Il matrimonio con Dario

L'impatto con la vita marito-casa-famiglia non è stato un gioco. Mi cimentavo con la cucina, ma non avendo mai avuto niente del genere come mia diretta e totale responsabilità, avevo qualche problema. Primo tra tutti, le dosi. Preparavo quantità di cibo che sarebbe potuto bastare per una caserma.

Ricordo una sera a cena Eugenio Tacchini, amico d'infanzia di Dario, avevo cucinato un bellissimo minestrone come tante volte avevo realizzato aiutando la mia mamma. Lui era entusiasta, ne mangiò almeno cinque fondine. Giuro, non esagero. Lo guardavo ingoiare un cucchiaio dopo l’altro a grande velocità... con una certa preoccupazione. "Basta, Eugenio, starai male!” “No, no. E' buonissimo, poi oggi non ho fatto in tempo a mangiare...!” Poi però al cinema Orfeo, dove mi aveva accompagnato a vedere "Roma città aperta" - Dario stava recitando al Piccolo Teatro - durante la scena delle torture naziste è svenuto. “Accendete la luce – grido - c'è un ragazzo che sta male”. Arriva la polizia, lo portano fuori, nella hall lui si riprende... Si guarda intorno, vede i poliziotti, e ancora sotto lo shock del film, grida: “Non sono stato io! Sono innocente!” Volevo morire. Poi s'è alzato, è corso in bagno e ha vomitato tutto il mio minestrone.

Una pietanza che mi veniva benissimo era “gli ossibuchi” l’unica carne che io mangi. La prima volta che li ho cucinati, stando a filo telefonico diretto con mia madre, Dario non finiva più di dirmi “che buoni-che buoni”. Poi, un giorno ha invitato i suoi amici di Brera, Emilio Tadini, Alik Cavaliere, Luigi Parzini e altri. Ero un po’ preoccupata. Un pranzo preparato tutto da me sola non l'avevo ancora gestito. Che preparo? Qual è il mio piatto forte? La frittata, le chiacchiere... e le uova sode... mmmmmm. Non ci siamo. "Farò gli ossibuchi col risotto giallo... sarà una cannonata! – mi sono detta ottimista." Ho iniziato a cucinare che erano le 9. “Pronto mamma... ho fritto olio, cipolla, aglio... e adesso che faccio?” E via... finalmente pronti!

Preparo la tavola con una bellissima tovaglia ricamata dalla mia mamma, servizio di piatti in porcellana avana pallida, listati con una riga d’oro e una blu... calici di cristallo di Murano, vino d’annata... posate d’argento, tutti regali di nozze. Innanzi ad ogni coperto un rametto di glicini raccolto nel giardinetto della mamma Fo: tutto meraviglioso da ammirare. “Farò la mia bella figura” pensavo. L’ho fatta. Facevo andare il sedere dalla gioia... Dario la coda. Tutti a farmi complimenti... che sposina deliziosa ti sei preso, Dario... sei veramente fortunato! “Basta o scoppio a piangere!” Sono una emotiva cosmica. Si mangiavano i miei ossibuchi e commentavano la loro bontà, la morbidezza... “si taglian con la forchetta... oh che buon sughetto... che meraviglia di verdure...” Mentre si lavavano i piatti in comitiva cantavamo a squarciagola in ringraziamento a mia madre che mi aveva insegnato la ricetta: “mamma, solo per te la mia canzone vola...” (che porta una sfiga tremenda, si dice, ma noi non lo sapevamo, allora...)

Visto il successo ottenuto con il mio pranzo, ho continuato per almeno tre settimane a cuocere ossibuchi. E il mio Dario sempre a dire - ma che buoni. Al ventesimo giorno: “Che mi ha cucinato il mio tesorino oggi?” “Ossibuchi amore!... Perché ti sei ammutolito?!” “Bastaaaaaaaa! Oggi si va a pranzo dalle sorelle Pirovini a Brera... Oggi inizia la rivolta contro gli ossibuchi. Da domani polenta!” Un abbraccio e un bacio sul naso.

