Meglio porco che impotente?

Luca Telese su "Il Fatto Quotidiano", 19 gennaio 2010

A pensarci bene, il vero disastro, per Silvio Berlusconi, non è nel diluvio di intercettazioni, suggestioni, figurazioni da porno b-movie, non sono gli squarci di lap dance, il racconto delle finte poliziotte con le tette siliconate al vento, dell’igienista dentale che si fa alternativamente maitresse o additivo erotico. A pensarci bene, ciò che sta corrodendo come un acido muriatico l’immagine di Silvio Berlusconi, non è lo stereotipo antico del satiro, e nemmeno quello un po’ più pecoreccio del “vecchio porco” che tocca e sbava, ma il colore crepuscolare della scena, la figura dell’allupato inconsapevole, dell’amico raggirato dai Fede-lissimi, della gallina dalle uova d’oro, spennata e abbindolata. Come un nonno “rimba” chiuso nell’ospizio del sesso, mentre chi gli sta intorno si disputa i suoi beni. A pensarci bene più dell’ormai leggendario “Noemi è la pupilla, io sono il suo culo”, più delle raccomandazioni di Lele Mora che dice: “Portatevi lo stetoscopio” (Risposta: “Perché?”. E lui: “Perché gli piace giocare al dottore”), insomma, molto peggio di questo sono i dialoghi di ordinario squallore, quelli senza sesso: Emilio che vuole intascarsi il trenta per cento, la ragazza Iris parla con un amico dicendo “Devo comprare il televisore per mia mamma”, “i pannoloni….”, “Il vestitino per la cugina”, “I biscotti per il cane”.

 

C’è in questo diluvio di furbizia feroce il senso vero del crepuscolo, la malinconia della decadenza, il senso drammatico di solitudine di un uomo raggirato, ingannato, utilizzato al punto da suscitare nel più feroce degli avversari un senso di simpatia e pena. La cosa che uccide il carisma non è la suggestione del sesso libertino, ma lo sbuffo della cocotte che grida alla sorella: “Che palle ‘sto vecchiooo!”. Oppure: “Quella è la volta buona che lo uccido, gliela tiro io la statuetta in faccia”. C’è molto più rispetto per Berlusconi negli antiberlusconiani duri che lo prendono sul serio, che nelle berlusconcine infami, che si sorbivano la proiezione dei suoi discorsi alle folle in delirio, e poi lo flagellavano con il loro feroce scherno.

 

A pensarci bene, Berlusconi si è salvato da due scandaletti erotici, ma non può salvarsi quando il Quirinale gli dice (ci vorrebbe il parla-come-mangi di Cuore) che se ne deve andare in aula a farsi processare, e il Vaticano che non si spende per un vecchio porco. A pensarci bene l’essenza del potere, in Italia, può sopravvivere allo sfregio del Bunga bunga, ma non alla perdita del potere. Che alla fine – malgrado i disperati tentativi – è sempre una proiezione dell’impotenza.

 

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01/19/meglio-porco-che-impotente/87...


[VIDEO] Dario Fo e Franca Rame in " Trasmissione Forzata" - 1988

Dario Fo e Franca Rame tornano in TV nel 1988, un quarto di secolo dopo aver lasciato “Canzonissima”  a causa delle numerose censure, e ne mimano l’occupazione con una compagnia di teatranti, fra i quali Enzo Jannacci, per riprendere il discorso da dove l’avevano forzatamente interrotto.

Una miniopera nella trasmissione in puro stile Fo-Rame, comica, grottesca, ironica.

Il video della prima parte...

"Trasmissione Forzata I" e "Trasmissione Forzata II" li trovate su commercioetico.it

Il canale Youtube DarioFoVideo
I video da Youtube
Trasmissione Forzata - prima parte
Trasmissione Forzata - seconda parte
Trasmissione Forzata - terza parte
Trasmissione Forzata - quarta parte
Trasmissione Forzata - quinta parte

Anno: 

CASO RUBY - SABRINA BEGAN: "BERLUSCONI AMA I GAY".

Sabrina Began sarebbe l’ape regina di Silvio Berlusconi in questo alveare di nome, ragazze e showgirl nominate all’interno di una vicenda che ha generato uno scandalo a livello internazionale. Mentre stanno uscendo dettagli ed elementi in merito alla storia di Ruby Rubacuori e alla presunte sospette fidanzate del Premier, la Began ha difeso Berlusconi ai microfoni di Sky Tg24. Ma se pensate di aver ormai sentito di tutto, le parole che leggerete sembrano sfiorare l’assurdo:

“Silvio Berlusconi adora i gay. Dice che hanno una marcia in più. L’ho visto spesso in compagnia dei miei amici gay con cui parla prendendoli per la mano e quando succede loro si emozionano. E’ una cosa affettuosa e bella che lui sa fare. Non ha veramente nulla contro i gay è una persona pulita”

Sì, avete letto bene. Adesso veniamo a scoprire che Berlusconi è un frociaro. Adora i gay. Poi, magari, dice che è meglio andare con le donne che essere omosessuale ma… adora i gay! E prende per mani questi famigerati amici gay della Began per parlarci. E loro che fanno? Si emozionano. E-m-o-z-i-o-n-a-n-o. Ma sono questi gli amici della Began? Non so voi ma se Berlusconi mi parlasse e mi prendesse la mano nel farlo, reagirai e mi sentirei rilassato come un gatto sospeso sopra ad una vasca piena d’acqua. Va bene tutto, ma adesso non si sta forse un pochino esagerando?

http://www.queerblog.it/post/10076/silvio-berlusconi-ama-i-gay-parola-di-sabrina-began


[VIDEO] FRANCA RAME IN "GIUSTINA" DA "S. AMBROGIO E L'INVENZIONE DI MILANO"

