L'insostenibile leggerezza dello stupro

Ci vuole leggerezza, ha detto. Leggerezza, come quella delle mongolfiere o semplicemente dei palloni gonfiati, che quando li sgonfi vanno via spernacchiando a destra e a sinistra.
Credeva, come al solito, di sdrammatizzare, ma il fatto è che associare la leggerezza allo stupro, come lui ha fatto, proprio non va, non funziona. Non si sdrammatizza lo stupro, come non si sdrammatizzano i campi di sterminio. Se si prova a farlo si sentono i ferodi stridere, i corni steccare e i gessetti urlare sulle lavagne.
Si accappona la pelle e la mente inizia a vagare cercando una risposta a tanta inconsistenza di pensiero, a tanto orror vacui, a tanta odiosa superficialità, senza riuscire a trovarli. Perchè la stupidità è infinita, il suo valore è prossimo alla enne.
A parte la forma mentis da vecchio satiro del signore in oggetto, è anche purtroppo un problema di genere.
Forse gli uomini non vengono stuprati abbastanza (e non lo dico augurandomelo, per carità) o non sono dei mostri di empatia, ma a volte hai la sensazione che proprio non si rendano conto veramente, fino in fondo, di ciò che quella violenza rappresenta per una donna, soprattutto se si parla di uno stupro di gruppo.
Quattro, cinque o più sconosciuti che compiono su di te l'atto più intimo possibile, anche se è l'ultima cosa che vorresti fare in quel momento o hai le tue cose o stai male o sei troppo piccola e non capisci nemmeno cosa ti sta succedendo. Ti portano via l'anima ridendo, lasciandoti ferite nella mente che non guariranno mai più mentre loro diranno: "che ho fatto, dopo tutto?"
Io credo che lo stupro di gruppo sia un modo per esorcizzare sulle donne per vendetta l'angoscia più grande del maschio, l'impotenza. Far provare ad un altro essere cosa significa non riuscire a muoversi, a difendersi, ad evitare che ti venga fatto del male è un atto simbolico che viene dagli abissi più cupi dell'inconscio e che nasce dalla paura.
Non so spiegarmi altrimenti come gli uomini abbiano un atteggiamento fin troppo tollerante nei confronti del fenomeno, magari chiamandolo gang bang per renderlo più appetibile o facendolo diventare "arte" in opere di ingegno. "Arancia meccanica" è un capolavoro ma solo un uomo poteva pensare di raffigurare in maniera tanto subdolamente attraente lo stupro di gruppo.
Non tutti gli uomini stuprano, ci sono anche i soldatini che si tirano indietro inorriditi, ma purtroppo nel plotone sono una minoranza.
Già, è una cosa, la violenza di gruppo, che i soldati, nelle guerre, fanno abitualmente quando conquistano finalmente il nemico. Come premio viene loro concesso di accanirsi sulle donne, tutte quelle che trovano e non c'è giovane, vecchia, brutta, storpia o bambina che tenga, caro padrone. A Nanchino, nel 1937, le truppe giapponesi d'invasione stuprarono in pochi giorni tra le 20.000 e le 80.000 donne. Senza controllare prima se i requisiti 90-60-90 venissero rispettati e se qualcuna avesse passato gli esami da velina.
Più che la solita ossessione delle belle donne, perchè lui crede di essere galante, a me ha fatto venire i brividi proprio l'associazione stupro-soldati fatta dal vecchio satiro.
Lascia stare Nanchino, che è roba per gli storici ma gli stupri etnici della Bosnia non sono poi così lontani nel ricordo.
Che a difendere le donne debbano esser proprio coloro che potenzialmente sono i più assidui stupratori collettivi, date le favorevoli circostanze, e perfino sotto il casco blu dell'ONU in missione di pace, suona come una ancor peggiore derisione. Oppure una volgarissima fantasia da pornaccio di quart'ordine.
Non è possibile che un argomento che fa star male qualunque donna solo a pensarvi ed io sto male adesso a scriverne, diventi argomento per frizzi e lazzi da parte di un vecchio comico fallito.
I miliardari non vengono stuprati abbastanza, per questo non capiscono. Mio caro padrone, domani ti stupro.
Ricordo quando vidi lo spettacolo di Franca Rame, atroce come solo le cose rivissute per catarsi sanno essere. Stetti male, un male fisico, una presa allo stomaco e un dolore profondo, seguito dalla rabbia per la successiva scoperta della valenza politica che risultò avere avuto quell'aggressione. Addirittura pianificata, secondo i riscontri delle indagini, da settori delle forze dell'ordine colluse con l'estremismo fascista. Un ennesimo stupro di guerra, fatto per fiaccare ed umiliare il "nemico".
Di fronte a drammi che devastano le donne, non parliamo mai più di leggerezza, di battute e di umorismo, non è proprio il caso. La prossima volta, Berlusconi, si contenga. O parli solo dopo essere stato stuprato.
da "Il blog di Lameduck"


INTERVISTA DI FRANCA AL CORRIERE: STUPRO - CAPISCO LA VOGLIA DI VENDICARSI

ROMA — «Sì, certo, va bene, ne possiamo parlare... Prima però mi faccia capire: cosa ha detto, la ragazza, di preciso?».
Ha detto: «Se non fanno giustizia come si deve, io giustizia me la faccio da sola».
«Ha detto proprio così, eh?».
Esattamente così.
«La capisco. È un ragionamento legittimo. Qualcuno dirà che si può anche perdonare, ma sono i santi che perdonano. Io, per esempio, non...». ( La voce di Franca Rame si abbassa fino a rompersi, a sciogliersi nella commozione: attrice, ex senatrice dell'Italia dei Valori, moglie di Dario Fo e mamma di Jacopo, una donna forte e colta, coraggiosa, elegante e ironica, il 9 marzo del 1973 fu stuprata da un branco di estrema destra. Aveva trascorso tutto il giorno a occuparsi di «Soccorso rosso», a scrivere lettere ai detenuti, a confezionare pacchi. L'aspettarono sotto casa, a Milano; la costrinsero a salire su un furgoncino. Erano in cinque: uno al volante, uno che la teneva, tre le stettero addosso, a turno, per ore).

