompo tutta come mio cognato!... (Alla dirimpettaia) La polizia? No, non la chiamo. Sa cosa succede? Arrivano, stendono un bel verbale, vogliono sapere fino a che punto ero nuda o vestita in casa mia... se ho provocato il Guardone con danze erotiche... e per finire io, solo io, mi becco una bella denuncia per atti osceni in luogo privato, ma esposto al pubblico! No, no, me la cavo da me. (Stacca dalla parete ilfucile da caccia grossa e lo punta alla volta del Guardone’ gridando) Ti ammazzo porco! (Delusa) t scappato! (Rivolta allafinestra del Guardone) Basta vedere un fucìle che scappa! Vigliacco! Vieni fuori, orbo di un binocolaio!... (Posa ilfucile sul tavolo. Alla dirimpettaia) L’ho fatta ridere? Sono matta? (Riprende a stirare) Meglio essere matta, piuttosto che fare come facevo prima... ogni due mesi mi ingoiavo un tubetto di Veronal... tutte le pastiglie rotonde che trovavo nel bagno le mandavo giù... persino il vermifugo dei bambini... per la disperazione! O tagliarmi le vene come ho fatto tre mesi fa!... Sì, le vene... guardi qua... ci ho ancora le cicatrici... vede? (Le mostra i polsi) No signora, mi dispiace, ma ’sta storia delle vene non gliela posso raccontare. È riservata e intima. Non mi sento proprio,... ci conosciamo da poco tempo... (Cambia completamente tono) Gliela racconto?... No, no... ho avuto un conato di confidenza col suo palazzo! Forse mi fa bene... può darsi che mi sfogo. È una storia triste! Dunque... è stato per via di un ragazzo... quindici anni più giovane di me... che oltre tutto dimostrava ancora meno della sua età... timido, impacciato... dolce... delicato... roba che farci l’amore insieme sarebbe stato come fare... un incesto! Un incesto!! L’ho fatto!... Come cosa ho fatto? Ho fatto l’incesto. Ho fatto l’amore col ragazzo! E sa la cosa più terribile? Non me ne vergognavo... anzi, ero felice! Cantavo dalla mattina alla sera... La sera no, la sera piangevo: “Sei una depravata”, mi dicevo. (Si sente strombettare fuori scena) Scusi, un attimo... questo è mio cognato che mi chiama con la trombetta... un momento, torno immediatamente. (Affacciandosi alla porta di sinistra) Che c’è, caro? Stai tranquillo un attimo... sto parlando con una signora... (Squilla il telefono. Richiude la porta e corre a rispondere alla chiamata telefonica) Pronto... che c’è Aldo... perché mi chiami così subito?... Se viene chi? Quello dei soldi?... (Quasi tra sè) E chi è quello dei soldi?!... Ah, quello che telefona sempre... Beh, che devo fare... tanto sono chiusa dentro, mica posso farlo passare dalla serratura... Ah, devo far finta di non essere in casa... spegnere la radio, il giradischi, il televisore... d’accordo, come vuoi tu, agli ordini capo! Anzi, per te faccio di più! Sai che faccio? Vado in gabinetto, mi tuffo nella tazza e tiro la catena!... E s’incazza pure! Ma va’ a morì ammazzato! (Abbassa la cornetta. È furiosa) Ha detto che quando torna mi riempie la faccia di schiaffi! A me? Mio marito a me?... Me ne dà!! (Riprende a lavorare) Ma dice che lo fa perché mi ama, che mi adora! Che io sono rimasta una bambina, che lui mi deve proteggere... e per proteggermi meglio il primo che mi frega è lui! Mi tiene chiusa in casa come una gallina scema, mi prende a sberle... e poi subito vuol fare l’amore!... Sì, l’amore! E non gliene frega niente se a me non va, se non ne ho voglia! Sempre pronta devo essere io, sempre pronta! Come il Nescafè! Lavata, profumata, depilata, calda, snodata, vogliosa, ma: zitta! Basta che respiri! E faccia un gridolino ogni tanto, per fargli credere che ci sto. E invece io con mio marito non ci sto! Insomma non sento niente... io... non riesco ad arrivare... (È molto imbarazzata, non trova la parola giusta. La vicina gliela suggerisce) Ecco, sì... quella parola lì... Che parola! Che parola!! Non la dico