"Sant'Ambrogio e l'invenzione di Milano", le origini del santo patrono milanese, il carisma rivoluzionario e lo spirito di carita' dell'apostolo di una sorta di cristianesimo comunista...
Il DVD di "Sant'Ambrogio e l'invenzione di Milano" lo trovate su commercioetico.it

[VIDEO] Dario Fo - spot Apple

Uno degli spot più famosi della Apple, la voce è di Dario Fo.
Dedicato agli anticonformisti, ai ribelli, ai piantagrane, a tutti coloro che vedono le cose in modo diverso. Costoro non hanno in mano le regole, nè i regolamenti e non hanno alcun rispetto per lo status quo. Potete citarli, essere in disaccordo con loro, potete glorificarli o denigrarli, ma l’unica cosa che non potrete mai fare è ignorarli, perché riescono a cambiare le cose, perché fanno progredire l’umanità. E mentre qualcuno potrebbe definirli folli noi ne vediamo il genio; perché solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo lo cambiano davvero..
Anno: 

IL CARO UTILIZZATORE FINALE....E ORA ANCHE INNAMORATO...

Soltanto in una cultura sessuofoba come quella che ammorba l’Italia sotto l’influenza di una gerarchia religiosa misogina dietro tutte le predichine sul culto di Maria, ossessionata dal “peccato” inteso come peccato carnale , quando si parla di moralità e di moralismo si pensa immediatamente a quella cosa lì.

Ma la completa immoralità e/o amoralità dei comportamenti di Berlusconi non sta nel numero di donne che paga o non paga per fare le sue orgette da ginnasiale con accesso a YouPorn via PC o da vecchio ormai impotente che deve circondarsi di carne femminile giovane per succhiare un po’ della loro energia vitale. Minorenni a parte. Questo sarebbe un reato, che è altra cosa dall’etica. La vergogna sta nell’evidente uso delle persone, maschi o femmine che siano, vecchi cortigiani come Fede o giovani cortigiane come Ruby, come semplici “attrezzi” per il proprio divertimento e intrattenimento, uso consentito dal proprio potere.

L’oscenità non sta in un culo scoperto o in un seno all’aria, ma nel disprezzo per gli altri, oggetti da usare, affittare, pagare, ricompensare magari con marchette tv, buste di soldini, appartamente in comodato gratuito per crearsi un vivaio costante di carne fresca, incarichi che non gli appartengono (seggi, per esempio) e poi da buttare quando un altro oggetto umano più divertente appare e quello di ieri viene a noia.

Chi si comporta così non ama le donne, le disprezza, le considera come cornici o accessori soltanto di quello che hanno fra le gambe. Chi ama le donne non le usa, come del resto il suo avvocato, in un momento di imprudente onestà, ha ammesso con la famosa formula dell’ “utilizzatore”.

Se in Italia avessimo una gerarchia cattolica ancora capace di dignità, e non disposta a barattare se stessa e il Verbo - che credo si esprima e si fondi sulla dignità e responsabilità inalienabile dell’individuo – per trenta denari alle scuole confessionali o per gli stipendi agli insegnanti di religione, ne sentiremo delle belle.

Da Repubblica (Zucconi)


LAVORATOOOORIIIIII?????!!!! (DARIO FO: "MARCHIONNE E' UN PERICOLO PER LA DEMOCRAZIA)

Questo tragico e grottesco accordo di Mirafiori e Pomigliano ci riporta subito al film Tempi Moderni di Charlie Chaplin, dove si vive - per la prima volta nella storia del lavoro - dentro una fabbrica con catena di montaggio e assemblaggio automatizzato.
Gli operai, Charlie Chaplin in testa, si muovono a ritmi stabiliti, gesti indicati dal programma in una strana danza che sembra festante, ma ha i tempi illogici di una storia di pazzi.

Subito mi viene in mente anche dell’esperimento condotto in un Paese dell’Oriente tecnologicamente avanzato dove, qualche anno fa, si è pensato di sostituire agli operai delle scimmie appositamente ammaestrate. Dopo un certo periodo di addestramento gestuale le scimmie vengono inserite nella produzione. I dirigenti applaudono entusiasti: gli scimpanzé funzionano che è una meraviglia. E non c’è stato neanche bisogno di far loro firmare un contratto.
E’ incredibile: non perdono un colpo, meglio dire, un automatismo. Anzi, atteggiano il volto a un sorriso straordinariamente divertito. Macchina, scimmia, ingranaggi, tempi e metodi rendono meglio che con l’uomo operaio.
Ma dopo sei giorni, se pur rispettando le pause di riassetto e l’orario di mensa, ecco che le scimmie meccanizzate cominciano a dare strani segnali sconnessi. Qualcuna ingoia qualche bullone. Altre saltano sulla catena spruzzando olio lubrificante sul muso dei caporeparto umani, quindi con una sincronia impressionante ognuna posa il proprio cranio sotto le presse che s’abbassano spietate, schiacciando le lavoratrici impazzite.

Non c’è niente da fare: all’impresa moderna sono adattabili e confacenti solo esseri umani appositamente selezionati. D’accordo, anche per i loro cervelli l’automatismo continuo produce un inevitabile marasma fisco. Si può ammorbidirlo e ritardarne quindi lo squak, allenando il cervello degli addetti a un completo distacco dall’azione fisica. Come insegna Graham, il perfezionatore di tempi e metodi nella catena di produzione, per riuscirci il soggetto operante deve distogliere ogni pensiero o ragionamento dalla vita emotiva, dall’inserto mnemonico dei sentimenti. Uscire completamente dal pensiero, dal clima delle emozioni e delle proiezioni intellettive, tipo: “Che sto facendo? Era questo il mio programma? Dove mi porta questo lavoro? Dentro che vita mi sto muovendo? E mio figlio, mia moglie, cosa sto dando loro di me? In che società sto campando, ne val la pena?” Ecco questo, ci avverte Graham, è il cancello del baratro: se lo spalanchi e ti lasci andare nel precipizio sei finito.