Ora, li mangiamo non più di cinque volte l'anno. Al "ma che buoni-che buoni di Dario s'è aggiunto Jacopo. Lo dicono insieme e poi scoppiano a ridere. Se vi fosse venuta voglia di ossibuchi con il risotto giallo alla milanese, ecco la ricetta....

Ossibuchi (per sei persone)

In una padella soffriggere sedano, carote, patate, cipolle, aglio non tritati, tagliati a tocchi, fino a dorarle, una spruzzata di vino bianco, lasciar cuocere bene, due colpetti di bastone magico, per renderlo cremoso, ma senza passarlo. Tagliare la membrana che circonda l’ossobuco in due o tre punti di modo che non si arriccino cuocendo. In un altro tegame: versare olio, prendere sei ossibuchi impanare nella farina bianca, lasciare dorare con un bello spruzzo di vino bianco, far asciugare, lasciare cuocere lentamente aggiungendo via via brodo o acqua bollenti. Farli cuocere a lungo. Aggiungere scorza di limone, grattugiata o a scaglie, in abbondanza. Dopo almeno un’ora e mezza posare gli ossibuchi nelle verdure. Lasciar cuocere per un’altra mezzora. Devono essere talmente ben cotti da diventare morbidi tanto che si possano tagliare con la forchetta.

Servire con risotto giallo.

Risotto giallo (6 persone)

Soffriggere in olio la scigula (cipolla). Una volta imbiondita, aggiungere tredici pugni di riso (due a testa e uno per la pentola). Far tostare il riso almeno per cinque minuti. Coprire con vino, lasciarlo asciugare lentamente. Aggiungere tredici mestoli di acqua bollente (e sale), o brodo di carne, con due bustine di zafferano, dopodiché si copre con il coperchio della pentola a pressione. Da quando fischia, contare sei minuti, far uscire il vapore, aprire e aggiungere latte, parmigiano abbondante e poi ci si mette una noce di burro.

E BUON APPETITO!

franca rame

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LA BRAMBILLA SI INVENTA I SERVIZI DEL PDL: PAGHEREMO NOI CONTRIBUENTI.

Un’azienda di imballaggi a Fidenza, provincia di Parma. Una cooperativa di giardinaggio a Messina, e poi una merceria e una agenzia di viaggi. Sono, elenco telefonico alla mano, alcune delle sedi di “Pdl – al servizio degli italiani”, l’ultima arma politica inventata e sbandierata dal ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla.

Dopo i circoli e i promotori della libertà, sabato scorso di fronte alla platea dell’Eur il “cane da polpaccio” del premier, come lui la definì, ha presentato le prime mille sedi. Una via di mezzo tra Caf e patronati, una serie di sportelli destinati, nelle parole del ministro, a “gestire gratuitamente i servizi sociali a favore dei cittadini, al posto di una burocrazia costosa e ritardataria”. Servizi che coprono praticamente qualsiasi cosa, quasi una società parallela dentro la società intera. “Intendiamo rafforzare ancora di più il legame che ci unisce ai cittadini e alle famiglie. Sulla strada del radicamento del Popolo della Libertà nell’intero territorio nazionale”.

Nella povertà del dopoguerra napoletano Achille Lauro divenne sindaco donando la scarpa sinistra prima delle elezioni e promettendo la destra a conti fatti. Cinquant’anni dopo la campagna del presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo è passata anche attraverso i patronati del lavoro di Catania che esponevano i simboli del futuro governatore (e perché no – come documentò Exit – consegnavano le buste della spesa ai bisognosi). Nell’epoca delle iniziative movimentiste targate Pdl, il ministro del Turismo ha cercato di unire il populismo del primo e la sostanza del secondo.

