FISCO 2008 nell'era di Silvio: Dipendenti e pensionati più “ricchi” degli industriali

redditi 2007In Italia appena 75.689 persone dichiarano più di 200mila euro di reddito: due terzi sono pensionati e dipendenti. Rari imprenditori e professionisti. I dati (parziali) del Fisco sulle dichiarazioni Irpef del 2008 raccontano una storia tutta italiana. Nel nostro Paese solo 75.689 persone sostengono di guadagnare più di 200mila euro all’anno (su 41.066.588 contribuenti). Di queste, ben 43.006 (il 56,8%) sono lavoratori dipendenti, statali e non. A loro si aggiungono i 18.811 pensionati. Mentre i lavoratori autonomi che nel 2007 guadagnavano più di 200 mila euro erano solo 20.061. Ancora meno “ricchi” sono i titolari di imprese individuali: su 2.043.003, in gran parte artigiani e commercianti, solo 6.253 hanno dichiarato un guadagno superiore ai 200mila euro. Un altro elemento: dei 382.662 contribuenti (meno o dell’1% del totale) che hanno dichiarato più di 100mila euro, 218.198 (più della metà) erano lavoratori dipendenti. I dati sono ancora provvisori, ma le proporzioni non sono troppo lontane dai dati definitivi. Una domanda è legittima: com’è possibile che in un Paese dove, nel 2001, 230mila persone avevano comprato un Suv costosissimo o un’auto di lusso, solo 17mila avessero dichiarato un reddito superiore ai 300mila euro? Un analogo confronto riguarda i possessori di yacht, visto che la Guardia di finanza, durante i suoi controlli, ha scoperto che sono “nullatenenti” 6 proprietari su 10.

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Altre stranezze

I lavoratori autonomi (per lo più professionisti) hanno dichiarato due anni fa 37.124 euro di reddito medio, contro i 19.334 dei lavoratori dipendenti. Non si capisce, però, come gli introiti di una ditta individuale possano risultare inferiori a quelli di un lavoratore dipendente: 18. 987 euro contro i 19.334 di un dipendente.

Imprese in rosso

Stando ai dati del Fisco, il 45% delle 940mila società di capitale italiane, nel 2007 avrebbe chiuso in rosso il proprio bilancio. Questo prima della stangata provocata dalla recente crisi economica.Come ha detto al Corriere il professor Antonio di Majo, ordinario di Scienza delle Finanze a Roma Tre, “nel campo delle società di capitali ci sono evidenti possibilità di elusione. Il fenomeno ha a che vedere con la limpidezza dei bilanci”. “Inoltre - ha aggiunto - nel nostro Paese si chiudono e aprono società con una rapidità impressionante. E questo rende difficile seguirne i percorsi”. Insomma, il “rosso” delle aziende è un escamotage.City


La mummia di Kim Il Silvio e il suo imbalsamatore

La salma di Kim Il Silvio è stata composta e mummificata nella terza camera del Parlamento italiano, la camera ardente di Porta a Porta, alla presenza dell’imbalsamatore ufficiale Bruno Vespa. Le laboriose operazioni hanno richiesto quasi tre ore e mezza di diretta, mettendo in fuga gran parte del pubblico di Raiuno. Nemmeno la desertificazione dei programmi sulle altre reti per costringere la gente a guardare solo lui ha sortito l’effetto sperato. I più hanno preferito qualunque cosa, persino L’onore e il rispetto con Gabriel Garko su Canale5 e la trentesima replica di Dirty dancing su Italia1, pur di non assistere alla raccapricciante decomposizione e ricomposizione del premier. E dire che martedì la platea televisiva era particolarmente nutrita: 28 milioni di persone. Di queste, ben 16 milioni sono transitate per qualche istante su Porta a Porta (i famosi “contatti”), ma solo una media di 3,2 milioni si è fermata lì. Nulla ha potuto il poderoso traino di Affari tuoi, che ha lasciato all’insetto una dote del 25% di share. Il tempo della pausa pubblicitaria e, alle prime note di Via col vento, la comparsa dell’asfaltato capino presidenziale in penombra ha messo in fuga quasi la metà del pubblico di Raiuno verso altri lidi. Solo il 13,4% ha deciso di sorbirsi il miglior presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni che vanta il 68% di consensi. In proporzione, meno di un terzo degli elettori della sua coalizione ha deciso di starlo a sentire: magari lo votano, ma non lo vogliono nemmeno vedere.

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La fuga di telespettatori è proseguita incessante per tutta la serata (senza contare quelli che, essendosi addormentati, non son riusciti a cambiare canale): dopo il primo spot, gli iniziali 4 milioni si erano già ridotti a 2,5, con qualche successiva risalita fino a 3. Un’emorragia inesorabile che nemmeno il ritorno del pubblico alla fine delle partite, dei film e delle fiction è riuscito a compensare. Solo i quattro cosiddetti giornalisti presenti sul luogo del disastro (specialmente l’eroico Sansonetti) hanno totalizzato ascolti inferiori alla mummia del premier, con le loro domande persino più mortifere delle risposte. Naturalmente, se Kim Il Silvio piange, Mediaset ride: grazie a Porta a Porta e alla cancellazione di Ballarò, la prima serata è stata vinta da Canale5 e Italia1 (e per non far vincere pure Rete4, si è dovuta riesumare una boiata pazzesca come Selvaggi dei fratelli Vanzina).

E dire che il pover’ometto, nonostante i maggiordomi che lo assediavano, le ha provate tutte per bucare ancora una volta il video, come ai bei tempi, quando il grande comunicatore era ancora in vita. Il “sopralluogo” con insetto al seguito fra le betoniere e le gru del “più grande cantiere del mondo” è destinato a entrare nella storia della tv subito dopo i fratelli De Rege. La scena del premier che scopre l’edilizia antisismica e la illustra al mondo come una sua invenzione è meglio del Sarchiapone. Quando poi s’introduce nello chalet pagato dalla Provincia di Trento, se ne appropria e comincia a spalancare le antine della cucina componibile e l’armadio della camera da letto spiegandone l’uso ai terremotati, supera la Cuccarini nelle televendite della Scavolini, la più amata dagli italiani. E ancora : “Presto manderemo batterie di pentole, piatti, posate e bicchieri”, evidente omaggio a Vanna Marchi (che però in questi casi aggiungeva “cinque pentole antiaderenti a gratisss, siori e siore!”). La pronuncia “niu tauns” ricordava il miglior Arbore che pluralizzava tutto, anche i “tams tams”. Notevole anche il “ma quali casette in legno! Queste sono vere e proprie ville nelle quali tutti noi vorremmo abitare”: soprattutto chi ha la fortuna di averne sette in Costa Smeralda, due in Brianza, una sul lago di Como, una a Portofino, una alle Bermuda e un’altra ad Antigua.

