Missione Uranio? No, solo una gita – di Stefania Divertito

 

Cari Amici,

 

è necessario riprendere i fili di una vecchia discussione: ricordate la vicenda della missione a Lecce della commissione Uranio? In quel contesto, si è fatto riferimento ad uno dei consulenti della commissione: il Capitano Paride Minervini, la cui professionalità è risultata erroneamente descritta e sminuita.
 
Nel ammettere di aver sottovalutato la portata di quanto affermato per “insufficiente conoscenza”, è giusto riconoscere a Paride l’importanza del suo ruolo in commissione, ma anche la scrupolosità e la competenza con cui sempre ha chiarito ogni dubbio.
 
Quando si ha l’occasione di incontrarlo, non ci si può sbagliare: un omone con grande sorriso e sguardo attento : veste i panni di un vigile Sherlock Holmes nello svolgere indagini sull’uranio, produce documenti fondamentali e offre spunti acuti.
 
Queste le ragioni per cui non è giusto fornire immagini riduttive del Capitano Minervini!
 
 

Tutti in aula, al Senato, a votare sulla Rai, e poi in volo a Lecce. La missione della commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito è stata fissata su proposta del senatore Rosario Costa, Forza Italia, che nella città pugliese è - in senso letterale - di casa. Ecco il programma: arrivo nel pomeriggio, trasferimento in prefettura, incontro con le famiglie delle vittime, visita al poligono di Torre Veneri e oggi il rientro.

 

Pochi minuti prima della partenza a far scoppiare la bomba è stata la senatrice Franca Rame, componente della commissione ma non della delegazione. «Macchè missione, è una gita. Partono con volo di Stato». Volo di Stato? Il tema è di attualità. Va approfondito. Per andare ai poligoni sardi, a luglio, fu utilizzato un volo di linea. I 5 senatori (la presidente Menapace, Costa, Bulgarelli, Ramponi e Valpiana), due segretari e il consulente balistico Paride Minervini, ieri invece hanno usato un volo di Stato partico da Ciampino. «Cosa c’è di strano? - ci risponde al telefono la senatrice Valpiana,appena atterrata - siamo qui per il Senato». E perchè l’albergo ve lo pagate voi? «Come? Ce lo paghiamo noi..». E dopo un minuto: «Lo apprendo ora». Metro, dopo aver telefonato ai migliori alberghi di zona, ha scoperto che al Grand hotel Tiziano sono state prenotate 6 suite presidenziali. Qual è l’obiettivo della missione? In primis ascoltare le famiglie dei militari. Strano però che Salvatore Antonaci, di Martano, nel leccese, papà-testimonial che nel 2000 ha perso suo figlio Andrea, neanche era stato messo al corrente dell’incontro. «Dopo molte insistenze mi hanno fatto raccontare la storia di mio figlio»,- ci ha detto. Stamattina ci sarà conferenza , poi la visita al poligono. Dallo Stato Maggiore ci dicono che a Torre Veneri si svolgono esercitazioni con armi portatili e carri con munizioni inerti. Nulla di più lontano dall’uranio. Senatore Costa, che ci andate a fare al poligono? «A verificare che non si usi l’uranio». Quindi controllerete tutti i poligoni d’Italia? «Se necessario sì». Speriamo non con voli di Stato. «Non badiamo a questi aspetti logistici. Abbiamo cose più importanti di cui occuparci».   
 
Rame: La commissione mi imbarazza
 
«Sa quanto avrebbero speso con il volo di linea? 4.950 euro. Sono indignata». Uranio impoverito, diritti dell’infanzia e sprechi della politica sono le battaglie che vedono in prima linea la senatrice Franca Rame. Ma anche chi la conosce bene sostiene che è stato difficile in passato vederla arrabbiata come era ieri.
Senatrice perchè non è andata a Lecce?
- Non sono stata invitata.
La presidenza della commissione sostiene che sono stati invitati tutti i commissari.
- A me non è arrivato alcun invito. Di questa gita è stato discusso giovedì scorso. Io non c’ero, e la mia assenza ai lavori in commissione è una rarità. Poi nessuno mi ha informata.
Ha detto gita?
E come la vuole chiamare? 
Mi dica lei..
Vanno col volo di Stato. Quanto costa ai contribuenti? In tempi come questi, ... Sono veramente imbarazzata. Di questo viaggi a casa Costa avevano parlato prima dell’estate ma non era stato deciso nulla. Poi per caso me lo ha detto mercoledì Bulgarelli. Che le devo dire.. questa commissione continua a perdere tempo.
Argomento: 

MANIFESTO PER LA RIFORMA DELLA POLITICA - di Pancho Pardi

MANIFESTO PER LA RIFORMA DELLA POLITICA
I firmatari di questo manifesto (singole personalità, associazioni, liste civiche, organizzazioni politiche e indipendenti) promuovono una campagna di informazione e di iniziativa politica su questioni che l'attuale ceto dirigente ignora (con la complicità dell'informazione televisiva) poiché affrontarle significherebbe mettere in discussione se stesso e gli equilibri di potere sui quali ha costruito le proprie fortune.
I firmatari si pongono l'obiettivo di restituire dignità alla Politica, intesa come servizio al Paese, di rilanciare Democrazia ed economia, dopo anni di decadenza, attraverso la partecipazione dei cittadini, il controllo democratico sulle azioni del potere politico e l'impegno diretto nella gestione della cosa pubblica.
Centro sinistra e centro destra non sono uguali. Sono complementari ed ormai si sostengono a vicenda. Lo dimostra, tra l’altro come l' attuale proposta di legge sul conflitto di interesse "riprende l'ispirazione di fondo della legge Frattini" , il conflitto di interesse non è tra le 12 priorità di Prodi e nessuna delle cosiddette leggi-vergogna è stata abrogata.

La riorganizzazione del centrosinistra in due poli mantiene i difetti dei partiti preesistenti. Il Partito Democratico si annuncia come la somma di due nomenclature politiche in sella da oltre 20 anni, somma di errorie responsabilità della grave malattia in cui versa il paese.

