Castelli e il "pirla"

Articolo di Natalia Aspesi apparso su "La Repubblica" di mercoledi' 13/11 L'on. Ing. Roberto Castelli, attuale Ministro della giustizia ed esimio esponente di quella Lega che detesta i giudici, si rivolge ai giudici per ottenere giustizia contro Franca Rame, attrice, rea di avergli dato del pirla e pure del genio, due epiteti che il querelane ritiene sommamente ingiuriosi: sia pirla che genio. Come si dice, questi i fatti, riportati con solennita' leguleia nell'atto di citazione firmato dallo studio Martinez, di cui fa parte anche l'avvocato dal lusinghiero nome di Novebaci. "Nella mattina del 14 settembre 2002, a margine di una manifestazione svoltasi di fronte al carcere romano di Regina Coeli..." C'era, secondo le agenzie, una gran folla di giovani, arrivati da piazza San Giovanni dove un milione di persone manifestavano allegramente per la democrazia, e c'erano Dario Fo e Franca Rame, che da anni si occupano delle pessime condizioni dei detenuti. La signora, riporta l'atto di citazione in corsivo, tra gli applausi dice: "Quel pirla del ministro Castelli si spaventa delle manifestazioni davanti alle carceri. Dovrebbe informarsi: le manifestazioni in appoggio allo sciopero della fame dei detenuti avvengono da decenni. Si informi... Le condizioni delle carceri sono tragiche e non sono affatto quelle descritte dal genio di Castelli..." I puntini della querela omettono misteriosamente il seguito delle agenzie, con la Rame che ricorda come in altra circostanza il querelante aveva paragonato il carcere a un "Hotel a cinque stelle". Dichiarazione che da parte di un ministro della giustizia, Rame o non Rame, appare davvero genialmente pirlesca. O pirlescamente geniale. Perché l'ingegnere - esperto in controllo dei rumori, diventato, curiosamente, Guardasigilli - se l'e' tanto presa contro un termine che dalle nostre parti viene persino considerato affettuoso, birichino, troppo leggiadro per essere offensivo? El me pirla, el me pirlu'n, dicono le lombarde innamorate al loro lui, incantato dal complimento. E anche la parola genio non puo' essere considerata normalmente denigratoria, a meno che sull'argomento uno abbia una gran coda di paglia. O che la sola idea di dire "quel genio di Castelli" venga di per se' considerata un controsenso. Gli avvocati che chiedono alla querelata in sede civile una somma di 100 mila euro, deliziano il tribunale con una colta esegesi della parola pirla, per dimostrare quanto il loro assistito non la meriti. Prima di tutto, e' offensivo che verso un ministro sia pure padano e leghista (pero' di Cisano Bergamasco, non milanese) sia stata usata una parola la cui origine appartiene al dialetto meneghino, "linguaggio storicamente utilizzato dalla popolazione meno colta dell'area milanese, in contrapposizione alla lingua dotta parlata dalla nobilta' e dal clero". E forse da Castelli. Inoltre, pirla deve essere fatto risalire al latino pilus "che letteralmente significa pestello ma che veniva regolarmente adottato per indicare il membro maschile". E dare del membro maschile a qualcuno "assume abitualmente il significato modi attribuzione di scarsissime qualita' intellettuali, accompagnate dall'assenza di presenza di spirito e di avvedutezza" Esatto! Sullo Zingarelli, spiegano gli avvocati, c'e' anche un termine dialettale siciliano, minchione, che sarebbe certamente piu' offensivo, se la Rame l'avesse usato per un padano. Ma sia pirla che minchione "complice anche la maggior facilita' di spostamento della popolazione sul territorio, hanno ormai travalicato i confini regionali..." In barba alla devolution. La diffamazione da parte della rame (querelata pure dalla Fallaci per averla accusata di spargere terrore con le sue sanguinolente lenzuolate) viene ampliata da alcuni fatti: l'essere per esempio nata a Parabiago, dove certamente si da' del pirla spesso, il che fa presumere che ne conosca il significato; l'aver debuttato al Teatro Olimpia di Milano "con l'opera dell'inequivocabile titolo Ghe pensi mi, a testimonianza della propria conoscenza del dialetto meneghino"; l'aver utilizzato "non senza malizia espositiva, l'eufemismo 'quel genio di Castelli' per metterlo alla berlina"; la parola pirla "non potra' mai assurgere a rango di espressione di una critica politica", né puo' avere "alcuna valenza satirica: la signora e' un'attrice e non una giornalista e non puo' quindi esercitare alcun valido diritto di cronaca". Cioe', se un giornalista desse del pirla al ministro eserciterebbe un diritto di cronaca? In ogni caso, continuano gli avvocati, dare del pirla "non e' una notizia in quanto tale". Soprattutto in certi casi. A testimonianza dei danni subiti dal ministro-ingegnere "si produce" tre note di agenzia e neppure un ritaglio di giornale. Il querelante e' offeso anche perché parlando alle agenzie la signora ha voluto diffondere "la propria volonta' dileggiatrice verso tutti colore che possono essere raggiunti dal potente sistema dei mass-media". Noi, finora non ne eravamo stati raggiunti, non avendo letto da nessuna parte la dileggiante notizia. Da oggi, saranno in tanti ad esserne informati.