mai! Orgasmo! Mi pare come il nome di una bestiaccia schifosa... un incrocio fra un mandrillo e un orango. Mi pare di leggerlo a grandi titoli sui giornali: “Orgasmo adulto fuggito dal circo americano!”, “Suora aggredita allo zoo da un orgasmo impazzito”. Quando poi dicono: “Ha raggiunto l’orgasmo”, mi pare di vedere un povero tapino che dopo una gran corsa riesce a prendere il tram al volo... (Ride) Ah, fa lo stesso effetto anche a lei?... O R GA SMO!! Che parolaaa!! Con tanti nomi che ci sono... non potevano chiamarlo ad esempio “sedia”?... Sì, sedia... così uno dice: “Ho raggiunto la sedia”, primo, non si fa capire che ha fatto le brutte cose... secondo, se è stanco si riposa! (Ride divertita) Dove ero rimasta?... Ah, sì, mi scusi, ma questo fatto dell’orgasmo mi ha fatto perdere il filo. Con mio marito, non sento niente! Niente! Guardi come faccio l’amore con mio marito... così. (È seduta sullo sgabello e restando seduta si stende rigida mettendosi sull’attenti, come un soldato) E quando ha finito dico: “Riposo!”... No, non ad alta voce, se no me le dà... Di dentro... io parlo sempre di dentro. “Riposo!” e dormo rilassata. Non so perché con mio marito non sento niente. Forse perché mi sento come... bloccata... mi pare di essere come... (Non riesce a trovare la giusta definizione. La dirimpettaia gliela suggerisce. Cambiando completamente tono) Sì! Ma perché lei ha aspettato tanti anni a venire a stare di fronte a casa mia! Ma sa il tempo che ci penso... che è anche una parola facile: “ADOPERATA”! Sì, adoperata, come il rasoio elettrico, il fòn per i capelli... Sarà anche che io non ho avuto molte esperienze di sesso... ne ho avute due... questa del marito che non conta, e un’altra che ero ancora una ragazzina... Dieci anni io... lui dodici. Un imbranato! Speriamo sia migliorato crescendo... Noi non sapevamo niente di quelle cose lì... sapevamo solo che i bambini nascono dalla pancia... No, non ho sentito niente... proprio niente! Solo un gran male qui. (Accenna all’ombelico)... Sì, qui... l’ombelico... e sì, perché noi si credeva che fosse quello, il posto dell’amore... e allora lui col suo coso... spingeva, spingeva... Ho avuto l’ombelico infiammato non so per quanti giorni. (Ride) Mia mamma credeva mi fosse tornata la varicella! A mio marito, questo fatto dell’ombelico non glielo ho confidato... E no, perché magari dopo dieci anni fai una lite: “Taci tu! E quella volta dell’ombelico allora! Puttana!” No, no, zitta sono stata. L’ho detto al prete... Mi sono confessata... m’ha detto di non farlo più. Dopo, sono cresciuta... No, non ho più avuto esperienze di sesso... E no, quella lì dell’ombelico non mi era piaciuta. Sono diventata grande, mi sono fidanzata, le mie amiche mi hanno spiegato... Il giorno del matrimonio in chiesa ero così emozionata!... Cantavo a squarciagola... No, non con la voce... di dentro... io faccio tutto di dentro... Cantavo dentro di me: “arriva l’amore, oho ohoo... arriva l’amore...” (Cambia completamente tono: delusa) Invece è arrivato mio marito! Come sono rimasta male la prima notte, signora... “Ma come: è tutto qui?” mi chiedevo... Come sono rimasta male la prima notte! Anche alla centesima!... Informarmi? E da chi? Allora ho incominciato a leggere i giornali delle donne e ho scoperto una cosa! (Dandosi molta importanza) Ho scoperto... che noi donne abbiamo i punti erogeni... che sarebbero quei punti di maggiore sensibilità al tatto del maschio... (Delusa) Ah, lo sa già... Ne sa di cose lei, eh? Ma quanti punti erogeni abbiamo! Su quel giornale c’era il disegno di una donna nuda, tutta divisa in quarti... sa, come quei cartelloni che si vedono nelle macellerie con su la vacca tutta divisa in regioni, come la carta d’Italia. E ogni punto erogeno era pitturato con colori tremendi, a seconda della sensibilità più forte