Il sistema è semplice: i cittadini si affidano, ottengono un servizio gratuito, votano. Per l’occasione il ministro ha usato toni altisonanti: “Pdl – al servizio degli italiani rappresenta nei fatti una vera e propria rivoluzione liberale. È l’attuazione concreta del principio di sussidiarietà previsto dalla Costituzione”.

 

Ma le cose non stanno esattamente così. Innanzitutto le sedi: Brambilla ne aveva promesse mille il primo marzo, più o meno quante ne hanno Cgil e Cisl, per intendersi. Alla fine ne ha presentata persino qualcuna in più. Secondo il sito dell’iniziativa, un successo dovuto alla grande mole di partecipazione popolare: una rete di professionisti animata dalla volontà di fare del bene alla collettività. Ma non c’è solo quello: tra le sedi dei servizi risultano, infatti, anche società che con l’erogazione dei servizi non hanno niente a che fare: oltre alla merceria e alla cooperativa di giardinaggio, ad esempio, anche un grossista di abbigliamento in provincia di Perugia e una ditta di poste private.

 

In realtà, poi, molte delle sedi esistevano e operavano prima dell’avvento dell’iniziativa: fanno riferimento ad un’altra rete, i Centri di assistenza fiscale della ConfLavoratori, Caf con sede a Palmi (Rc) gestita da Giuseppe Carbone, segretario nazionale di ConfLavoratori, sindacato in vero assai misconosciuto. Basta incrociare le sedi dell’una e dell’altro per vedere che la sovrapposizione è pressoché completa.

Diversamente del resto non potrebbe essere, visto che Carbone è consigliere d’amministrazione di “Al servizio degli italiani Srl – in breve Asdi”. Dal canto suo Brambilla non compare in nessuna dicitura legale dell’Asdi Srl. È, invece, solo presidente della associazione che vi fa capo, senza alcun mandato esecutivo. In compenso, assieme a Carbone in cda siedono la cugina acquisita del ministro, Renata Pizzamiglio, e la sua portavoce, Laura Colombo. A completare la squadra ci sono poi l’amministratore di ConfLavoratori, Domenica Bagala’ e la deputata Mariarosaria Rossi. Quella che nelle carte del caso Ruby viene intercettata mentre dice a Emilio Fede: “Ah che palle che sei, due amiche, quindi bunga bunga, due de mattina, io ve saluto eh?!”. Di Carbone, invece, si sa che è tra i fondatori del Club della Libertà a Palmi insieme a Bagala’ e che nel 2009 gli fu sequestrato un complesso abitativo di circa 4mila metri quadrati costruito abusivamente – dice la procura – e per giunta in zona sismica.

Ma torniamo ai Caf. Qui si svela il secondo bluff della “rivoluzione liberale” prospettata dal ministro Brambilla. Con buona pace della sbandierata sussidiarietà, i servizi erogati li pagava e li pagherà proprio lo stato, leggi i contribuenti. Esattamente come accade con tutti gli altri Caf, a prestazione erogata corrisponde rimborso: 16,03€ per un 730, 13€ mediamente per un Isee, 8€ per un Red. Tutti servizi che sulla carta il Pdl propone di offrire. E per giunta su larga scala. Tanto per dare un’idea, Cgil e Cisl, i due più grandi fornitori di servizi fiscali, veleggiano sui 5/6 milioni di pratiche all’anno. Nel caso della Cgil, i 730 da soli sono circa tre milioni all’anno, vale a dire circa 50 milioni di euro.

I due sindacati maggiori non sembrano preoccupati della concorrenza. “Parliamo di cose serie – obietta il presidente dei Caf Cisl, Valeriano Canepari – per offrire un servizio bisogna anche essere in grado di svolgerlo. Non è solo questione di quanti sportelli hai, ma di professionalità, tempo; per gestire una rete di questo tipo bisogna essere precisi come degli orologi”. Senza contare, specifica Canepari, che i rimborsi tardano molto ad arrivare, in media almeno un anno.