Caselli e il "pirla"

Articolo di Natalia Aspesi apparso su "La Repubblica" di mercoledi' 13/11 L'on. Ing. Roberto Castelli, attuale Ministro della giustizia ed esimio esponente di quella Lega che detesta i giudici, si rivolge ai giudici per ottenere giustizia contro Franca Rame, attrice, rea di avergli dato del pirla e pure del genio, due epiteti che il querelane ritiene sommamente ingiuriosi: sia pirla che genio. Come si dice, questi i fatti, riportati con solennita' leguleia nell'atto di citazione firmato dallo studio Martinez, di cui fa parte anche l'avvocato dal lusinghiero nome di Novebaci. "Nella mattina del 14 settembre 2002, a margine di una manifestazione svoltasi di fronte al carcere romano di Regina Coeli..." C'era, secondo le agenzie, una gran folla di giovani, arrivati da piazza San Giovanni dove un milione di persone manifestavano allegramente per la democrazia, e c'erano Dario Fo e Franca Rame, che da anni si occupano delle pessime condizioni dei detenuti. La signora, riporta l'atto di citazione in corsivo, tra gli applausi dice: "Quel pirla del ministro Castelli si spaventa delle manifestazioni davanti alle carceri. Dovrebbe informarsi: le manifestazioni in appoggio allo sciopero della fame dei detenuti avvengono da decenni. Si informi... Le condizioni delle carceri sono tragiche e non sono affatto quelle descritte dal genio di Castelli..." I puntini della querela omettono misteriosamente il seguito delle agenzie, con la Rame che ricorda come in altra circostanza il querelante aveva paragonato il carcere a un "Hotel a cinque stelle". Dichiarazione che da parte di un ministro della giustizia, Rame o non Rame, appare davvero genialmente pirlesca. O pirlescamente geniale. Perché l'ingegnere - esperto in controllo dei rumori, diventato, curiosamente, Guardasigilli - se l'e' tanto presa contro un termine che dalle nostre parti viene persino considerato affettuoso, birichino, troppo leggiadro per essere offensivo? El me pirla, el me pirlu'n, dicono le lombarde innamorate al loro lui, incantato dal complimento. E anche la parola genio non puo' essere considerata normalmente denigratoria, a meno che sull'argomento uno abbia una gran coda di paglia. O che la sola idea di dire "quel genio di Castelli" venga di per se' considerata un controsenso. Gli avvocati che chiedono alla querelata in sede civile una somma di 100 mila euro, deliziano il tribunale con una colta esegesi della parola pirla, per dimostrare quanto il loro assistito non la meriti. Prima di tutto, e' offensivo che verso un ministro sia pure padano e leghista (pero' di Cisano Bergamasco, non milanese) sia stata usata una parola la cui origine appartiene al dialetto meneghino, "linguaggio storicamente utilizzato dalla popolazione meno colta dell'area milanese, in contrapposizione alla lingua dotta parlata dalla nobilta' e dal clero". E forse da Castelli. Inoltre, pirla deve essere fatto risalire al latino pilus "che letteralmente significa pestello ma che veniva regolarmente adottato per indicare il membro maschile". E dare del membro maschile a qualcuno "assume abitualmente il significato modi