Ma il top, pressochè inarrivabile, Kim Il Silvio l’ha toccato con l’annuncio: “Useremo il know how unico al mondo maturato con queste case, per costruire nuove carceri”. Qui l’audience, agonizzante nel resto del Paese, ha avuto un picco improvviso nei penitenziari. La promessa di nuove carceri prefabbricate in legno ha suscitato grande interesse presso i detenuti di oggi e di domani. Gli amici si vedono nel momento del bisogno. (Marco Travaglio)


Terremoto, all'epoca dell'Irpinia le case furono consegnate prima

"Non credo che siano possibili paragoni al mondo". Così Guido Bertolaso ieri al Tg1 delle otto. Tempi da record, meraviglia mondiale per le casette di Onna, i prefabbricati in legno costruiti dalla Provincia di Trento. 15 settembre 2009. 162 giorni trascorsi dal sisma 47 casette in legno tipo chalet consegnate. Circa 200 persone ricoverate. 25 aprile 1981. 122 giorni trascorsi dal sisma, 150 casette in legno tipo chalet (Rubner costruzioni) consegnate a Laviano, Salerno. 450 persone ricoverate.
Un paragone, almeno uno è dunque possibile. E trent'anni fa non esisteva nemmeno la Protezione civile, non esistevano strade decenti, erano crollati i ponti. Per raggiungere l'Irpinia si impiegarono giorni. Il coordinamento dei soccorsi fu affidato, diciamo cosi, al radiogiornale della Rai. Chi poteva telefonava e dava le indicazioni, urlava il luogo del disastro.
Si ascoltava la radio per capire dove ci fosse bisogno. "A Balvano, a Balvano! La chiesa è crollata, 80 fedeli sepolti, urlò il conduttore". L'autocolonna prese la direzione di Balvano, ma si scordò di Baragiano, di Ricigliano. Da lì (altri trenta seppelliti) nessuno aveva chiamato... Solo i morti di Laviano (300 su 1500 abitanti) sono stati pari a quelli sofferti in tutto il territorio abruzzese. E, per dire del tempo e dell'organizzazione, a Laviano riuscirono a consegnare dopo quasi una settimana tutte le bare occorrenti, e le ultime furono ammassate ai lati di due tornanti di montagna. A dirigere le operazioni di soccorso da Roma fu incaricato Giuseppe Zamberletti. Da solo, quasi a mani nude.

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"Eppure al mio paese le prime case in legno arrivarono già a febbraio, una ventina di alloggi con tutti i servizi - ricorda il sindaco Rocco Falivena - A marzo la metà della popolazione era al caldo, negli stessi chalet che sono sorti ad Onna. Per dire: alcuni di questi ora, anno 2009, li abbiamo trasformati in albergo. A maggio dell'81 tutti gli sfollati, nessono escluso, riuscirono ad avere il salottino, la camera da letto riscaldata, il piccolo patio con giardino. In tutta franchezza quella di Onna mi sembra una zingarata".

Per capirci. Trent'anni fa ci furono quasi tremila morti, trecentomila senzatetto e un'Italia divisa in due. Alcuni villaggi furono raggiunti e assistiti dai militari ai primi di dicembre dell'80 (il sisma ci fu il 23 novembre), gli ultimi morti furono seppelliti dopo 21 giorni. Malgrado tutto, il sistema di prefabbricazione pesante fu realizzato in trecento comuni e in tempi che, l'avesse saputo, Bertolaso avrebbe definito incredibili, stratosferici, supercosmici. (Antonello Caporale)


CHI DICE "SILVIO" DICE "DANNO"

Silvio Berlusconi, con l'incredibile show della Maddalena, è incappato nel primo, serio incidente internazionale del suo "premierato da combattimento". L'evocazione dei fantasmi che lo ossessionano -le escort, le inchieste giornalistiche e le indagini giudiziarie- gli costa la "sanzione" politica di un governo europeo. Quella mezz'ora di soliloquio forsennato durante la conferenza stampa con il premier spagnolo - fuori da tutti gli schemi, le regole, le convenzioni, il buon senso e il decoro istituzionale - segna un punto di svolta non solo nel già deteriorato discorso pubblico italiano. Ma anche sul piano più delicato delle relazioni diplomatiche internazionali. Di fronte alle intemerate del Cavaliere - tra "il fascino della conquista" e le prestazioni sessuali mai pagate, tra l'autoelogio sul più grande statista degli ultimi 150 anni e l'attacco frontale non più solo a Repubblica e all'Unità ma stavolta anche al Pais - l'attonito Zapatero ha taciuto. Ha taciuto nel durante, e ha taciuto anche nelle ore successive. È evidente che quel silenzio imbarazzato, soprattutto al cospetto di una minaccia inaudita nei confronti di un grande giornale spagnolo, ha destato indignazione e malumore anche a Madrid.

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Questo spiega perché, il giorno dopo, il primo ministro spagnolo ha sentito il bisogno di tornare sul caso, anche per ragioni di convenienza interna: "coprirsi" dalle critiche della sua opinione pubblica, della sua comunità politica e di tutta la libera stampa del suo Paese. Ma le parole di Zapatero, ponderate e pesate fino alla virgola e pronunciate davanti al "collega" francese Sarkozy, gravano come macigni sulla coscienza (o sull'incoscienza) del premier italiano. Proviamo a rileggerle: "Se mantengo il silenzio è per un segno di rispetto e di cortesia istituzionale che mi impone una certa prudenza. Tutti conoscono la mia opinione sull'uguaglianza tra uomo e donna, ma tra governi abbiamo buone relazioni, abbiamo progetti comuni. Sono incontri istituzionali e dunque io rispetto sempre questi incontri e il ruolo che dobbiamo mantenere",

L'esegesi del testo è inequivoca. Zapatero, implicitamente, opera una distinzione netta nella valutazione su Berlusconi come capo di governo e sul Paese che il Cavaliere rappresenta. Ciò che pensa il premier spagnolo su quello italiano è chiarissimo: "Tutti conoscono la mia opinione sull'uguaglianza tra uomo e donna". Come dire: la sexual addiction del nostro presidente del Consiglio, e le logiche di scambio politico che la regolano, sono esecrabili e intollerabili. Ma Zapatero preferisce non parlarne pubblicamente, come preferisce non commentare gli anatemi contro il Pais, solo perché - in virtù di quella "scissione" nel giudizio - rispetta l'Italia che è partner della Spagna, come degli altri Paesi europei, in diversi "progetti comuni".