L’obiezione è pertinente: come fa una struttura organizzata in quattro e quattr’otto ad offrire un servizio all’altezza della mirabolante offerta? Vale la pena di sottolineare però che un successo dell’iniziativa converrebbe economicamente a tutti i soci. Difficile spiegare in altro modo la partecipazione di Francesco Casaburo al meeting romano dello scorso sabato. La sua presenza – scoperta dal sito napolimetropoli.it – ha destato la curiosità dei giornali. Perché Casaburo è il capogruppo del Pd a Caivano, comune dell’hinterland napoletano. Che ci faceva a Roma con il ministro Brambilla, si è chiesto il Corriere del Mezzogiorno? Lui ha risposto: “Ero lì per lavoro”, seccato di doversi giustificare con il suo partito e “pronto a lasciare di fronte all’imbarazzo” democratico. Le voci si sono subito diffuse: “Casaburo lascia”, “Casaburo va con il Pdl”. Sarà, ma la realtà è che Casaburo non ha mentito, e che la politica per una volta non c’entra niente, visto di Giuseppe Carbone è socio per davvero: consigliere di Caf Conflavoratori. Il denaro, del resto, è bipartisan per natura.
 Da Il Fatto


VITTORIO ARRIGONI E' MORTO PERCHE' NON SIAMO RESTATI ABBASTANZA UMANI

Vittorio Arrigoni è morto perché noi non siamo restati abbastanza umani. O forse, sulle storie e le nuvole sopra la Palestina, non lo siamo mai stati.

Ho sentito la voce di Vittorio per l’ultima volta pochi giorni fa, per una serata che avevamo organizzato a Milano sulla prossima partenza della Freedom Flottilla. Una serata silenziosa e buia. Parlare a Milano di Palestina è come scoperchiare un’isola che nessuno vuole mettere sulla cartina. La sua telefonata in quella serata è stata un ponte costruito in un attimo che ci ha spinto ad un cuore così uguale in territori così diversi. Aveva la voce ferma, chirurgica e tagliente dell’uomo che non può esimersi dall’essere consapevole. Ci raccontava di una generazione che non può non sapere. Aveva la fierezza dell’apolide che ha trovato il posto dove stare, la casa da costruire, la gente da abbracciare.

Vittorio non è un blogger, non è un giornalista freelance e nemmeno uno spirito samaritano, come leggo questa mattina. Vittorio è un volontario professionista: con la volontà del sentirsi coerente con se stesso e il professionismo di chi professa i propri valori in quello che si ritrova a fare ogni giorno.

In un paese dove si elemosinano diritti e pane, Vittorio era una delle tante briciole di democrazia. Restiamo umani, ci diceva. Lui questa mattina ci sarebbe riuscito comunque, con l’energia e la voglia di chi ha la sua isola da costruire. Per noi, è difficile. Ci proviamo, Vittorio, a restare umani. (Giulio Cavalli - il Fatto Quotidiano)