attribuzione di scarsissime qualita' intellettuali, accompagnate dall'assenza di presenza di spirito e di avvedutezza" Esatto! Sullo Zingarelli, spiegano gli avvocati, c'e' anche un termine dialettale siciliano, minchione, che sarebbe certamente piu' offensivo, se la Rame l'avesse usato per un padano. Ma sia pirla che minchione "complice anche la maggior facilita' di spostamento della popolazione sul territorio, hanno ormai travalicato i confini regionali..." In barba alla devolution. La diffamazione da parte della rame (querelata pure dalla Fallaci per averla accusata di spargere terrore con le sue sanguinolente lenzuolate) viene ampliata da alcuni fatti: l'essere per esempio nata a Parabiago, dove certamente si da' del pirla spesso, il che fa presumere che ne conosca il significato; l'aver debuttato al Teatro Olimpia di Milano "con l'opera dell'inequivocabile titolo Ghe pensi mi, a testimonianza della propria conoscenza del dialetto meneghino"; l'aver utilizzato "non senza malizia espositiva, l'eufemismo 'quel genio di Castelli' per metterlo alla berlina"; la parola pirla "non potra' mai assurgere a rango di espressione di una critica politica", né puo' avere "alcuna valenza satirica: la signora e' un'attrice e non una giornalista e non puo' quindi esercitare alcun valido diritto di cronaca". Cioe', se un giornalista desse del pirla al ministro eserciterebbe un diritto di cronaca? In ogni caso, continuano gli avvocati, dare del pirla "non e' una notizia in quanto tale". Soprattutto in certi casi. A testimonianza dei danni subiti dal ministro-ingegnere "si produce" tre note di agenzia e neppure un ritaglio di giornale. Il querelante e' offeso anche perché parlando alle agenzie la signora ha voluto diffondere "la propria volonta' dileggiatrice verso tutti colore che possono essere raggiunti dal potente sistema dei mass-media". Noi, finora non ne eravamo stati raggiunti, non avendo letto da nessuna parte la dileggiante notizia. Da oggi, saranno in tanti ad esserne informati.


[VIDEO] Ubu Bas va alla guerra

Ubu Bas va alla guerra 

La vera storia dell'invasione dell'Afghanistan e dell'Iraq.
Con Dario Fo, Franca Rame e Jacopo Fo

"Il 24 marzo 2003 gli Usa sono appena entrati in Iraq. Dal teatro Nazionale di Milano Dario, Franca e Jacopo mettono in scena uno spettacolo contro la guerra, ripreso da Telelombardia e rimandato da 25 televisioni locali, 2 satellitari e su Virgilio con più di 150 mila download. Più di 2 milioni di spettatori. Un grande tam tam in rete ha reso possibile raggiungere tante persone. Fu il primo grande evento televisivo fuori dalle grandi reti nazionali. A distanza di 7 anni da quei giorni possiamo dire che avevamo ragione a dire che la guerra sarebbe stata un disastro epocale. Oggi Afghanistan e Iraq sono dominati da governi corrotti, soprusi, attentati terroristici, stragi compiute per sbaglio dagli Usa. Centinaia di migliaia di civili sono morti. Questa è la democrazia e la libertà che volevano esportare. Azzeccammo anche sulle coltivazioni di oppio: l'Afghanistan produceva il 5% dell'oppio mondiale, oggi ne produce più del 90%."
Jacopo Fo