A ‘sto punto, torna in primo piano Charlie Chaplin, che come un automa viene risucchiato dentro gli ingranaggi della grande macchina. Anche lui pian piano si rende conto d’essere fatto di bulloni, cinghie di trasmissione, cerchi rotanti, stantuffi e trapani avvitanti.

Una voce meccanica ripete:
“Chi non firma i contratti collettivi non ha diritto a rappresentanti sindacali. Chi s’ammala, per i primi tre giorni non riceve stipendio. Marchionne vi dà la vita e ve la toglie. Vi offre una nuova organizzazione del lavoro, prendere o lasciare. Cancella l’espressione ‘sindacato’ e rappresentanza. Sei dentro l’ingranaggio come in una giostra alla quale solo chi accetta di non contare può allacciarsi la cintura. La velocità di rotazione è decisa dalla produzione e tu che non ci stai sei segnato.”

A chi t’attacchi? Alla legge? Al partito della sinistra, a Dalema, Fassino, Bersani?
No, inutile.
Il segretario è già uscito, non è in sede, arrangiati.

E speriamo che a sinistra ci siano ancora uomini e donne che si indignano come uomini e donne di sinistra.

 Scritto da Dario Fo


MATTEO RENZI (SINDACO DI FIRENZE) - PROSSIMA FERMATA: ARCORE

''Renzi e' un solista incapace di condividere la scena con altri e nel libro analizzo il suo modello comunicativo basato sulle nuove tecnologie". Questo ci dice di lui il 'giovane' giornalista del Corriere Fiorentino, David Allegranti, autore di un libro sul discusso sindaco di Firenze che ''piu' che una biografia, e' un ritratto non autorizzato''. A dire il vero di biografia l'ex-rottamatore ne ha scritta una di suo pugno, che sarà pubblicata prossimamente dalla Mondadori del suo 'compagno di merenda' a villa San Martino. "Ghe Renzi mi"? No, elettività arcoriana: panem et medias!

La politica pecca spesso di autoreferenzialità, i politici di narcisismo. La compulsiva ricerca di visibilità e l'ossessiva dipendenza dalla droga dell'irrinunciabile commento giornaliero sono tratti peculiari del politico narciso. Quando il narcisismo diventa patologico si manifestano sintomi più evidenti come l'opinionite parossistica. Tipo quando il giovin Renzi dice con quella tenera faccia da boy-scout, oggi stagionato, "Io sto con Marchionne". Già, sta con l’amministratore delegato della Fiat, quello che ricatta i propri operai e che, se si chiudesse Mirafiori, andrebbe a "festeggiare a Detroit". Il 'giovane' sindaco non si ferma certo qui. E' incontinente nel rilasciare dichiarazioni come un 'vecchio' prostatopatico lo è nella minzione. Dunque aggiunge "Non ho verità in tasca, ma più che con la Fiom sto con il governo Obama che scommette e investe sulla sfida di Marchionne. Reazionario anche Barack?". Che se ne vadano pure, l'importante è che ci restituiscano i sette miliardi e seicento mila euro che lo Stato italiano ha speso per la Fiat dal 1977 ai giorni nostri. Persino Lerner si interroga su "Quanto resterà ancora Renzi nel centrosinistra". Personalmente mi auguro il meno possibile. Su questo post si è aperta addirittura una polemica, perchè un imbecille ha scritto nei commenti 'Renzi come Conti', il sindaco di Firenze ucciso dalle BR. Sono seguite le scuse di Lerner, che ha invitato Renzi a L'Infedele. Ottimo scambio: ulteriore visibilità è la giusta medicina per chi è afflitto dall'ansia di apparizione mediatica. In verità tutto vorremmo meno che lo si renda un eroe civile per mano di un terrorismo che non esiste più.

Per quanto riguarda il leitmotiv dell'azione politica ovvero il ricambio delle classi dirigenti nei partiti, sembrerebbe essere volta al termine l'esperienza di Prossima Fermata Italia, avviata dal dream-tandem Renzi-Civati. Il sindaco fiorentino ha disertato la controdirezione dei rottamatori 'per amore di Firenze'. Più o meno lo stesso motivo per il quale ha incontrato segretamente il premier ad Arcore. Se poi per amore di Firenze intendiamo la sua partecipazione alla presentazione a Palazzo Vecchio dell'ultimo libro di Bruno Vespa ”Il cuore e la spada. Storia politica e romantica dell’Italia unita. 1861 – 2011” (edito da Mondadori, giusto per restare in tema), il quadro è decisamente più chiaro. Il problema è che i 'due rampolli' sono sostanzialmente due prime donne e la loro alleanza non avrebbe retto a lungo. Come scrive opportunamente Fabio Martini su La Stampa "Due mesi fa, alla Stazione Leopolda di Firenze, il sindaco Matteo Renzi e il brianzolo Pippo Civati in un tripudio di applausi diedero appuntamento ai loro seguaci, annunciando nuove sfide pur di mandare a casa i D'Alema, i Bersani, i «vecchi». Alla prova dei fatti sono bastati sessantatré giorni per sciogliere (si vedrà se definitivamente) il sodalizio tra i promotori". Non dimentichiamo che sono diversi anni che Civati ci smarona con il rinnovamento politico. Prima con 'i Mille', poi con la 'carovana del PD' ed infine con 'Prossima Fermata Italia', l'unica cosa che il consigliere lombardo è riuscito a cambiare in politica è il mezzo di trasporto: in principio a piedi, dopo in groppa ad un cammello e in ultimo su di un bus.