La sopravvivenza di due piccoli partiti comunisti è garantita da battaglie ideologiche che coprono l’assenza di cultura istituzionale, da carenze progettuali e da pratiche spartitorie. Pertanto, una parte significativa dell'elettorato di centrosinistra non potrà essere rappresentata dai nuovi aggregati ed è ora orientata all'astensionismo. Analogo problema riguarda rilevanti settori moderati del centro destra che hanno a cuore i valori della Costituzione.

Chiedere all'attuale ceto politico di cambiare politica, regole e comportamenti sarebbe come chiederne il suicidio.
Intreccio tra politica, amministrazione ed affari, costi della politica, conflitti di interesse, mettono in crisi la separazione dei poteri e l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, principi senza i quali la democrazia è un guscio vuoto e si riduce ad una somma di oligarchie.

Per porvi rimedio è necessario rendere attuali i valori costituzionali riguardanti la responsabilità dei partiti di fronte alla legge, contrastare i conflitti di interesse e ridurre drasticamente i costi della politica.
L'assalto al territorio e all'ambiente e la scarsezza delle risorse producono danni incalcolabili alla salute dei cittadini e distruggono il patrimonio che dovremo consegnare alle future generazioni.
Il potere e la ricchezza delle mafie competono con quelli dello Stato, scoraggiando tutte le forme di economia legale e mantenendo sotto il tallone della sopraffazione intere regioni del territorio nazionale.

Il Comitato promotore, i firmatari del Manifesto e i Garanti, presenteranno nel corso della manifestazione, convocata a Roma in piazza Farnese il 6 Ottobre, il progetto politico con le proposte da dibattere nel paese, le Petizioni al Parlamento e le proposte di legge di iniziativa popolare.
Se i cittadini saranno sensibili e i promotori saranno onesti e credibili, alla conclusione del percorso che ci separa dalle prossime elezioni nazionali, si potrà promuovere una grande iniziativa Civica per garantire rappresentanza politica a quei milioni di elettori che oggi ne sono privi.

Primi Firmatari:
 
Roberto Alagna Gianni Barbacetto Franco Barbato Oliviero Beha Andrea Cinquegrane Armando Della Bella Dario Fo
Gianfranco Funari Beppe Grillo Ferdinando Imposimato Stefano Montanari Cristina Naso Francesco ‘Pancho’ Pardi
Rita Pennarola Franca Rame Lidia Ravera Antonio Tabucchi Sonia Toni Marco Travaglio Elio Veltri Gianni Zamperini
Morena Zapparoli

 


Morire di Zastava

 fonte: Osservatorio sui Balcani

A seguito dei bombardamenti della NATO nel 1999 numerosi lavoratori della Zastava furono impiegati nel risanamento della fabbrica di Kragujevac. A distanza di cinque anni, quei lavoratori stanno morendo silenziosamente. Da Kaziprst, 92

 

Durante la campagna di bombardamenti condotta dalla NATO nel 1999 sull'allora Federazione di Jugoslavia la Zastava, fabbrica di Kragujevac, fu colpita due volte in modo devastante. Il primo attacco missilistico fu lanciato il 9 aprile 1999 e distrusse buona parte della fabbrica, mentre il secondo, 14 missili che diedero il colpo di grazia al complesso industriale provocando 36 feriti, avvenne nella notte tra l'11 ed il 12 aprile.

Fondata nel 1853, già simbolo dell'industria jugoslava per aver prodotto nella sua storia diversi milioni di veicoli, la Zastava esce distrutta dai bombardamenti del '99 che provocarono oltre agli enormi danni una riduzione del 70% dei 36.000 lavoratori impiegati un tempo nella fabbrica. Tuttavia la tenacia, il senso di unione o più semplicemente la mancanza di alternativa e le pressioni dell'amministrazione hanno spinto molti operai ad impegnarsi nel risanamento della fabbrica di Kragujevac. Qualche mese dopo la fine dei bombardamenti, il governo serbo stilò un piano per il suo risanamento. Se da un lato lo sforzo e il senso del dovere che ha impegnato i lavoratori di Kragujevac ha fatto in modo che la produzione ripartisse, dall'altro li ha esposti a gravissimi problemi di salute. Rappresentanti dei lavoratori della Zastava affermano infatti che durante i lavori di ristrutturazione della fabbrica molti si sarebbero ammalati di carcinoma o di leucemia. Molti di loro sono in seguito morti. L'esatto numero di ammalati e deceduti non è confermato, ma non sono nemmeno state organizzate delle visite mediche sistematiche dei lavoratori che hanno partecipato alla pulizia delle strutture danneggiate dai bombardamenti.

Quella che segue è la trascrizione della trasmissione Kaziprst andata in onda sull'emittente B92 il 15 aprile scorso, durante la quale sono stati intervistati alcuni degli operai che hanno partecipato al risanamento della Zastava.

A cura di Tamara Sretenovic
Traduzione di Nicole Corritore

B92: Sono passati cinque anni da quando le prime bombe della NATO sono cadute sugli impianti della Zastava di Kragujevac. Gli operai che hanno partecipato alla pulizia delle strutture della fabbrica danneggiate si sono ammalati gravemente e collegano la loro condizione di salute al lavoro di risanamento di tali strutture. Reputano che questi lavori siano stati fatti senza alcuna misura precauzionale e che non erano stati informati dagli uffici competenti delle possibili gravi conseguenze. La partecipazione alla ricostruzione di quella che una volta era un gigante dell'industria dell'automobile, oggi, dicono i lavoratori, sta costando un tributo in vite. Le foto di malati di carcinoma e gli annunci funerari nella bacheca posta all'ingresso dell'azienda sono divenuti cosa di tutti i giorni. Dragan Stojanovic, responsabile di una delle equipe che hanno partecipato al risanamento strutturale dell'azienda, racconta di come il lavoro di rimozione delle macerie sia stato fatto senza alcuna precauzione e pensa che questo potrebbe rappresentare un pericolo per la salute.

Stojanovic: "Il risanamento è stato fatto senza guanti, senza alcun tipo di precauzione. Pensavamo che non ci fosse alcun pericolo. Solo alla fine si è constatato che il lavoro di risanamento era molto pericoloso, non sapevamo a che cosa eravamo esposti e sapevamo che i colleghi morivano a causa di varie malattie cancerogene, senza sapere di quali. Sappiamo solo che oggi non ci sono più. Scompaiono nel giro di sette giorni, o di leucemia galoppante…o prendono un raffreddore, si ammalano, e scompaiono. Ho visto gli annunci affissi in bacheca.