Signora, stava raccontando che lei non...
«Non ho mai dimenticato. Mai. Ancora adesso, ha visto, no? non riesco a parlarne. Subire violenza, per una donna, è tremendo. Il gesto che subisci ti procura una ferita nell'animo che niente, e mai, riuscirà a far rimarginare».
Riesce a ricordare il genere di sentimenti che provò, nelle settimane successive?
«Guardi, le posso dire ciò che provai da subito: e non fu odio, né tantomeno disprezzo, né fui colta da ira. Niente di tutto questo. Piuttosto il mio pensiero fu: ma le madri di questi ragazzi... ma che genere di mostri hanno messo al mondo?».
Poi?
«Poi un senso di solitudine. Resti sola, con ciò che ti hanno fatto. È una umiliazione, è una sensazione che solo una donna può comprendere... non avevo più la stessa faccia: è come se il sangue, la vita se ne vadano via... Io, in più, mi tenni tutto, non denunciai la cosa, non raccontai i particolari nemmeno a Dario».
Fino a una sera del 1978.
«Sì, decisi all'improvviso, senza prove. Recitavo i monologhi di "Tutta casa, letto e chiesa" e in scena c'era una sedia. Mi sedetti, chiesi di abbassare le luci e cominciai a raccontare ciò che mi era capitato qualche anno prima».
In sala alcune ragazze svennero.
«Lo stupro è spesso taciuto. E non descritto. Molte donne lo subiscono per strada o in casa, da padri, zii, fratelli... Ma spesso si resta con il proprio segreto. Ora capisco questa ragazza di Guidonia: vorrebbe una punizione esemplare per il suo aggressore. Ma quanto servirà?».
La punizione del carcere...
«Sì, certo, può essere di un minimo conforto sapere che chi ti ha rovinato la vita è in una cella... solo che, spesso, le celle non riabilitano. Voglio dire: il rispetto per le donne andrebbe insegnato all'asilo, a scuola, dovrebbero essere i genitori all'interno della famiglia a spiegarlo ai propri figli. E invece i figli vengono lasciati spesso soli davanti alla televisione, che è diventata la vera "bambinaia" d'Italia...».
Una «bambinaia» terribile.
«Invece delle favole racconta storie di sangue e violenza. Così poi ci sono padri che si ritrovano figli stupratori e altri che invece si vedono tornare una figlia stuprata».
Il padre della ragazza di Guidonia ha usato toni minacciosi parlando del giovane che ha aggredito la figlia.
«È un uomo distrutto dal dolore, e spero che faccia prevalere la ragione. Certamente, però, va anche un poco compreso il suo stato d'animo: avere una figlia violentata che ti cammina per casa, per un papà, non è facile da accettare».
Silvio Berlusconi ha detto che gli stupri sono inevitabili: poi ha chiarito meglio il suo pensiero, precisando però che in ogni occasione servono sempre un po' di leggerezza e umorismo.
«Una vicenda così seria, così tragica... che spazio può esserci per l'umorismo?».

Fabrizio Roncone
26 gennaio 2009

Corsera

http://www.corriere.it/cronache/09_gennaio_26/fabrizio_ronconi_rame_68a507b4-eb7f-11dd-92cf-00144f02aabc.shtml


ANCORA SU ELUANA: SULLA PIETA'

Qualche giorno fa leggendo della tragedia della famiglia Englaro, m’è venuto spontaneo, addolorata, esclamare: “Eluana è nostra figlia”. Ho condiviso questa affermazione con le lettrici e i lettori del blog, invitandoli a firmare la petizione promossa anche da L’Unità. Grazie, Concita. La raccolta di firme sta avendo molto successo. Quasi tremila sottoscrizioni in tre giorni! Credevo che, nel nostro Paese, i concetti di solidarietà, amicizia, generosità, “ama il tuo prossimo come te stesso” avessero perso consistenza, valore. Mi sbagliavo. Gli unici, aridi, distanti dalla realtà, dal quotidiano della gente sono vescovi, cardinali e monsignori (Udine, Bologna, Torino, Rimini) unanimi nel condannare la battaglia di Peppino Englaro. E assordante è il silenzio da parte di cattolici democratici, salvo qualche eccezione. Pure i partiti sono afoni. Stefano Rodotà ha denunciato “il silenzio negativo” dell’opposizione, che ha fatto mancare “il clima giusto” alla battaglia della famiglia di Eluana. Pure il ministro Sacconi (che pietoso spettacolo sta dando di sé!) dissente. “Auguro a suo figlio ogni bene, signor ministro, ma che scelte farebbe se si trovasse a vivere la tragica condizione di Peppino Englaro?” In quanto alle interferenze degli alti prelati, che ne sanno di cosa significhi un figlio? Vescovi, cardinali e monsignori sono chiamati “padri”, ma non hanno generato i propri figli; quindi, come dice Ruzzante, nel suo Elogio al Cardinal Cornaro: “Nulla sanno di prole, e se capita loro, per incidente, di rendere madre qualche figliola, gli capita pure la disgrazia di non poterli riconoscere quei figli, crescere, allevare, viverci e imparare davvero cosa significhi essere padre.” Monsignor Lambiasi, a proposito di Eluana sentenzia: “Affrettare la morte non è segno di pietà”. Ma bravo! Lei, monsignore sta accusando un padre, che da 17 anni è accanto a sua figlia, di essere privo di pietà? Gentile monsignore, perché non riflette sulla “Sua” personale pietà? Come li avrà vissuti il padre di Eluana questi 17 anni: 6.355 giorni, 3.665.200 minuti? Ci sta pensando, monsignore? Sono atea, ma posso dire con orgoglio di aver amato per tutta la mia vita il prossimo mio. Ho sempre avuto gran rispetto delle scelte religiose e ideologiche delle persone. “Dio mio – penso con rammarico - com’è che ho conosciuto molti cattolici e pochi cristiani, come in questo caso?” Voi siete distanti dal Messia, più della Terra dal sole. Oggi, se per caso il figlio di Dio si confondesse tra la folla… vivesse tra noi come immigrato, precario, sfruttato, muratore, morto tra i 10 mila morti sul lavoro negli ultimi 8 anni, quale sarebbe il Suo atteggiamento nei vostri riguardi? Parlo di voi uomini di potere. Forse ripeterebbe come fece sant’Ambrogio: “Scendete dai vostri scranni dorati e spogliatevi dei vostri privilegi, ascoltate i lamenti dei disperati. Ascotateli!” GRAZIE A TUTTI! UN ABBRACCIO franca


L'ITALIA E' ORMAI UN PAESE FASCISTA. ECCO L'INCHIESTA VIDEO

Questa seconda inchiesta "Razzisteria: destra fascista in Italia e nella "rossa" Toscana", parte da una panoramica italiana per concentrarsi su alcune città Toscane: Lucca, Pistoia, Prato e soprattutto Firenze, dove fra le altre cose il centro sociale di destra Casaggì (Casa di AG, cioè di Azione Giovani, organizzazione di Alleanza Nazionale), vende libri e "cimeli fascisti", come il cappellino "Boia chi molla" o spille che richiamano la doppia esse nazista.

Crediamo che un altro mondo sia possibile, senza odio, senza violenza, privo di razzismo e pieno d'amore. Un mondo possibile e necessario.

Un abbraccio di pace,
Saverio Tommasi e Ornella De Zordo

PUOI DECIDERE DI CONTRIBUIRE IN DUE MODI:
1 - Guardando e facendo circolare fra i vostri contatti il link al video;
2 - Versando un piccolo contributo economico che servirà a coprire almeno una parte delle spese di realizzazione e diffusione del progetto "l'altrainchiesta - 10 brutte storie italiane", totalmente autofinanziato, dandoci la possibilità di continuare le indagini.
Potete decidere di effettuare un versamento a Banca Etica o utilizzare PayPal. Tutti i riferimenti necessari a partire da:

http://www.saveriotommasi.it/donazioni/


L'UNITA' - FRANCA RAME: ELUANA E' ANCHE NOSTRA FIGLIA

Una bella iniziativa de L’Unità la petizione per il rispetto delle volontà di Eluana, in linea con quanto disposto dalla sentenza definitiva ed esecutiva. Che vi invito a firmare qui. A seguire il testo della petizione.

ELUANA E’ ANCHE NOSTRA FIGLIA
Eluana è anche nostra figlia. Ci rivolgiamo attraverso questo appello alle massime istituzioni della Repubblica perché ciascuna per la sua parte si impegni a far rispettare una sentenza definitiva ed esecutiva. Perché in Italia il diritto abbia la meglio sui ricatti, le intimidazioni, l’oscurantismo di chi non tiene conto della tragedia di una famiglia, simbolo di altre migliaia di persone che si trovano nella medesima situazione. Perché i genitori di Eluana siano messi nella condizione di garantire alla figlia una morte dignitosa. Eluana è anche nostra figlia.