La prima parte dello spettacolo... 

il DVD dello spettacolo completo è su commercioetico.it

Per vedere tutto lo spettacolo vai alla playlist di youtube
Ubu Bas va alla guerra - parte 1
Ubu Bas va alla guerra - parte 2
Ubu Bas va alla guerra - parte 3
Ubu Bas va alla guerra - parte 4
Ubu Bas va alla guerra - parte 5
Ubu Bas va alla guerra - parte 6
Ubu Bas va alla guerra - parte 7
Ubu Bas va alla guerra - parte 8
Ubu Bas va alla guerra - parte 9

Anno: 

Parliamo di donne! - Franca Rame ne "IL RISVEGLIO" - 1977

Parliamo di donne!
Storie paradossali raccontate da Franca Rame e Dario Fo: la creazione di Eva, figlia della Pazzia, e il peccato originale, l’affannoso risveglio di un’operaia che deve accudire il bambino e correre in fabbrica…
Episodi di vita vissuta sullo sfondo delle problematiche legate alla condizione della donna, messi in scena alla Palazzina Liberty di Milano nel 1977.
Franca Rame in "Il Risveglio"
 
Anno: 

STOP ALLA BASE MILITARE DI VICENZA!

 

stop alla base militare di vicenza

FIRMA LA PETIZIONE!

Gentile Presidente Obama,

ci rivolgiamo a Lei perché siamo convinti che LEI sia il solo a poter fare un regalo alla PACE, mettendo fine a una inutile vicenda di spese militari e sprechi.
A Vicenza, nel Nordest dell’Italia, da molti anni gli abitanti si oppongono all’insensato allargamento della base militare americana Ederle – Dal Molin, fino alla periferia della città.
Questo progetto che è stato siglato tra il governo italiano e il Suo predecessore, George W. Bush, è un monumento alla paranoia militarista dei tempi in cui il nemico era il blocco sovietico. Da allora molto è cambiato, il pericolo per la sicurezza degli Stati Uniti è considerato da tutti altrove. Per noi, in particolare, si trova nella povertà in cui vivono molte popolazioni, è qui che si sviluppa il terrorismo. Terrorismo prodotto da colonialismo e razzismo, e dalle guerre combattute dagli europei per saccheggiare materie prime e depredare i territori fertili nel mondo.
La Sua elezione a Presidente degli Stati Uniti d’America ed il Suo programma di rientro delle truppe dai territori di guerra ci fanno sperare in un cambiamento positivo anche per la base militare di Vicenza. 
Di più: sarebbe rivoluzionario dismettere la base militare e destinare i fondi ottenuti, per finanziare scuole, ospedali, medicinali, cibo, acqua potabile nei paesi poveri o in guerra. Questo gesto avrebbe un impatto più forte della cattura di Bin Laden e garantirebbe maggiore sicurezza di qualsiasi base militare. Si tratterebbe di dire finalmente al MONDO che gli STATI UNITI preferiscono la CIVILTA’ alle ARMI, la TUTELA DELL’AMBIENTE ALLE DEVASTAZIONI, LA SOLIDARIETA’ AL DENARO, L’ECONOMIA DI PACE A QUELLA DI GUERRA. 
SAPPIAMO CHE LEI LO PUO’ FARE, PRESIDENTE OBAMA. 
LEI PUÒ FARE SOGNARE AL MONDO LA PACE. 