"MA CHE VADANO AFFANCULO IMMIGRATI E PROFUGHI" da "LA PADANIA" IL GIORNO DOPO I 250 MORTI ANNEGATI

“Ma vadano a fare in culo immigrati, profughi, clandestini e tutto il governo!” Il canale di Sicilia ha appena inghiottito altri 250 cristi, morti senza facce né nomi, e a sfogliare le pagine delle lettere della Padania non si crede ai propri occhi. Per giorni e giorni una distesa di missive senza pietà: “Non riesco ad addolorarmi troppo per le continue perdite di vite umane” scrive un militante sabato 9 aprile. E il giornale di Bossi gliela pubblica senza fiatare.
Giovedì 7 aprile, all’indomani della tragedia: “Sarebbe ora di chiamare questa gente con il loro vero nome: delinquenti comuni”. Oppure: “Quando sento l’insistente sproloquio sulla integrazione della invasione nord africana mi vengono disfunzioni ormonali di giramenti di zibedei”. Ci sono poi razzismi esibiti senza pudori: “Cosa vengono a cercare in Italia questi spavaldi giovani dai modi così arroganti e baldanzosi?” chiede Silvana da Milano. E trova subito la risposta: “Non il lavoro, o perlomeno non quello onesto”. Sarcasmi muscolari: “Assistere alle scene che si stanno svolgendo a Lampedusa fa montare il sangue alla testa. Ma come? Sono venuti qua di loro spontanea volontà e poi osano anche lamentarsi perché non trovano l’hotel a 5 stelle? Si lamentano perché non hanno camere confortevoli e devono sostare al sole, come se non fossero abituati al sole”. Non c’è compassione. “Siamo uno Stato di merda”, scrive Lucio. “Serve la cattiveria” gli fa eco Marco. “Mano pesante, sorveglianza armata, con l’ordine di fare fuoco”. “I nostri cuori sono troppo pavidi” denuncia Davide. Cinismo da bar Sport: “Provate a pensare cosa ci costano questi sbarchi di clandestini: quanti aumenti delle pensioni minime”.
Che dire? Molti di questi lumbard hanno (o hanno avuto) un parente emigrato in Svizzera, dove negli anni Settanta si celebravano referendum anti-stranieri. Non era facile essere un sau-tschingg, un porco-italiano. Li difese lo scrittore Max Frisch, l’autore di Homo Faber, con una frase rimasta celebre: “Volevamo braccia, sono arrivati uomini”. (Concetto Vecchio)
 

KATIA BELLILLO: "RIPRENDIAMOCI PECHINO": UN LIBRO CHE OGNI DONNA DOVREBBE LEGGERE

Un libro che ogni donna dovrebbe leggere.
Katia Bellillo ripercorre gli eventi dell’emancipazione della donna negli ultimi decenni,
l’entusiasmo degli anni 70,
le lotte per il conseguimento dei diritti, della parità con l’uomo.
Un libro scritto bene che funge da vero almanacco cronistorico fino a quel convegno di Pechino che sancisce l’università degli intenti.
Un progetto che Katia sottolinea proprio perché in questi anni ci si avvia a disattendere quegli intenti, a tradire e banalizzare il risultato delle battaglie femministe, di donne sfruttate, bistrattate, umiliate, violentate, sottomesse, incatenate a valori arcaici, picchiate, offese, snobbate, seviziate.
 
Un linguaggio tecnico e descrittivo, un incalzare di entusiasmi e delusioni, un minuzioso screening della situazione involutiva delle attese, delle speranze e aspirazioni dell’altra metà del cielo.
Katia è donna battagliera, indipendente, che ha ricevuto un’educazione politica mirata all’onestà e alla dedizione per la cosa pubblica, di quella scuola del PCI che ha formato coscienze alla democrazia, liberalismo, alla voglia di migliorare l’esistenza dei reietti, dei deboli, affinché trionfi la giustizia sociale di berlingueriana memoria.
 
Un libro che ogni donna dovrebbe avere sul comodino, su cui riflettere non per rammaricarsi della fase involutiva che il movimento femminile odierno, soprattutto italiano, sta passando, ma per capire come non demordere, come rilanciare, da dove ripartire più forti, più decise, meno spaventate di prima.
 
Perché la donna non è l’altra parte del cielo, ma la parte più brillante del sole di ogni uomo.
Fabio Greggio

Franca Rame vi saluta tutti!

Franca sta molto meglio e ringrazia tutti per l'affetto e i preziosi consigli lasciati su facebook...