In ultima analisi se essere giovani vuol dire assomigliare a Renzi, preferisco essere colto all'istante da andropausa precoce. Egli, come Narciso, s'è innamorato della propria immagine riflessa nello stagno melmoso della politica nostrana con i deflagranti effetti a tutti noti. E' bastata una spruzzata di neve a Firenze, per dimostrare la sua inettitudine politica ed amministrativa. Aveva proprio ragione Picasso "ci si mette tempo a diventare giovani"...

Di Alessio Quinto Bernardi.


Il mio Mistero Buffo? È sempre attuale

MILANO. Mistero buffo. Come fanno Dario Fo e Franca Rame a ottanta anni suonati ad avere la forza di riportare in scena lo spettacolo che ha cambiato la loro e la nostra storia? Lo fanno. Alla grande. Il 4 gennaio, sera del debutto al Teatro Nuovo in piazza San Babila a Milano, c'erano file interminabili di persone che volevano entrare in sala. Un successo che va in replica ogni giorno fino al 16 gennaio.

Il segreto paradossalmente sta nella freschezza e nell'attualità di Mistero buffo. Lo spettacolo nel '68 ha rivoluzionato il teatro rompendo l'argine tra scena colta e linguaggio popolare, i confini di spazio e tempo, e la distanza tra attore e pubblico. Avveniristico e profondamente radicato nella tradizione delle giullarate medioevali. Forse proprio per questo anche più di 40 anni dopo ha il dono di potere essere ripetuto ogni volta diverso. Tutto dipende dal giullare.

Dario, ma dove la trovi questa energia?

Bisogna essere come atleti, non bisogna sprecare energie inutili. Io e Franca facciamo tre pezzi ciascuno ogni sera, pezzi importanti e impegnativi, molto intensi. Specialmente con Mistero buffo in cui l'attore deve diventare pubblico e il pubblico deve prendere la scena. Per farlo bisogna prepararsi bene, essere reattivi e stare attenti al ritmo. Per noi è come un esame continuo.

Quando lo avevi portato in scena l'ultima volta?

L'ho sempre fatto a pezzi negli ultimi trent'anni. Nel frattempo i pezzi sono passati da sei a 50, ci siamo imbattuti e abbiamo ricercato nel teatro greco e romano, nei fablieux francesi, tedeschi, nel teatro popolare di Spagna e Portogallo, fino a quello cinese. Franca ha fatto un catalogo di tutto il nostro materiale, tra cui più di 70 commedie che non c'entrano con Mistero Buffo, saggi, monologhi. Pare che abbiamo in archivio un milione di testi. Non so neanche dove abbiamo trovato il tempo di continuare ad arricchire Mistero buffo. Era da molti anni che non lo proponevo più come un spettacolo unitario.

Perché farlo proprio adesso?

Hanno cominciato a chiedermelo nelle università in mobilitazione. Ho risentito il clima del '68, negli studenti, ma anche negli operai che nel lavoro si giocano la vita. Per questo a me e Franca è venuta la voglia e l'esigenza di riportare in scena Mistero buffo. Ci siamo subito chiesti, ma ce la faremo ancora? Adesso posso dire che ce la siamo fatta.

Sì, però non siamo nel '68.

Beh, anche i pezzi storici funzionano benissimo. Appaiono come nuovi ai giovani che non li hanno mai sentiti. Sembrano scritti oggi. Certo allora studenti e operai prendevano coscienza di essere sfruttati e avevano la speranza di cambiare le cose. Questa generazione invece è più disperata, rottamata ancora prima di cominciare, sfiduciata di tutto, della chiesa, della politica di destra e di sinistra. E come si può non esserlo. In molte cose il potere è passato dal grottesco alla farsa, un'involuzione che richiede una reinvenzione continua anche in teatro, perché non si può fermarsi alla farsa.

Disperazione vuole dire anche mancanza di speranza e persino di desiderio. Come è possibile che la libertà sessantottina si sia ridotta a Berlusconi&co, come invertire la rotta?

Deve succedere qualcosa di straordinario. La rabbia è un buon segno ma da sola non basta. Anche la voglia di venire in teatro che stiamo registrando in questi giorni è positiva. Le persone sembrano proprio avere bisogno del teatro come una forma di terapia. Perché la rabbia senza una ragione non è produttiva. Bisogna invece prendere coscienza, magari con una risata. A questo servono la cultura e anche i giornali. Per il potere sono pericolosi e per questo sono colpiti. I primi ad andarci di mezzo sono proprio i giovani che restano confinati eternamente dietro le quinte. Nel teatro vedo tanti giovani di talento, ma vengono succhiati e buttati via.

Un piccolo fatto straordinario potrebbe succedere proprio a Milano: a primavera si vota, come la vedi?

La sinistra qui da anni fa schifo. Non parlo dei cittadini, parlo dei dirigenti di partito, quelli che vengono da Roma, ma anche i giovani dirigenti di qui che come larve vivono nel loro posticino di potere. L'ho visto bene le scorse elezioni, quando mi sono candidato alle primarie.

Adesso abbiamo toccato il fondo, si può sperare di risalire?

Speriamo. Pisapia è una persona civilissima, intelligente, l'ho sostenuto e lo sostengo.

Il successo di «Mistero Buffo» è di buon auspicio. Io sono felice. Contento di averlo rifatto e di avere un successo che sembrava impossibile, lo auguro a tutti.

Ma poi non ti fermerai mica, vero?

Macché. Ho prodotto più testi in questi ultimi anni che in tutta la mia vita.

Giorgio Salvetti - il Manifesto, domenica 09 Gennaio 2011


Dario e Franca: CHE MALE TI FO?