B92: Mi avete detto che un mese fa si sono tenuti sei funerali, e tutti colleghi della sua sezione.

Stojanovic: Sì. Sono colleghi che hanno partecipato al lavoro di pulizia dalla macerie. Alcuni lavoravano con noi, alcuni alla OUR di Kovacnica come elettricisti nella ristrutturazione dell'impianto elettrico. Uno è morto molto velocemente - in due mesi, di leucemia galoppante. Il secondo è morto dopo tre giorni, lavorava con noi. E' morto di leucemia galoppante alla Clinica dell'Accademia medico-militare (VMA) di Belgrado. Sono poi morti altri due colleghi, ma non si sa di che cosa, ma molto in fretta. Non sono più tra noi.

B92: A causa di un tumore gli è stato asportato un polmone; Dragan Paunovic, che ha partecipato per sei mesi alla ricostruzione della Zastava. Oggi con 4.500 dinari (1 euro circa 65 dinari) tenta di procurarsi medicine costose e di dare da mangiare alla famiglia di cinque persone.

Paunovic: Sono stato operato di cancro ai polmoni. Presso la VMA il 6 dicembre 2002. Ora sto un po' meglio. Non sono più sotto terapia e continuo con una cura farmacologica. I farmaci me li procura praticamente il sindacato. E' grazie a loro se sono sopravvissuto. Mi hanno anche pagato l'operazione presso la VMA. Tutto grazie a loro, il Sindacato indipendente. Gli amministratori della Zastava probabilmente non sanno nemmeno che sono vivo. Non me l'hanno mai nemmeno chiesto. Salvo solo una persona della gestione dell'azienda, Vladan Kostic, il mio direttore di impianto, che è l'unico con cui ancora parlo.

B92: Paunovic sottolinea che nessuno della gestione aziendale lo aveva informato che lavorare in tali condizioni poteva essere pericoloso e portare a conseguenze sulla salute.

Paunovic: Noi siamo stati allo stesso tempo spinti e vittime, almeno un certo numero di operai. Si doveva risollevare la fabbrica. Va bene. E poi che noi si muoia. Ma qual è la cosa più terribile di tutto ciò? Il fatto che gli amministratori dell'azienda non ci abbiano concesso un solo dinaro per le cure. Io so che dovevamo fare questo lavoro, ristrutturare la fabbrica. Ma almeno dateci la possibilità affinché i nostri figli non debbano penare o che noi non si debba soffrire per la mancanza di medicinali. Per un certo periodo non potevo permettermi di comprare le pillole per la pressione e mi curavo con l'aglio. Non ho i soldi per acquistarle. Non so come procurarmele.

B92: Un lungo periodo di lavoro in condizioni disumane, caratteristica dell'impianto di Lakirnica, ha indebolito le difese del nostro sistema immunitario. Infatti proprio questi sono gli operai che più spesso si ammalano di cancro, dice Paunovic.

Paunovic: La velocità con cui muoiono i colleghi di Lakirnica e quello che succede a noi sono convinto che dipendano dalle pesanti condizioni di lavoro protratte negli anni, più che le condizioni di lavoro specifiche di Lakirnica. Il nostro organismo era già debole, soprattutto organi come polmoni, fegato, cuore, a causa delle condizioni in cui abbiamo lavorato. Le radiazioni ci hanno solo dato il colpo di grazia. Ma si devono trovare i fondi per queste persone che si ammalano così in fretta… i responsabili d'azienda devono un giorno arrivare a occuparsi di questi lavoratori e permettergli almeno la possibilità di curarsi. Perché queste persone non muoiano come bestie. Non è possibile - un giorno uno era un uomo, poi è morto e nessuno fa nulla.

B92: E' vero che presso i diversi impianti della Zastava ogni giorno appaiono nuovi annunci mortuari?

Paunovic: io vado raramente alla Zastava. Solo quando devo presentare dei certificati, e allora vedo gli annunci sulle porte. E' lì che di solito si appendono. E triste solo a guardare. Non sono persone anziane, hanno tra i 30 e i 50 anni.

B92: Pensate di essere stati sacrificati?

Paunovic: Sì lo penso. Penso che ci abbiamo sacrificato coscienti di questo ed ora ci evitano. Ci guardano come fossimo dei lebbrosi.

B92: Sicuro di essere stato esposto a radiazioni sul posto di lavoro, alla Zastava, Paunovic ha chiesto ad alcuni degli amministratori della fabbrica un sostegno economico per le cure mediche, ma gli è stato risposto che le sue asserzioni non sono esatte.

Paunovic: Che si chiariscano sia il Governo che l'amministrazione della Zastava: se siamo stati colpiti da petardi - che siano petardi. Io mi scuserò. Se l'uranio si può bere come fosse limonata, mi scuserò di nuovo. Dirò che sono sano e che mi sono ammalato alle terme. Devono chiarirsi, sia gli uni che gli altri. Di modo che non sia sempre che quando serve allo Stato, si prende, quando invece è il lavoratore a dover prendere dallo Stato, niente. Noi non cerchiamo nulla. Non vogliamo un'auto nuova, un appartamento. Vogliamo i soldi per curarci come delle persone, e per non morire come bestie. Solo questo.

B92: Milovan Matic, anch'egli impiegato nel risanamento dell'azienda, a causa di un tumore gli è stata asportata la tiroide. Le sue condizioni di salute, anche dopo l'intervento chirurgico, peggiorano costantemente. Per questo motivo è obbligato ad andare dal medico tutti i giorni, dove ha l'occasione di incontrare altri colleghi malati.

Matic: Sì, colleghi, colleghi. Ci incontriamo solo in ospedale. Due donne, una ha un carcinoma polmonare, l'altra un carcinoma alla mandibola, con la tiroide già asportata in parte. Tutti dello stesso posto di lavoro.

B92: Eravate tutti nello stesso reparto?

Matic: Sì, sì. Nello stesso luogo di lavoro, nell'impianto.

B92: Con la paga che riceve mentre è in malattia, Matic non è in grado di assicurare il mantenimento della famiglia, e non riesce a comprarsi le medicine.

