BREVE VISITA
IN SENATO PRIMA PUNTATA
XV Legislatura – 28 aprile 2006
Primo giorno in Senato. Mi sono svegliata alle 5.
Agitata.
Gironzolo per l’appartamento preparandomi gli abiti da indossare.
Alle 5.30 decido di fare una camminata. Il sole sta per spuntare. Il portiere ASSONNATO, del residence di via Ripetta, dove per anni Dario ed io si alloggiava durante le tournées nei teatri romani, mi guarda strano: “Che succede senatrice? Non si sente bene?”
E’ questo che sta dicendo? Senatrice? Oddio, adesso mi chiameranno tutti così?
“No, no, grazie… sto bene, vado a far quattro passi…” - lo tranquillizzo con un sorriso. Dà un’occhiata all’orologio, ma non fa commenti.
Esco e giro a destra. Dove vado? Mi domando. Cammino veloce verso l’Ara Pacis.
Quando sto per sorpassarla, non posso fare a meno di buttarci un occhio. La sento un po’ INGOLFATA in quella scatolona di vetro con cui Veltroni l’ha rivestita. Le grandi lastre di cristallo riflettono gli alberi e il Tevere che scorre lì sotto. Passa gente indaffarata, che non la degna nemmeno di uno sguardo. E’ l’altare della pace. Si sente un po’ trascurata… fuori moda… che senso può avere? Ho letto che sulla trabeazione un tempo stava scritto: “Una volta usciti da questo luogo cosa portate nel mondo, di me? La pace dovrebbe ingiungervi a purezza, rifiuto di sangue innocente, sparso ignobilmente nel fango…”
Meno male che oggi viviamo in un Paese che aborrisce per Costituzione la guerra e, se ci partecipa, è solo per portare aiuto e conforto agli afflitti. Purtroppo siamo costretti ad andarci coi carri armati e i caccia bombardieri da combattimento… perché, non si capisce come, i liberati ci scambiano sempre per aggressori!
Ma per favore, non facciamo retorica.
Svolto in Via del Corso. In un attimo sono in Piazza di Montecitorio.
La malinconia e la preoccupazione che ho addosso non se ne vanno, né si attenuano. Senza averlo scelto mi ritrovo in Piazza del Pantheon.
Mi siedo sui gradini della fontana. Anche non lo volessi, il Pantheon si fa proprio notare. Ogni volta che mi ritrovo davanti a opere “impossibili” come questa, mi viene da pensare alle migliaia di schiavi che le hanno costruite, immediatamente dopo mi vedo Michelangelo esclamare: “Ognuno di noi non vale un respiro della loro sapienza!”.
Da questi pensieri mi distraggono i fatti miei.
Tiro un gran sospiro. Poi lentamente, passo dopo passo, mi mangio i pochi metri che mi separano dal Senato. Arrivo davanti all’imponente palazzo Madama, con il portone ancora chiuso.
L’osservo appoggiata al muro di fronte con un vuoto allo stomaco. Forse ho anche appetito. Non ho trovato un bar aperto. Dio mio, dovrò proprio entrarci. Che mi aspetterà?
Sono veramente agitata.
Rientro al residence che manca poco alle sette. Devo far passare ancora tre ore. Sto bloccata su una sedia nell’atrio sotto una gran pianta esotica.
Trascorro quasi un’ora a pensare… “Son proprio giù, maledizione!”.
Accidenti, ma perché? “Dovrei essere contenta! – mi dico – SENATRICE! Ma ti rendi conto che onore t’è capitato?”