o meno forte. Per esempio, la lombata, rosso fuoco! Poi la parte qui, dietro il collo, quella che i salumieri chiamano “la coppa”, violetto; il filetto della schiena... (cambia tono) ha visto come è aumentato il filetto!... Ah sì, scusi... (riprende il tono descrittivo) il filetto, arancione! Poi lo scamone... Lo scamone è una roba!! Il non plus ultra! Speciale! Quasi come farsi toccare il biancostato e la polpa di roast beaf, che poi sarebbe il muscolo sartorio o anche traverso, come dire interno della coscia o cosciotto! Con mio marito né lombata né filetto né polpa... niente! Non sentivo niente! Ma mi ero rassegnata, perché credevo che per tutte le donne fosse così... finché non ho conosciuto il ragazzo. È andata così: la mia più grande, era grande e io avevo meno da fare, allora ho detto al marito: “senti, sono stanca di fare la casalinga, vorrei fare qualche cosa d’intellettuale, imparare una lingua, l’inglese per esempio, che se andiamo in Inghilterra, lì lo parlano da matti! Lui mi fa: “Brava!” E mi porta a casa un giovane universitario sui ventisei anni che parlava l’inglese benissimo. Passano una ventina di giorni e mi accorgo che il ragazzo dell’inglese si è innamorato pazzamente di me!... Come me ne sono accorta? Se per caso gli sfioravo, nel dire un verbo, una mano, lui tremava tutto... s’intartagliava in inglese che non si capiva niente! Io non ero abituata a quei sentimenti dell’anima, ma solo alle palpate del cognato, al porcone telefonico, alle adoperate di mio marito... sentirmi tutte quelle ondate d’amore... vam, vam... che mi venivano nello stomaco... vam, vam! Una gastrite nervosa! Allora mi sono detta: “stai scivolando verso il peccato!” Basta, ho chiuso con l’inglese! Lui, il ragazzo, l’ha presa male... Tutte le mattine scendevo a fare la spesa e lui era lì, sotto il portone, che mi aspettava. Pallido, triste... con su un impermeabile bianco... bello! Com’era bello! Sembrava Yul Brinner giovane! Mi guardava con quel suo occhio blu... No, no, signora, ne ha due di occhi... È un mio modo di dire, l’occhio blu... E io gli dicevo (parlando a mezza bocca): Vai via... non sono la donna adatta a te... Vai via... potrei essere quasi tua madre! Fatti una ragazza della tua età... (Gridando) Va’ via! (Cambia tono) Si prendeva certi spaventi! Poi un giorno me ne ha fatta una indimenticabile: scendo come tutti gli altri giorni a fare la spesa, e sotto al portone lui non c’è! Come sono rimasta male!! “Non fa nulla, – mi sono detta, – sì sarà rassegnato...” Vado nella nostra piazza, qua sotto, qualche cosa attira la mia attenzione: tutti i muri delle case erano coperti da scritte enormi, con la vernice rossa... c’era scritto: “Ti amo Maria!” Maria sono io... Anzi c’era scritto: “I LOVE YOU!” L’aveva scritto in inglese per non farsi capire! Sono scappata in casa. “Basta, devo dimenticare... devo dimenticare...” e per dimenticare ho incominciato a bere!... Fernet! Amaro! Come è amaro il Fernet! Ma perché lo fanno così amaro! Lo mandavo giù come una medicina... e me ne stavo qui, con tutte le mie amarezze, la radio che cantava, il telefono che squillava, il cognato che strombettava... (Si sente lo strombettio del cognato) Rieccolo! (Va verso la porta di sinistra) Cosa c’è? Stai buono, ora non posso... sto parlando con una mia amica. (Si sente uno strombettio inferocito cbe arriva a coprire le parole della donna) Villano! (Alla dirimpettaia) Sapesse le parolacce che mi dice con quella tromba lì! Un giorno o l’altro lo sbatto giù dalle scale, lui e la sua carrozzina... quattro piani... (Altra strombazzata furiosa. Anche la donna è furiosa) L’ultima tromba, deve essere la sua! Dov’ero rimasta? Ah sì... ero qui ubriaca... no, mica da cascar per terra... allegretta... suona il campanello. Chi era? La madre del ragazzo! Un imbarazzo!! Mi fa: “Signora, non mi giudichi male, ma sono disperata, mio figlio sta morendo d’amore per lei. Non mangia più, non dorme più, non beve più... Lo salvi!! Venga almeno a salutarlo”. Che dovevo fare? Sono una mamma anch’io! Vado. Entro in camera del ragazzo... era a letto... bianco come uno straccio, magro, triste:... senza impermeabile... Come mi vede scoppia a piangere... e anch’io scoppio a piangere... e anche la mamma di lui scoppia a piangere... Poi la mamma di lui se ne va. Restiamo soli. (È molto imbarazzata) Lui mi abbraccia... io lo abbraccio. Lui mi bacia... io... lo bacio. E poi... (Con un gesto della mano allude al ragazzo che tenta di toccarle un seno) “Fermo!” Si è preso uno spavento anche quella volta lì. “Ti devo parlare. Non mi vergogno a dirtelo, anch’io ti voglio bene, anzi ti amo. (Alzando sempre più il tono della voce) Ti amo, ti amo, ti amooo!” Come gridavo!!... Il Fernet!! (Sempre gridando) Ti amooo! (Cambiando tono) Tanto che poi mi hanno detto che tutto il palazzo s’è affacciato alle finestre: “Chi è che ama in questo palazzo?” “C’è qualcuno che ama al quarto piano?” “No, da noi non ama nessuno... forse amano al secondo...” Che figura!! Meno male che non mi conoscevano... (Rigrida) “Ti amo! Ma non posso fare l’amore con te: ho due figli, un marito, un cognato!” Lui allora salta giù dal letto, nudo... com’era nudo! Afferra un coltello che c’era lì, se lo punta alla gola e dice: “Se non vuoi fare l’amore con me... io mi uccido!” (Più che mai imbarazzata) Non sono un’assassina io! Sacrificare la vita di un giovane uomo per il mio bieco egoismo? Mai! Mi sono spogliata in otto secondi... e... ho fatto l’amore. (Cambiando tono. Dolcissima) Una cosa, signora... dolce... i baci... le carezze... Doveva esserci, signora! I baci... le parole che mi diceva... le carezze... Benedetto quel coltello! E così ho scoperto che l’amore, l’AMORE, non è quella cosa di mio marito... io sotto e lui sopra: TRAM TRAM TRAM, la macchina schiacciasassi! L’amore è una cosa dolce... ma dolce... Ci sono tornata il giorno dopo. Il giorno dopo ancora. Tutti i giorni dopi dei giorni dopi... Cosa ha capito signora? Era ammalato! E quando tornavo qui a casa ero come stordita... Ma come, perché? Arrivare alla mia età e scoprire che esiste al mondo una roba che credevo fosse solo nel cinema... Mio marito, a vedermi così allocchita, non si era messo in testa che bevessi? Mi ha chiuso a chiave il Fernet! Che pirla!! Poi gli è venuto il sospetto... m’ha fatto pedinare. Un giorno ero lì, in camera del ragazzo... in piedi, nuda... anche lui era lì, in piedi, nudo, che stavamo salutandoci: “Come stai? Bene e tu?” si spalanca la porta e entra mio marito vestito! Tanto che io non sapevo cosa dire e ho detto: “Ah, sei tu?” E, signora... non è mica una cosa di tutti i giorni essere lì, nuda, con un estraneo, nudo, ed il marito con su il paltò! L’avessi mai detto! “Sì, sono iooo! Villana!”... M’ha detto, villana... che non era la parola giusta. Poi si mette a gridare come un matto... voleva strozzare il ragazzo... contemporaneamente voleva strozzare anche me... ma mio marito ha due mani sole e per quanto stringesse, non ci riusciva... con tutto che io collaboravo... agevolavo... spingevo il mio collo contro quello del ragazzo e avevo anche smesso di respirare... tenevo la bocca chiusa. Morirò, per dio! Niente! Improvvisamente il naso mi respirava da solo... Ho il naso indipendente!! Arriva la madre, la sorella, la nonna... io lì nuda come un vermicione col mio naso indipendente. Scappo in bagno, mi chiudo dentro... prendo una lametta che c’era lì, e: zam zam, zim zan... mi taglio tutte le vene che ho! Le cercavo. Eccone un’altra: zam! Un’altra: zam! Ho fatto un tagliamento!! Ma quante vene abbiamo! Le tagliavo per il lungo... Per morire prima, signora!... Mio marito, però, mi voleva