Il filo di questo ragionamento porta irrimediabilmente a una doppia, semplicissima conclusione, che conferma ciò che Repubblica sostiene da tempo. Primo: il premier è ormai drammaticamente "vulnerabile", e sistematicamente esposto al rischio di queste performance, poiché dovunque vada e con chiunque si incontri, anche oltre confine, inciampa in domande ineludibili (ancorché prive di risposte credibili) sui suoi scandali pubblico-privati. Secondo: per continuare a rispettare l'immagine del nostro Paese, le altre cancellerie d'Europa si sentono doverosamente e responsabilmente obbligate a differenziarla da quella dell'uomo che lo governa. È la prova che Berlusconi è ormai palesemente un "danno" per l'Italia. All'estero lo hanno capito quasi tutti. Prima o poi, probabilmente, lo capiranno anche gli italiani.

 

Da Repubblica, di Massimo Giannini


NON AVERE PAURA PAPA’….(Lettera ad un Padre che non c’è più)

Sono arrivato quindici minuti dopo la telefonata.
Ti hanno già portato via.
Non so se ci sei ancora o mi hai già lasciato.
Ascolto i rumori.
Cerco di captare le parole.
Guardo mia madre che piange in quel suo solito modo, arrabbiata con la vita.
Mio fratello guarda fuori della finestra e aspetta da me un segno.
E’ finita.
Ti guardo.
La stessa espressione di chi ha appena perso la vita.
Solo che questa volta davanti a me c’è un pezzo della mia vita.
Ti portano via….
Esco.
Attraverso tutto il Policlinico nel buio di una sera di fine estate,
tra i platani e un leggero vento di temporale lontano. Trovo l’ingresso chiuso.
Devo attraversare di nuovo a ritroso tutto il Policlinico e poi circumnavigarlo.
Mi incammino confuso e penso a te Papà.
Il groppo alla gola scoppia in un pianto.
Decido di piangere senza ritegno.
Non mi interessa se qulacuno mi vedrà, mi sentirà.
Siamo in un Ospedale.
Cerco di ricordare la strada e invece vedo solo le tue immagini.
Il tuo volto giovane di quando mi insegnavi il difficile mestiere d’essere uomini.
Papà……
Quando mi portavi sulla tua moto, mi insegnavi a pescare le rane.
Quando raccontavi le tue mille vite, le tue famiglie, i tuoi secoli.
Papà…..piango coprendomi la bocca.
Per un caso ripasso sotto la tua finestra.
Intravedo il movimento fra le doghe della veneziana.
Hai voluto che ripassassi vicino a te?
Non vuoi farmi andare via?
Papà, uso questa parola molte volte, per le ultime volte,
Consapevole che poi userò sempre la parola “Padre”.
Papà, Papà, sono ancora qui vicino…ripasso per errore altre due volte vicino a te.
Cosa vuoi Papà? Sento che hai paura….
Sento che sei solo….non devi avere paura Papà.
Non ci vedo.
Le lacrime mi coprono gli occhi. Mi manchi già….Piango con rabbia..
Il tuo sorriso, i tuoi silenzi, i tuoi occhi grigio chiaro domani saranno un ricordo.
La rabbia perché questi ricordi sbiadiranno inderogabilmente.
Finalmente esco. Non riesco a smettere di piangere. Mi soffoco. Sto male.
Penso alla disperazione di mia madre, alla sua inevitabile solitudine.
Al suo fatalismo.
No.
Sono obbligato a passare davanti all’obitorio per andare alla mia auto.
Ti sento Papà. Lo hai voluto tu.
Senza farci capire che te ne stavi andando hai pianificato tutto.
I soldi per il funerale, le cose da concludere a casa.
Quel tuo sguardo sofferente, il tuo respiro affannato,
Gli occhi che cercavano nel vuoto un qualcosa che non c’è.
Oddio Papà, non ci sei più.
Questo lungo viale deserto, questo leggero vento, questa luce spettrale.
Lo so che hai paura, tanta, ma passa.
Se vuoi chiamami, ma senza farmi paura.
Mi fermo, porto la mano alla bocca e mi esce un urlo soffocato, di gola, di rabbia.
Ricordo quando ti mancai di rispetto e tu lasciasti correre per non sottolineare lo sgarbo.
Quando ti insultai un giorno e rimasi fuori casa per ore mentre mi cercavi nel buio.
Avrei voluto avere il tempo di chiederti scusa.
Per le incomprensioni, gli sbagli.
Una mezzora, sicuro che avresti piegato di lato il capo dicendomi “piantala”.
Oddio Papà, mi manchi….
E domani sarà peggio.
Ti ho voluto bene. Molto.
Era difficile non volertene.
Finalmente da lontano l’auto.
L’unica nel parcheggio.
La luce fioca, le prime foglie di settembre sul marciapiede.
Dove sei ora, cosa fanno, ti ho perso. Perso.
Perso. Una parte della mia vita.
Salgo in auto e cerco di vedere la strada mentre le lacrime mi accecano.
Piango con la gola.
Do un pugno al volante.
Ti ho visto piangere ieri.
Ho imparato da te.
E’ falso che gli uomini veri non piangono mai.
Gli uomini veri piangono.
Perché hanno il coraggio delle loro emozioni.
Addio papà,
e non avere paura. Passerà, vedrai.
 
Fabio Greggio
 

DIECI DOMANDE ALL'EX CANTANTE DEL CANTAGIRO DONATO: UMBERTO BOSSI

1) E' vero, signor Bossi, che lei si rivolge affettuosamente a suo figlio Renzo chiamandolo "trota" e se sì perché?  2) Dopo aver lanciato su Facebook il gioco "Rimbalza il clandestino", suo figlio Renzo è stato nominato membro di un osservatorio dell'Expo di Milano. Attraverso quali canali di reclutamento e in ossequio a quali criteri suo figlio ha ottenuto tale nomina da 12mila euro al mese? 3) Prima di intraprendere l'attività politica lei ha per molti anni svolto l'attività di cantante col nome d'arte di Donato arrivando a partecipare (e venendo bocciato) al festival di Castrocaro. Perché ha smesso? 4) Nel 1995 lei definiva Berlusconi un mafioso con cui non si sarebbe mai alleato. Quando e perché ha cambiato idea? 5) Signor Bossi, ha rinunciato all'idea della secessione da "Roma ladrona"? Chi ha la proprietà sul "marchio" della Lega? 6) Dopo aver ottenuto il diploma di perito tecnico elettronico presso la scuola per corrispondenza Radio Elettra, lei da 22 anni siede ininterrotamente in Parlamento. Che lavoro farebbe, signor Bossi, se non facesse il deputato? 7) Dice il vero la sua prima moglie, Gigliola Guidali, quando afferma in un'intervista di aver chiesto la separazione dopo aver scoperto che lei usciva tutte le mattine di casa con la valigetta del dottore (dicendole "ciao amore, vado in ospedale") senza essersi però mai laureato? 8) Nel 1992 esplode Tangentopoli, un evento epocale che vide lei fra i più convinti sostenitori del pool di magistrati intenti ad indagare sui fenomeni di corruzione. Nel 1993 lei venne coinvolto in una questione legata a un finanziamento illecito di duecento milioni, ricevuti dagli allora dirigenti Montedison. Smise per questo di sostenere i magistrati?