“Sì, sì… senatrice!!! – e mi rifaccio il verso. Non ho mai pensato di diventare senatrice, non era proprio nei miei programmi! “Onorata, onorata” per carità… Mi sono trovata eletta senza aver mosso un dito. Non mi sento all’altezza… sono spaventata, anche se non lo dico a nessuno.” “Non ti senti l’altezza? E allora, quelli che hanno votato per te, t’hanno scelta così, a caso? Proviamo con un’attrice… piazziamoci un bel personaggio decorativo, in quel mausoleo di tromboni! Piantala con ‘sta solfa! Ricordati di tutto il lavoro che hai tirato in piedi nelle carceri, l’organizzare le difese dei ragazzi arrestati per reati politici… sbattuti in galera, torturati… sbatti in galera, carceri speciali modello tedesco… le centinaia di spettacoli in sostegno delle fabbriche in lotta che hai fatto con Dario?”
“Sì, ecco, ecco… adesso gonfiamoci di orgoglio…”
“È solo per rinfrescarti la memoria darti un po’ di sicurezza! Insomma! Ti sei sbattuta per anni solo per darti un tono?!... come a fare un po’ di footing? Dovresti essere orgogliosa: pensa in quanti ti hanno votata! In quanti hanno avuto fiducia in te. È tutta gente che ti ha scelta con cognizione di causa. Non per caso. Solo in Piemonte ti sei beccata 88 mila voti! E nelle altre 5 regioni dove sei stata presentata capolista, quanti ne hai presi?... Sorrisino? Forza!”
“Ma vai al diavolo, tu e le tue leccate di gratifica!”
Così, in conflitto con me stessa salgo nell’appartamento.
Mi guardo allo specchio: più tirata di così non potrei essere.
“Che bello sfottermi con quel Sorrisino… mi sento fuori posto… non all’altezza… non adeguata… in più sono vecchia per affrontare una vita nuova.”
Beh, non esageriamo… Adesso a guardarmi bene, a tutto campo nello specchio non mi vedo proprio da buttare!
“Oh, per la miseria, alla tua età dovresti sbatter la coda per la gioia, cara senatrice!! E anche voltolare su te stessa come in una danza!?! Facciamo conto di dover entrare in scena… sono figlia d’arte e noi della professione montando sul palcoscenico non si trema mai. Via con la metamorfosi: doccia. Biancheria. Che abito metto? Come si veste una senatrice? Mi piacerebbe vestirmi di rosso… che capiscano subito da che parte sto. Poi opto per il nero, più consono al momento e al mio umore. Pantaloni, top e una giacca di seta opaca che mi ha regalato Gianfranco Ferré con un mare di altri indumenti elegantissimi, quando Dario ha preso il premio Nobel a Stoccolma.
Mi pettino, mi trucco… faccio tutto col rallenty, ma sono pronta in un momento.
Mi risiedo e aspetto.
Quante volte ho guardato l’orologio?
Mi chiamano dalla portineria: “E’ arrivata Rai 3…”
Salgono nel mio appartamento. Antonio Caggiano vuole filmare i preparativi….
Quando arrivano m’infilo la giacca. “Ma come?!... già pronta?” M’è venuto da ridere. “Sì… mi mancano solo gli orecchini…” “Come mai porta da anni sempre questi orecchini?” “Me li ha regalati Dario in un momento particolare della nostra vita… non li toglierò mai più! Andiamo?”
Telecamera è in azione… saliamo in macchina… chiacchiere di circostanza… telefona Dario…: “Auguri… ti voglio bene…”
“Anch’io!” maledizione Dario, perché non sei qui…
Mando giù il magone e fingo di avere la tosse. Arriviamo… Sono calma, calmissima e… sconvolta..
Un mare di gente.
Giornalisti, fotografi, televisioni.
Scendo augurandomi di non essere notata.
“Senatrice…” “Franca” “Senatrice…” “Franca” “Franca” “Senatrice come si sente? E’ felice?”
Ci penso un attimo… potrei dire, sono emozionata… sono onorata… sprizzo gioia da tutti i pori! Invece mi esce una frase che pare tratta da una vecchia canzone popolare lombarda che fa così: “Sono felice come una giovane di diciott’anni che va sposa a un vecchio catarroso che non ama…” Ma cosa sto a dire? Infatti, i più mi guardano perplessi per un attimo poi mi sparano: “Ora incontrerà Cossiga… Andreotti… che farà? Stringerà le loro mani?” Maledizione, ma che domande ti fanno di prima mattina?