Matic: Tieni duro. Per metà tieni duro, per metà mi hanno aiutato i miei genitori. In questo momento nessuno. Un medicinale che devo prendere ora, "novotirol" è di produzione tedesca… si può comprare in Svizzera, in Italia o in Germania. Costa 25-30 Euro, dipende dove si acquista.

B92: E la vostra paga qual è, oggi che siete in malattia?

Matic: La mia paga è di 5.600 dinari.

B92: Matic e Paunovic ci hanno elencato i nomi di una ventina di colleghi dei quali sanno per certo essere malati di carcinoma. Ma dicono che senza il loro permesso non possono rendere pubblici i nomi. Dai rappresentanti della Zastava non si riesce ad ottenere alcun commento, e quando lo si ottiene dichiarano che la situazione non è allarmante. All'inizio del risanamento della Zastava, ai dipendenti era stato assicurato che ogni sei mesi sarebbero stati sottoposti a sistematici controlli sanitari, per seguire un eventuale peggioramento del loro stato di salute. Ma invece negli ultimi cinque anni questi operai non sono stati sottoposti ad alcun controllo. Siamo venuti a sapere che la Zastava non ha fondi per finanziare controlli sistematici degli oltre 600 operai che hanno tirato fuori la fabbrica dalla cenere.

 

11.05.2004  

 

 
Argomento: 

Global Hawk a Sigonella

 
dal sito www.peacereporter.net - 11.9.2007
 
La base Usa in Sicilia ospiterà i temibili velivoli senza pilota
 
 La base navale Usa di Sigonella sarà la rampa di lancio per i nuovi temibili velivoli senza pilota 'Global Hawk'. La conferma ufficiale di una decisione che era nell'aria da tempo arriva dal quotidiano delle Forze armate Usa 'Stars and Stripes', citato dall'esperto di questioni militari Antonio Mazzeo sul sito 'Terrelibere.org'. E' stato Philip McDaniel, vice-direttore del comando dell'aeronautica Usa di Kaislerslautern, in Germania, ad annunciare la definitiva sistemazione delle infrastrutture e dei velivoli nel più grande avamposto militare statunitense in Europa, per l'appunto la base di Sigonella.
 

 L'opposizione del ministro. L'aeronautica Usa è intenzionata a installare in Sicilia "un piccolo squadrone di cinque aerei da ricognizione senza pilota 'Global Hawk'", ha detto McDaniel, confermando quanto anticipato da Mazzeo dieci giorni fa, quando su 'Terrelibere' rivelò l'esistenza alcuni documenti del Pentagono che indicavano nello scalo siciliano la destinazione dei nuovi velivoli. Si attende adesso l'avallo del governo italiano. Proprio dal governo, ovvero da uno dei suoi ministri, arriva una decisa presa di posizione contro la concessione di Sigonella per i nuovi aerei senza pilota. Nel corso dell'incontro di sabato scorso a Marghera promosso dalla campagna "Sbilanciamoci", il ministro alla Pubblica istruzione e all'università, Fabio Mussi (Sinistra democratica), si è detto contrario ai principali programmi di riarmo militare che vedono protagonista l'Italia. "Siamo di fronte a una esplosione riarmistica incredibile - ha affermato Mussi - e nessuno batte ciglio. Non so se è realistica la proposta di riduzione del 20 percento del bilancio della difesa ma dobbiamo senz’altro ridiscutere la questione Dal Molin di Vicenza e opporci alla concessione di Sigonella agli aerei Black Hawk (il ministro si riferiva ai citati 'Global Hawk'). Ma soprattutto l’Italia deve mettersi di traverso all’adesione al progetto Usa dello scudo spaziale, una questione questa che dobbiamo prendere di petto".
 

 

Attraverso le nuvole. Il Global Hawk, che si potrebbe definire un'evoluzione del 'Predator', utilizzato nei Balcani, in Afghanistan e in Iraq, è un Uav (Unmanned aerial vehicle, aereo senza pilota) di ultima generazione, prodotto dalla Northrop Grumman Ryan. Può volare per 36 ore con un solo pieno di carburante. Pesa 11 mila chilogrammi e ha un'apertura alare maggiore di quella di un Boeing 737. In sole 24 ore, l'aereo è capace di perlustrare un'area di 100 mia chilometri quadrati. Il suo radar 'vede' attraverso le nuvole, e da 20 mila metri di altezza trasmette immagini codificate via satellite alle basi di mezzo mondo. La sua funzione è quella di spiare il fronte nemico,  individuando gli obiettivi per dirigere gli attacchi e i bombardamenti.
 

 
Il deputato contro. Un'interpellanza al ministro della Difesa sulla questione 'Global Hawk' è stata presentata nel giugno scorso dal vice-presidente della commissione Difesa della Camera dei Deputati, Elettra Deiana (Rifondazione Comunista). L'interpellanza non ha ancora avuto risposta. "Sto pensando di rilanciarla in aula - ha spiegato Deiana a PeaceReporter - il più presto possibile, poichè queste faccende avvengono sempre nel più assoluto riserbo, non vi è nessun controllo da parte di nessuno, bisogna stare attenti e col cannocchiale in mano per 'intercettare' le decisioni. Non esiste una sede in cui sia possibile controllare il processo decisionale, neanche la commissione Difesa". Concorda con Mussi? "Io sono molto più critica. C'è tutta la grande questione delle basi Usa in Italia, resa urgente dal fatto che nel 2009 scadrà il trattato Nato sugli accordi bilaterali tra i due Paesi. Inoltre, anziché diminuire la spesa per la Difesa, io sarei per indirizzarla alla riconversione delle basi e ad una diversa utilizzazione del territorio".
 


