CRICCOPOLI: ECCO TUTTI I NOMI NELLA LISTA DI ANEMONE

PERUGIA - È un elenco che raccoglie tutti gli interventi edili (di ristrutturazione e ricostruzione) affrontati da Diego Anemone negli uffici pubblici e appartamenti privati della nomenklatura nazionale. Palazzo Chigi, la residenza privata di Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli, le abitazioni degli ex ministri Pietro Lunardi e Claudio Scajola, prime e seconde case, in città e in montagna. Le dimore di Guido Bertolaso (si scopre che a Roma sono due: in via Bellotti Bon e in via Giulia) e i suoi uffici della Protezione Civile. E ancora capi di gabinetto, capi di dipartimento nei ministeri, capi di uffici legislativi, della Protezione civile e del ministero della Giustizia, dirigenti Rai, generali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri, agenti dei servizi segreti. Una lista dettagliata dei lavori al Viminale, ai ministeri dell'Economia e delle Infrastrutture, nella sede di Forza Italia e negli alloggi privati di segretarie di ministri (è il caso di Fabiana Santini assistente del Ministro Scajola, oggi assessore regionale nel Lazio). Ma nell'elenco appaiono anche i nomi di giornalisti, registi (come Pupi Avati che però respinge gli addebiti: "Tutto regolare"), produttori cinematografici, sacerdoti e parenti di vari "notabili".  Un "libro mastro" che conterrebbe poco meno di 500 nomi (412 secondo alcune indiscrezioni). Nel novero ci sarebbero anche nomi altisonanti della sicurezza nazionale. Sono ora in corso verifiche per accertare se i beneficiari dei lavori di Anemone ne hanno goduto per fini istituzionali o con finalità private. Non è soprattutto chiaro se e quali lavori siano stati regolarmente pagati o e se sono il frutto di regalie.

 

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L'elenco è stato sequestrato il 14 ottobre del 2008 dalla Guardia di Finanza di Roma negli uffici della società di Diego Anemone, il costruttore appena uscito dal carcere al centro della cosiddetta "cricca", un sistema incardinato nelle figure di Angelo Balducci, Mauro Della Giovampaola, Fabio De Santis, gli alti funzionari che assegnavano gli appalti pubblici. Per oltre 19 mesi queste "carte" sono state "custodite". E sarebbero ancora lì, nel buio, se le inchieste delle procure di Firenze e di Perugia non avessero spezzato il silenzio sul sistema affaristico capace di condizionare decisioni politiche, burocrazie, spesa pubblica, nomine. Una ragnatela che si è rafforzata negli ultimi anni quando il governo ha trasformato le politiche pubbliche in politiche di "emergenza" che hanno cancellato ogni trasparenza nell'assegnazione degli appalti.

L'elenco, che Repubblica è in grado di rivelare, mostra innanzitutto quanto fragile sia la difesa messa in campo dagli ex ministri Scajola e Lunardi; e soprattutto il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso.

Lunardi ha sempre dichiarato che  -  è vero  -  gli è capitato di utilizzare le imprese di Diego Anemone, ma soltanto per trascurabili lavori nella sua casa di campagna nei pressi di Parma. Le carte oggi documentano che gli interventi delle ditte di Anemone a vantaggio dell'ex ministro sono almeno tre, oltre quello di Parma. Nel suo "sistema gelatinoso" risultano lavori di ristrutturazione nel palazzo di via Dei Prefetti (acquistato da Lunardi a bassissimo costo grazie ai buoni uffici di Anemone e forse grazie al suo denaro), a "Cortina d'Ampezzo" (una casa di montagna del ministro) e nell'ufficio di Via Parigi; infine in via Sant'Agata dei Goti dove c'è un appartamento venduto nel 2004 da una società del figlio di Lunardi a "Iniziative Speciali" della madre di Claudio Rinaldi, commissario per i Mondiali di Nuoto (la Procura di Perugia ha chiesto l'arresto di Rinaldi).

Scajola, ministro dell'Interno e poi per l'attuazione del programma e infine in questa legislatura ministro dello Sviluppo economico, ha detto di non sapere chi fosse "questo Anemone", eppure è stato proprio Anemone a pagare 900 mila euro in nero per il suo appartamento al Colosseo. Nelle carte si scorge un rapporto molto più diffuso. C'è traccia della ristrutturazione della casa di Via Fagutale con vista sul Colosseo ma anche di due "interventi" a suo favore in un appartamento di via Barberini 38 e nel suo ufficio di ministro di Via Molise.