“Beh… Andreotti… mi fa venire subito in mente Moro, e le sue lettere dalla prigione Br a lui indirizzate (grigio più grigio del grigio) e Cossiga non posso fare a meno di vederlo su una tolda di una nave da guerra, come lui s’immaginava di stare durante il conflitto del Kuwait, col vento che gli scompigliava i capelli… è lì che gli son diventati ricci, quasi crespi!” Scoppia una gran risata fra gli operatori tv. Al contrario, molti dei cronisti restano freddi come mammozzi di gesso. Tiro un sospiro. “E che ci dice del fondatore di Forza Italia?” mi provoca uno di loro. “Chi? Dell’Utri? - Parlo lenta, pesando le parole… non vorrei finire in carcere il primo giorno - Beh… questo amico di Berlusconi… ci ha chiesto un milione di euro di penale per aver accennato vagamente alla sua simpatia per gente di Cosa Nostra…” Incalza un cronista – si lascerà baciare la mano da lui?” “Perché? Pensate che lo incontrerò in Senato?” “Di certo! Dal momento che è stato eletto senatore…!” “Ma com’è possibile? Se è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa… come può stare qui nel tempio degli eletti onesti e puri?!? – e, continuando a recitare la parte dell’allocca, commento – Siamo proprio un Paese anomalo!”
Gli intervistatori mi guardano, interdetti senza commenti… approfitto del silenzio per tirar via con Antonio Caggiano e la troupe. E’ la seconda volta che entro in Senato.
C’ero venuta anni e anni fa, con Rossella Simoni, per tentare di risolvere il problema di suo marito, Giuliano Naria, detenuto nel carcere speciale di Trani e poi assolto, con formula piena, dopo nove anni di detenzione preventiva; dovevamo incontrare il Senatore Viviani, persona straordinaria, un socialista fuori regola, presidente della commissione Grazia e Giustizia.
Mi guardo intorno. Sono le stesse immagini che mi sono apparse mille volte in tv… ma ora, ritrovarmi di persona dentro quell’architettura solenne, mi emoziona. Saluto i miei amici della Rai… mi dispiace vederli andar via.
Entro nell’emiciclo semivuoto. Sentirmelo tutto intorno, abbracciata dai gradoni a cerchio… mi sembra di essere sospesa dentro proiezioni virtuali… mi gira un po’ la testa… e mi lascio cadere su una poltrona.
Una voce alle spalle esclama: “Troppo onore, signora! Ma stia comoda…” Volto appena lo sguardo e mi rendo conto d’essermi seduta sulle ginocchia del senatore Formisano che mi sorride divertito. Come una molla, scatto in piedi. Chiedo scusa, arrossendo. “Cara senatrice, non ti preoccupare - scopro in quel momento che tra senatori, sinistra e destra - tutti si danno del tu - hai scelto proprio il sedile perfetto, io sono il tuo capogruppo, qui in Senato.
”
Balbetto qualcosa d’incomprensibile. Dove mi siedo? Penso. Mi guardo intorno e mi sento su un piede solo… Riconosco personaggi notissimi del governo Berlusconi… Calderoli, Dell’Utri, Mantovano e appresso, ricurvo su se stesso, vedo spuntare anche Andreotti, che, stranamente mi sorride come avesse apprezzato la mia battuta sul grigio più grigio del grigio, detta qualche minuto prima. Alcuni senatori si sono accomodati occupando l’emiciclo di sinistra, dove risiede l’opposizione, altri passeggiano a gruppetti… si formano capannelli… chi telefona… si chiamano da un lato all’altro, facendo gesti a braccia tese e segnali con entrambe le mani, alla maniera dei broker durante le contrattazioni in Borsa. A mia volta vorrei imitarli. Sollevo le braccia, ci provo, ma poi rinuncio. Mi prenderebbero per pazza. Ci vorrebbe Dario, qui! Lui con lo smanacciamento pantomimico si guadagnerebbe perfino un applauso! Abbracci, un gran vociare, qualche risata, qualche sorriso, manate e sghignazzi… quasi come allo stadio in attesa del fischio d’inizio per la partita. E il via lo dà l’onorevole Scalfaro, che scorgo proprio là, in centro al tavolo della presidenza,
contornato da gente che non conosco.