 
9) Che fine ha fatto il Parlamento del Nord?
 
10) Il 26 luglio del 1997 lei affermò testualmente: "Il Tricolore lo uso per pulirmi il culo". Signor Bossi, ricorre ancora a questa pratica palesemente antigienica?
(Sandra Amurri - L'AnteFatto)

ROMA: UN EX NAZISKIN AI VERTICI DELL'AMA (RIFIUTI ROMA)

Il nuovo amministratore delegato della società Ama che si occupa dei rifiuti a Roma è Stefano Andrini. Perché il sindaco Alemanno ha scelto proprio lui? Evidentemente per il suo curriculum: una condanna a 4 anni e otto mesi per tentato omicidio, una militanza ventennale tra i naziskin romani, una aggressione (in compagnia di suo fratello) a colpi di spranga ai danni di due ragazzi finiti in ospedale e in coma, la convinta celebrazione nella città di Wunsiedel del delfino di Hitler Rudolf Hess, ecc...
«Con la nomina di Andrini il sindaco conquista il podio dell'inaffidabilità e si dimostra prigioniero dell’estrema destra. Come purtroppo previsto, ecco infatti l'ennesimo dietro front, con annessa pessima figura, di Alemanno che solo pochi mesi fa, in seguito alle notizie trapelate sui media, aveva smentito la nomina dell'ex naziskin ad amministratore delegato di Ama servizi ambientali». Lo dichiara in una nota il consigliere del Pd alla Provincia di Roma Pino Battaglia.
Il diretto interessato tenta una replica: «Sono iscritto da Alleanza Nazionale da oltre 10 anni e ora ho aderito al Popolo delle Libertà nei cui valori mi riconosco pienamente. Ho pagato il mio debito con la giustizia per ciò che è accaduto 20 anni fa e sono stato completamente riabilitato già da molti anni» e annuncia «querelerò per diffamazione e citerò per danni chiunque osi definirmi naziskin...».

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Ma a definirlo così è l’agenzia Ansa che racconta di una delle sue ultime “imprese”: una sassaiola a la Sapienza nel 1994 prima di un concerto antirazzista organizzato dalla sinistra giovanile. L’unico arrestato è Stefano Andrini. «Gli inquirenti - scrive l’Ansa - hanno ricordato che Andrini, ritenuto vicino agli ambienti dei nazi-skin aderenti a ''Movimento Politico'', era stato condannato a quattro anni di reclusione per aver partecipato il 10 giugno dell’89 all’aggressione di due ragazzi davanti ad un cinema in piazza Capranica, al centro di Roma».

DA L'UNITA'


LA CLAVA MEDIATICA: CLAMOROSO, IL CASO BOFFO E' UNA BUFALA INVENTATA DA IL GIORNALE

LA "nota informativa", agitata dal Giornale di Silvio Berlusconi per avviare un rito di degradazione del direttore dell'Avvenire, Dino Boffo, non è nel fascicolo giudiziario del tribunale di Terni. Non c'è e non c'è mai stata. Come, in quel processo, non c'è alcun riferimento - né esplicito né implicito - alla presunta "omosessualità" di Dino Boffo. L'informazione potrebbe diventare ufficiale già domani, quando il procuratore della Repubblica di Terni, Fausto Cardella, rientrerà in ufficio e verificherà direttamente gli atti. Bisogna ricordare che il Giornale, deciso a infliggere un castigo al giornalista che ha dato voce alle inquietudini del mondo cattolico per lo stile di vita di Silvio Berlusconi, titola il 28 agosto a tutta pagina:

"Il supermoralista condannato per molestie/ Dino Boffo, alla guida del giornale dei vescovi italiani e impegnato nell'accesa campagna stampa contro i peccati del premier, intimidiva la moglie dell'uomo con il quale aveva una relazione". Il lungo articolo, a pagina 3, dà conto di "una nota informativa che accompagna e spiega il rinvio a giudizio del grande moralizzatore disposto dal Gip del tribunale di Terni il 9 agosto del 2004". La "nota" è l'esclusivo perno delle "rivelazioni" del quotidiano del capo del governo. L'"informativa" subito appare tanto bizzarra da essere farlocca. Nessuna ordinanza del giudice per le indagini preliminari è mai "accompagnata" da una "nota informativa". E soprattutto nessuna informativa di polizia giudiziaria ricorda il fatto su cui si indaga come di un evento del passato già concluso in Tribunale.

 

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Scrive il Giornale: "Il Boffo - si legge nell'informativa - è stato a suo tempo querelato da una signora di Terni destinataria di telefonate sconce e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla onde lasciasse libero il marito con il quale Boffo, noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni, aveva una relazione. Rinviato a giudizio, il Boffo chiedeva il patteggiamento e, in data 7 settembre del 2004, pagava un'ammenda di 516 euro, alternativa ai sei mesi di reclusione. Precedentemente il Boffo aveva tacitato con un notevole risarcimento finanziario la parte offesa che, per questo motivo, aveva ritirato la querela...".



È lo stralcio chiave dell'articolo punitivo.



È falso che quella "nota" accompagni l'ordinanza del giudice, come riferisce il Giornale. L'"informativa" riepiloga l'esito del procedimento. Non è stata scritta, quindi, durante le indagini preliminari, ma dopo che tutto l'affare era già stato risolto con il pagamento dell'ammenda.



Dunque, non è un atto del fascicolo giudiziario.



Per mero scrupolo, lo accerterà anche il procuratore di Terni Cardella che avrà modo di verificare, con i crismi dell'ufficialità, che la nota informativa non è agli atti e che in nessun documento del processo si fa riferimento alla presunta "omosessualità" di Boffo.



La "nota informativa", pubblicata dal Giornale del presidente del Consiglio, è dunque soltanto una "velina" che qualcuno manda a qualche altro per informarlo di che cosa è accaduto a Terni, anni addietro, in un "caso" che ha visto coinvolto il direttore dell'Avvenire.



L'evidenza sollecita qualche domanda preliminare:



è vero o falso che Dino Boffo sia "un noto omosessuale attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni"?