Per aderire firma il nostro appello specificando semplicemente nome, cognome e città

Prima firmataria Franca Rame

Hanno aderito:
Concita De Gregorio
Elettra Deiana (Ex parlamentare Prc)
Marcelle Padovani (giornalista)
Emma Bonino (Vicepresidente del Senato)
Neri Marcorè (attore)
Rosa Calipari (deputata Pd)
Articolo 21
Dacia Maraini
Pietro Spataro
Rinaldo Gianola
Giovanni Maria Bellu
Luca Landò
Mina Welby
Lella Silvi
L.Sulas, Sassari
Pier Luigi Marranini
Maria Grazia Megazzini, Scandicci
Giamattista Barbariga
Maria Cristina De Toni
Carlo Cardinale, Consigliere Comunale, Santeramo in Colle (Ba)
Laura Giraudo, Torino
Riccardo Brachi
Roberto Arduini, Roma
Giovanni Francesco Barraco, Roma
Massimo Solani, Roma
Ella Baffoni, Roma
Edoardo Salzano, urbanista, Venezia
Livio Pepino (magistrato, membro del Csm)
Carla Ronga, giornalista, direttore aprileonline.info
Felice Casson (senatore Pd)
Enrica Tanca
Beniamino Ginatempo
Lorenzo Paoloni (Roma)
Enzo Ronchi
Maria Zizzari
Carlo PIana
Daniele Magalotti Occhiebello (Rovigo)
Claudia Fusani
Alberto Iavarone
Carlotta Bonvicini (Reggio Emilia)
Claudio Giua (Roma)
Maria Zangari, impiegata (Roma)
Silvio Starnini, Ponte a Egola (Pisa)
Gianfranco Rossi - Sant'Olcese (Ge)
Carlo Ravagnan
Valeria Terzani - Sesto Fiorentino (FI)
Augusto Rasori -Villastellone (TO)
Paola Torcia
Gabriella Iachetti, Firenze
Silvia Garambois, Roma
Stefano Nava, Monza (Mi)
Gianni Giaccagliani, Novara
Fausto Caffarelli, Torino
Simonetta Moi, Cagliari
Alan Lugaresi
Laura Orlini, Montesilvano (Pe)
Tonito Tronconi, Calenzano Firenze
Mara Vannini, Calenzano Firenze
Paolo Piavesi, Piacenza
Rossella Levi, Padova
Alfredo Paiola, Padova
Monica Cattalini
Eraldo Riccobello
Pasquale Fagiani, Umbertide (Perugia)
Lisa Contegiacomo – Sant’Urbano (Padova)
Alberto Vaccari Modena
Daniela Amenta, Roma
Eduardo Di Blasi, Roma
Armando Bronzi - Potenza
Nicola Mei
Oscar Piovosi, Reggio Emilia
Vanessa Iannone, insegnante, Torino
Carlo Ciarla, Cascina
Stefano Berta
Ninni Andriolo, Roma
Marco Fiorletta, Roma
Viola La Gioia, Conversano (Ba)
Gaetano Angiuli, Conversano (Ba)
Antonio Scarpuzza
Fabio Luppino, Roma
Federica Fantozzi, Roma
Roberto Brunelli, Roma
David Giacanelli
Johnny Gotti
Giovanni Dell'Orto - Desio (MI)
Rosa Praticò
Toni Fontana
Susanna Turco
Massimo Previtali, Trescore Balneario
Angonoa Carla
Lucia Tescione, Lodi
Roberto Simoni, Portoferraio
Daniela Tancredi, Roma
Rolando Arnoldi
Marco Laudisa, Santeramo in Colle (Bari)
Fabrizio Volpini, medico, Senigallia
Marco Raineri
Claudia Bianchi
Giovanni Pepe
Lello Nisticò, giornalista, Catanzaro
Gualtiero Mancini - Fano (PU)
Agnese Palma, Aprilia (Lt)
Peppino Cicalò
Edoardo Novella, Roma
Paolo Branca, Roma
Anna Tarquini, Roma
Aldo Cavagna, Trento
Meris Mazzucco, Trento
Alessia Manfredi
Vincenzo Bruni - Castellammare di Stabia
Gianluca Bordignon - Cossato (BI)
Fabrizio Vagarini, Firenze
Corallina Viviani, psicoterapeuta, Roma
Marco Cotza
Giorgio Gadda
Andrea Mambelli
Alma Giraudo - Torino
Franco Taioli, Legnago (Mi)
Elisabetta Stella, San Donà di Piave (Ve)
Vanni Capoccia
Patrizia Battistacci
Alberto Belvisi
Massimiliano Zanisi, metalmeccanico, Cremona
Silvia Capuzzo, Barbona, (Pd)
Francesco Caiazza, Dublino
Francesca Mezzelani
Giuliano Dolfini
Fabrizio Bazzocchi
Rina Bertoli     Ivrea (Torino)
Giancarla Marzola (Ferrara)
Roberto Sitta (Ferrara)
Lidia Matranga
Maurizio Zambon (Milano)
Elena Marullo (Firenze)
Ornella Marcato (Dolo, Venezia)
Fabio Cozzo (Dolo, Venezia)
Raffaella Rossetti (Roma)       Manlio Giacanelli (Roma)
Giuseppe  Luzzana
Alessia Nobili (Padova)
Salvatore Masia
Francesco Piccioni (Roma)
Mario Bianchetti
Angelo Monticelli
Davide Cardinali
Massimiliano Capecchi (Pisa)
Roberto Magnasciutti
Teresa Scherillo
Mario Cappugi (Firenze)
Giorgio Baldassari (Wollongong Australia)
Emiliano Vincenzo Toppi (Masate, Milano)
Bartolomeo Papiro (San Donato Mialanese, Milano)
Walter Musacchi (Berlino)
Valentina Cassiani (Roma)
Luca Bussandri (Gambettola, Fc)
Andrea Fragiacomo
Andrea Gianardi (Siena)
Graziella Mattaliano (Cernobbio)
Roberto Di Loreto (Firenze)
Silverio Tomeo (Lecce)
Giancarlo Martini
Valentina Pellegrini (Finale Ligure)
Luigi Sabarini
Andrea Dalla Colletta (La Spezia)
Sabrina Pizzi (Roma)
Anna Maria Lusardi
Augusto Di Pietro
Fausto Paladini, Gordes-Joucas ( Francia )
Alfonso Cornia, Carpi
Sergio Zangirolami Nervesa d.b. (TV)
Teresa Dal Maschio Nervesa d.b. (TV)
Paola Troiani
Ezio Mella, Chiari (Bs)
Enzo Varone
Circolo Bellavista
Paolo Rossi, Codigoro (Ferrara)
Marta Rapezzi, Livorno
Marco Bazzoni, metalmeccanico, Tavernelle Val Di Pesa (Fi)
Federica Musu
Mario e Angela Laugier, Torino
Anna Maria Lusardi
Benedetto Dradi, insegnante, Parma
Fabio Longo, Collepasso (Le)