Non mi sento per nulla rassicurata.
Mi guardo intorno alla ricerca di qualche faccia amica. In tanti stanno seduti qua e là… vedo volti noti… rincontro Nello Formisano dell’Italia Dei Valori, che, vedendomi impacciata, mi rassicura: “Siediti dove vuoi, al Senato non c’è posto fisso.”
Una panoramica con lo sguardo per valutare dove posso sistemarmi. Cerco protezione. C’è l’avvocato Calvi, ci conosciamo dai tempi del processo Valpreda, e del Soccorso Rosso… mi sorride festoso e mi abbraccia; più avanti scorgo Gavino Angius e altri che conosco solo attraverso la televisione… Oh! Furio Colombo… Tiro un gran sospiro di sollievo. Siamo amici da prima che diventasse direttore de l’Unità, è la persona più gentile, generosa ed educata che abbia mai incontrato. Mi accomodo vicino a lui. Mi sento come in famiglia.
Le Senatrici… cerco le Senatrici… Che piacere vedermi da vicino la Finocchiaro, ex giudice, sprigiona forza, simpatia e intelligenza. Un mito per me! Chissà se riuscirò a scambiare due parole con lei. Rina Gagliardi. La conosco dagli anni ruggenti del Manifesto, giornalista fantastica. Quando leggevo i suoi articoli ero colpita da quel suo lessico così intenso e chiaro. Avrei voglia di andare ad abbracciarla, ma mi dispiace fare alzare Furio, che mi sta accanto. Le faccio un gran cenno e le mando un bacio. Mi risponde allegra.
In una pausa incontro anche Lidia Menapace… “Sono onorata!” le dico timidamente. Tra di me penso: “Accidenti che fortunaccia ho.
Potrò parlare con loro… farmi consigliare… discutere… pranzeremo certamente insieme al ristorante del Senato. Bene, bene!”
Il mio umore va migliorando.
Luigi Scalfaro scuote una campanella ripetutamente per ottenere silenzio e dare inizio alla seduta. È a lui che tocca il ruolo della presidenza momentanea. Il brusio assordante non tende a diminuire.
Inizia a parlare… Nessuno ascolta. Riscuote con forza la campana per chiedere un minuto di silenzio per i due soldati morti a Nasiriya. Nessuno ascolta. Sulla gradinata di fronte a me, scorgo due senatori che si parlano all’orecchio e ridono, come nel dipinto di Bruegel, quello dei due giudici al processo di Cristo.
Sono interdetta. Stupita. Sconcertata.
“Che si fa ora?” chiedo a Furio. “Vedrai che fra poco i capigruppo interverranno e ci sarà più attenzione.” “Ma poi? Qual è il programma?” “Dobbiamo eleggere il presidente del Senato”. “Per chi dovremmo votare noi?” – “Tutta la sinistra ha scelto Franco Marini” “Bene. Sono della sinistra, vero?” E ridiamo insieme.
Si arriva alla votazione. Viene estratta una lettera, non mi ricordo quale. Tipo la C. io sono R… hai voglia quanto dovrò aspettare. Osservo attentamente quel che succede: ad uno ad uno vengono chiamati i senatori che transitano sotto al tavolo della presidenza, lì c’è una specie di trabiccolo nel quale entri, voti, poi inserisci la scheda nell’apposita urna. Faccio molta attenzione: guardo quello che fa chi mi precede.
È la prima volta per me e sono preoccupata… spero di non fare brutte figure..