“Il grottesco avanza, basti pensare al ministro Gelmini che si dice soddisfatta della nuova legge per cultura e scuola perché seppellisce il 68”. Ma per Dario Fo si tratta di “una imbecillità incredibile, come se fosse facile eliminare uno dei fatti più grandi della cultura europea: il movimento studentesco, la presa di coscienza delle donne e quindi degli uomini, la dignità del lavoro, i diritti umani, il divorzio, l’aborto. Il ’68 è stato una rivoluzione fondamentale, il centro focale dell’Europa”. 84 anni, Nobel per la letteratura nel ’97, Fo scalpita da ragazzino e s’indigna da saggio, soprattutto, freme per ritornare in scena con Franca Rame e il suo cavallo di battaglia: Mistero buffo è sul palco del Teatro Nuovo di San Babila a Milano, fino al 16 gennaio (biglietti 22 ).
41 anni dopo, dunque, Mistero buffo torna a teatro.
L’abbiamo deciso con Franca, le uniche volte che ci capitava di riportarlo in scena era durante le manifestazioni in fabbriche occupate o in via di smantellamento, per tirare su un po’ di fondi a favore degli operai oppure durante le lotte degli studenti in Sicilia, Calabria, Puglia, Roma, Milano, dove ora stiamo facendo qualcosa al Politecnico. Ci siamo chiesti, non è il caso di provare dopo 41 anni a rimetterlo in piedi? In molti l’hanno dimenticato, altri non l’hanno mai visto se non in homevideo.
Come è nato e cresciuto?
E’ nato a cavallo fra anni ’60 e ’70, la prima esibizione è stata nel ‘68 a Porta Romana. C’era tensione, momenti di grande entusiasmo e clima di lotta, anche molto dura. Per la prima volta accanto al mondo operaio entravano in campo gli studenti, consci di essere pure loro degli sfruttati. Si è sviluppato progressivamente, abbiamo incominciato a prendere dal teatro satirico e grottesco, con andamenti erotici. In breve, scurrilità civile, e poi spettacoli legati a storie non solo italiane.
Tantissimo materiale, ogni sera sarà uno spettacolo diverso?
Ogni sera ci sarà qualcosa di nuovo, perché ci diverte la reazione del pubblico. Io e Franca abbiamo superato gli 80: se gli spettatori hanno la nostra stessa età, la memoria frana, come possono ricordare tutto? Viceversa, i giovani lo conoscono tramite cassette e dvd: puoi trovare 15enni che lo recitano a memoria.
Ma qualcosa è cambiato.
Vecchi pezzi hanno acquisito un’attualità impressionante, viceversa, momenti tragici della storia di 50 anni fa, già ricordati per la loro efferatezza, oggi sono diventati grotteschi, sarcastici. Comicità e tragedia stanno l’una dentro l’altra: non a caso, Aristofane prendeva spunti tragici per la commedia. Cose che facevano scalpore 40 anni fa oggi passano inosservate: Berlusconi e le leggi inventate, le ruberie e le frodi, ministri costretti a lasciare lo scranno perché impelagati in truffalderie infinite. Ai tempi della Dc, sarebbe stato uno scandalo enorme, disgustoso, per non parlare di Mani Pulite, quando saltò il tappo e insieme il governo. Al contrario, oggi tutto si ripete ma non succede niente: la colpa è dei giudici aggressivi, che perseguitano e non lasciano lavorare in pace Berlusconi.
Reazioni?
Il grande pubblico dice: “Ma, sì, lasciamolo fare. E’ normale che si debba distrarre; imperatori e non, rubano tutti, l’importante è che sia disponibile con noi”. Poveri illusi, Berlusconi e gli altri sono spiritosi, ma non ti lasciano vivere, ti annegano, come dimostrano i contratti Fiat, veri e propri atti di sciacallaggio industriale.
Qual è il problema?
La cultura della disinformazione, l’addormentamento della coscienza, far credere che il mondo sia fatto di lotteria e colpi gobbi, con la speranza che un giorno tocchi a te e ti cambi la vita. Il sogno è un uomo ricco e felice, capace di lavorarsi bene le leggi e avere i santi in Paradiso: la corruzione e l’accettazione della corruzione sono una follia culturale.
E la sinistra?
La sinistra è drogata, imbesuita dalla situazione politica: troppi si sono assuefatti a conciliare, addomesticare e medicare, sperando di avere aggiustamenti per tutti. Si lavano le mani, fanno come Pilato, non si prendono responsabilità, stanno a vedere, con una parola d’ordine: “io non c’entro”.
La speranza sono gli studenti?
Sono un fatto collettivo, la loro cocciutaggine è giusta, da applausi.
Oltre a loro, il vuoto?
No, ci sono uomini su cui puntare. Vendola è una persona di tutto rispetto, con un seguito importante. E Di Pietro sballa, scentra, sceglie con superficialità i suoi aiuti e collaboratori, che poi si scopre essere degli infami, dei baluba che corrompono e si fanno corrompere. Ma anche lui ha delle cose positive, non è da buttare. Ma il problema non è individuare un uomo, ma una forma ideale di società.
Mistero buffo allude ai nuovi potenti?
Senza alcuno sforzo, perché quando in scena è la storia di un potente che compie gesta tracotanti subito la gente lo becca, indovina che quello è uguale e preciso a… C’è una tale effervescenza in giro che per intendere bastano solo poche indicazioni. D’altronde, i giullari per evitare la censura si rifacevano a persone ed eventi antichi: i nostri testi funzionavano a meraviglia 40 anni fa e così oggi. L’infamia, l’ipocrisia, il trucco e la truffalderia del potere sono gli stessi, non c’è sforzo di attualizzazione.
Non è che rimpiange il passato, la Dc?
Per carità, non rimpiango né Andreotti né Fanfani: abbiamo lottato contro la censura, subivamo violenza, i teatri venivano bruciati, quando parlavo di mafia venivo insultato e mi facevano capire che sarebbe andata male anche fisicamente. Non è cambiato nulla, salvo che oggi il potere è più spudorato.
Anche nell’America di Obama?
Obama sta portando avanti un lavoro duro e difficile, perché l’opposizione è spietata e usa tutti i mezzi. Bush l’ha messo in trappola, lasciandogli un’orrenda macchina da sfasciare: l’aggressione criminale condotta nel Medio Oriente. Ma Obama riesce ancora a farcela, speriamo non vada di nuovo al potere la destra, che ha la colpa di tutto, a partire dalla crisi economica.
Potenti per potenti, di papi ne ha passati in rassegna tanti, da Paolo VI a Wojtyla.
Oggi tocca a Ratzinger. Con piccole indicazioni, squarcerò il velo sullo Ior, perché le parole di Ratzinger (le norme antiriciclaggio europee imposte alla banca della Santa Sede, ndr) non fanno altro che levare di mezzo un ulteriore scandalo, perché nella Chiesa ormai ce n’è uno a settimana, compresi quelli sessuali. Si cerca di tamponare, ma sui fianchi ci sono ferite terribili.
Teatro a parte, che cosa si augura per il 2011?
Mi aspetto una presa di coscienza della nazione intera: spero che i soliti felici e contenti, con il cervello imbottito di ipocrisie e imbecillità, si sveglino e partecipino alla vita civile. Hanno la testa dentro la sabbia, è ora che la tirino fuori.
Federico Pontiggia - Il Fatto Quotidiano,05 gennaio 2011 - http://diksa53.blogspot.com/2011/01/dario-fo-il-ritorno-di-mistero-buffo...