È vero o falso che la polizia di Stato schedi gli omosessuali?




Sono interrogativi che si pone anche Roberto Maroni, la mattina del 28 agosto.

Il ministro chiede al capo della polizia, Antonio Manganelli, di accertare se esista un "fascicolo" che dia conto delle abitudini sessuali di Dino Boffo. Dopo qualche ora, il capo della polizia è in grado di riferire al ministro che "né presso la questura di Terni (luogo dell'inchiesta) né presso la questura di Treviso (luogo di nascita di Boffo) esiste un documento di quel genere" e peraltro, sostiene Manganelli con i suoi collaboratori, "è inutile aggiungere che la polizia non scheda gli omosessuali: tra di noi abbiamo poliziotti diventati poliziotte e poliziotte diventate poliziotti".



"Da galantuomo", come dice ora il direttore dell'Avvenire, Maroni può così telefonare a Dino Boffo e assicurargli che mai la polizia di Stato lo ha "attenzionato" né esiste alcun fascicolo nelle questure in cui lo si definisce "noto omosessuale".



Risolte le domande preliminari, bisogna ora affrontare il secondo aspetto della questione: chi è quel qualcuno che redige la "velina"?

Per quale motivo o sollecitazione?

Chi ne è il destinatario?




C'è un secondo stralcio della cronaca del Giornale che aiuta a orientarsi. Scrive il quotidiano del capo del governo: "Nell'informativa si legge ancora che (...) delle debolezze ricorrenti di cui soffre e ha sofferto il direttore Boffo "sono a conoscenza il cardinale Camillo Ruini, il cardinale Dionigi Tettamanzi e monsignor Giuseppe Betori"".



C'è qui come un'impronta.



Nessuna polizia giudiziaria, incaricata di accertare se ci siano state o meno molestie in una piccola città di provincia (deve soltanto scrutinare i tabulati telefonici), si dà da fare per accertare chi sia o meno a conoscenza nella gerarchia della Chiesa delle presunte "debolezze" di un indagato.



Che c'azzecca?

E infatti è una "bufala" che il documento del Giornale sia un atto giudiziario.



E' una "velina" e dietro la "velina" ci sono i miasmi infetti di un lavoro sporco che vuole offrire al potere strumenti di pressione, di influenza, di coercizione verso l'alto (Ruini, Tettamanzi, Betori) e verso il basso (Boffo).



È questo il lavoro sporco peculiare di servizi segreti o burocrazie della sicurezza spregiudicate indirizzate o messe sotto pressione da un'autorità politica spregiudicatissima e violenta. È il cuore di questa storia. Dovrebbe inquietare chiunque.

Dovrebbe sollecitare l'allarme dell'opinione pubblica, l'intervento del Parlamento, le indagini del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), ammesso che questo comitato abbia davvero la volontà, la capacità e soprattutto il coraggio civile, prima che istituzionale, di controllare la correttezza delle mosse dell'intelligence.



Quel che abbiamo sotto gli occhi è il quadro peggiore che Repubblica ha immaginato da mesi. Con la nona delle dieci domande, chiedevamo (e chiediamo) a Silvio Berlusconi: "Lei ha parlato di un "progetto eversivo" che la minaccia.

Può garantire di non aver usato né di voler usare intelligence e polizie contro testimoni, magistrati, giornalisti?".



Se si guarda e si comprende quel che capita al direttore dell'Avvenire, è proprio quel che accade: il potere che ci governa raccoglie dalla burocrazia della sicurezza dossier velenosi che possano alimentare campagne di denigrazione degli avversari politici.

Stiamo al "caso Boffo".



La scena è questa.



C'è un giornalista che, rispettando le ragioni del suo mestiere, dà conto - con prudenza e misura - del disagio che nelle parrocchie, nei ceti più popolari del cattolicesimo italiano, provoca la vita disordinata del capo del governo, il suo modello culturale, il suo esempio di vita.



È un grave smacco per il presidente del Consiglio che vede compromessa credibilità e affidabilità in un mondo che pretende elettoralmente, indiscutibilmente suo.

È un inciampo che può deteriorare anche i buoni rapporti con la Santa Sede o addirittura pregiudicare il sostegno del Vaticano al suo governo. Lo sappiamo, con la fine dell'estate Berlusconi decide di cambiare passo: dal muto imbarazzo all'aggressione brutale di chi dissente.



Chiede o fa chiedere (o spontaneamente gli vengono offerte da burocrati genuflessi e ambiziosissimi) "notizie riservate" che, manipolate con perizia, arrangiate e distorte per l'occasione, possono distruggere la reputazione dei non-conformi e intimidire di riflesso i poteri - in questo caso, la gerarchia della Chiesa - con cui Berlusconi deve fare i conti.



Quelle notizie vengono poi passate - magari nella forma della "lettera anonima" redatta da collaboratori dei servizi - ai giornali direttamente o indirettamente controllati dal capo del governo. In redazione se ne trucca la cornice, l'attendibilità, la provenienza.



Quei dossier taroccati diventano così l'arma di una bastonatura brutale che deve eliminare gli scomodi, spaventare chi dissente, "educare" i perplessi.



A chi altro toccherà dopo Dino Boffo?



Quanti sono i dossier che il potere che ci governa ha ordinato di raccogliere? E contro chi?




E, concluso il lavoro sporco con i giornalisti che hanno rispetto di se stessi, a chi altro toccherà nel mondo della politica, dell'impresa, della cultura, della società?


STAMPA MONDIALE: NUOVA BADILATA DI STERCO SU BERLUSCONI E SU UN PAESE SENZA IL SENSO DEL RIDICOLO

La stampa internazionale torna a occuparsi in modo capillare delle vicende italiane e in particolare del premier Berlusconi, impegnato - osservano la maggior parte dei titoli - in un duro scontro con la stampa mentre i suoi rapporti con la chiesa "raggiungono un nuovo punto critico" (ma della Chiesa, ammonisce il Times, Berlusconi ha ancora bisogno, come tutti i governanti italiani e forse anche di più). La Bbc titola: "Berlusconi porta in giudizio dei media" e sottolinea come la scelta del premier italiano riguardi testate di tutta Europa. «Anche se il caso non è senza precedenti», nota l’emittente, «l’ampiezza e l’ambizione della risposta di Berlusconi sono rare». Sul tema dello scontro con i media insiste anche il Guardian: «Berlusconi dichiara guerra ai media europei dopo i servizi sugli scandali sessuali». Il quotidiano accenna anche al duro attacco del Giornale, quotidiano di proprietà del fratello del premier, contro il direttore di Avvenire e osserva come «Il Vaticano ha annunciato con uno scarno comunicato l’annullamento di un incontro tra Berlusconi e un suo alto rappresentante» (il Cardinal Bertone). Alla vicenda dedica l’apertura della prima pagina anche il Financial Times: «Berlusconi fa causa dopo le accuse di scandalo»: «duramente colpito dalla pubblicazione di notizie sui suoi rapporti con prostitute e minorenni, il premier italiano, ha cercato ieri di mettere il silenziatore ai suoi critici dando incarico ai suoi legali di far causa ad almeno tre media in Italia, Francia, Spagna».