Arriva il mio turno, tutto va bene. Viene fatto lo spoglio delle schede: ci sono errori: 2 Francesco invece di Franco. Si rivota: Idem: Si rivota: idem—idem, tra urla, insulti e strepiti. Roba da stadio. Ma siamo veramente al Senato? - mi chiedo.
“Ma che significa quel “Francesco? - chiedo a Furio - È davvero uno svarione casuale?” E lui mi risponde: “No, sono piuttosto segnali di fumo…” “Oddio! Siamo sulle montagne rocciose con gli indiani? Cosa si stanno comunicando?” “Credo sia per Prodi… qualcuno del centrosinistra avverte che, se non ottiene ciò che ha chiesto, voterà contro l’elezione di Marini.” Stop.
Le votazioni riprenderanno domattina.
Sono arrivata al residence che erano quasi le tre di notte. Cerco di prender sonno ripensando alla giornata trascorsa.
Chiamala giornata! E’ durata almeno 100 ore.
Dove sono capitata? È una situazione che mi ricorda una commedia grottesca di Ben Johnson, “La fiera di San Bartolomeo”, dove non esiste alcuna differenza fra la normalità e la follia.
E oggi m’è sembrato di ritrovarmi proprio in quell’identico caos, erano tutti pazzi! O, meglio, fingevano: era una pazzia organizzata.
Un bacio franca.
CONTINUA....
INGLESE:
A BRIEF VISIT TO THE SENATE by Franca Rame
English Version
Translated by Elizabeth Pyjov
Department of Romance Languages and Literatures, Harvard University
Adviser: Prof. Walter Valeri
Part I
May 4 2008, Legislature XV – April 28, 2006. The first day in the Senate. I wake up at 5 am. I’m restless. I stroll about the apartment preparing the clothes I’ll wear. At 5:30 am I decide to take a walk. The sun is about to come up. My residence is on via Ripetta. Dario and I lived there for years during our tours in the theatres of Rome. The porter is sleepy. He looks at me funny and asks, “What happened, Senator? You don’t feel well?” Is he really saying that? Senator? Oh god! Is this what everyone will call me now? “No, no thank you … I’m good. I’m going to walk around a bit…” -- I calm him down with a smile. He looks at his watch, but he doesn’t comment on the time. I go out and turn right. “Where do I go?” I ask myself. I quickly walk toward the Ara Pacis.
When I’m about to pass it, I can’t help but give it a glance. I feel like it’s a bit SQUEEZED in the glass box with which Veltroni covered it. The large panes of crystal reflect the trees and the Tiber River that flows below. People pass in a hurry and don’t even condescend to giving it a single look. It’s the Altar of Peace. It feels a little neglected. … out of style … what use can it have? I read that a long time ago it was written on the trabeation: “Once you come out of here, which part of me will you bring into the world? Peace should lead you to purity, to rejecting innocent blood shed despicably in the mud….” Lucky that now we live in a country which hates war by Constitution, and if it does participate in war, it’s only to bring help and comfort to the dejected. Unfortunately, we are forced to proceed in battle with tanks and fighter-bombers … because, it’s hard to understand how, the free are always taken for the aggressors! But please, let’s not get into rhetoric. I turn on Via del Corso. A moment later I’m at Piazza de Montecitorio. The sadness and concern that I have now don’t go away, nor do they lessen. Without really having chosen a direction, I find myself in Piazza Pantheon.
I sit on the steps of the fountain. The Pantheon draws attention to itself, even without me wanting it to. Every time I find myself in front of these “impossible” works, I end up thinking about the thousands of slaves who had built them, and right after I imagine Michelangelo exclaiming, “Each of us isn’t worth a single breath of their wisdom!” My own cares distract me from these thoughts. I take a deep breath. Then slowly, step by step, I cover the few meters that separate me from the Senate and arrive at the imposing Palazzo Madama. The front gate is still closed. I look at it, leaning on the opposite wall, feeling the emptiness in my stomach. Maybe I even have an appetite. I didn’t find a bar that’s open. Oh God, I’ll really have to enter. What will await me there? I am truly shaken. I come back to the residence, now that it’s almost seven a.m. I still need to make three hours pass. I am stuck on a chair in the lobby under a large, exotic plant.