Marzia Crea, Carate Brianza (MI)
Gilberto Vlaic, docente universitario, Trieste
Giuseppe Ruzziconi, Pontelagoscuro, Ferrara
Pino Brandi, Milano
Ugo Gamba, Dalmine (BG)
Paolo Ferrero
Arco Jannuzzi, Ivrea (To)
Graziano Petrucci
Rosario Visicaro, Messina
Manlio Milani - Brescia
Marco Bardusco, Milano
Andrea Marazzi, Montereale (L'Aquila)
Riccardo Melotti, Pandino (Cr)
Alessandra Vaccari
Ivano Tubertini, Ivrea
Giulio Corsi, Ivrea
Giulia Cibrario - Torino
Marco Rigo
Francesca Eugenia Busdraghi
Carlo Recagno (Novara)
Loris Viari (Genova)
Silvio Scherini, Sondrio
Pietro Masturzo, Voorburg, Olanda
Saverio Tiberi
Alessandro Canessa, Alghero(SS)
Paolo Hutte, Milano
Carlo Boccadoro
Franca Paltrinieri, Medolla (MO)
Rodolfo Antonioli, Boario Terme
Giampiero Censori, Civitanova Marche
Paride Pironi, Cesena
Mario Cocco, Roma
Simona Rovigo, Milano
Ivano Mazzini, Cesena
Federico Mori, Modena
Silvia Arcolese
Ascenzio Marco Caranci, Teano
Pietro Bonino - Carpi(Mo)
Pietro Durat
Carla Paci
Antonia Clinco - Torino
Lorenzo Maffucci, Crema
Nicolò Fuccaro, Genova
Laura Notarangelo (Milano)
Andrea Di Salvo segretario circolo PD Cairate - Varese
Cristina Tura, Ravenna
Mario Civelli, Mogliano Veneto
Roberto Parigi
Alfredo Suvero, Ferrara
Angela Molteni, pensionata, Milano
Adalberto De Simone – Bovezzo (Bs)
Fernando Marchiori (PD)
Loris Perusi, Milano
Giuseppe R. Gristina, Coordinatore Commissione Bioetica Società Italiana, Roma
Andrea Bagni, insegnante, Firenze
Franz Lapaglia
Davide Orsini, Bologna
Paola Brusati
Gian Carlo Ariosto, Brescia
Andrea Rocca, Londra
Benedetto Romeo, Livorno
Angelo Coda, Taranto
Franco Pucci - Padova
Ninni Di Pisa
Claudio Francesconi, Roma
Diana De Feo, Roma
Carlo Corsetti, Roma
Mauro Antonelli, Bentivolgio
Fausto Mancini
Gabrio Vitali - docente di Lettere - Bratislava
Aldo Panico, Como
Daniela Paparini
Sandro Elia
Giuseppe Matera, Siracusa
Riccardo Querciagrossa
Cesare Feruglio Dal Dan
Bruno Carè, Imola
Antonio Paciulli
Eleanna Ciampolini
Giancarlo Bellumori
Renzo Piccoletti
Ianni Pirondini, Saliceto (Re)
Andrea Caltran, Trento
Leonardo Savelli, Varese
Alessandro Margelli
Silvia Del Guercio
Maria Angela Boreschi, Ponte di Legno (Bs)
Roberto Bertinelli
Luciano Barbieri
Gabriele Bozzetti
Barbara Pighi
Giuseppe Serrani, Jesi, (An)
Fulvio Amadori
Cristiana Scandolara medico Parma
Manuele Manni, Firenze
Enzo D'Ignazio, Firenze
Osvaldo Bindi
Gianluca Bruzzone
Sabrina Capone
Aldo Guiso, Nuoro
Elvia Franco, Udine
Giorgia Chiesa, Torino
Sebastiano Chiesa, Torino
Josephine Diliberto, Torino
Maria Luisa Grandi
Ofelia Grandi
Ivano Frabetti
Lucia Bucciarelli, musicista, Milano
Bruno Pellegrini, Milano
Martina Barro
Giuliano Graziani, Genova
Domenico Ugliano
Gian Luca Grenzi
Franco Menichetti, Pisa
Davide Barile, Bologna
Riccardo Bassani e Laura Garofani, Siena
Massimo Splendori
Arnault Duprez
Emanuela Guarneri, Torino
Luciano Ferri, anestesista, Empoli
Anna Maria Santini, Siena
Angelo Isola, Grosseto
Norma Guarlaschelli, Vigevano
Maria Grazia Mele, Selargius
Zanasca Pietro
Ignazio Farina, Salerno
Alba Perasso
Tino Previtali
Ettore Bianchi, Roma
Stefania Casadio, Roma
Cristina Correani
Maurizio Romano
Mario Argenziano
Pasquale Marra
Bruno Tobia, Roma
Barbara Bardazzi, Firenze
Annamaria Pezzoli Pavia
Valeria Bisi, Ferrata
Angela Rigoli, Padova
Famiglia Ferranti, Guidonia Montecelio, Roma
Giuseppe Germani, Oristano
Bruno Biagi, Lecco
Maurizio Filippi
Claudio Cavallieri, Bologna
Gerardo Maffei - Solofra (Avellino)
Maria Louisa Bruno, Roma
Luigina Succi,
Luciano Gastaldi
Lucio Tinari - Pescara
Silvia Motroni, Livorno
Katarina Wahlberg, Milano
Alberta Ronchetti, Milano
Antonio Primatesta
Renata Lascilafari, Firenze
Renato Cecchi, Firenze
Paolo Santangelo, Docente universitaria, Roma
Carlo Caltagirone e Stella Mariagrazia
Guido Orecchia di Acqui Terme
Donato Zulli, Bologna
Rossana Lugli, Modena
Lorenza Valentini, Roma
Giovanni Caporale, Padova
Michele Ferraro
Luca Zolt, portavoce rete degli studenti medi
Fabio Diana, Arezzo
Anna Ravazzolo, infermiera, Genova
Franco Esposito, Roma
Sofia Iazzetta
Annamaria Martorana
Nicola De Giorgio, Taranto
Morena Vanzolini
Maurizio Franzosi
Roberto Barbaruolo, Milano
Roberta Rizzato, Treviso
Anna e Romano e Mazzoli, Torino
Sandra Parola, Torino
Salvatore Rollo
Diana Stanzani, Roma
Leonarda Maresta - Bologna
Filippo Botta (Prato)
Vincenzo Alessi Francavilla al Mare (CH)
Marina Magri
Antonella Brindani, impiegata, Reggio Emilia
Albertina Setti, Roma
Piero Dezi, Roma
Mauria Bergonzini, Bologna
Luisa Doplicher, Roma
Lorenzo Bencivelli, Roma
Andrea Di Vita, Genova
Stefano Fatarella, Udine
Claudio Gardini
Giovanni Crastolla
Roberto Carnesalli, notaio, Milano
Neda Zoppi, Asti


