Ma tu, che di mestiere fai il tecnico di computer nelle valli di alta montagna e non hai ancora quarant'anni sai chi è Dario Fo? Che domande, sì che lo so. E Mistero Buffo, sai cos'è? Madonna, ci sono cresciuto dentro, così volevano i miei genitori.
Ecco cos'è Mistero Buffo in questo inizio di 2011: è una di quelle «cose» che ciascuno di noi si porta dentro, un teatro, un mucchio di parole, un corpo, una parabola in crescita, un ambiente mentale, una lunghissima poesia senza «a capo», un Vangelo interpretato da una intelligenza senza potere, una immensa nuvola di tenerezza forte come un maglio, parola di chi non ha parola, discreto canto senza regole, esperienza morale, riso gentile, il bagliore di vittoria riflesso da una barricata di liberazione che sogna convinzione e non vittoria. Quando apparve al sole del lontano e tumultuoso 1969, Mistero Buffo sembrò a molti un segnale, l'avviso di una utopia realizzata: forse era nato o stava nascendo l'Uomo Nuovo, quello che avrebbe costruito il Mondo nuovo, sostituendo la critica alle armi, la comprensione allo schiaffo, l'uguaglianza alla legge del più forte.
Gramsci aveva detto: abbiamo bisogno di tutta la nostra intelligenza e Fo – con Franca, sempre – aveva detto: io ci provo, vado avanti e poi si vede.
Mise a punto uno sguardo sulla storia e sul contemporaneo che partiva dai Vangeli, apocrifi, irregolari e inventò una giostra di «crisi» meravigliosa, orgogliosamente «pop», popolare, mossa da un ritmo, da una frequenza che aveva a che fare con la musica dei corpi mentre sussurrava urlando: la vita è roba nostra, non del potere. Messo in scena da altri giullari, ora,42 anni dopo la prima «apparizione » Mistero Buffo torna nelle mani e nelle ossa di Dario e Franca, e plana in un altro mondo. Domani a Milano, al teatro Lirico. Un'altra Milano, un'altra Italia ma il Mistero è sempre più buffo.
Sei un po' matto. Quella è roba che scotta, anche e soprattutto per chi se la porta sulle spalle: Mistero Buffo è una fatica fisica anche per un giullare nato come te... chi te lo fa fare?
«Sì, sì. Ci provo ancora, nonostante tutto tira un'aria che sembra annunciare primavera, quei ragazzi delmovimento, quelli che sono scesi in piazza in queste settimane: lo sento che non si fermeranno, sento che non è finita con Marchionne, sento che la Fiom, la Cgil non sono acqua passata, a loro è appesa in gran parte la dignità dell'umanità di oggi e di domani, sono loro imuratori, e anche noi, giullari...».
Benedetto “fiol de Deo”, non saranno invecchiati le tue Madonne, i tuoi Gesù belli, cari fantasiosi che danno vita alla creta, i tuoi Bonifaci ottavi, i tuoi papi mercanti di indulgenze, non sarà invecchiata la tua tigre accogliente e dispotica?
« Chiudi gli occhi e pensa: chi ti ricorda Bonifacio Ottavo? Un altro papa, ovvio, ti lascio il nome nell' ipofisi. Chi ti ricorda la Madonna se non la madre, la grande madre, dolce come una donna, forte e intelligente come una donna? E la tigre cosa ti insegna oggi, forse qualcosa di diverso da quel che insegnava ieri?»
Riso e dolcezza, riso e dolcezza, Dario: hanno consegnato il Nobel nelle mani di un rivoluzionario davvero pericoloso, il più pericoloso perché predichi, ad una età in cui non puoi finire in galera, che la rivolta senza amore semplicemente non è...
«Entusiasmo, figliolo. Torno a quei ragazzi del Movimento: loro hanno capito da soli la lezione e nessuno gliel'ha insegnata, grande generazione, tutto intorno a loro sostiene altro e cioè che se non prevarichi e non metti sotto i piedi gli altri non sarai nessuno, questa è vita fratello... ».
Adesso basta – si fa per dire -: sei un fottuto sessantottino con la testa tra le nuvole e il corpo in purgatorio...
«Ecco, bravo che me lo ricordi: la signora Gelmini ha detto che il Sessantotto è finito e sepolto..
Ha ragione, in molti hanno provveduto a seppellirlo e lei ha fatto la sua parte con la riforma universitaria, dopo Marchionne, dopo Berlusconi e le sue tv....
«Nessuno seppellisce il Sessantotto perché, bada, è immortale. Può darsi che la signora in questione abbia ragione mentre fa il conto della spesa. Ma quello sa fare, per il resto non sa nulla, non sa nemmeno che senza Sessantotto lei, una donna, col cavolo che starebbe al governo: femminismo e uguaglianza tra i sessi è roba che nasce lì. Si tornerà lì, in questo calderone di crisi e di parole oggi apparentemente senza senso quando l'idiozia del potere sarà costretta a fare un passo indietro. E col Purgatorio ci andrei cauto: se lo sono inventato in Vaticano qualche secolo fa perché gli serviva a far soldi e a mietere potere...».
A proposito del Vaticano: com'è che si sono seccati alla prima uscita di Mistero Buffo? Mi sembra un lavoro non lontano dal clima di un morbido presepe...
«Ricordando, il Vaticano si lamentò con lo Stato italiano per aver permesso che si recitasse in pubblico una cosa simile. Poi, è vero che Mistero Buffo rivendica al popolo la titolarità del sentimento religioso, della religiosità più profonda che ha a che fare con il senso della vita e della morte. Così Dio non è lontano da Bacco, Gesù è molto vicino a Dioniso. Nella cultura popolare, queste distanze sono cancellate: per esempio, nel “Risus Pascalis” , abolita nell'Ottocento, la gente si dava da fare per scatenare la gioia per la resurrezione, per la vittoria contro la morte, era una festa allegrissima e vitalissima...».
Dal punto di vista della tecnica teatrale, da Oltretevere hanno sempre posto l'accento sulla compostezza ortodossa e misterica con cui Jacopone da Todi aveva tessuto le laudi, tanto per dire che tu eri fuori...
«Meglio fuori che male accompagnati. Però, con Jacopone hanno confezionato uno dei loro falsi meglio riusciti: bisogna leggerlo davvero per capire quanto fosse sanguigna e accesa la sua critica all'ordine delle cose che allora regnava. Te lo recito?»
Diamolo per fatto. Se non sbaglio, hai continuato per anni ad arricchire il panorama del Mistero...
«Vero, e così per metterlo in scena tutto ho calcolato che servirebbero dieci giorni e dieci notti. Stavolta torno in scena con una parte che mette assieme pezzi vecchi e fondamentali con pezzi nuovi, ma poi cambiamo in corso d'opera. E l'opera è il corpo, siamo noi, i nostri corpi, il più grande mistero buffo».
Toni Jop – dall’Unità, 03 gennaio 2011