Ecco l'aereo di Stato per eurodeputati – era il 2004

di  MARCO MAROZZI, Repubblica, 18 novembre 2004
 
L'appuntamento è (…) alle 14. Sala Vip. "Voli privati". Parte il "volo speciale" del governo italiano per gli eurodeputati. Primo di una possibile nuova linea aerea ad hoc. Gratis. (…) Si parte da Strasburgo, scalo a Milano Linate, arrivo a Roma Ciampino-Aeroporto militare. Attesa una ventina di parlamentari politicamente trasversali. "Tour operator" è Paolo Cirino Pomicino, lunga storia democristiana, subentrato a Clemente Mastella come eurodeputato Udeur.
Alla sua prima legislatura, ha subito cercato compagni di viaggio fra i colleghi. "Come da intese con alcuni di voi - li ha informati via e-mail - ho compulsato la presidenza italiana del Consiglio dei Ministri per far mettere a disposizione dei deputati europei un aereo del governo per il trasferimento a Strasburgo in occasione delle sessioni plenarie, vista la carenza di collegamenti diretti". Compulsazione accolta. "Dalla presidenza del Consiglio ho ricevuto una disponibilità collegata, però, all'individuazione di un orario e di un giorno in grado di soddisfare il maggior numero di esigenze possibili".
Ed ecco Pomicino stendere piani di volo: "Partenza il martedì alle 8.30 da Roma Ciampino - con eventuale scalo a Milano - ed un ritorno al giovedì, da Strasburgo alle ore 15.00".
Una volta al mese, agosto escluso. Si parte (…), "primo tentativo", solo ritorno a casa, e Pomicino si offre "di comunicare e ricevere le varie adesioni", anche se "dalla prossima volta occorrerà trovare una soluzione diversa". Manda le sue "informazioni pratiche", comprese quelle per "autisti" e "collaboratori" a 21 colleghi. Di Pietro e Giulietto Chiesa dell'Italia dei valori; Del Turco (Sdi); Poli Bortone, Foglietta, Musumeci, Roberta Angelilli, Tatarella di An; Bonsignore e Dionisi (Udc); Gargani, Antoniozzi, Brunetta, Musotto, Mario Mauro di Forza Italia; Cocilovo della Margherita; De Michelis e Battilocchio (Nuovo Psi); Luciana Sbarbati (Repubblicani europei); Rizzo con assistente (Comunisti italiani), Marta Vincenzi (Ds).
Quest'ultima ha rifiutato l'invito, altri come Del Turco e Brunetta hanno comunicato la rinuncia, Di Pietro ieri ha detto di aver già il biglietto pagato di tasca sua. Se Pomicino si lamenta perché "in pochi mi hanno risposto", Luca Romagnoli delle Fiamma gli concede la "comodità" ma contesta l'"opportunità". "Strasburgo - ricorda sempre via e-mail - è raggiungibile, seppure con qualche scomodità; siamo comunque rimborsati dal Parlamento".
Pomicino, esperto di economia, gli risponde che i rimborsi dei viaggi agli eurodeputati avvengono "forfettariamente" e "non vi è dubbio" che i passeggeri del volo (…) si faranno pagare solo l'andata. "Nel caso poi in cui riuscissimo - spiega - a far predisporre questo volo in modo sistematico, cioè per ogni sessione plenaria di Strasburgo - come alcuni nostri colleghi stranieri sono riusciti già a fare - non avendo alcuna carta di imbarco da presentare rinunceremmo al rimborso delle spese di viaggio, daremmo un buon esempio a tutti e alleggeriremmo, in modo direi sostanziale, il ricorso al bilancio del Parlamento europeo (che, vi faccio notare, è costituito sempre da fondi pubblici)".
Per la cronaca gli eurodeputati italiani sono i più pagati dei 25 paesi e i rimborsi avvengono non sui costi sostenuti ma sul chilometraggio percorso, qualsiasi sia il mezzo usato.
 

APPELLO: NO ALL’ACQUISTO DEGLI AEREI DA GUERRA F35

chi condivide il contenuto e la richiesta al governo di non acquistare gli f 35 di mandare la propria adesione a [email protected]  indicando cognome, nome, qualifica (professionale, istituzionale, o di impego nl sociale.
 
 
Dopo la firma del “memorandum d’intesa sullo sviluppo del velivolo Joint Strike Fighter F 35” fra Italia e Stati Uniti d’America, il prossimo atto ufficiale in calendario è la decisione che dovrebbe prendere il Governo italiano di acquistarne 131 dalla Lockheed Martin Aeronautics.
Una decisione che, se assunta, comporterebbe per l’Italia una spesa che varia fra i 25 ed i 30 mila miliardi delle vecchie lire a seconda che il pagamento debba essere effettuato in euro o in dollari.
Un onere finanziario per il nostro Paese di inaudita ed ingiustificabile enormità per una operazione assurda ed inaccettabile.
 
Gli F 35 non sono “aerei da difesa” ma supercacciabombardieri progettati ed attrezzati per portare “fulmineamente” morte e distruzione a persone e cose sfuggendo alle intercettazioni dei radar nemici per cui o il Governo li acquista pensando che l’Italia debba risolvere le controversie internazionali con le guerre ed ottiene che il Parlamento cancelli l’articolo 11 della Carta Costituzionale o compera 131 cacciabombardieri che non potranno essere usati né dall’aeronautica né dalla marina italiane.
 
Per il loro acquisto  si spenderebbero decine di miliardi di lire dei cittadini italiani per favorire:
-          enormi profitti agli azionisti della Lockheed Martin Aeronautics
-          la ricerca scientifica e tecnologica di un’azienda americana
-          posti di lavoro a Fort Whort in Texas
 
Non solo. Chi sa di acquisti di aerei afferma, documentando, che tra il prezzo iniziale di progetto e quello finale di vendita vi è una lievitazione impressionante. Tanto è vero che il costo di un F 35 che in sede di progetto era di 31,5 milioni di euro è già triplicato.
 
 Oltre ai 25/30 mila miliardi, quante altre decine di migliaia di miliardi dovrà sborsare lo Stato italiano, cioè noi?
 
Per questa ragioni e nella convinzione che la pace sia un valore assoluto non barattabile e che senza pace non vi possa essere alcun tipo di progresso
Chiediamo al Governo italiano di non acquistare i supercacciabombardieri F 35 ed al Parlamento di non consentire l’enorme spesa necessaria
 
Quelle decine di migliaia di miliardi non utilizzati per acquistare strumenti di morte e di distruzione - e non di difesa – possono costituire o un’ enorme somma risparmiata che non va a gravare sul bilancio dello Stato o essere investite per la ricerca, l’università, la salute, il lavoro dei giovani, le pensioni per gli anziani, gli aiuti ai diseredati del mondo, la riconversione dell’industria bellica.
 