"...solo oggi ho potuto leggere l'affetto di tutti voi. Sto riprendendo a vivere dopo circa 1 mese di letto, dolorante e prostrata. Il dtt. Usai omeopata, al telefono ha fatto a Jacopo la sua diagnosi: male hai muscoli? polmonite. Il guaio è che me la sono fatta in piedi. Altri medici prima di lui mi hanno visitata. A nessuno è passato per la testa di auscultarmi. Inutile piangere sul latte versato. questa giornata per me è molto importante: con fatica mi sono alzata, docciata, vestita e sono andata a pranzare con la mia famiglia. Sono dimagrita in modo eagerato... cammino come avessi 100 anni, appoggiata a Dario e Jacopo..."
lunedì alle 14.20
"...mi è sfuggito il messaggio prima ke lo finissi. mi riprenderò. GIURO! grazie a tutti... contraccambio il vostro affetto. domani starò meglio.. e dopodomani... meglio ancora. sono circondata d'amore: Jacopo, Nora, Jaele, Mattea, e il mio dolcissimo Dario... e tutti voi. KE DEVO VOLERE DI PIU' DALLA VITA? sono un po imbranata. è la prima volta ke lascio un messaggiio su fb.
"
lunedì alle 14.27
Franca Rame

 

il post di facebook con tutti i commenti lo trovate qui.

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GIULIANO FERRARA: FLOP DISASTROSO, MA CONTINUA A LAVORARE IN RAI A NOSTRE SPESE, PER FARE PROPAGANDA

Il grafico dell’audience di Qui Radio Londra non mente: l’Elefantino sta sulle scatole a un sacco di genteIeri ne avevamo parlato confrontando i valori medi di audience: GiulianoFerrara ha fatto perdere un milione di spettatori a Rai Uno, con il semplice ingresso della sua rubrica. Oggi Carlo Tecce sul Fatto Quotidiano fa di più, e ci descrive il grafico dell’audience durante Qui Radio Londra, per spiegarci che il crollo è in qualche modo più acuto e in questo modo la Rai ha regalato spettatori alla concorrenza, con tutti gli effetti che ci saranno sulla raccolta pubblicitaria e quindi sul costo del canone:
Il telegiornale di Rai1 cede la linea a Ferrara (alle 20:31) con 7,5 milioni di spettatori e il 26,9 per cento di share, già con la pubblicità inizia la discesa, poi appena compare la sagoma dell’ex ministro berlusconiano il crollo è completo: meno 2,12 milioni di persone, meno 8,2 punti di share . Il minuto per minuto di Qui Radio Londra è un bollettino di guerra: ore 20:36, 6,01 milioni di italiani sono sintonizzati su Rai1; ore 20:37, scappano in centomila; ore 20:38, nessun movimento; ore 20:41, esodo di 532mila spettatori.
Il successone di Ferrara è confermato da quello che accade non appena il programma finisce:
Rai1 ha bisogno di un po’ di pubblicità e di un pezzo di Affari tuoi per risollevarsi: Ferrara è andato via da una manciata di minuti, così tornano 1,2 milioni di spettatori. Ma l’e ffetto Elefantino segna una tripletta ai danni del servizio pubblico: va male l’ascolto di Rai1, vince Striscia la notizia con il 24 per cento di share e il pubblico di Ferrara trova ospitalità a Otto e mezzo di Lilli Gruber su La7, proprio la rubrica che il direttore del Fog l i o lasciò pensando di non avere eredi. Mentre Ferrara perde 632mila italiani e 2,4 punti di share, Otto e mezzo con Eugenio Scalfari guadagna – in tre minuti – 495mila e 1,7 punti di share.
E il bello sarà quando svanirà anche l’effetto novità…
 

PERCHE' FINI HA GRIDATO A LA RUSSA: "COCAINOMANE, FATTI CURARE!"??

Non sarà sfuggito ai più attenti che recentemente alla Camera La Russa, il Ministro della Difesa Ignazio La Russa, ha rivolto un eclatante "vaffa" (in pieno stile Grillo) al Presidente della Camera Gianfranco Fini. Di tutta risposta, Fini gli ha dato del «cocainomane»  e poi, sempre davanti a tutti, lo ha invitato a farsi curare con urgenza*.