FRANCA RAME: ELUANA ENGLARO E' ANCHE NOSTRA FIGLIA

Una bella iniziativa de L’Unità la petizione per il rispetto delle volontà di Eluana, in linea con quanto disposto dalla sentenza definitiva ed esecutiva. Che vi invito a firmare qui. A seguire il testo della petizione.

ELUANA E’ ANCHE NOSTRA FIGLIA
Eluana è anche nostra figlia. Ci rivolgiamo attraverso questo appello alle massime istituzioni della Repubblica perché ciascuna per la sua parte si impegni a far rispettare una sentenza definitiva ed esecutiva. Perché in Italia il diritto abbia la meglio sui ricatti, le intimidazioni, l’oscurantismo di chi non tiene conto della tragedia di una famiglia, simbolo di altre migliaia di persone che si trovano nella medesima situazione. Perché i genitori di Eluana siano messi nella condizione di garantire alla figlia una morte dignitosa. Eluana è anche nostra figlia.

Per aderire firma il nostro appello specificando semplicemente nome, cognome e città

Prima firmataria Franca Rame

Hanno aderito:
Elettra Deiana (Ex parlamentare Prc)
Marcelle Padovani (giornalista)
Emma Bonino (Vicepresidente del Senato)
Neri Marcorè (attore)
Rosa Calipari (deputata Pd)
Articolo 21
Dacia Maraini
Livio Pepino (magistrato, membro del Csm)Carla Ronga, giornalista, direttore aprileonline.info
Felice Casson (senatore Pd)
Enrica Tanca
Beniamino Ginatempo
Lorenzo Paoloni (Roma)
Enzo Ronchi
Maria Zizzari
Carlo PIana
Daniele Magalotti Occhiebello (Rovigo)
Claudia Fusani
Alberto Iavarone
Carlotta Bonvicini (Reggio Emilia)
Claudio Giua (Roma)
Maria Zangari, impiegata (Roma)
Silvio Starnini, Ponte a Egola (Pisa)
Gianfranco Rossi - Sant’Olcese (Ge)
Carlo Ravagnan
Valeria Terzani - Sesto Fiorentino (FI)
Augusto Rasori -Villastellone (TO)
Paola Torcia
Primi firmatari ad oggi, 22 gennaio 2009

 

RAI: SANTORO E' FAZIOSO. VESPA NO.

Il conduttore di “Annozero” chiede di non essere più insultato. L’azienda risponde definendolo “intollerante e fazioso”. Fini e Schifani sciolgono la Commissione di Vigilanza. Villari dovrà andarsene. Finito, speriamo, un tormentone. Riccardo Villari, il senatore, presidente della Commissione di Vigilanza Rai, se ne va. O meglio “viene andato” per decisione di Schifani e Fini. Subito se ne apre un altro di tormentone: la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione dell’azienda. Nel frattempo Michele Santoro manda a dire al Cda scaduto che non tollererà più di essere insultato. E si apre un caso.

Da qui partiamo. Il giornalista scrive una lettera in cui afferma: “Non è mia abitudine replicare a chi commenta le nostre trasmissioni e ritengo anche in questa circostanza di non rinunciare a questo mio comportamento. Tuttavia nel florilegio di dichiarazioni che hanno fatto seguito ad “Annozero”, a volte assumendo le forme del linciaggio, sono completamente scomparsi i contenuti del nostro lavoro”. Poi ricorda gli insulti che sono stati lanciati contro la trasmissione e conclude: “ Purtroppo, siccome siamo scomodi per il sistema politico è invalsa l’abitudine di entrare nel nostro studio non per discutere o argomentare, ma per insultarci. Tanto non si rischia niente. Io questo non l’ho tollerato la scorsa settimana e non lo tollererò nelle settimane a venire”. Ed ecco la risposta del Consiglio di amministrazione, lapidaria, intollerante, arrogante, priva di argomentazioni: “ La trasmissione – afferma il Cda uscente – ha peccato di intolleranza e faziosità”. Dove, chi, come, quando, perché? Evidentemente, per questi consiglieri scaduti, le immagini trasmesse sono intolleranti e faziose anche se si tratta di bambini, di donne e uomini uccisi dalle bombe israeliane.

 

Torniamo a Villari.  Il “caso” di questo personaggio, che assomiglia al giapponese rimasto nascosto nella foresta pensando che la guerra non fosse mai finita, è stato affrontato dalle Giunte per il Regolamento di Camera e Senato. Non c’era altro da fare visto che il senatore non intendeva dimettersi  per consentire la nomina di un parlamentare da parte dell’opposizione, come vuole la prassi. E lui, “dimissionato “ dal Pd, non aveva più i titoli.

 

Le Giunte  hanno così elaborato due pareri su richiesta dei presidenti di Senato e Camera  i quali, anche alla luce delle dimissioni di 37 dei 40 componenti, avevano fatto presente “dell’esito infruttuoso di tutti i tentativi posti in essere per giungere a una soluzione politica della vicenda”. Ottenuto il via libera, Schifani e Fini hanno provveduto a sciogliere la Commissione di vigilanza Rai inviando lettere di revoca a tutti i componenti. Compresi anche, ovviamente, lo stesso Villari, il radicale Marco Beltrandi e Luciano Sardelli (Mpa).

Ma Villari non si dà ancora per vinto ed ha convocato la disciolta Commissione per venerdì per discutere “comunicazioni del presidente e conseguenti determinazioni”. Vuole ancora discutere, di cosa non è dato saperlo. Trova appoggio nei radicali, i quali sono pronti a ricorrere “in ogni sede” contro la decisione di scioglimento.

L’on. Beltrandi, che era stato in lizza per la presidenza, (poi l’opposizione aveva preferito candidare Leoluca Orlando dell’Idv) minaccia fuoco e fiamme e annuncia la volontà di continuare l’occupazione solitaria dell’aula della Commissione. Lo stesso Pannella era sceso in campo, questa volta, a nostro modesto parere, per una causa sbagliata, con sciopero della fame, poi della sete o viceversa. Anche l’Idv si oppone allo scioglimento della Commissione.

Di Pietro parla di “una violazione della prassi costituzionale” perché è “Villari che si deve dimettere, ma è una scelta che spetta a lui”. Già, ma se lui non si dimette e si sono già dimessi tutti gli altri parlamentari, che si deve fare? Di Pietro, questo, non lo dice. Ora che accadrà?

La prassi prevede che si insedi la nuova Commissione e che proceda ad eleggere il nuovo presidente.

L’accordo “bipartisan” , che prevede la nomina di Sergio Zavoli (Pd), dovrebbe reggere. E’ stata la vicepresidente dei deputati del Pd, Marina Sereni, a confermare la candidatura e il pari grado della Pdl, Italo Bocchino, ha detto che “non c’è ragione di cambiare”. Nel frattempo si à già aperto il secondo tormentone che riguarda l’elezione del nuovo consiglio di amministrazione scaduto da oltre sei mesi. Impazza il toto nomina  sul presidente e il direttore generale. Circolano le più svariate soluzioni: uno dell’opposizione e uno della maggioranza.

Ma Berlusconi vuole uno dei suoi nel posto di comando reale, mentre per la presidenza Rai, il Pd se la deve vedere sia al proprio interno sia con le altre forze dell’opposizione. Da tutto ciò, naturalmente, resta fuori la tv di Stato, nel senso della politica editoriale, dei contenuti, della programmazione, delle scelte di bilancio. Contano le poltrone, mentre il piccolo schermo del servizio pubblico è sempre più inguardabile e l’informazione è sempre meno presente.

O meglio, è ridotta a dichiarazioni, propaganda per il governo, con qualche battuta lasciata anche all’opposizione. Bruno Vespa impazza, sempre di più,  e se qualcuno osa, come ha fatto Santoro, a far vedere immagini (perché la televisione si dovrebbe nutrire di immagini), viene linciato e, forse, cacciato. Questa volta anche con la benedizione del Pd. Non risulta, infatti, che dalla presa di posizione del Cda di condanna nei confronti di Santoro si siano dissociati i consiglieri che si richiamano al partito di Veltroni. Forse lo faranno più tardi. Quasi certamente no.

http://www.dazebao.org/news/index.php?option=com_content&view=article&id=2923:cda-rai-si-associa-al-linciaggio-contro-santoro&catid=37:politica-interna&Itemid=154