«Io, Dario Fo e l'eterno '68 del Mistero Buffo»

Ma tu, che di mestiere fai il tecnico di computer nelle valli di alta montagna e non hai ancora quarant'anni sai chi è Dario Fo? Che domande, sì che lo so. E Mistero Buffo, sai cos'è? Madonna, ci sono cresciuto dentro, così volevano i miei genitori.

Ecco cos'è Mistero Buffo in questo inizio di 2011: è una di quelle «cose» che ciascuno di noi si porta dentro, un teatro, un mucchio di parole, un corpo, una parabola in crescita, un ambiente mentale, una lunghissima poesia senza «a capo», un Vangelo interpretato da una intelligenza senza potere, una immensa nuvola di tenerezza forte come un maglio, parola di chi non ha parola, discreto canto senza regole, esperienza morale, riso gentile, il bagliore di vittoria riflesso da una barricata di liberazione che sogna convinzione e non vittoria. Quando apparve al sole del lontano e tumultuoso 1969, Mistero Buffo sembrò a molti un segnale, l'avviso di una utopia realizzata: forse era nato o stava nascendo l'Uomo Nuovo, quello che avrebbe costruito il Mondo nuovo, sostituendo la critica alle armi, la comprensione allo schiaffo, l'uguaglianza alla legge del più forte.

Gramsci aveva detto: abbiamo bisogno di tutta la nostra intelligenza e Fo – con Franca, sempre – aveva detto: io ci provo, vado avanti e poi si vede.

Mise a punto uno sguardo sulla storia e sul contemporaneo che partiva dai Vangeli, apocrifi, irregolari e inventò una giostra di «crisi» meravigliosa, orgogliosamente «pop», popolare, mossa da un ritmo, da una frequenza che aveva a che fare con la musica dei corpi mentre sussurrava urlando: la vita è roba nostra, non del potere. Messo in scena da altri giullari, ora,42 anni dopo la prima «apparizione » Mistero Buffo torna nelle mani e nelle ossa di Dario e Franca, e plana in un altro mondo. Domani a Milano, al teatro Lirico. Un'altra Milano, un'altra Italia ma il Mistero è sempre più buffo.

Sei un po' matto. Quella è roba che scotta, anche e soprattutto per chi se la porta sulle spalle: Mistero Buffo è una fatica fisica anche per un giullare nato come te... chi te lo fa fare?

«Sì, sì. Ci provo ancora, nonostante tutto tira un'aria che sembra annunciare primavera, quei ragazzi delmovimento, quelli che sono scesi in piazza in queste settimane: lo sento che non si fermeranno, sento che non è finita con Marchionne, sento che la Fiom, la Cgil non sono acqua passata, a loro è appesa in gran parte la dignità dell'umanità di oggi e di domani, sono loro imuratori, e anche noi, giullari...».

Benedetto “fiol de Deo”, non saranno invecchiati le tue Madonne, i tuoi Gesù belli, cari fantasiosi che danno vita alla creta, i tuoi Bonifaci ottavi, i tuoi papi mercanti di indulgenze, non sarà invecchiata la tua tigre accogliente e dispotica?

« Chiudi gli occhi e pensa: chi ti ricorda Bonifacio Ottavo? Un altro papa, ovvio, ti lascio il nome nell' ipofisi. Chi ti ricorda la Madonna se non la madre, la grande madre, dolce come una donna, forte e intelligente come una donna? E la tigre cosa ti insegna oggi, forse qualcosa di diverso da quel che insegnava ieri?»

Riso e dolcezza, riso e dolcezza, Dario: hanno consegnato il Nobel nelle mani di un rivoluzionario davvero pericoloso, il più pericoloso perché predichi, ad una età in cui non puoi finire in galera, che la rivolta senza amore semplicemente non è...

«Entusiasmo, figliolo. Torno a quei ragazzi del Movimento: loro hanno capito da soli la lezione e nessuno gliel'ha insegnata, grande generazione, tutto intorno a loro sostiene altro e cioè che se non prevarichi e non metti sotto i piedi gli altri non sarai nessuno, questa è vita fratello... ».

Adesso basta – si fa per dire -: sei un fottuto sessantottino con la testa tra le nuvole e il corpo in purgatorio...

«Ecco, bravo che me lo ricordi: la signora Gelmini ha detto che il Sessantotto è finito e sepolto..