I spend almost an hour thinking… “I’m feeling pretty down, damn it!” But why? “I should be happy! I tell myself – SENATOR! But do you realize what an honor has been bestowed on you? “Yes, yes … Senator!!! – and I make that face again. I never thought that I’d become a senator. It just wasn’t in my plans! “Honored, honored.” Not at all … I was elected without lifting a finger. I don’t feel up for the greatness … I’m scared, even though I won’t tell this to anyone.” “You don’t feel that you’re at the greatness? And so those who voted for you, they picked you just like that, by chance? Let’s try voting an actress into office … Let’s put a nice, decorative figure in that mausoleum of chatterboxes! Cut it out with that old story! Remember all the work that you carried out in the jails, organizing the defense for the young who were arrested for political offenses, who were thrown into prison, tortured … locked up in jail, those special jails made by the German model… the 100s of shows in support of factories on strike that you put on with Dario?” “Yes, there, that’s it … now let’s fill up with pride…” “It’s only to refresh your memory and give you a little assurance! Well! Have you struggled for years only to put on airs?! … like doing a little jogging? You should be proud: think about how many voted for you! Think about how many had faith in you. They are all people who had chosen you knowing your cause. Not by chance. You received 88,000 votes only in Piemonte! And in the other five regions, where you were presented at the head of the electoral list, how many votes did you get there? … A little smile? Come on!” “But go to hell, you and your self-flattery!” In this way, at war with myself, I go back into the apartment. I look at myself in the mirror. I couldn’t be more dressed up than this. “How nice it is to delude myself with that little smile… I feel out of place… not at some height... more like I don’t fit in … on top of that, I’m too old to handle a new lifestyle.” Well, let’s not exaggerate… Now that I really look at myself from all sides in the mirror, I don’t see myself as one that should be thrown out! “Oh goodness, at your age you should wag your tail from joy, dear senator!! And also spin like in a dance!?! Let’s just imagine that I have come on stage … I’m a daughter of art, and in our profession no one’s ever afraid to get on stage. Enough with the metamorphoses. Now a shower. Lingerie. What outfit do I wear? How does a senator dress? I would like to dress up in red … so that they understand right away which side I’m on. Then I go for black – it’s more consistent with the moment and my mood. Pants, a top, and a jacket of opaque silk that Gianfranco Ferré gave me along with other very elegant clothes when Dario received the Nobel prize at Stockholm. I brush my hair, put on make-up… I do everything slowly, but I’m ready in a moment. I sit back down and wait. How many times have I looked at the clock? They call me from the porter’s lodge: “Rai Channel 3 is here…” They come up to my apartment. Antonio Caggiano wants to film me getting ready… When they arrive, I put on my coat. “But really!? … Ready already?” I wanted to laugh. “Yes… I just still need to put on the earrings …” “How come for years you always wear these earrings?” “Dario gave them to me as a gift at a very special time in our life… I won’t take them off ever again! Let’s go?” The television camera is rolling … we get into the car … we chat about the occasion … Dario calls … “Good luck! ... I love you…” “Me too!” Damn it, Dario, why aren’t you here … I get rid of the lump in my throat and pretend to have a cough. We arrive … I’m calm, very calm and … shocked. There’s a sea of people. Journalists, photographers, televisions. I get out of the car wishing no one notices me. “Senator…” “Franca” “Senator…” “Franca” “Franca” “Senator, how do you feel? Are you happy?” I think about it for a moment… I could say, I’m excited … I’m honored … joy is bursting from all my pores! Instead the phrase that comes out seems taken from an old Lombardian folk song that goes something like this: “I’m as happy as a young eighteen year old girl who is getting married to an old Catarrhal whom she does not love…” But what am I saying? And sure enough, the others look at me, perplexed, and then they shoot questions at me: “Now you will meet Cossiga … Andreotti … What will you do? Will you shake their hand?” Damn it, but what kinds of questions do they ask me so early in the morning? “Well … Andreotti … right