LETTERA DELL'AMICO FELICE CAPPA

Cari amici,
in questi giorni la tragedia di Gaza ci indigna e ci dispera, assistiamo impotenti, vorremmo fare qualcosa per fermare la follia di un conflitto che da una parte massacra indistintamente guerriglieri e civili e dall’altra non esita a utilizzare persone inermi come scudi umani e a sparare razzi contro altri innocenti.
Di fronte a tutto questo si sentono pronunciare parole come lager, nazisti, olocausto...
In questo momento potrà sembrare paradossale, ma è in dispensabile – ancora una volta – fare chiarezza su questi termini: riflettere su cosa hanno significato e cosa possono e debbano significare oggi.
E’ sbagliato confondere due orrori, entrambi enormi, ma profondamente diversi. La guerra è sempre sporca e sbagliata, le armi devono sempre tacere, ma non serve a niente mescolare, semplificare, equiparare, fare graduatorie di quello che è più indecente.
Il più grande alleato del male è l’ignoranza, la mancanza di senso critico, l’incapacità di capire le differenze.
Di fronte ai morti non si può che provare pietà e rabbia, ma per evitare che la violenza continui a mietere vittime l’unica arma che abbiamo è quella di cercare di capire in prima persona, di indagare liberi da pregiudizi, di coltivare la memoria affinché quello che è già accaduto non continui ad accadere.
Vi scrivo per proporvi uno spettacolo per la televisione che cerca di far riflettere sulla shoah, non come qualcosa di un passato ormai archiviato e che ha riguardato “solo” gli ebrei, i rom, i sinti, gli handicappati fisici e mentali, gli omosessuali, ma di un evento che riguarda tutti noi ancora oggi.
Ogni volta che si vogliono prendere le impronte ad una etnia, ogni volta che si discrimina un popolo schedandolo, costruendo muri, riducendolo alla fame, ogni volta in cui la religione è pretesto per eliminare l’altro, si rischia di ritornare a quella barbarie.
Ad Auschwitz, si dice, non sono morte “solo” 1.600.000 persone, ma l’Uomo stesso, assieme alla sua dignità, ed è assurdo che questo, se pur in altri modi, in altri contesti, continui a ripetersi.
Da alcuni anni con Moni Ovadia progettiamo di realizzare un lavoro per il giorno della memoria, lo scorso dicembre, anche se in modo rocambolesco, finalmente abbiamo colto l’occasione.
Il titolo dello spettacolo è Canto del popolo ebraico massacrato, tratto dall’omonimo poema di  Ytzhak Katzenelson, che andrà in onda giovedì 22 gennaio su Raidue, alle 23.40 circa.
Lo abbiamo registrato al Binario 21 della Stazione centrale di Milano, dove avrà sede la Fondazione Memoriale della Shoah, c’era una sola spettatrice, Liliana Segre, partita proprio da quel binario per Auschwitz.
Ci auguriamo, con questo lavoro, di aver dato un piccolo contributo al giorno della memoria e soprattutto speriamo che il canto possa diventare un urlo contro tutti quelli che predicano e praticano la sopraffazione dell’uomo sull’uomo.
Grazie a tutti quelli che vedranno il nostro lavoro e che ci aiuteranno a farlo vedere ad altri diffondendo la notizia, e se qualcuno vuol commentare faccia pure, qualunque cosa pensi ne saremo contenti.
 
Felice
 


IL GIORNALE: UN INCUBO chiamato DI PIETRO

A casa Berlusconi devono essere terrorizzati da Di Pietro. È bastato che toccasse il 15 per cento in Abruzzo e collezionasse un milione di firme contro la legge Alfano, perché "Il Giornale" di famiglia diretto da Mario Giordano scatenasse una campagna forsennata per gabellarlo come l'epicentro dell'inchiesta "Global Service" a Napoli. Peccato che, a parte un paio di sciagurate raccomandazioni tentate dal figlio Cristiano, l'ex pm sia del tutto estraneo all'indagine, che coinvolge invece gente del Pd e del Pdl. Dal 19 dicembre all'11 gennaio "Il Giornale" gli ha dedicato titoloni in 17 prime pagine su 21, mentre in Italia e nel mondo accadeva di tutto. Fior da fiore, fra i titoli più succulenti: "Tutti gli intrallazzi del clan Di Pietro"; "Gasparri: Di Pietro coniglio"; "Rivolta dei fan di Di Pietro"; "Di Pietro jr. si dimette, ora tocca a Tonino"; "Bondi: non vorrei mai mio figlio in politica"; "Di Pietro, il giallo dei rimborsi elettorali"; "Di Pietro nei guai vuol depistare e sforna referendum"; "La verità sulle case di Di Pietro". Come se i presunti "intrallazzi" su rimborsi e immobili non fossero già stati archiviati dal Gip di Roma il 14 marzo 2008. "Il Giornale" anzi scrive il contrario: «La Procura decise di rinviare a giudizio anche la tesoriera di Idv, Silvana Mura», più Di Pietro.

Invece la Procura chiese di archiviarlo, mentre la Mura non fu nemmeno indagata. In fatto di case, poi, gli editori di nome e di fatto dovrebbero suggerire al "Giornale" un pizzico di prudenza. Paolo Berlusconi confessò proprio a Di Pietro le stecche pagate alla Cariplo per rifilarle tre immobili Edilnord invenduti (alla fine fu ritenuto concusso). E sulle magioni di Silvio c'è materia per una Treccani. La villa di Arcore soffiata a prezzi stracciati a un'orfana minorenne, per giunta assistita da Previti. Il falso in bilancio amnistiato per i terreni di Macherio. Gli abusi edilizi a Villa Certosa, sanati dal condono varato dal padrone di casa.

Eppoi questa campagna ne ricorda un'altra, sferrata nel 1995-97 sempre dal "Giornale", allora diretto da un maggiorenne, Vittorio Feltri. Di Pietro minacciava di entrare in politica con un partito tutto suo, dopo aver respinto le offerte di destra e sinistra. Il 23 dicembre '95 l'house organ sparò in prima pagina un'intervista al faccendiere craxiano latitante Maurizio Raggio: "Dal Messico gravi accuse a Di Pietro. Raggio: Pacini Battaglia diede una valigetta con 5 miliardi a Lucibello per Di Pietro". E così per due anni: corrotto, concussore, venduto. Nel '97, subissato di cause perse in partenza, Paolo risarcì l'ex pm con 400 milioni di lire. Feltri si scusò in prima pagina: "Caro Tonino, ti stimavo e non ho cambiato idea". In seconda e terza pagina un lungo autodafè ("Dissolto il grande mistero: non c'è il tesoro di Di Pietro") informava i lettori che «Di Pietro è immacolato», la campagna del "Giornale" era una «bufala», una «ciofeca». E la nota "provvista" miliardaria? Mai esistita. Ma ormai l'immagine del simbolo di Mani Pulite era devastata. Infatti ora si replica.

Marco Travaglio


LEGA: IL PARTITO DELLA PAURA

                                                                                                                   Nella sua teoria del "cittadino pre-sociale" Renè Girard ricorda che, ovunque regnino l'ostilità e il sospetto reciproco, gli individui ansiosi di ritrovare un habitat sicuro tendono a "scegliere un nemico comune" e "unire le forze in un atto di atrocità collettiva". Una tassa da 50 euro per il rilascio o il rinnovo dei permessi di soggiorno agli extracomunitari e una fideiussione bancaria da 10mila euro per chiunque di essi richieda l'apertura di una partita Iva. Il doppio emendamento della Lega è il frutto politico di questa subcultura pre-sociale. E' il parto ideologico di un "governo della paura", arcaico ed autarchico, e di un "partito degli uomini spaventati", xenofobo e populista.


La norma proposta dal Carroccio riflette un'idea di destra becera e antistorica. Interpreta negativamente il problema della modernità: la solitudine del cittadino globale. Individua cinicamente il "nemico comune": l'immigrato. E introduce arbitrariamente l'atto di "atrocità collettiva": la gabella punitiva per chi entra in Italia per lavorare, o chiede di continuare a farlo nel rispetto delle leggi della Repubblica.