 

stop alla base militare di vicenza

SIGN THE PETITION

Dear President Obama,

we write directly to you because we are convinced that you are the only one that can make this gift to peace, putting an end to a lengthy and useless story of military spending.
The citizens of Vicenza, in the North-East of Italy, have been opposing the meaningless expansion of the US military base Ederle - Dal Molin for many years. This project was agreed upon by the Italian Government and your predecessor Gorge W. Bush and is a monument to the military paranoia of the cold war.
Many things have changed since then and many agree that the threats to US security are now elsewhere. We believe that new threats lie in the poverty of many nations: it is here that terrorism develops – terrorism that has its roots in racism and colonialism, in the wars that the Europeans fought to prey on raw materials and fertile ground around the world.
Your election as President of the United States of America and your programme to return troops from war territories gives us hope also for the military base in Vicenza.
We dare say more: it would be revolutionary to dismantle the base and use the money that would thus be saved to finance schools, hospitals, medicine distribution, food, clean water projects in developing countries and in war zones.
It would be a means to finally say that the US chooses PEACE instead of ARMS, the PROTECTION OF THE ENVIRONMENT instead of ECOLOGICAL DEVASTATION, SOLIDARITY instead of PROFIT, an ECONOMY OF PEACE instead of an ECONOMY OF WAR.

You can make the world dream of peace again.

Argomento: 

LUNEDI' QUANDO ARRIVA MARONI DA FAZIO E SAVIANO SPEGNIAMO LA TV!

Non servono molte parole:  trovo semplicemente vergognosa la condizione in cui si è venuta a trovare la trasmissione “vieni via con me”. Mi sembra che la risposta migliore a questa schifezza sia “colpire lì dove fa male”: nello share! E’ sufficiente schiacciare un qualunque tasto del telecomando che non sia il 3: quando Maroni inizia a leggere il suo elenco, noi spegniamo la Tv o cambiamo canale. Un bel picco negativo di auditel è un discreto messaggio! Come si suol dire….. passate parola! Giacomo da un blog. C'é chi anticipa che Maroni elencherà i suoi successì contro la criminalità organizzata, con tanto di cifre dei due anni di viminale: 29 superlatitanti catturati, beni sequestrati per 18 miliardi, 6.700 mafiosi arrestati. Sul tema, intanto, sono scoppiate scintille tra i i politici. Il leader dell'Italia dei Valori, Antonio di Pietro ha pubblicato uno slogan su Facebook: «La penso come Saviano, Maroni quereli anche me» raccogliendo già ventimila adesioni.

 

 

 

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«Noi stiamo con Saviano, e con tutte quelle persone che hanno il coraggio di dire quali sono le responsabilità di questo paese», ha aggiunto Susanna Camusso, neo segretario generale Cgil. Schermaglie che seguono il duro botta e risposta , 19 novembre, tra il numero uno della Lega Nord, Umberto Bossi, e il presidente della Camera, Gianfranco Fini. «Non capisco come ci si possa indignare se qualcuno dice che la mafia c'è anche al Nord», ha detto Fini in un convegno sulla legalità. Bossi da Montecitorio ha risposto senza mezze misure con un «fanculo» garantendo che dalla mafia «la lega é lontana: non riescono ad avere agganci con noi». E poi c'è il giornalista Vittorio Feltri che contro Saviano ha avviato una raccolta di firme.

C'è anche chi, però, non partecipa alla bagarre

da Repubblica


IO STO CON SAVIANO. SE SEI DACCORDO FIRMA QUI PER SOSTENERLO!

Il Giornale fa partire una campagna contro l'autore di Gomorra "che dà del mafioso al Nord". Noi non ci stiamo. Difendiamo tutti insieme lo scrittore.  Dopo le critiche del ministro Maroni, puntuale è partito il battage  di Vittorio Feltri contro "il predicatore star", ovvero un uomo che vive sotto scorta ed è stato condAnnato a morte dalla camorra. Non lasciamolo solo.
FIRMA ANCHE TU: io sto con Saviano. Oltre 60mila firme.«Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere». È una frase bellissima e tragica di un uomo bellissimo e tragico di questo Paese, Giovanni Falcone. Il magistrato si sentì solo, e morì.

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È un ricordo importante, enorme, ma di questo si parla: coraggio e isolamento. Roberto Saviano è una persona sola, costretta alla solitudine dalla passione per il proprio lavoro, e dalla bravura nel farlo: questo è il paradosso che accomuna un bravo magistrato e un bravo scrittore. La tragedia incombe quando c’è un salto di qualità in questa condizione, e non dipende dai protagonisti, ma dagli altri: quando la solitudine diventa isolamento.