Ora, la cosa curiosa di questa faccenda sta proprio nella specificità dell'insulto. Mentre La Russa ha esortato Fini genericamente ad andare a quel paese, invito/augurio che centinaia di volte al giorno noi comuni mortali ci rivolgiamo vicendevolmente nella speranza che prima o poi si avveri, la risposta del leader del Fli è stata molto più puntuale e circostanziata. Non gli ha rivolto un vago «coglione» oppure che so, «stronzo» che, quando gli animi si scaldano, sono le contumelie che vengono per prime in mente (soprattutto se di fronte hai La Russa). No. Fini è stato preciso e dettagliato: ha detto proprio «cocainomane». Un improperio che sembra meditato, lucido, quasi frutto di una riflessione. O almeno di una cognizione di causa.

Si sa bene da quanto tempo Fini e La Russa si conoscano, e da quanto tempo i due si frequentino, oggi un po' meno piacevolmente di ieri. La deduzione che siamo portati a fare, dunque, è che l'offesa del Presidente della Camera possa non essere proprio una calunnia, ma che abbia un qualche fondo di verità. E che sia piovuta sulla testa del Ministro con accuratezza adamantina. Un'ingiuria chirurgica, se vogliamo. Come i missili intelligenti a cui La Russa è tanto affezionato. E che stavolta sembrerebbero effettivamente aver meritato appieno l'aggettivo che li contraddistingue. 

*Proprio La Russa e Giorgia Meloni l'anno scorso si fecero promotori di un test tricologico anti-droga sui parlamentari che, secondo La Russa, rappresentava «una importante misura anti-corruzione» per il mondo della politica. Un test che seguiva le polemiche sorte dopo i famosi tamponi delle Iene da cui risultava che un parlamentare su tre (fra quelli esaminati) faceva uso di stupefacenti.
Effettivamente riconosciamo anche noi l'urgenza di test di quel genere, dopo l'intervento di ieri di La Russa.
Da L'Unità

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BECCATA! LEGA FURBONA - LA MOGLIE DI BOSSI BEBY PENSIONATA: VITALIZIO DALL'ETA' DI 39 ANNI!

Manuela Marrone riceve un vitalizio dall’età di 39 anni. Alla faccia degli sprechi

Ne parla Mario Giordano nel suo libro Sanguisughe, lo riporta Luca Telese sul Fatto Quotidiano: Manuela Marrone, la moglie di Umberto Bossi, è una baby pensionata. Una di quelle contro cui la Lega, sempre critica con gli sprechi di Roma, si è scagliata di più. Scrive Telese:

La moglie di Umberto Bossi, Manuela Marrone, riceve un trattamento previdenziale dal lontano 1992, da quando, cioè, alla tenera età di 39 anni, decideva di ritirarsi dall’insegnamen – to. Liberissima di farlo, ovviamente, dal punto di vista legale: un po’ me – no da quello dell’opportunità politica, se è vero che suo marito tuona un giorno sì e l’altro pure contro i parassiti di Roma. E si sarebbe tentati quasi di non crederci, a questa storia, a questo ennesimo simbolo di incoerenza tra vizi privati e pubbliche virtù, se a raccontarcela non fosse un giornalista a cui tutto si può rimproverare ma non certo l’ostilità preconcetta alla Lega Nord e al suo leader. EPPURE, nello scrivere il suo ultimo libro inchiesta (“Sanguisughe”, Mondadori, 18 euro, in uscita martedì prossimo), Mario Giordano deve essersi fatto una discreta collezione di nemici, se è vero che l’indice dei nomi di questo libro contiene personaggi noti e ignoti, di destra e di sinistra, gran commis e piccoli furbi, una vera e propria pletora di persone che a un certo punto della loro vita, anche se molto giovani, hanno deciso di vivere alle spalle della collettività e di chi lavora, approfittando dei tanti spifferi legislativi che il Palazzo ha generosamente concesso in questi anni.