Per l'intera giornata, quell'odiosa misura è risultata "fatta propria dal governo e dalla maggioranza". E se almeno a tarda sera è arrivata la goffa retromarcia di qualche sottosegretario e del relatore al decreto legge anti-crisi (al quale l'emendamento leghista è agganciato), questo non si deve certo all'intelligenza e al senso civico del presidente del Consiglio: Berlusconi infatti si è ben guardato dal correggere la malsana iniziativa delle camicie verdi. Si deve invece al coraggio e al buon senso del presidente della Camera: Gianfranco Fini non ha esitato ad intimare al Pdl il rifiuto di norme "oggettivamente discriminatorie nei confronti dei lavoratori stranieri regolarmente presenti sul territorio nazionale". E si deve all'autonomia e alla tenuta di An: Andrea Ronchi, a nome dei ministri del suo partito, ha definito quella norma "del tutto inaccettabile".

Non sappiamo se e in che misura questo ennesimo strappo nel centrodestra sia il sintomo di un virus inoculato nel corpo della coalizione attraverso il federalismo, poi scaricato alla giustizia, deflagrato sull'Alitalia e ora gradualmente esteso a tutti i nervi più sensibili per l'azione di governo e per il partito di Bossi. "La Lega perde la battaglia aerea, ora attaccherà via terra", titolava ieri Europa. È probabile che l'incursione dei lumbard sugli immigrati sia effettivamente la prima mossa di questa nuova offensiva.

Ma sappiamo che questo doppio emendamento non solo è sicuramente intollerabile sul piano politico (non ha nulla a che vedere con la doverosa azione di contrasto all'immigrazione clandestina). Non solo è probabilmente impugnabile sul piano costituzionale (crea una disparità di trattamento e una disuguaglianza nei diritti delle persone, imponendo a un extracomunitario che vuole aprire un'attività produttiva ciò che non chiede invece a un italiano). Ma è anche palesemente insostenibile sul piano economico.

Gli immigrati regolari sono ormai una risorsa preziosa e insostituibile. Oggi per il nostro sistema produttivo, domani persino per il nostro Welfare. Secondo gli ultimi dati dell'Istat, rappresentano il 6,4% della forza lavoro del nostro Paese. Il 15% degli stranieri regolari presenti e occupati sul territorio nazionale ha un lavoro indipendente. Il 37,5% risiede qui da 6/10 anni. Secondo gli ultimi dati del Cnel e dell'Unioncamere, negli ultimi 5 anni le imprese individuali gestite e controllate da immigrati sono passate da circa 100 mila a 225.408, con tassi di crescita attorno al 10% annuo. Il 35% delle nuove imprese nate quest'anno ha come titolari cittadini extracomunitari. Sono piccoli imprenditori, per lo più individuali: l'85% ha meno di 50 anni e il 15% ne ha meno di 30. Ma si stanno gradualmente consolidando, dal punto di vista aziendale e dimensionale: oltre 2.500 delle nuove imprese ha più di 10 addetti.

Le misure vessatorie immaginate dal Carroccio colpiscono indiscriminatamente questa componente ormai strutturale della nostra economia. Fingendo di curare il male (l'immigrazione clandestina) in realtà ne alimentano la diffusione (spingendo verso il sommerso, e quindi verso la clandestinità, molti immigrati che hanno o cercano una collocazione nell'economia emersa). E la colpiscono senza alcuna valida ragione, se non l'ossequio a un mantra securitario declinato in termini puramente emotivi e irrazionali. Qui non c'entrano destra e sinistra. Qui non c'entra il "benaltrismo" dei benpensanti, che non vedono i rischi comunque connessi alle grandi migrazioni dal Sud povero al Nord ricco.

Queste norme sono la semplice trasposizione legale di una grave ignoranza politica e di una profonda intolleranza sociale. Sono la maschera giuridica del razzismo. Vanno contrastate da tutti i "corpi intermedi" della società. Non solo i sindacati, ma anche quegli organi di rappresentanza che troppo spesso "parlano d'altro", dalla Confindustria alla Confcommercio. Vanno osteggiate da tutte le forze politiche attente ai valori dell'equità, della solidarietà e del progresso. Vanno respinte, senza se e senza ma. Fini, meritoriamente, l'ha già fatto. Berlusconi, irresponsabilmente, continua a tacere.


BUON ANNO ISRAELE!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ignorando le convenzioni internazionali Tel Aviv ha scatenato un pesante bombardamento sulla Striscia di Gasa uccidendo oltre150 persone. Dietro l’attacco un calcolo politico-militare irresponsabile e pericoloso per tutto il Medio Oriente.

 

Violando qualunque norma di diritto internazionale conosciuta questa mattina lo stato di Israele ha dato il via all’annunciata rappresaglia sulla Striscia di Gaza. Alle 10,42 le agenzie hanno cominciato a battere notizie secondo le quali in diversi raid aerei l’aviazione di Tel Aviv ha bombardato la città più importante del territorio palestinese controllato da Hamas.

Nei mesi scorsi Israele aveva in gran parte bloccato il passaggio verso la Striscia di cibo, carburante, generi di prima necessità, come anche l’Agenzia delle Nazioni Unite per il supporto e l’aiuto ai rifugiati Palestinesi (Unrwa) aveva denunciato. Dopo la cessazione di una tregua, il 19 dicembre scorso, causata dall’uccisione da parte delle Forze Speciali di Tel aviv di alcuni palestionesi e durante la quale il governo di Ehud Olmert aveva continuato a tenere sigillata la frontiera producendo una seria crisi umanitaria, i militari di Hamas avevano reagito all’embargo non dichiarato col lancio di missili verso il territorio israeliano.

Il popolare ed autorevole quotidiano israeliano Haaretz ha riassunto la vicenda: “Circa 200 razzi Katiusha e Qassam e diversi colpi di mortaio sono stati sparati da Hamas a Negev dalla fine della tregua del 19 dicembre”. Il ministro degli Esteri e candidata premier, Tzipi Livni, aveva ribadito in più occasioni la sua volontà di “rovesciare” Hamas. “Lo Stato d’Israele e un eventuale governo da me presieduto”, aveva affermato la Livni, “faranno del rovesciamento del regime di Hamas a Gaza un obiettivo strategico. I mezzi per realizzare tale obiettivo”, aveva aggiunto, “devono essere militari, economici e diplomatici”. Secondo un retroscena riferito da Haaretz, la Livni e il vicepremier Haim Ramon hanno parlato in più occasioni dell’esigenza di far cadere il governo di Hamas a Gaza. Ma sia il ministro della Difesa, Ehud Barak, sia il capo di Stato maggiore israeliano, Gabi Ashkenazi, avrebbero ammesso che l’obiettivo al momento sarebbe “irrealistico”.

L’attacco di oggi, secondo l’Haaretz, potrebbe essere considerato come una prova di muscoli per cercare di piegare il movimento islamico ed evitare, da adesso in poi, nuovi lanci di razzi da parte di Hamas. Tuttavia, il movimento islamico sembra tutt’altro intenzionato ad arrendersi e quindi la prospettiva di un cessate il fuoco ‘per paura’ è perlomeno velleitaria.

Il quotidiano israeliano mostra come il calcolo politico sia prevalente rispetto ai pericoli indotti dal lancio di missili, che in concreto hanno prodotto danni di piccola entità. Il rafforzamento del movimento radicale Hamas, per paradosso, è la conseguenza dell’intransigenza del governo Tel Aviv, per cui è facile prevedere un peggioramento della già drammatica situazione a Gaza.