Seguono firme…
 


GETTIAMO LE BASI

Di Stefania Divertito

 

C’è una Sardegna che non si vede. Non va di moda d’estate. Non conquista i rotocalchi e neppure la grande stampa nazionale.

È la Sardegna che da anni, decenni, resiste e lotta per affermare il semplice diritto di poter continuare a vivere nella propria terra, senza ammalarsi di leucemia e cancro, o partorire figli malformati.
Salto di Quirra è un fazzoletto di terra che dal cagliaritano si estende lungo il mare a sud est. Terre brulle, costiera da brossure, gente semplice, che vive di agricoltura e pastorizia. Oltre che di turismo, ovviamente.
Escalaplano, Villaputzu, Muravera, Quirra. In tutto poche migliaia di abitanti che vivono all’ombra del poligono di tiro sperimentale interforze di Perdasdefogu.
Un nome dal suono inquietante. Come la sua presenza, che sovrasta colline e scogliere e dalla cima di un’altura sembra controllare questa fetta di mare.
Secondo i dati raccolti dai medici di base in 20 anni su una 150 residenti più una cinquantina di lavoratori, si contano almeno 32 decessi dovuti a tumori, 10 dei quali causati da patologie del sistema emolinfatico: gli attivisti l’hanno definita Sindrome di Quirra, un termine oggi adottato anche dal mondo scientifico.
La Sindrome ha colpito 17 militari; a Escalaplano, su 2.600 abitanti, 14 bambini sono nati con malformazioni genetiche; a Quirra, frazione di Villaputzu, 150 abitanti, venti persone colpite da tumori al sistema emolinfatico.
Mariella Cao è la donna coraggiosa che da anni anima il comitato Gettiamo le basi. Guida spericolatamente la sua 500 sui tornanti della zona raccontando la via crucis delle famiglie. Nel passato, molte di loro avevano denunciato l’abnorme numero di tumori. C’era stata qualche reazione, qualche interrogazione parlamentare, poco più. Poi il silenzio.
“Quando le istituzioni hanno guardato altrove– spiega Mariella – queste famiglie sono rimaste sole, e isolate dalla comunità”.
Qui si vive di agricoltura, soprattutto. Se la richiesta di beni prodotti cala, l’intera economia vacilla. E raccontare che agnellini e caprette nascono con malformazioni genetiche gravissime certo non aiuta. È per questo che alcune donne incontrate nel 2003, oggi non vogliono più parlare. Hanno lutti in famiglia, ma non riescono più a denunciare. Per paura.
Della sindrome di Quirra si parla dal 2001. Fu il medico di base e sindaco di Villaputzu, Antonio Pili, (oncologo, primario di pneumologia all’ospedale Binagli di Cagliari) a denunciare il tasso anomalo di leucemie tra i residenti di Quirra, frazione minuscola incuneata tra la zona interna e la zona a mare del poligono. Allora si contavano 8 casi sui 150 abitanti.
Ad essere additato come responsabile è stato l’uranio impoverito, anche per la coincidenza di attenzione, nel resto del Paese, con i militari che rientravano ammalati dopo le missioni di pace internazionale.
Non è però mai stato provato l’utilizzo di questo materiale nel poligono e lo Stato Maggiore della Difesa nega che sia mai stato impiegato in Italia.
Ma non è possibile sapere cosa accade nella zona militare.
Infatti gran parte del poligono viene affittata a industriali delle armi che sperimentano i loro “gioielli”. Non esiste registro di quanto accade. Solo un modulo di autocertificazione con il quale l’azienda rassicura che nulla di pericoloso accade.
“L’ovile è stato centrato appieno durante un’esercitazione – racconta Gavino, che da sempre pascola il suo gregge sui fianchi della montagna – sono arrivati con le camionette e hanno fatto piazza pulita. Io mi sono insospettito perché non è mai accaduto che i militari ripuliscano la terra. Chissà che c’era in quel missile”.
La sua domanda non avrà mai riposta. Neanche i consulenti della commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito sono riusciti a far luce su quanto accade. Ogni tanto sui giornali militari si elogia l’efficienza di qualche testata missilistica provata in zona. Recentemente è stata Finmeccanica ad esultare per la riuscita della sperimentazione dei missili Aspide lanciati da tre fregate e un cacciatopediniere all’inizio di luglio, all’apice della stagione balneare.
Il comitato "Gettiamo le basi" in un incontro pubblico a Villaputzu ha rilanciato un’altra ipotesi che ha trovato nuove basi scientifiche e ha puntato l’indice contro il nuovo sistema missilistico antiaereo terrestre e navale a medio raggio (Samp-T e Samp-N) in uso al poligono.
Si tratta del sistema destinato a sostituire l’Hawk, di grande importanza strategica per le prossime guerre. “Ma i rischi di tale sperimentazione per chi suo malgrado deve vivere a poche centinaia di metri sono assolutamente inesplorati”, spiega Mariella Cao.
Proprio i precedenti dell'Hawk, messo sotto accusa da indagini dei ministeri della Difesa di Germania, Olanda e Belgio dopo inchieste condotte da enti di ricerca autonomi sulle irradiazioni cui venivano sottoposti i militari addetti al sistema, e dichiarato, invece, “innocuo” dal ministero della Difesa italiano, preoccupano gli attivisti del comitato. “E' compito primario di uno Stato, in tutte le sue articolazioni - ha detto ancora Cao - tutelare la salute. E' compito della popolazione - ha concluso - imporre allo Stato l'adempimento dei suoi doveri”. Il senatore di Insieme con l’Unione Mauro Bulgarelli – vicepresidente, tra l’altro, della commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito – ha presentato a luglio un'interrogazione parlamentare in cui chiede che sia allestito al più presto un monitoraggio per il rilievo dell'intensità del campo elettromagnetico intorno al poligono di Quirra.
La vera novità, però, che fa ben sperare, è che la comunità sarda si è autotassata per finanziare uno studio ambientale sui campi elettromagnetici.