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SCONTRO CON LA CHIESA - La crisi dei rapporti tra il premier e la chiesa cattolica è invece al centro dei titoli scelti da altri giornali. Il Times parla di una "spaccatura tra Berlusconi e il Vaticano dopo un attacco al direttore di giornale cattolico" mentre il tabloid Mail scrive: "Berlusconi porta in giudizio i media dopo le accuse mentre i suoi rapporti con la chiesa cattolica giungono a un nuovo minimo". Il Times, oltre alla cronaca, affronta la questione in un commento che sottolinea come "Silvio Berlusconi non può ignorare facilmente l’influenza di Papa Benedetto XVI". Nel caso di Berlusconi, nota il quotidiano, "In Italia ogni governo ha bisogno di corteggiare la chiesa... E l’approvazione dei cattolici è ancora più acuta per Berlusconi" visti i numerosi "scandali relativi alla sua vita privata, scandali che sono continuati ad emergere nonostate che il premier controlli i media".

IN GERMANIA E IN FRANCIA - In Germania Die Welt titola "Berlusconi furioso per le imbarazzanti domande sul sesso" mentre la Bild sottolinea che "Il premier italiano chiede risarcimenti per un milione di euro". In Francia l'Express scrive che "Silvio Berlusconi fa causa a media in Italia e all’estero". Europre 1 evidenzia che "Berlusconi fa causa a LeNouvel Observateur " mentre con understatement lo stesso settimanale nel mirino titola sobriamente: "Berlusconi fa causa ad alcuni giornali europei per diffamazione". France info dal canto suo sceglie un taglio leggermente diverso e più diretto: "Vita privata: Silvio Berlusconi attacca la stampa". Liberation si concentra sull’offensiva del premier contro il quotidiano Repubblica: "Silvio Berlusconi cita in giudizio La Repubblica".

IN SPAGNA - In Spagna Abc riferisce che "Berlusconi denuncia media italiani, spagnoli e francesi per diffamazione" mentre El Pais scrive: "Belusconi lancia un’offensiva contro la stampa e la Chiesa" il premier, nota il quotidiano, "torna dalle vacanze alla grande attaccando frontalmente la stampa e la chiesa, i due poteri che osano disturbare i suoi deliri di impunità".

da Corsera


ON. COTA E RENZO BOSSI: ISCRITTI AI GRUPPI FACEBOOK "TORTURA I CLANDESTINI PER DIFESA" E "RIMBALZA CLANDESTINO"

“Immigrati clandestini: torturali! E’ legittima difesa”.
Questa è l’immagine (tratta, mi dicono, da un volantino leghista) che presenta il gruppo di Facebook della Lega Nord di Mirano, di cui abbiamo già parlato in uno scorso articolo: stasera ce l’hanno segnalato ancora una volta e abbiamo scoperto con vero orrore che tra gli “amici” di questo gruppo appare l’”onorevole” (le virgolette a questo punto sono d’obbligo) Roberto Cota, segretario nazionale della Lega Nord Piemonte.
Credo che l’iscrizione di Cota a un gruppo che con la sua immagine di presentazione (presente anche in altri gruppi di Facebook) istiga alla violenza xenofoba dovrebbe essere sufficiente per chiedere le sue immediate dimissioni dalla Lega Nord: forse questo in Italia non succederà mai.  Ma invito ugualmente tutti i cittadini italiani con un minimo di coscienza civile a denunciare questo fatto gravissimo, chiedendo l’immediata cancellazione del gruppo da Facebook  (e le dimissioni di Cota). CLICCA QUI PER ACCEDERE ALLA PAGINA DI FACEBOOK

da : http://www.ilponente.com/index.php?p=17341/

 

Le polemiche e l'indignazione che hanno accompagnato la scoperta del gioco razzista "Rimbalza il clandestino" hanno sortito l'effetto desiderato: i gestori di Facebook sono intervenuti, cancellando l'applicazione. Il gioco, scaricabile, fino a ieri sera, dalla pagina ufficiale della Lega Nord, amministrata da Renzo Bossi, figlio di Umberto, sparisce così dal popolare social network, intervenuto dopo le moltissime segnalazioni degli utenti. Già venerdì, sempre su Facebook, era nato il gruppo "facciamo sparire il gioco leghista". In poche ore, ha totalizzato oltre 4700 iscritti e continua a crescere. Moltissimi i clic di denuncia, tramite la stessa pagina di "Rimbalza il clandestino", dove è disponibile, come per tutte le applicazioni di Facebook, un apposito bottoncino "segnala".



Il gioco è stato creato agli inizi di questa estate da Fabio Betti, 23enne di Leggiuno, coordinatore dei Giovani Padani del Medio Verbano e amico di Renzo Bossi. I due condividono la passione per l'informatica e, insieme, amministrano la pagina ufficiale della Lega su Facebook. Un gioco che hanno sviluppato insieme e che circola da settimane sui profili dei leghisti. Condividerlo è semplice: basta andare sulla sua pagina, e scegliere di pubblicarlo sotto forma di link. Lo scopo dell'applicazione è respingere le barche con i clandestini a bordo, cliccandoci sopra, e facendole sparire dallo schermo. Più se ne cancellano, e più si va avanti. Perde chi non riesce a contenere l'invasione dei "nemici". In questo caso si riceve il classico messaggio di "game over", insieme a un invito a ritentare la fortuna: "Prova ancora. Vedrai che la prossima volta riuscirai a dimostrare di essere un vero leghista".



Sul gruppo creato appositamente su Facebook al fine di far sparire l'odioso passatempo estivo leghista, gli iscritti non hanno avuto dubbi nel definirlo, come ha fatto Anna, "un vergognoso episodio di ignoranza nata dall'ignoranza". Oltre ai commenti diretti contro il figlio di Bossi, molti hanno attaccato la Lega: "Stanno veramente varcando il limite, l'arroganza del potere gli sta dando alla testa. Disperati che muoiono in mare e loro ci giocano sopra, ignobile", ha scritto un utente che si è firmato Carlo, mentre Atta ha manifestato il timore che "tutto passi per una ragazzata". Qualcuno ha proposto: "Iniziamo a denunciare i leghisti per i crimini che stanno compiendo: vilipendio alla Costituzione, incitamento all'odio razziale, crimini contro l'umanità". C'è stato anche chi ha fatto notare che "su Facebook c'è di ben più grave, soprattutto gruppi inneggianti a violenze ben peggiori, contro albanesi, rumeni, gay".