ammazzare lui, proprio di persona, ha buttato giù la porta a spallate... e quando mi ha visto lì con tutto quel sangue... rosso... che io ci ho un sangue rossissimo... mi fa: “Non ti ammazzo più. Ti porto all’ospedale”. M’ha fatto su in una bella coperta, per non sporcare la macchina... mi ha portata all’ospedale... e poi mi ha perdonata... è stato molto generoso. Però da quel giorno lì, mi tiene chiusa in casa... Certo, sequestro di persona... Lo so che è proibito dalla legge... La polizia? Ah, ma lei ci ha proprio la mania di chiamare la polizia. Ha qualche parente nell’Arma? Non posso chiamare la polizia... Vengono qui, salta fuori la storia del ragazzo... sicuramente si arriva alla separazione legale... sicuramente il marito mi porta via i figli e magari in cambio, sicuramente, mi lascia il cognato tocaccione! No, no, guardi... io... (Squilla il telefono. La donna solleva la cornetta) Pronto. (Con voce bassa, emozionata) Caro... perché mi telefoni? (Gridando alla dirimpettaia) È il ragazzo! (Riprende il tono “intimo”) Ti prego... non devi telefonare più!... Ma come faccio a vederti, se mi tiene chiusa a chiave... Vieni ad aprire tu! E con che cosa?... (Spaventata) Non farmi una cosa così... pronto, pronto... (Alla dirimpettaia) Ha attaccato! È pazzo, è pazzo! Dice che viene lui ad aprire... Con un chiodo storto!... Sì, lo so che non ce la farà ad aprire, ma che figura faccio se passa un inquilino e vede un estraneo a ravanare nella mia porta con un chiodo storto! (Si sente bussare alla porta) Eccolo... è già qui. (Va alla porta d’ingresso, spaventata) Vattene, sta arrivando mio marito... (Cambia tono) Chi è lei?... Soldi? Che soldi? (Alla dirimpettaia) Dio che guaio... è quello dei quattrini, il creditore. (Verso la porta) In casa non c’è nessuno... Sì, io ci sono, ma... sono la cameriera... Sì, ho detto mio marito, perché mio marito fa il cuoco... No, i signori non ci sono. Sono andati a fare una crociera... in automobile... Senta, io ho l’ordine di non aprire, di non parlare, di non accendere la radio né il giradischi... E poi, anche se volessi non potrei aprire, perché non ho la chiave... (A parte) Oddio che ho detto... (Al creditore) Non ho la chiave perché... mi chiudono... la mia padrona è convinta che rubi... e allora... No, non si preoccupi, non muoio di fame, ho qui la scorta di viveri... La polizia? Perché vuole chiamare la polizia? (Tra sè) È un parente di quella signora lì... (Indica la dirimpettaia, poi subito al creditore) Signore... signore... (Venendo alla finestra) Se n’è andato, è andato a chiamare la polizia... Io dico che è un bluff... l’ha fatto solo per spaventarmi... (Ribussano alla porta) Ribussano... chi sarà adesso signora? Il creditore, la polizia, il ragazzo pazzo? Io non rispondo a nessuno... (Ribussano con insistenza) Vuoi vedere che è proprio la polizia? (Si sente gridare a gran voce: Maria, Maria) Mio marito! (Va alla porta) Aldo... cosa bussi... va bene che il campanello è rotto, ma hai la chiave, e aprila ’sta porta!... Hai perso le chiavi?! Oh mamma! E adesso cosa mi capiterà? Mi toccherà morire di fame, sepolta viva, come l’abate Faria... io, il bambino, il manone... Che morte, che morte!! (Al marito) Guarda che è stato qui il tuo amico... sì, quello dei soldi. È andato a chiamare la polizia... No, non ha parlato con me, non sono cretina!... Ha parlato con la cameriera... Quale cameriera? Non abbiamo cameriera? Certo che ce l’hai la cameriera! Hai la cameriera, l’infermiera, la baby sitter, la donna a ore, tuttofare, tuttolavare, tuttopalpare a farsi fottere!... No, non sono né isterica né pazza... e sono contenta che arrivi la polizia, così la faremo finita... Sì, vattene... e non tornare mai più! (È furente. Cerca disperatamente una parolaccia da lanciare al marito) Presbite! (Si rende conto di quello