Ha ragione, in molti hanno provveduto a seppellirlo e lei ha fatto la sua parte con la riforma universitaria, dopo Marchionne, dopo Berlusconi e le sue tv....

«Nessuno seppellisce il Sessantotto perché, bada, è immortale. Può darsi che la signora in questione abbia ragione mentre fa il conto della spesa. Ma quello sa fare, per il resto non sa nulla, non sa nemmeno che senza Sessantotto lei, una donna, col cavolo che starebbe al governo: femminismo e uguaglianza tra i sessi è roba che nasce lì. Si tornerà lì, in questo calderone di crisi e di parole oggi apparentemente senza senso quando l'idiozia del potere sarà costretta a fare un passo indietro. E col Purgatorio ci andrei cauto: se lo sono inventato in Vaticano qualche secolo fa perché gli serviva a far soldi e a mietere potere...».

A proposito del Vaticano: com'è che si sono seccati alla prima uscita di Mistero Buffo? Mi sembra un lavoro non lontano dal clima di un morbido presepe...

«Ricordando, il Vaticano si lamentò con lo Stato italiano per aver permesso che si recitasse in pubblico una cosa simile. Poi, è vero che Mistero Buffo rivendica al popolo la titolarità del sentimento religioso, della religiosità più profonda che ha a che fare con il senso della vita e della morte. Così Dio non è lontano da Bacco, Gesù è molto vicino a Dioniso. Nella cultura popolare, queste distanze sono cancellate: per esempio, nel “Risus Pascalis” , abolita nell'Ottocento, la gente si dava da fare per scatenare la gioia per la resurrezione, per la vittoria contro la morte, era una festa allegrissima e vitalissima...».

Dal punto di vista della tecnica teatrale, da Oltretevere hanno sempre posto l'accento sulla compostezza ortodossa e misterica con cui Jacopone da Todi aveva tessuto le laudi, tanto per dire che tu eri fuori...

«Meglio fuori che male accompagnati. Però, con Jacopone hanno confezionato uno dei loro falsi meglio riusciti: bisogna leggerlo davvero per capire quanto fosse sanguigna e accesa la sua critica all'ordine delle cose che allora regnava. Te lo recito?»

Diamolo per fatto. Se non sbaglio, hai continuato per anni ad arricchire il panorama del Mistero...

«Vero, e così per metterlo in scena tutto ho calcolato che servirebbero dieci giorni e dieci notti. Stavolta torno in scena con una parte che mette assieme pezzi vecchi e fondamentali con pezzi nuovi, ma poi cambiamo in corso d'opera. E l'opera è il corpo, siamo noi, i nostri corpi, il più grande mistero buffo».

Toni Jop – dall’Unità, 03 gennaio 2011


«Torniamo alle origini coi testi ritrovati»

Un «Mistero buffo» integrale per Fo e Rame, a 41 anni dalla «prima» in un'aula della Statale occupata Il Mistero primo, glorioso e scandaloso, risale ormai a 40 anni fa.

«Quarantuno per la precisione», puntualizza Dario Fo, autore e interprete di quel capolavoro del nostro teatro, inscalfibile dal tempo, destinato a rinascere in mille vite, venir reinterpretato e applaudito in tutto il mondo. «La "prima" assoluta avvenne nel 1969, in un'aula dell'Università Statale - ricorda il gran giullare premio Nobel -. Ero a un'assemblea degli studenti, tutti seduti per terra a discutere ore e ore. Finché, forse non potendone più, mi invitarono: dai Dario, adesso tocca a te, facci qualcosa... E io, che avevo appena studiato alcuni testi tratti dalla letteratura popolare medievale e dai Vangeli gnostici, per un'ora e mezzo andai a ruota libera, mescolando con il mio grammelot, sacro e profano, cronaca e storia, satira e poesia».«Mistero Buffo» nacque così: in un'università occupata, tra giovani decisi a cambiare lo stato delle cose. Uno sfondo non troppo diverso da quello di oggi. «Direi praticamente uguale. Quello che sta accadendo nei vari atenei d'Italia mi fa fare un salto a rovescio nel tempo, mi dà speranza di un nuovo movimento. Forse più rigoroso e consapevole di allora», augura Fo. Per tutti loro, per i ragazzi di 40 anni fa e per quelli di oggi, che magari quel leggendario spettacolo non hanno mai visto, Dario torna a proporlo, con Franca Rame, da domani al 16 gennaio al Teatro Nuovo in quella prima, originaria, versione. Che comprendeva già brani leggendari come «Bonifacio VIII», «Le nozze di Cana», «La resurrezione di Lazzaro», ma anche tante altre magnifiche storie, via via accantonate, integrate, sostituite... Una geniale struttura, aperta a infinite aggiunte e variazioni. «Ormai il "corpus" del Mistero conta una cinquantina di testi... Mettendo a posto il nostro archivio, Franca e io ci siamo resi conto di quanti di questi siano stati "dimenticati", mai più recitati, magari da 30 anni...» Per esempio? «Per esempio "Il cieco e lo storpio", un testo di commovente drammaticità. Per esempio l'esilarante "L'angelo e l'ubriaco"...». Sia nel primo, sia nel secondo, Fo interpreterà entrambi i ruoli. Una prova di bravura doppia emulata da Franca in un altro raro brano, «Lenona e la giovane prostituta». «Il bello è che ogni sera cambieremo il repertorio e, naturalmente, anche i nostri commenti di cronaca. Con quello che sta succedendo, il difficile sarà solo starci dietro», ride Dario, già pregustando tremendi sberleffi a papi, imperatori e vassalli. A proposito di papi, come si è trasformato nel tempo Bonifacio VIII, personaggio cardine del monologo forse più celebre del Mistero? «Direi che è diventato più complesso e divertente ancora. Bonifax ormai è la summa di tutti i papi che ha attraversato: da Paolo VI fino a Benedetto XVI. Certo, l'apporto migliore forse gliel'ha dato Wojtyla. Pontefice atletico, sportivo, che sciava e andava in bicicletta. Pedalando l'ho fatto volare fino in cielo... Ma anche papa Ratzinger non scherza. Virare il grammelot nel suo tedesco curiale è uno spasso». Scherzando con i santi e visto che siamo ancora in clima festivo, Fo annuncia il regalo più bello di questo Natale. «Un gruppo di scienziati dell'osservatorio astronomico Montanari di Cavezzo, vicino a Modena, ha scoperto due nuovi asteroidi. E li hanno battezzati con i nostri nomi, Dario Fo e Franca Rame. Così adesso, quando guardo il cielo, so che lassù, da qualche parte, ci siamo anche noi».