Ovviamente, questa mattina, viene espressa soddisfazione alla notizia che il gioco è stato cancellato. "Meno male che questo scempio è finito. Le vittorie sono queste. Internet permette questo e altro", sottolinea Alessandro. E mentre alcuni parlano di "piccola grande vittoria", altri propongono di proseguire nell'opposizione al gioco: "Essendo ancora presente il link sulla pagina della Lega, segnaliamo anche quella per razzismo". Lo scopo sarebbe far sparire il Carroccio dal social network, cosa complicatissima.



"Rimbalza il clandestino" aveva suscitato lo sdegno dell'opposizione, a poche ore dalla notizia dell'ennesima tragedia in mare nella quale, secondo i sopravvissuti, sarebbero morti 73 migranti. Dario Franceschini, segretario del Pd, parlando di un governo "xenofobo e razzista", era stato netto: "Non è più tempo di archiviare tutto ciò come stupidaggini o propaganda estiva: questo si chiama razzismo". Se il capogruppo dell'Udc al Senato, Giampiero D'Alia, aveva sollecitato "l'intervento dell'autorità giudiziaria e del ministro dell'Interno", il responsabile educazione del Pd Giuseppe Fioroni aveva chiesto a tutte le forze politiche di "non sottostare al ricatto della Lega che trasforma, come fa il figlio di Bossi su Facebook, le sofferenze umane in un gioco". Persino il quotidiano spagnolo El Mundo aveva dedicato spazio al passatempo virtuale, titolando:



"La Lega nord italiana gioca ad affondare le zattere su Facebook". L'Arci, invece, aveva promosso una denuncia nei confronti della Lega Nord e di Renzo Bossi per istigazione all'odio razziale. Polemiche che, però, non hanno scosso gli amministratori della pagina della Lega Nord. Lo stesso Fabio Betti, intervistato dal quotidiano La provincia di Varese, ha continuato a difendere la sua applicazione: "Ci rivolgiamo a un target giovane, ed è quindi inevitabile dover utilizzare un linguaggio semplificato e uno strumento, il gioco, in grado di attirare l'attenzione".



http://www.repubblica.it/2009/08/sez...co-chiuso.html

L'Arci ha denunciato la Lega Nord e Renzo Bossi per istigazione all'odio razziale, dopo che il figlio del Senatùr ha ideato (e messo online) il videogame «Rimbalza il clandestino». «Non è più sufficiente limitarsi all'indignazione di fronte alla barbarie cui siamo giunti - dice Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell'Arci -. Mentre il Canale di Sicilia inghiotte altre decine di esseri umani, mentre nei Cie le dure condizioni di vita e la rabbia per una detenzione ingiustificata in uno stato di diritto spingono i migranti ad atti estremi di protesta, il sito ufficiale della Lega ospita un nuovo giochino che dovrebbe aiutare i suoi visitatori a passare il tempo fra una ronda e l'altra».http://www.corriere.it/politica/09_a...4f02aabc.shtml


ELIO VELTRI - EVASIONE FISCALE: "C'E' PIU' GUSTO AD ESSERE ITALIANI"

Obama fa sul serio. Ha trattato con il governo svizzero per farsi dare migliaia di nomi di americani evasori fiscali che avevano depositato i soldi presso il colosso bancario UBS. Poiché l’UBS, a causa di un enorme pacchetto di titoli tossici, rischiava di andare a fondo, trascinandosi dietro tutta la Svizzera, il governo di Berna li ha acquistati, ma con dollari ottenuti dalla Federal Reserve americana, scambiati con franchi svizzeri. Forte della cessione di ben 60 miliardi di dollari, il governo Obama ha presentato il conto e ha chiesto i nomi degli evasori i quali, se vogliono evitare i tribunali penali e le manette, che in America non sono metaforiche, devono pagare tutte le tasse dovute allo Stato e una penale del 20 per cento. Appena circolata la notizia che il Presidente faceva sul serio, centinaia di americani che avevano portato i soldi all’estero per evadere il fisco si sono presentati negli uffici dell’IRS, il fisco americano, per regolarizzare la loro posizione. Poiché la fila degli evasori aumenta di giorno in giorno, l’IRS, per evitare l’intasamento degli uffici, li ha invitati autodenunciarsi on line. Anche la Francia tratta con la Svizzera per avere i nomi dei suoi evasori e l’Inghilterra sta trattando con il Liechtenstein, altro noto paradiso fiscale con un segreto bancario impenetrabile. E l’Italia? Il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera, attraverso il TG1, ci ha fatto sapere che gli italiani che hanno portato i soldi all’estero per evadere il fisco sono 170mila. Quindi molto di più degli americani, dei francesi e degli inglesi messi insieme.

 

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Poi, con l’avallo del ministro Tremonti, ha aggiunto che noi i nomi degli evasori non li avremo, ma saranno perseguiti lo stesso. Come? Avviando procedimenti giudiziari che durano anni? Chiedendo rogatorie internazionali impossibili per nomi che non sono certi? Sarebbe bene dire la verità agli italiani: non c’è bisogno di tutto questo per la semplice ragione che un americano evasore paga tutte le tasse con l’aggiunta di una multa del 20%. Un Italiano evasore, in forma anonima, utilizza lo scudo fiscale a paga il 5% di quanto dovrebbe pagare ottenendo la cancellazione di tutti i reati commessi. Questa può essere l’unica spiegazione dell’ottimismo del direttore Befari e del ministro.
Però, come avevo già scritto nei giorni scorsi, le conseguenze sono disastrose perché, oltre alla beffa del 5%, meno di quanto costerebbe a un evasore la parcella del suo avvocato, l’anonimato favorisce l’arrivo di soldi sporchi di corruzione, frode fiscale, bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e di soldi sporchi di reati mafiosi come traffico di droga, di essere umani, smaltimento di rifiuti tossici e compagnia cantando. Insomma, lo Stato decide di diventare il più grande riciclatore di denaro sporco di ogni provenienza, a gratis o quasi.
Eppure il recente provvedimento dello Scudo Fiscale contiene una norma molto importante che potrebbe costituire un precedente da utilizzare per confiscare i beni mafiosi che si trovano in Italia e in qualsiasi parte del mondo. Mi riferisco all’inversione dell’onere della prova: non è più lo Stato a dover dimostrare se un bene è stato acquistato con denaro sporco, ma è il proprietario del bene a dover domostrare che il denaro era pulito e quindi lo è anche il bene.
Non si capisce perché un provvedimento tanto importante e innovativo, consigliato fin dagli anni 90 dalla commissione Fiandaca per la lotta alla mafia, lo si debba “sputtanare” con uno tanto grave come lo Scudo Fiscale.