L’indagine è stata commissionata da A foras, Comitato per la difesa del Sarrabus-Gerrei, Cagliari social forum e Carovana della pace: il fisico Massimo Coraddu e l’ingegnere ambientale Basilio Litarru, che hanno condotto le rilevazioni, hanno presentato i risultati dello studio. Che ha rivelato la presenza di microonde. «Abbiamo effettuato diverse misurazioni – ha detto Coraddu - e riguardo all’intensità dei campi rilevati, visto che ignoriamo i parametri fondamentali che caratterizzano le sorgenti, abbiamo potuto solamente fissare un limite inferiore, ampiamente al di sotto della soglia di tolleranza. Questo però non significa che l’intensità non arrivi a superare i livelli consentiti, ma non è possibile stabilire se e dove questo avvenga».
Ecco un esempio per capire meglio: «Abbiamo effettuato una rilevazione a Baccu Buidu, a poche centinaia di metri dalla stazione radar “Osteria di Quirra” - ha detto Coraddu - e i livelli risultano a norma. Il problema però nasce quando si ipotizza che, in quel momento, il radar non fosse in funzione e, magari, il valore che abbiamo rilevato si riferisse alla stazione di Torre Murtas, posta a cinque chilometri di distanza. Se questo fosse vero, significherebbe che in prossimità di quel radar l’intensità del campo di emissione delle microonde supererebbe del doppio quella consentita dalla legge».
E se ciò fose vero, cosa accadrebbe alla salute della popolazione? «C’è un’interrelazione tra i campi di microonde e l’eccesso di tumori emolinfatici rilevati nella zona - si legge nelle conclusioni dello studio - Per ora sappiamo che alcuni esperimenti effettuati su colture cellulari, hanno evidenziato come un campo di microonde possa aumentare il proliferare delle cellule tumorali. Inoltre, non bisogna tralasciare uno degli aspetti più importanti, vale a dire la possibile interrelazione tra microonde, inquinanti chimici e nanoparticelle».
Gli studiosi con i pochi mezzi a disposizione hanno evidenziato l'effettiva presenza di campi elettromagnetici nella banda delle microonde, a frequenze superiori ai 3 GHz, generati dai 5 mega radar utilizzati dal poligono, sul quale tra l’altro pende un progetto di ampliamento: «ci preoccupa soprattutto – ha detto Consuelo Costa dell’associazione A foras – la sperimentazione sugli aerei senza pilota. La Sardegna diventerà un territorio asservito alle esigenze del Kombinat militare-industriale su scala internazionale, talmente importante dal punto di vista strategico che i sardi avranno come unica prospettiva quella di vivere militarizzati ».

 

Il poligono di Perdasdefogu

 

 
E’ il più vasto poligono terrestre, aereo e navale d’Italia e d’Europa. Si estende per 11.600 ettari
nell’entroterra (Perdasdfogu) e 1.100 ettari sulla costa per una lunghezza di circa 10 chilometri (Capo San Lorenzo). Le due aree del demanio militare sono “collegate” da una fascia di 3.500 ettari sottoposta a servitù militare che ingloba la frazione di Quirra, comune di Villaputzu. La servitù comporta anche l’evacuazione della popolazione in coincidenza di alcune manovre, qualora i vertici militari lo ritengano opportuno. Le zone interdette o pericolose per la navigazione annesse al poligono seguono quasi una linea retta che va da Siniscola a Castiadas, oltrepassano le acque territoriali e si estendono in acque internazionali. Solo una delle zone a mare sottoposta a schiavitù militare impegna 2.840.000 ettari (11.327 miglia quadrate), una superficie che supera quella dell’intera Sardegna (kmq 23.821). Alla militarizzazione dello sterminato tratto
di mare corrisponde la militarizzazione dello spazio aereo.
 

 

Argomento: 

VIA ALLA COMMISSIONE ANTI-SPRECHI, DOPO QUELLA SU POVERI E DENTIERE

Corriere della Sera, 24 luglio 2007 di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella

 «Trattasi di un gruppo di svogliati selezionati da un gruppo di incapaci per il disbrigo di qualcosa di inutile». Ecco cos'è una «commissione» nella micidiale definizione di un antico e caustico editorialista del New York Times. Un giudizio forzato. Forse qualunquista.
Ma che non può non tornare in mente (facciamo gli scongiuri) davanti alla decisione presa dal Senato di affrontare la questione incandescente dei costi della politica istituendo una apposita commissione conoscitiva da mettere al lavoro dopo le vacanze, la tintarella, i bagni. Il metodo più sicuro, spesso, per guadagnare tempo.

COMMISSIONI UTILI - Si dirà: certe commissioni parlamentari hanno fatto un buon lavoro. Verissimo. Ottimo. Si pensi a quella sulla condizione contadina condotta alla fine dell'Ottocento da Stefano Jacini per denunciare la disperazione di un mondo di tuguri «ove in un'unica camera affumicata e priva di aria e di luce vivono insieme uomini, capre, maiali e pollame». O quella sulla Questione Meridionale di Leopoldo Franchetti, Sidney Sonnino ed Enea Cavalieri. O ancora, in tempi più recenti, quella sulla P2 sotto la presidenza di Tina Anselmi. O quelle, soprattutto in certi anni durissimi, sulla mafia. Sia pure concluse, a volte, purtroppo, con l'epilogo sconcertante di relazioni di maggioranza e relazioni di minoranza.

BOSSI E BERLUSCONI - Neppure i più accaniti teorici di questo strumento della democrazia, però, possono negare quanto esso sia andato via via alla deriva. Fino ad assumere, troppo spesso, altre funzioni. Non nobilissime. Di minaccia, di vendetta, di ricatto. Di pressione politica. Basti ricordare l'Umberto Bossi nella sua stagione di guerra al Cavaliere: «Parlare e discutere di par condicio è troppo poco. Io propongo una commissione parlamentare d'inchiesta sugli arricchimenti di Silvio Berlusconi. Da dove provengono i suoi soldi? Come ha costruito il suo impero televisivo? Come utilizza la politica per difendere gli affari personali?». O l'ambigua intimidazione di Luciano Violante: «Se facessimo come Berlusconi nella prossima legislatura, a elezioni vinte, potremmo istituire una commissione parlamentare su come è diventato ricco. Ha detto che andava in comune a Milano con l'assegno in bocca: a chi lo dava?». O ancora l'avvertimento dello stesso Cavaliere reduce dall'aver deposto al processo di Milano: «Faremo una commissione d'inchiesta sulla vendita della Sme». Per non dire dell'insistenza con cui pezzi della sinistra hanno premuto per una commissione sul G8 di Genova, la cui presidenza per Gigi Malabarba doveva andare alla madre di Carlo Giuliani. O delle polemiche divampate intorno alle commissioni sull'affare Mitrochin, su Telekom Serbia o perfino alle sole ipotesi di commissioni su Tangentopoli, sull'uso della giustizia negli anni di Mani Pulite o sulle scalate bancarie del 2005.