Ci è venuto in mente leggendo il Giornale di ieri, edito dai Berlusconi. Una prima pagina vergognosa, inaccettabile: «Una firma contro Saviano». La prima firma di questa campagna è sotto il titolo, quella di Vittorio Feltri, appena sospeso per tre mesi dall’ordine dei giornalisti, al quale è iscritto da 43 anni: non potrebbe scrivere, e lo fa perché se ne infischia. Da quelle parti, le regole valgono solo per gli altri.

Martedì l’attacco a Saviano fu mosso dal ministro dell’Interno, il responsabile dell’ordine pubblico del Paese, e dunque anche dell’incolumità di uno scrittore condannato a morte dalla camorra, e per questo protetto da una scorta. Ieri la guerra aperta dal quotidiano di Berlusconi. Dopo il ministro, ecco il premier, con i suoi «killer», come li ebbe a definire il presidente della Camera, oggetto delle attenzioni del Giornale negli ultimi mesi. Il quotidiano fa di più: chiama a combattere il popolo del nord, sperando di gonfiare l’odio verso Saviano. Questo significa «isolare» le persone. Il potere al suo livello massimo identifica in lui un avversario, quando invece dovrebbe essere al suo fianco perché la legalità che rivendica Saviano (nei suoi libri, in televisione) è un pre-valore, un patrimonio comune.

Ecco queste firme: venticinquemila, iersera, una cosa bella. E cresceranno. Saviano ha i suoi lettori, dei suoi libri, del giornale dove scrive. E i telespettatori che lo seguono. E ha i lettori dell’Unità, che ringrazia con le parole che leggete qui a fianco. E noi ringraziamo lui, testimone presso il pubblico di ciò che i magistrati fanno quotidianamente: combattere il radicamento al nord delle mafie, con i capibastone della ‘ndrangheta più intraprendente degli altri. Ci sono inchieste che lo confermano, rapporti della Dia (l’antimafia) che inquietano e indicano negli appalti, nel prossimo Expo a Milano, negli affari più vari i nuovi appetiti espansivi dei criminali. Chi ha soldi da investire, va dove possono rendere: è perfino ovvio che nemmeno Maroni può negarlo: «Il rapporto sull’attività semestrale della Dia l’ho firmato io», ha detto ieri il ministro. Quel rapporto è la polpa delle parole di Saviano.

Non si possono usare questi argomenti per fare propaganda. Per contrapporre nord e sud, per rimarcare un territorio elettorale (commerciale, anche, nel caso del Giornale). Non si può macinare la vita di un uomo di trent’anni nel tritacarne della polemica a effetto. Ecco questo appello: «Giù le mani da Roberto Saviano», c’è scritto sul sito unita.it. Ecco le firme. Ci sono nomi conosciuti e gente comune: li elenchiamo, qua e là. C’è un pezzo d’Italia che capisce la differenza - drammatica - fra essere soli ed essere isolati.

 


SE CADE BERLUSCONI ESPONIAMO UN TRICOLORE SUI BALCONI!

Quando cadrà il Governo Berlusconi io metterò la bandiera italiana sul davanzale. Esporrò il tricolore della marineria, quello con lo scudetto delle quattro repubbliche in campo bianco, l’unico che ho. E lo farò per celebrare un giorno importante. So bene che l’eventuale caduta di questo Governo non apre a nessun futuro particolarmente roseo. So bene che non è stata ancora partorita alcuna alternativa. So che, legittimanete, potrebbe nascere un altro governo mediocre, senza idee, incapace di amministrare bene le nostre cose. So anche che se tornassimo a votare non saprei cosa votare, oggi, e non avrei affatto la sensazione di poter contribuire a una concreta e duratura svolta per l’amministrazione del Paese.Nonostante questo, con convinzione, metterò il Tricolore sul davanzale. Lo esporrò perché questi anni, con molti responsabili ma con uno in particolare, sono stati contraddistinti più che mai dal culto del denaro, dal consumismo (vi ricordate “Grazie!”, la campagna di Berlsuconi che invitava a comprare, comprare, comprare…), dalla fuffa materialista e cialtrona, dai politici puttanieri e immuni, dal sentimento di impunità che spinge a varcare ogni limite della decenza. Io, che non sono né un santo né un bacchettone né un moralista, ma sono italiano, ho patito tutto questo.