che ha detto. Torna al tavolo avvilita. Alla dirimpettaia) Con tutte le parolacce che so, una volta che me ne serve una: “presbite!!” Che ci vede benissimo! Va’ che figura che ho fatto! Però gliene ho dette! (Si sente un vagito piuttosto disperato) Il bambino... (Spaventata) Signora, mi piange il bambino!! Mi spavento sì! Non si è mai svegliato da quando è nato! (Corre alla porta di sinistra uscendo di scena) Ma che ci fai tu qui nella mia camera... Brutto sporcaccione, mi hai svegliato il bambino per costringermi a venire qui... Ma che fai adesso... fermo, non tirarmi così! Lasciami andare. (Vagito). Buono, stai buono popo. (Trillo del campanello del telefono). Disgraziato! M’ha strappato la mia vestaglia del COIN. Vengo, accidenti... Poi con te faremo i conti quando arriva tuo fratello, vedrai... (Entra in scena; la vestaglia presenta uno strappo all’altezza della spalla) E quando torna più quello... (Risponde al telefono) Pronto... (Furente) Senta, adesso basta! Guardi che se non la smette di dirmi queste sporcaccionate io un giorno o l’altro perdo la testa... le metto... una bomba nel telefono! Le faccio saltare via tutte le gengive!! Sporcaccione... ma non si vergogna! Sono una mamma! Cosa direbbe se qualcuno dicesse le zozzerie che dice a me alla sua vecchia mamma, con i capelli bianchi, che fa l’uncinetto vicino al focolare... Ah tace! Tace lo zozzone... Ho trovato finalmente la parola giusta! La parola che fa battere il cuore all’italiano medio: MAMMA! (Pausa. Posa la cornetta) È orfano! (Lancia invettive contro l’apparecchio telefonico) Porco, sporcaccione, zozzone!! (Alla dirimpettaia) Signora, ha visto cosa m’ha fatto mio cognato, è arrivato a svegliarmi il bambino... (Chiamando) Signora... signora... (Il bambino riprende a piangere. Delusa, dopo aver sbirciato verso la finestra) Se n’è andata... (Alza lo sguardo) In compenso è tornato il Guardone! (Alza la voce verso la porta di sinistra) Buono popo... (imbraccia il fucile) che adesso la mamma ti fa vedere come si ammazza un Guardone... (Bussano alla porta d’ingresso. In direzione del Guardone, ad alta voce) Stai lì che ti ammazzo tra due minuti... (Posa il fucile e va alla porta) Chi è?... Per carità, vattene... sta per arrivare mio marito, la polizia e anche un creditore... (Si sente armeggiare nella serratura) Non toccare la mia serratura col tuo chiodo... tanto non riuscirai mai ad aprire... (Si sente il rumore di una serratura che scatta) Scatta? Oddio apre... No, non riuscirai ad entrare... ci metto la catena... (Esegue) Aiuto! (Corre al tavolo) Signora, signora... oh, meno male che si è riaffacciata... il ragazzo pazzo è riuscito ad aprire la porta... No, non può entrare perché ho messo la catenella... Sì, adesso glielo dico... (Va verso la porta. Si blocca di colpo alla vista della mano del ragazzo che entra in scena attraverso la fessura della porta). Vai subito via dalla mia casa con quella mano... (La mano fa cenno insistentemente di avvicinarsi). Cosa vuoi?... Stringermi la mano? Ma vuoi capire che sta per arrivare mio marito... (Il ragazzo insiste). Che insistente! Va bene, ma facciamo presto... (Gli dà la mano. Il ragazzo cerca di tirare la donna verso di sè). Ma cosa tiri... mica posso passare dalla fessura... (Il bambino strilla). Lasciami, c’è il bambino che piange... devo dargli la pappa, vattene adesso. (Libera la mano dalla stretta del ragazzo e va alla porta della cucina) Vattene e richiudi la porta col tuo chiodo storto, anzi, lascialo in portineria che mio marito ha perso la chiave... (Al bambino) Buono popo che adesso ti porto la pappa... (Entrando in cucina, vede che la mano del ragazzo è sempre in casa sua. Prende un grande cucchiaio di plastica) Vattene! Guarda che perdo la pazienza... Guarda che ti castigo... (Minacciosa) Guarda che ti do una coltellata