COMMISSIONI PIGRE - Non bastasse, si sono viste commissioni parlamentari, regionali o comunali così pigre, assurde o traboccanti di poltrone da minare gravemente la fiducia dei cittadini. Come quella costituita anni fa in Calabria «per la qualità e la fattibilità delle leggi», i cui risultati (zero) sono sotto gli occhi di tutti. O quella sui fondi neri Iri, istituita nel gennaio 1987 e defunta senza mai riunirsi una sola volta. O quella dedicata all'ambiente che, stando al rapporto Legambiente 2001, riuscì in un anno a esaminare «solo gli emendamenti all'articolo 1» (su dieci) della Legge Micheli contro l'abusivismo. O le due «commissioni interministeriali sul latte microfiltrato» chiamate a pronunciarsi (giudizio favorevole) sul via libera al latte «frescoblu» sul quale Calisto Tanzi aveva scommesso decine di milioni di euro.

L'ANTISPRECHI DEL VENETO - E la «commissione antisprechi» nella Sanità voluta dalla Regione Veneto nel 2003? Tre anni dopo, la Corte dei Conti riassumeva che era costata 340 mila euro e aveva prodotto (in tre anni!) due documenti, inutilizzati: che spreco! E le 24 commissioni permanenti o speciali (dalla «riforma della burocrazia » alla «garanzia e tutela della riservatezza della sfera personale e della privacy») del Lazio? E le 18 della Campania ridotte a 12 solo in seguito alle polemiche e alle risate sulla decisione di fare una «Commissione sul Mare» e una «Commissione sul Mediterraneo »? Fino al capolavoro, serissimamente descritto da un'agenzia del maggio 2002: «Parte operativamente da lunedì prossimo, con la prima riunione della speciale commissione che si riunirà al ministero della salute, il "progetto dentiera" voluto dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per dare agli anziani "edentuli" e indigenti le protesi, cioè le dentiere, che non si possono permettere». Tra quelle ordinarie, permanenti, speciali, bicamerali, conoscitive o di inchiesta, le commissioni avviate da Camera e Senato in questa solo legislatura risultano essere (dal ciclo dei rifiuti al servizio sanitario nazionale, dagli infortuni sul lavoro all'uranio impoverito) ben 56. C'è la commissione di vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti, la banca del Tesoro, la cui vita è riassunta dal deputato Carmine Santo Patarino così: «Finora abbiamo fatto due o tre incontri, ma ancora l'attività istituzionale non è stata avviata». C'è la commissione mista per «l'accesso ai documenti amministrativi». C'è quella «consultiva per il riconoscimento di ricompense al valore e al merito civile». Quella dell'anagrafe tributaria, che fino a oggi si è riunita sei volte: poco più di una a trimestre. Quella per la «semplificazione della legislazione» che in un anno e passa è stata convocata 13 volte (totale: 10 ore) sotto la sapiente guida di Pietro Fuda il quale, uomo giusto al posto giusto, è stato dirigente della Cassa del Mezzogiorno e poi della Regione Calabria: due modelli di burocrazia agile e scattante. E via così... Sperano davvero i senatori, con questi precedenti, che i cittadini si entusiasmino alla nascita di questa nuova commissione, che peraltro si aggiunge a quella già varata dalla Camera? In bocca al lupo. Ammettano però che un po' di scetticismo...

Sergio Rizzo
Gian Antonio Stella

 

Brutta fine per le auto elettriche all'asta a Palermo per 100 euro

 

Il comune comprò nel 1998 ottantotto Seicento Elettra per 3,4 miliardi di lire. Oggi non funzionano più e le mette all'asta per una cifra ridicola

 Repubblica, 17 giugno 2007

Ecologia? No grazie: ecco la brutta fine dell'auto elettrica, messa all'asta per 100 miseri euro. Ma andiamo per gradi. Grazie a fondi comunitari il comune di Palermo acquistò nel 1998 ottantotto Fiat Seicento elettriche con lo scopo di farle circolare in centro città per abbattere il tasso d'inquinamento.

Ora quelle vetture, abbandonate in un autoparco da due anni, sono state messe all'asta per 100 euro ciascuna, a fronte di una spesa che nel 1998 fu di 3,4 miliardi di vecchie lire (1,76 milioni di euro), poco meno di 40 milioni di lire per ogni vettura.

All'autoparco sono giunte finora 111 offerte, tra le quali quelle di piccoli comuni, ma soprattutto di tanti cittadini interessati alle auto. "Si tratta di vetture che così come sono non possono essere usate - dice però Giovanni Avanti, ex assessore all'Ambiente del comune nella precedente giunta Cammarata - Furono comprate nell'ambito del progetto 'Zeus' dall'allora giunta di Leoluca Orlando e utilizzate in via sperimentale".

Le auto furono usate soprattutto da dipendenti pubblici fino a quando fu valido il contratto di manutenzione della Fiat.

"Dal 2001 in poi la manutenzione fu a carico del comune - ricorda Avanti - Per ripararle dovevano essere portate in Campania con costi eccessivi e allora non si utilizzarono più, anche perchè spesso l'impianto elettrico dava problemi. La Fiat tra l'altro smise di produrle nel 2002'".

Avanti ricorda che "l'amministrazione smise di utilizzarle due anni fa". "Abbiamo cercato di cederle in permuta - conclude - ma non le ha volute nessuno, allora è stato deciso di metterle all'asta. Chi le compra probabilmente lo farà per la carrozzerie, riparare l'impianto elettrico ha un costo elevato".
(17 giugno 2007)