Lo esporrò perché odio la mafia e i mafiosi, chi è colluso con loro, chi non li isola ma ha costruito la propria fortuna sul denaro riciclato, rubato con la violenza ai miei concittadini. Dunque a me.

Lo esporrò perché considererò auspicabilmente finito il tempo delle leggi ad uso personale, della prevalenza degli interessi particolari su quelli collettivi, dei tagli alla scuola, alla cultura, a ciò che, come ha detto esplicitamente Tremonti, “non si mangia”. Lo esporrò perché sia chiaro che io mangio anche quelle pietanze, e come me tanta gente. Ne ho bisogno per vivere.

Lo esporrò perché mentre il pensiero consumista e materialista berlusconiano si affermava e si radicava, il nostro Paese è stato dimenticato, violato nel territorio, nelle acque, lasciato privo di salvaguardia, tutela, restauro, privo di qualunque progetto di rinnovamento e difesa, e ogni giorno cade a pezzi per incuria e ignoranza.

Lo esporrò perché Bondi rappresenta Berlusconi, non l’enorme cultura del nostro Paese; perché Alfano rappresenta Berlusconi, non la nostra giustizia; perché la Gelmini rappresenta Berlusconi, non la scuola e l’università di cui hanno bisogno i giovani italiani.

Lo esporrò perché sono contrario al reato di immigrazione, contrario alla TAV, contrario al Ponte sullo Stretto, contrario ai tagli alla cultura, contrario al nucleare, contrario alla riforma Gelmini, contrario alle ronde in camicia verde, contrario al Lodo Alfano, contrario alla depenalizzazione del reato di banda armata proposto da Castelli, contrario a questa legge elettorale, contrario al conflitto d’interessi, e sono stato contrario alla depenalizzazione del reato di falso in bilancio, contrario ai tagli alla ricerca scientifica, contrario al decreto salva-ladri, contrario al rientro dei capitali con una multa simbolica, contrario a chi dice irrispettosamente che Barack Obama è abbronzato o fa le corna a un collega in una foto ufficiale mentre rappresenta il nostro Paese all’estero. Mentre rappresenta me.

Lo esporrò perché sono un uomo di mare, e quando guardo le coste del nostro Paese dal largo vedo da anni un Paese in decadenza, dove imperversano ignoranza, televisione d’accatto, informazione violata, consentite e sospinte dal laissez faire travestito da libertà propugnato dalla cultura berlusconiana.

Lo esporrò perché per anni sono andato all’estero e ho dovuto subire le ironie di colleghi, amici, semplici conoscenti che, sentendo che ero italiano, si sono sentiti autorizzati a sorridere, a fare battute, a costringermi ad abbozzare, o a motivare, o peggio: a ridere anche io. Di quel riso mio e altrui ho sofferto, ne ha sofferto il mio orgoglio, il mio amore per me stesso e per il nostro Paese. Di quel riso provo vergogna.

Lo esporrò perché non l’ho mai esposto, neanche quando abbiamo vinto i mondiali di calcio, ma stamattina ho pensato che lo farò, che serve farlo, e che se lo faranno anche altri potremo passeggiare per le nostre strade con la sensazione che in tanti vogliono un Paese con altri presupposti e altre basi sociali, culturali, politiche, amministrative. Esporrò la nostra bandiera per me, per la mia speranza, non certo per fiducia in un cambiamento che non vedo, che non c’è, che non è pronto, che non mi convince, che nessuno in questi anni ha ancora pensato.