away he brings to mind Moro and the letters from red brigade prison addressed to Andreotti (Moro described the soul of Andreotti as “grey that’s the most grey of all grey”). As for Cossiga, I can’t help but see him on the deck of a warship, like he imagined himself during the conflict of Kuwait, with the wind ruffling his hair … it’s there that his hair became so curly, almost frizzy!” A great laugh breaks out among the cameramen. But a lot of the reporters are rigid, like plaster puppets. I take a deep breath. “And what do you have to say about the founder of Forza Italia?” one of them tries to provoke me. “About who? Utri?” – I speak slowly, carefully picking words … I don’t want to end up in prison on the first day. “Well… this friend of Berlusconi … he asked us a penalty of a million euro for having vaguely hinted at his affinity toward the people of Cosa Nostra …” A journalist presses, “Will you allow him to kiss your hand?” “Why? Do you think I’ll meet him in the Senate?” “Of course! He’s been elected senator…!” “But how can this be? If he’s been convicted of foreign aid in association with the mafia … how can he be here, in the temple of the pure and honest who have been elected?!? – and, continuing to recite the part of the fool, I comment – We really are in an anomalous country!” The interviewers look at me, dumbfounded and speechless ... I take advantage of the silence to step aside with Antonio Caggiano and the crew. This is the second time that I enter the Senate.
I had come here years and years ago with Rossella Simoni to try to resolve the problem of Giuliano Naria, her husband. He was prisoner in the special jail of Trani and then after nine years of preventive imprisonment he was freed and deemed innocent without doubt. Then we had to meet Senator Viviani, an extraordinary person, an atypical socialist, president of the committee of Grace and Justice. I look around. These are the same images that have appeared on TV thousands of times … but now actually finding myself here inside this solemn architecture moves me. I say goodbye to my Rai friends … I’m sorry to see them go. I come into the half-empty hemicycle. Feeling all this around me, that I’m surrounded by tiers of circles ... it seems like I’m hanging in virtual projections … my head is spinning a little … and I let myself fall on an easy chair. A voice behind me exclaims: “This is too great of an honor, Madame! But make yourself comfortable …” I barely turn my head and I realize that I sat down on the knees of Senator Formisano who smiles at me, amused. Like a spring, I jump to my feet. I apologize, blushing. “Dear Senator, don’t worry about it – I find that now senators, left-wingers and right-winger are all on familiar terms among themselves. You’ve really picked the perfect seat. I’m your group leader here in the Senate.”
I mumble something incomprehensible. Where do I sit? I’m thinking. I look around, and I feel that I’m standing on only one foot … I recognize the most famous figures of Berlusconi’s government … Calderoli, Dell’Utri, Mantevano and right after, curved on himself, I see Andreotti appear, who strangely enough smiles at me, as if he had actually appreciated my joke about the grey that’s the most grey of all grey which I had said a few minutes ago. Some senators took a seat on the left side of the hemicycle, where the opposition resides. Others walk around in little groups … they form small crowds … some make phone calls ... they call each other from one side of the room to the other, gesturing with outstretched hands and making signals with both hands, in the style of brokers negotiating in the Stock Exchange. I, for my own part, would like to imitate them. I lift my arms, try to, but then I give up. They would have taken me for crazy. Who we really need here is Dario! With his dynamic hands of a pantomime he would even get an applause! Hugs, a great shout, some laughter, some smiles, slaps and scornful laughs … almost like a stadium awaiting the whistle that signals the beginning of a game. The honorable Scalfaro gives the starting-signal. I see him right over there, in the center of the table of the president, surrounded by people I don’t know. I don’t feel a bit reassured. I look around, in search of some friendly face. Many are seated here and there … I see well-known faces … I meet Nello Formisano, from the Italia Dei Valori party, who sees that I’m self-conscious and reassures me: “Sit wherever you want, in the Senate we don’t have assigned seating.”