Tralascio l’argomento della voragine dell’economia illegale e criminale sul quale ritornerò, anche se ne ho già parlato.

da: www.radicalsocialismo.it


CRAXI: DALLA RIABILITAZIONE ALLA SCOPERTA DELLE TANGENTI PERSONALI.

 A turbare gli uomini non sono i fatti, ma le cose che stanno attorno ai fatti: le opinioni. La massima che apre il 'Tristram Shandy' di Sterne si riconferma attualissima. Mentre Stefania Craxi, deputata berlusconiana, rilancia in tutte le sedi (Roma, Trieste, 'Corriere della Sera') l'opinione che suo padre Bettino, il perseguitato, fosse "il campione del moderno riformismo", rinfacciando alla sinistra "il moralismo di Berlinguer diventato giustizialismo con Mani Pulite", il Tribunale di Milano torna a dover accertare la verità dei fatti. A chiederlo è stato Giorgio Tradati, l'amico d'infanzia di Craxi divenuto, come spiegavano le condanne definitive, il tesoriere delle "tangenti personali" di Bettino (diverse dai fondi neri del Psi) "fino al '92". Scoppiata Mani Pulite, la Svizzera sequestrò ciò che restava su quei conti esteri: oltre 2 miliardi e 800 milioni di lire, riconsegnati all'Italia e depositati nel Palazzo di Giustizia di Milano. Dove però la Procura, una volta smantellato il pool, si era dimenticata di trasformare il sequestro cautelare in confisca. Di recente un avvocato di Tradati ha provato a farseli restituire con una tesi memorabile: l'usucapione.
Traduzione: essendo rimasti vincolati a suo nome per oltre un decennio, Tradati ne sarebbe diventato il legittimo proprietario. Ma la procura si è opposta: niente usucapione. Anzi, effetto boomerang, il Tribunale ne ha ordinato la "confisca definitiva".

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Perché i "fatti accertati" documentano che erano "profitti della corruzione di Craxi", ora destinati a risarcire lo Stato italiano. P. B.

da Espresso

 

 

 


L'EDITTO BANANAS PER NORMALIZZARE LA RAI RIBELLE

È fatto assoluto divieto alla tv pubblica di criticare il capo del governo, i suoi amici, i suoi avvocati, i suoi leccapiedi e soprattutto le sue donne; che siano ministre, elette o trombate di liste locali. È consentito però abbattere a fucilate le sue ex mogli. Considerato che, per quanto riguarda Raiuno e Raidue (nonché Canale 5, Italia 1 e Rete 4) non esiste pericolo di contrasto con la maggioranza, l’attuale proclama s’intende rivolto a Raitre e al Tg3. Grazie al liberalismo del premier, rete e notiziario potranno continuare ad andare in onda, se si atterranno ai seguenti temi: bellezza del capo (di fronte e di profilo), sua eccezionale statura internazionale (sorvolare sempre sulla statura fisica); elogio della voce e del canto, nonché della scrittura poetica e musicale. Per quanto riguarda il Paese, i servizi del Tg3 potranno spaziare da Padre Pio alla inarrestabile ripresa economica, frutto dell’attività del premier e delle sue intense relazioni con statisti, statiste e starlette statuarie. (Roberto Cotroneo)

[SIAMO ALLA FRUTTA] - PAOLO GUZZANTI: "SILVIO E' UN PORCO E NAPOLITANO SA TUTTO"

Paolo Guzzanti, parlamentare del centrodestra eletto con il Pdl e poi passato al Pli, prima in un post e poi in risposta a un commento sul suo blog apre un nuovo capitolo sugli scandali sessuali di Berlusconi. Oltre a specificare di essere «tra quelli che pensano e anzi sanno che davvero tutto è politico, che la vita privata di una persona pubblica è pubblica e che si risponde di tutto», Guzzanti scrive di aver lasciato Berlusconi anche «per il suo atteggiamento puttaniero di disprezzo per le donne, tutte le donne, essendo un gran porco e una persona che ha corrotto la femminilità italiana schiudendo carriere impensabili a ragazze carine che hanno imparato solo quanto sia importante darla alla persona giusta al momento giusto, sollecitate in questo anche dalle madri, quando necessario. Quest'uomo ai miei occhi corrompe la gioventù e mina le basi della società minando il rispetto nei confronti della donna». Continua l'onorevole: «Ciò è avvenuto (l'abbandono del Pdl da parte di Guzzanti, ndr) in concomitanza delle voci, che io ho potuto verificare come purtroppo attendibili (non prove, ovviamente, altrimenti le avrei presentate io), secondo cui un famoso direttore ha mostrato e fatto leggere a un numero imprecisato di persone (deputati e deputate di Forza Italia per lo più) i verbali che tutti i direttori di giornale hanno, ma che avrebbero deciso di non usare su sollecitazione del Presidente Napolitano. Si tratta di trascrizioni da intercettazioni avvenute nell'ambito dell'inchiesta di Napoli e poi fatte distruggere da Roma, in cui persone che ora ricoprono cariche altissime si raccontano fra di loro cose terribili che la decenza e la carità di patria mi proibiscono di scrivere, anche se purtroppo sono sulla bocca di coloro che hanno letto i verbali. Io ne conosco almeno tre.

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Dunque io non ho molti dubbi su quanto è accaduto ed accade». Poco oltre, in risposta a un lettore che gli chiedeva ulteriori chiarimenti, Guzzanti va oltre: «Io dico, e lo confermo, che le cose che mi sono state raccontate da più fonti (e io sono uno dei mille e più di mille raggiunto dai dettagliati resoconti di chi ha letto) sono assolutamente disgustose: rapporti anali non graditi, ore e ore di tormenti in attesa di una erezione che non fa capolino, discussioni sul prossimo set, consigli fra donne su come abbreviare i tormenti di una permanenza orizzontale pagata come pedaggio. I dettagli sono centinaia e non sono io che li nascondo, perché io sono soltanto uno cui alcuni lettori dei verbali (persone serissime, uomini e donne, tutti della stessa area di centro destra) hanno raccontato ciò che hanno letto, ovviamente con una massiccia concordanza dei dettagli stessi. Il giorno in cui un magistrato, lette queste mie parole, volesse interrogarmi per sapere da chi ho avuto queste relazioni e chi fosse il giornalista che ha fornito il materiale in lettura, farei il mio dovere e farei i nomi».

da: http://www.nuovasocieta.it/attualita/1551-mab.html