Lo esporrò perché provo vergogna anche di questo.

 Simone Perotti da Il Fatto


POMPEI: TRE BUONI MOTIVI PER LE DIMISSIONI DI SANDRO BONDI

"Tra i primi i socialisti hanno chiesto le dimissioni del Ministro Bondi dopo il crollo della Domus dei Gladiatori: molto più' autorevolmente il Capo dello Stato ha chiesto conto dell'accaduto considerandola una vergogna per l'Italia ed in queste ore numerose forze politiche, anche della maggioranza, si sono unite nella richiesta." Lo ha dichiarato Marco Di Lello, Coordinatore Nazionale del Partito Socialista ed ex assessore campano ai beni culturali. "Al Ministro - continua Di Lello- che finge di non capire spieghiamo tre buoni motivi per dimettersi: a) perche' il suo governo taglia sistematicamente le risorse destinate alla Cultura e nel 2005 scippo' dalle casse di Pompei 50milioni di fondi propri distraendoli in mille rivoli. b) perche' non si occupa del sito, con il Colosseo, più' noto e visitato al mondo, omettendo di nominare un Soprintendente di ruolo da oltre 2 anni.

 

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c) a Pompei negli anni scorsi ha provveduto la Regione Campania, affidando alla Soprintendenza di Pompei oltre 60 mln di euro tra fondi europei ed ordinari per far fronte a tutti i tagli del Governo dal 2001: ora il sito patrimonio dell'umanita' e' abbandonato al suo destino. Un sussulto di dignita' imporrebbe anche per questo a Bondi di dimettersi - conclude Di Lello.

fonte 

Pressato dalle richieste dell'opposizione e incalzato dalle polemiche che hanno fatto il giro del mondo, il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, ha deciso che domani si presenterà di fronte all'assemblea di Montecitorio per riferire sul crollo della domus dei gladiatori, verificatosi sabato a Pompei.E dal Pd potrebbe, al termine della relazione di Bondi, arrivare una mozione di sfiducia, la quale potrebbe coalizzare il malcontento dei deputati di Fli, dando così seguito alla linea esplicitata domenica da Gianfranco Fini nella convention di Bastia Umbra.
«Sulla mozione di sfiducia individuale – ha fatto sapere Dario Franceschini, presidente dei deputati Pd – valuteremo insieme agli altri gruppi parlamentari». Ma intanto è già arrivato il pieno appoggio dell'Idv: «Firmeremo certamente la mozione», ha sottolineato Massimo Donadi, presidente del gruppo a Montecitorio.
Ciò che rende particolarmente traballante la posizione del ministro dei Beni culturali sono, però, le parole che provengono dal fronte Fli. In particolare, Fabio Granata, vicepresidente della commissione antimafia, che ha invocato le dimissioni di Bondi, definendolo ministro della propaganda. «Dopo aver sentito le sue parole e le sue giustificazioni, dopo anni di commissariamento di Pompei, si è rafforzata negli italiani l'idea – ha rimarcato Granata – di una totale inadeguatezza di Bondi nella gestione del più grande patrimonio culturale del mondo». Quella di Granata non è una voce isolata in Fli. Seppure dai toni meno diretti, anche Antonino Lo Presti, si è dimostrato polemico verso il ministro: «Chiederemo più soldi per il patrimonio purché vengano gestiti in modo più oculato», ha affermato il capogruppo di Futuro e libertà in commissione Bilancio della Camera. Che ha aggiunto: «Se otterrà più fondi, Bondi si chiuda nel suo ministero e lavori, lasciando perdere le polemiche con Fini».
Il tema delle risorse è stato fatto proprio anche da Francesco Rutelli, leader di Api e precedente ministro della cultura. «Bondi – ha dichiarato Rutelli – deve tirare fuori i soldi per tutelare il patrimonio. Se non ci riesce non si capisce cosa resti a fare, a guardare Tremonti che gli massacra il bilancio e il maltempo che massacra il patrimonio?».
FONTE