With a glance I do a general survey to figure out where I can settle down. I search for protection. There’s Calvi, the lawyer – we know each other from the times of the Valpreda trial and of the organization Soccorso Rosso … he smiles at me joyfully and hugs me; ahead I see Gavino Angius and others who I know only from seeing them on television… Oh! Furrio Colombo … I take a great big sigh of relief. We were friends before he became the director of the newspaper l’Unità. He’s the most kind, generous and polite person I’ve ever met. I sit down next to him. I feel at home. The female senators … I look for the female senators … What a pleasure it is to see Finocchiaro, the ex-judge from close-up. She gives off strength, charm and intelligence. She’s a legend to me! I wonder if I’ll be able to exchange a few words with her. I see Rina Gagliardi. I know her since the roaring years of the newspaper Manifesto. She’s a fantastic journalist. When I read her articles, I was struck by her vocabulary – so intense and so clear. I would like to go hug her, but I’d be sorry to make Furio, who’s sitting next to me, get up. I give her a big nod and I blow her a kiss. She happily replies. During a pause I also meet Lidia Menapace … “I’m honored!”, I tell her timidly. I think to myself: “Damn, what luck I have!”
I’ll be able to talk to them … receive advice … debate … Surely we’ll have lunch together at the Senate restaurant. Good, good! My mood is improving. Luigi Scalforo rings a bell repeatedly to bring about silence and begin the session. It’s his turn to have the role of the temporary president. The deafening buzz doesn’t seem to be declining. He begins to talk … No one listens. He rings the bell again, strongly, to ask for a minute of silence for the two soldiers who died in Nasiriya. No one listens. On the tiers in front of me, I see two senators whispering into each other’s ears and laughing, like in Bruegel’s painting, the one with the two judges at the trial of Christ. I’m baffled. Dumbfounded. Stupefied. “What do we do now?” I ask Furio. “You’ll see that soon the group leaders will interfere and people will pay more attention.” “But after that? What’s the plan?” “We need to elect the president of the Senate.” “Who should we vote for?” – “All the left-wingers chose Franco Marini.” “Good. I’m a left-winger, right?” And we laugh together. The time to vote comes. A letter of the alphabet is randomly pulled out, I don’t remember which. Something like C, while I’m R …. Who knows how long I’ll have to wait. I attentively observe what is happening: one-by-one senators are called and walk below to the table of the president, where there’s a kind of booth in which one enters, votes and then inserts the card in a special ballot box. I’m very careful: I watch what the person before me does. It’s my first time and I’m worried … I hope I won’t make a bad impression … My turn comes. Everything is going well. The examination of the ballot cards is done – there are errors: two Francescos instead of Franco. There’s a revote: the same. There’s a revote – the same. The same amidst shouts, insults and noise, like in a stadium. But are we truly in the Senate? – I ask myself. “But why did they write Francesco twice, what does it mean? – I ask Furio – Is it truly a mistake, just by chance?” And he replies: “No, rather there are smoke signals …” “Oh God! Are we on the Rocky Mountains with the Indians? What are they communicating?” “I believe it’s a message to Prodi … Someone from the center left has informed us that if he doesn’t receive what he asked for, he will vote against the election of Marini.” Stop. The voting will resume tomorrow morning
When I came back to the residence, it was almost 3 a.m. I try to go to sleep, thinking about the day. How can you call it just a day? It lasted at least 100 hours. Where did I end up? The situation reminds me of a grotesque comedy by Ben Johnson, The Bartholomew Fair, in which there isn’t any difference between normality and insanity. And today I felt like I found exactly the same chaos – everyone was crazy! Or rather, they were pretending: it was an organized madness. A kiss, Franca. TO BE CONTINUED…