Giuseppina Manin – dal Corriere della Sera, 03 gennaio 2011


Lo strano partito che aiuta il Cavaliere a restare in sella

di Curzio Maltese Quando difendevo ancora Antonio Di Pietro, Franca Rame, appena eletta in Parlamento con l'Idv, obiettava: «Sarà, ma questo è uno dei peggiori gruppi maschili che abbia mai frequentato in vita mia». Franca si dimise quando il gruppo dipietrista fece mancare la maggioranza al governo Prodi sullo scioglimento della società Ponte sullo Stretto e sulla commissione parlamentare per i fatti del G8 di Genova. Due voti a sorpresa che si spiegano soltanto con interessi inconfessabili.

A rivendicare con fierezza il tradimento alla maggioranza fu all'epoca l'onorevole dipietrista Aurelio Misiti, già passato dal Pci al centrodestra e poi ripassato all'Idv, entusiasta sostenitore del ponte Impregilo. Di Pietro stesso invece ammise il grave errore, in un'intervista a Marco Travaglio. Un'autocritica addolorata, quanto falsa.

 

Alle elezioni successive, nel 2008, Di Pietro infatti confermò in lista Misiti, il quale con animo grato si è già dimesso dall'Ido per passare con gli autonomisti di Lombardo. Sembrava l'ultimo di una lunga lista. Invece sono arrivati Scilipoti e Razzi.

 

Ricapitoliamo. Il campione dell'antiberlusconismo militante, Antonio Di Pietro, ha ottenuto nella decennale battaglia contro il duce di Amore i seguenti risultati concreti: 1) Ha fatto vincere Berlusconi nel 2001, rifiutando di portare il suo 4 per cento nel centrosinistra, sconfitto alla fine per uno scarto dell'1,5. Tutto per eleggere un senatore, Valerio Carrara, approdato al volo in Forza Italia; 2) Ha contribuito alla caduta del governo Prodi e al ritorno di Berlusconi nel 2008, facendo mancare più volte la maggioranza e portando in Parlamento galantuomini del calibro di Sergio Di Gregorio; 3) Ha scongiurato la fine di Berlusconi lo scorso 14 dicembre, grazie ai voti decisivi di due mediocri e chiacchierati personaggi, Scilipoti e Razzi, che Di Pietro aveva voluto a tutti i costi in lista, contro il parere di molti compagni di partito.

 

C'è una questione morale nell'Idv? Vedete voi. Di sicuro, esiste una questione politica. A che cosa serve un partito antiberlusconiano che nei passaggi decisivi, in un modo o nell'altro, ha sempre aiutato lo «stupratore della democrazia» a rimanere in sella? Il vice di Di Pietro, Donadi, minimizza: «Non mettiamoci a fare il conto dei traditori, anche il Pd ne ha avuti due». Sì, ma su duecento deputati. L'Idv ne ha una ventina. Se il dieci per cento dei deputati del Pd avesse votato la fiducia a Berlusconi, Donadi sarebbe stato altrettanto sportivo?


Con la Fiom, per i diritti dei lavoratori

Il diktat di Marchionne, che Cisl e Uil hanno firmato, contiene una clausola inaudita, che nemmeno negli anni dei reparti-confino di Valletta era stata mai immaginata: la cancellazione dei sindacati che non firmano l’accordo, l’impossibilità che abbiano una rappresentanza aziendale, la loro abrogazione di fatto. Questo incredibile annientamento di un diritto costituzionale inalienabile non sta provocando l’insurrezione morale che dovrebbe essere ovvia tra tutti i cittadini che si dicono democratici. Eppure si tratta dell’equivalente funzionale, seppure in forma post-moderna e soft (soft?), dello squadrismo contro le sedi sindacali, con cui il fascismo distrusse il diritto dei lavoratori a organizzarsi liberamente.

 

Per questo ci sembra che la richiesta di sciopero generale, avanzata dalla Fiom, sia sacrosanta e vada appoggiata in ogni modo. L’inaudito attacco della Fiat ai diritti dei lavoratori è un attacco ai diritti di tutti i cittadini, poiché mette a repentaglio il valore fondamentale delle libertà democratiche. Ecco perché riteniamo urgente che la società civile manifesti la sua più concreta e attiva solidarietà alla Fiom e ai lavoratori metalmeccanici: ne va delle libertà di tutti".

 

Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Margherita Hack

 

Primi firmatari: don Andrea Gallo, Antonio Tabucchi, Dario Fo, Gino Strada, Franca Rame, Luciano Gallino, Giorgio Parisi, Fiorella Mannoia, Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Lorenza Carlassarre, Sergio Staino, Gianni Vattimo, Furio Colombo, Marco Revelli, Piergiorgio Odifreddi, Massimo Carlotto, Valerio Magrelli, Enzo Mazzi, Valeria Parrella, Sandrone Dazieri, Angelo d'Orsi, Lidia Ravera, Domenico Gallo, Marcello Cini, Alberto Asor Rosa, don Paolo Farinella.

 

FIRMATE ANCHE VOI L'APPELLO