con questo cucchiaio che ti taglio via tutte le dita... Non ci credi? (Si avvicina al ragazzo e sferra un gran colpo con il cucchiaio sulla mano. Urlo del ragazzo. La donna, spaventata, guarda il cucchiaio poi corre alla finestra) Signora, gli ho dato una coltellata con questo cucchiaio... Che devo fare, signora?... Brevettarlo? Ma che dice?!... Disinfettarlo? Giusto, ha ragione, bisogna disinfettarlo... Sì, ce l’ho, mio marito non mi lascia mancare niente... (Prende l’alcool che sta nel vassoio sopra al mobile e corre dal ragazzo) Stai fermo... No, non brucia, è quello per i bambini... Caro, caro, che taglio t’ho fatto! Sono un’assassina... perdonami! Adesso vattene... Un bacio? (Gli bacia la mano)... Sulla bocca? No, sulla bocca non ti do niente!... No, mi spiace ma la catenella non la tolgo... Ma non ci passa la testa dalla fessura, ho le orecchie!!... Come sei insistente! (Infila la testa nella fessura della porta) Lasciami andare... lasciami... accidenti... la testa! Mi è rimasta incastrata la testa nella porta! Spingi, spingi... ma non con la bocca cretino! Con la mano! (Toglie con fatica la testa dalla fessura) Ahia, che male! (Si allontana di qualche passo. Il ragazzo batte la mano freneticamente sul legno della porta). Basta! (Il ragazzo insiste). Ti sembra questo il momento di fare del jazz a casa mia?! (Il ragazzo cerca di togliere il braccio dalla fessura, senza riuscirci). Vattene!... Che succede?... Che disastro! (Corre alla finestra) Oh, signora, signora... gli è rimasta la mano incastrata nella porta!... Diventerà vecchio col suo braccio in casa mia... mio marito mi impicca! (Disperata) Che devo fare?... Ah sì, l’acqua, col sapone... come per gli anelli... (Urla al Guardone) Vai via! (Alla dirimpettaia) Calda, ce la metto calda che va meglio... (Prende la bacinella che sta sulla tavola. Al Guardone, esasperata) Lesbico! (Girando indaffarata per la stanza) La guardata al Guardone, l’acqua calda per il ragazzo, la pappa al bambino, (strombettio del cognato) la palpata al palpone... (squilla il telefono) il porcone telefonico! (Va al telefono) Hallo porco! (Cambia tono: crede sia il marito. Fredda) Ciao... Come? Chi è lei?... Scusi, credevo fosse mio marito... No, mio marito non c’è, se vuole dire a me... Sì. Sì... (Ride tra sé) Sa che le dico? Auguri e figli maschi!! Guardi che lei sbaglia numero... Sì, c’è un uomo qui, ma mio marito mette incinta solo me!... No?... Anche sua figlia?! (Interdetta) Non m’ha detto niente... Che porco! Quanti anni ha sua figlia?... Sedici anni!... Però, scusi, lei, sua figlia di sedici anni invece di lasciarla andare in giro a farsi incintare dai mariti delle altre donne, la chiuda in casa! Mio marito mi chiude in casa a me, alla mia età, e lei chiuda... Villano! (Riattacca. Alla dirimpettaia) M’ha detto, puttana! Mio marito gli mette incinta la figlia e lui dice puttana a me! (Il ragazzo, bussando alla porta, cerca di attirare l’attenzione della donna). Lasciami stare! Ho una disgrazia in famiglia... ho il marito incinto! (Entra in cucina da dove esce subito con la bacinella in una mano e la pappa per il bambino nell’altra) Vengo, vengo... Accidenti come scotta questa pappa! (Entra in camera da letto) Eccomi, eccomi qua popo... Stai fermo, stupido... non tirarrni... Attento che ho la pappa bollente! (Si sente un urlo del cognato). Maledizione! (Torna in scena) Signora, che ho fatto!... Gli ho versato tutta la pappa bollente sugli occhi... No, non al bambino, a mio cognato!... Che faccio? (Corre in camera da letto e rientra in scena spingendo una carrozzina sulla quale è seduto il cognato tutto fasciato come una mummia: è un pupazzo, ha una trombetta claxon in mano, è tutto ingessato. Alla dirimpettaia) Il Foil? Certo, gli metto il Foil, sì, sì, ce l’ho, mio marito non mi fa mancare niente... (Al