Il libro di Giordano (sottotitolo: le pensioni d’oro che ci prosciugano le tasse)


CHE MESCHINITA'...I FAN DI SILVIO AL SUO PROCESSO: PAGATI CON 20 EURO E UN PANINO

Notizia tra il grottesco e il ridicolo a cui ormai siamo abituati. L’agenzia di stampa Agi riferisce in un servizio che la manifestazione durante il processo Mills iniziato lunedì 21 marzo,  pro Berlusconi e antigiudici raccolga un gruppo di persone che si sono fatte comprare per venti euro e un panino.

Fuori dal tribunale si è visto un gazebo dove i sostenitori stazionano per manifestare il loro dissenso  ma si tratta di un messa in scena pagata pure male, venti euro al giorno e unapanino per il pranzo.
Niente a che vedere insomma con i consistenti bonifici riservati alle olgettine, anche perché diciamocelo i finti sostenitori devono faticare di meno.

Paolo Colonnello della Stampa,  però ha voluto saperne di più e infatti ci informa che nella la schiera di persone esagitate che con una coccarda azzurra appuntata sul petto e simbolo di libertà al grido di  «Silvio è bravo, Silvio è unico», si sono riconosciuti i partecipanti dei programmi del palinsenso mediaset, individuati da fotografi e cameramen che lavorano nell’ambiente televisivo.

La schiera di sostenitori ha applaudito Niccolò Ghedini e gli altri difensori del premier e Berlusconi che ha preso la palla al balzo per dichiarare: “questa accoglienza è il segno che la gente comincia a capire cosa sono questi processi a carico del Presidente".

Tra i meno preparati alle farse televisive si sono lasciati scappare la ricompensa per tale mascherata e qualcuno ha detto senza ripensare al divieto “ ci hanno dato venti euro e un panino ma non lo possiamo dire”

Non si sa se è un bene che se lo siano fatti scappare perché sinceramente assistere informati ma  impotenti ad ogni genere di offesa alla nostra intelligenza forse  è più dannoso che altro.

 

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CLAMOROSO: LA SANTANCHE' SI INVENTA UN MASTER ALLA BOCCONI. ALLA BOCCONI NON RISULTA....

La notizia è piccola ma saporita. Il sottosegretario Daniela Garnero, in arte Santanchè, si sarebbe inventata un master alla Bocconi per impreziosire il suo curriculum sul sito del governo. Interpellata dal settimanale «Oggi», la celebre università milanese non ha trovato tracce della signora nella propria banca dati. La Santanchè ci è rimasta male: sostiene di essersi masterizzata per un anno. Se in tutto quel tempo alla Bocconi non si sono accorti di lei, dipenderà dalla sua ben nota riservatezza. Prima che la situazione degeneri e «Il Giornale» accusi il rettore della Bocconi di aver preso 4 in aritmetica all’esame di quinta elementare, vorrei spezzare una lancia, o almeno un’unghia, a favore dell’accusata.

Ammettiamo che abbia un po’ esagerato, dilatando a master uno dei tanti seminari che le università organizzano nei fine settimana. Ma non vi sfuggirà l’assoluta gratuità del gesto. L’opposizione invoca le sue dimissioni, ricordando quelle del ministro tedesco che aveva copiato la tesi di laurea. Ma gli elettori tedeschi danno importanza alla preparazione culturale di un politico e quindi non accettano di essere ingannati sui suoi titoli di studio. Invece agli amici della Santanchè non interessa che lei abbia o non abbia calpestato col suo tacco 12 i pavimenti della Bocconi. Ciò che la rende ammirevole ai loro occhi è che non ha mai smesso di calpestare quelli del Billionaire. Ecco: se avesse davvero voluto guadagnare dei punti presso i fan, la Santanchè non avrebbe messo sul curriculum i suoi master veri o fasulli, ma la lista dettagliata delle sue vacanze. (Massimo Gramellini)

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