Nei giorni scorsi Haaretz aveva pubblicato il risultato di un sondaggio secondo il qualem“il 46 per cento degli israeliani sostiene di non appoggiare un’invasione massiccia della striscia di Gaza da parte delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), il 40 invece sostiene l’operazione”. Altri sondaggi hanno mostrato che la maggioranza propende per il dialogo con Hamas, ma il governo ha rifiutato ogni dialogo, ha anche frequentemente dichiarato che sarebbe stato antitetico rispetto ai desideri del popolo israeliano.

Durante l’aggressione di stamattina, secondo la radio di Hamas, i raid aerei hanno ucciso 155 persone e fatto centinaia di feriti. Il bilancio comprende 120 morti a Gaza e altre decine a Khan Younis e Rafah, nel sud del territorio palestinese. I bombardamenti hanno colpito anche diversi bambini, colpiti mentre si trovavano all’interno della loro scuole o nei dintorni. Secondo quanto riferisce l’i'nviato della Tv satellitare ‘al-Arabiya’, in questo momento la citta’ di Gaza è colpita da un black out elettrico mentre i caccia israeliani continuano a sorvolare la città.

Gli attacchi compiuti oggi dall’esercito israeliano erano però attesi e i militari di Hamas, secondo alcune fonti, avevano evacuato da giorni le postazioni più importanti. Tra gli obiettivi colpiti oltre al porto e ai centri della sicurezza sembra ci sia anche la sede della presidenza palestinese a Gaza e diverse stazioni di polizia.

Secondo la Tv araba ‘al-Jazeera’ le autorità egiziane stanno inviando decine di ambulanze e attrezzature mediche verso la Striscia di Gaza. Le emittenti televisive stanno trasmetendo le immagini di bambini per strada che piangono e di cadaveri riversi per le strade.

Il presidente israeliano, Shimon Peres, prima dell’aggressione aveva dichiarato: “Non abbiamo alcuna intenzione di entrare a Gaza e di far scoppiare una guerra nella regione”. Peres aveva annunciato che Israele avrebbe intrapreso tutti i passaggi necessari per mettere fine al lancio di razzi dalla Striscia, escludendo però la possibilità di rioccupare Gaza. “Israele non ha intenzione di andare alla guerra”, aveva detto Peres al quotidiano arabo ‘Asharq al-Awsat’.

Le forze armate però lo hanno smentitoIsraele ed un portavoce ha detto che Israele è pronto ad allargare l’offensiva sulla Striscia di Gaza “se sara’ necessario”. I militari dicono di aver colpito per “fermare gli attacchi terroristici” su Israele e di essere preparate ad “andare avanti”. “La nostra aviazione” ha aggiunti il portavoce, “è intervenuta in modo massiccio contro infrastrutture di Hamas nella Striscia di Gaza per fermare gli attacchi terroristici delle ultime settimane contro edifici civili israeliani. Abbiamo avvertito la popolazione civile della Striscia di Gaza che avremmo attaccato e Hamas, che si nasconde tra la popolazione civile, è l’unica responsabile di questa situazione. Le nostre operazioni andranno avanti e, se necessario, saranno allargate”.

Alla luce delle informazioni diffuse da Hareetz e dalle immagini trasmesse dalle televisioni locali appare chiara la strumentalizzazione dei fatti operata da Tel Aviv, il cui scopo è colpire Hamas, perchè il movimento radicale palestinese, uscito vincitore dalle ultime elezioni nella Striscia, attua una politica non gradita dal governo iraeliano.

E probabile che nelle prossime ore, se non giorni, l’offensiva continuerà. Intanto le cancellerie occidentali, come sempre, non censurano le violazioni del diritto internazionale compiute dal governo israeliano, mentre l’informazione italiana isniste nel fornire un quadro parziale della situazione.

Russia, Unione Europea, numerosi governi e l’Autorità nazionale palestinese hanno chiesto alle autorità israelianè di interrompere subito l’offensiva militare. Hamas, intanto, ha chiamato la popolazione a regire. George W. Bsuh, ormai alla scadenza del suo mandato, invece non ha invece chiesto la fine del raid aereo israeliano. “I ripetuti lanci di razzi da parte di Hamas contro Israele devono cessare perché la violenza finisca. Hamas deve porre fine alle sue attività terroristiche se vuole giocare un ruolo nel futuro del popolo palestinesi”, ha detto il portavoce Gordon Johndroe, per concludere con una frase che lascia interdetti sulla visione che l’amministrazione americana ha delle convenzioni internazionali: “Gli Stati Uniti inoltre chiedono ad Israele di evitare vittime tra i civili mentre colpisce Hamas a Gaza”.

L’unico risultato ottento da Tel Aviv è stato quello di rendere la situazione ancora più grave, come sempre accade quando le armi prendono il posto della diplomazia.

http://www.inviatospeciale.com/2008/12/israele-massacro-a-gaza/


[VIDEO] IL NEONAZISMO DELLA LEGA

L'intervento di Gentilini alla Festa dei Popoli di Venezia del 14 settembre 2008. Tra gli applausi estasiati delle maestranze della Lega, Gentilini incita con tono gutturale di "cacciare i bambini ROM, di far tacere i detrattori della Lega con tappi in bocca e nel culo. A me ricorda i deliri di Hitler contro le altre razze e l'odio riversato sulla folla delirante. E' una deriva pericolosa, un tono sprezzante che incita all'odio, frasi insostenibili in una democrazia. Se questa è la Lega, allora possiamo parlare di NEONAZISMO.  Sul palco della Festa dei Popoli,  il vicesindaco di Treviso espone “il vangelo secondo Gentilini, il decalogo del sindaco sceriffo numero uno”, aperto da un appello per la “pulizia dalle strade di tutte queste etnie che distruggono il nostro Paese”. Gentilini invoca una “rivoluzione” contro “i nomadi, gli zingari” e si vanta di aver “distrutto due campi di nomadi e di zingari a Treviso”. “Voglio eliminare tutti i bambini degli zingari che vanno a rubare dagli anziani, voglio tolleranza a doppio zero”.

Questa rivoluzione, propugnata con toni da invasato, dovrebbe colpire anche “coloro che vogliono aprire le moschee e i centri islamici e qui ci sono anche le gerarchie ecclesiastiche che dicono lasciate anche loro pregare. No! Vadano a pregare nei deserti. Aprirò una fabbrica di tappeti e regaleremo i tappeti, ma che vadano nei deserti”

I nemici della rivoluzione gentiliana sono tanti ma sempre stranieri, o per lo meno non padani. Ecco quindi che tra un attacco ai “magistrati romani e meridionali” e la proposta di smaltire la spazzatura da Napoli macinandola e dandola in pasto ai napoletani, il leghista attacca ancora gli avventori dei phone center, che “si mettono a mangiare e bere di notte, pisciano sui muri. Che vadano a pisciare nelle loro moschee se occorre, ma non nelle città italiane”.

Gentilini attacca quindi la proposta di dare il voto agli immigrati, e giustifica così il suo no: “Non voglio vedere consigliere neri, gialli, marroni, grigi, insegnare ai nostri giovani. Cosa insegnano? La civiltà del deserto? La civiltà di coloro che scappano dietro ai leoni o quelli che corrono dietro alle gazzelle per mangiarle?”. E, prima dell’invocazione finale al popolo della Lega perché sostenga la sua rivoluzione, afferma: “Non voglio più vedere queste genie che girano per le strade”.

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