ragazzo che ribussa) Lasciami stare! Ho bruciato mio cognato! (Prende la pomata dal vassoio. Corre dal cognato e gliela cosparge sulla parte ustionata) Eccomi... ti brucia? Eh, ma anche tu! Ti avevo avvertito che tenevo la pappa in mano... buono con ’sta mano... (Mima di essere afferrata dal cognato manichino) Lasciami andare, lasciami andare... (Cerca di liberarsi, senza riuscirci. È furente) Guarda che ti verso addosso l’acqua bollente! (Il cognato la lascia). Ah, l’hai capita finalmente! (Corre con la bacinella dal ragazzo) Presto, metti la mano nel catino... Ma no, non è bollente... l’ho detto per spaventare il cognato... (Il ragazzo mette la mano nella bacinella. L’acqua è bollente. Il ragazzo urla e ritira velocemente il braccio) Era bollente?! Però, hai visto, sei riuscito a togliere la mano. Ora vattene... Ti sei bruciato? Beh, fatti un impacco con questa pomata... (Gli passa attraverso la porta la pomata. Si intuisce che il ragazzo le ha afferrato la mano e che cerca di attirarla il più possibile verso di se e farsi masturbare. La donna cerca inutilmente di liberarsi) Ma che fai... lasciami andare... Sei impazzito? Lasciami andare. Guarda che se passa qualcuno ci portano in questura con la porta in mezzo! Lasciami andare!! Mi stai offendendo... mi manchi di rispetto... Guarda che ti castigo... Ti castigo!... Ah, non ci credi? Guarda! (Mima di tirarlo con forza verso di sé e chiude violentemente la porta. Urlo del ragazzo che scappa. La donna è disperata. Toglie la catenella alla porta e la spalanca. Torna tristissima alla tavola e riprende a parlare con la dirimpettaia) L’ho castigato!... Perché mi ha deluso... io credevo che lui fosse “l’AMORE”... invece no... è un porco come tutti gli altri... (È disperata) Signora, non ce la faccio più... (Si sente il pianto del bambino). Non ce la faccio più... Il mio bambino... vado dal mio bambino... voglio bene solo a lui... (Fa per dirigersi verso la camera, ma viene bloccata dal suono del telefono. Anche il cognato si mette a strombettare). Zitto! Zitto, cretino!! Smettila! (Pianto del bambino, campanello telefonico, strombettio del cognato salgono di tono, all’unisono. La donna non si controlla più) Basta! Basta! (Prende il fucile e se lo punta alla gola) Mi ammazzo, mi ammazzo... (La donna si blocca di colpo e nel silenzio totale ascolta con molta attenzione quanto la dirimpettaia le sta dicendo) Sì... Sì... (A fatica trattiene le lacrime) Sì! (Depone il fucile sulla tavola) Cosa stavo facendo... dio... dio... grazie signora... Meno male che è venuta a stare di fronte a casa mia... Sì, lo faccio subito... Che bei consigli mi dà... (Strombettio prepotente del cognato). Sì caro, vengo, sono qui, tutta per te! Vieni. (Strombettio felice). Vieni... (Si avvicina al cognato e sospinge la carrozzina verso la porta d’uscita) Andiamo a fare una bella passeggiatina erotica! (Lo scaraventa fuori scena. Gran tonfo, poi una sequenza di tonfi e strombettii). Attento alla vetrata! (Gran frastuono di vetri rotti). E uno!! (Pianto del bambino. La donna si dirige alla camera da letto. Arrivata al centro palcoscenico, si blocca e lancia un’occhiata in direzione del Guardone. Gli sorride languidamente. Lo saluta. Lentamente, con movimenti sexi, si avvicina alla tavola, gli butta baci. Repentinamente imbraccia il fucile e spara contro il Guardone) Il Guardone non guarda più! (Sta per andare dal figlio ma è bloccata dal suono del telefono. Risponde con voce terribile) Pronto!! (Cambia tono) Aldo? (È quasi dolce) Sì, sono calma. Sì, sì, qui è tutto tranquillo... Sì, puoi salire... ti aspetto. (Riattacca. Alla dirimpettaia) No signora, non si preoccupi, (prende il fucile) sono calma... sono molto calma... (Si appoggia al tavolo puntando il fucile verso la porta d’ingresso) Aspetto... con calma. Buio. Stacco musicale.