Guido Bertolaso è però il caso più clamoroso. Nel suo interrogatorio a Perugia non ha ritenuto di raccontare ai pubblici ministeri Tavernesi e Sottani dei rapporti professionali intercorsi tra sua moglie e Diego Anemone. Soltanto nella conferenza stampa convocata a palazzo Chigi, Bertolaso  -  consapevole che alcuni giornali erano già in possesso della notizia  -  ha ritenuto di bruciarla svelando pubblicamente che sua moglie era stata incaricata dal costruttore-corruttore di ridisegnare il verde del Salaria Sport Village. Gloria Piermarini incassò 25 mila euro soltanto per la progettazione: "Un lavoro interrotto  -  ha spiegato il sottosegretario  -  quando si seppe che Anemone sarebbe stato beneficiario di appalti da parte della Protezione Civile".

È questa l'affermazione smentita. Dal repertorio contabile sequestrato ad Anemone si viene a sapere che non solo il costruttore ha ristrutturato l'appartamento di Bertolaso in via Bellotti Bon (ha ammesso di essersi fatto risistemare le "tapparelle"), ma anche in due occasioni un altro appartamento in via Giulia, di cui fino ad ora non si conosceva l'esistenza. Il nome di Bertolaso figura in una terza occasione. Soltanto il cognome. "Bertolaso", e nulla più (non è indicato il luogo dell'intervento nè la modalità). Ma soprattutto si legge che già dal 2004 Anemone interviene negli uffici della Protezione Civile di via Vitorchiano e anche in altre due occasioni nell'ufficio personale del capo della Protezione civile in via Ulpiano.

Quindi, la moglie di Bertolaso accetta di lavorare per Anemone dopo che questi ha già goduto di appalti da parte del marito e non come ha lasciato credere pubblicamente Bertolaso che quel rapporto professionale s'è interrotto perché era nato il legame tra Anemone e la Protezione civile. Dalle carte dell'inchiesta emerge un'altra netta smentita ad una delle affermazioni che il direttore della Protezione civile ha diffuso nei giorni scorsi. Bertolaso ha detto che sempre si è dato da fare con successo per contenere la spesa impedendo che gli appalti si gonfiassero. Se si legge invece, dei "lavori relativi al quarto lotto di interventi infrastrutturali e complementari della Maddalena per il palazzo delle Conferenze", si scopre che i lavori aggiudicati per 52 milioni di euro, lievitano fino 104 milioni di euro. Quindi raddoppiano. Vediamo ora il lungo elenco (ancora provvisorio e incompleto) dei beneficiari delle opere di Anemone così come state raccolte dagli inquirenti che hanno tra parentesi e in neretto annotato le loro generalità, la funzione, il luogo dell'intervento.

Riproduciamo integralmente il testo sequestrato dalla Guardia di Finanza con l'elenco dei lavori effettuati dalla ditta Anemone. Un elenco in cui non si specifica se le ristrutturazioni siano state pagate o meno.

"Via Aosta Ingegner Rinaldi (Claudio, commissario Mondiali di nuoto). Via Merulana + via Poliziano (Pittorru, Francesco, generale della Guardia di Finanza ora ai servizi segreti). Mario (GF) Frosinone (Mario Pugliese, guardia di finanza, lavorava nella sede di via dell'Olmata, è ritenuto un informatore di Anemone).

Enrico B. (Bentivoglio, funzionario di via Ferratella dove ha sede il Dipartimento delle opere pubbliche diretto da Angelo Balducci). Mauro Della Giovampaola Materiale per casa Infernetto (è il capo missione struttura G8 alla Maddalena, all'Infernetto c'è la sua casa privata).

S. Giuliano Scuola Campobasso (il terremoto, il 21 ottobre 2002, distrusse la scuola di S. Giuliano uccidendo 27 bambini e un'insegnante). Palazzo Chigi  -  Letto. Palazzo Chigi  -  Cucina. Ladispoli, Marco Caiazza (funzionario provveditorato opere pubbliche di Roma o sovrintendenza) Spinaceto. Todi Pupi Avati (regista).

Riggio Federico (figlio di Vito Riggio, Enac?) Via La Spezia. Mancino Chiara (figlia di Nicola) + Corso Rinascimento. Fabio De Santis. Sarappalti Alessandria (la società è collegata con Giandomenico Monorchio, il figlio dell'ex-ragioniere dello Stato). Donati (Alberto, genero di Ercole Incalza, capo struttura di missione nel ministero delle infrastrutture di Alterio Matteoli). Innocenzi (Giancarlo. membro Agcom?), Via della Conciliazione. Fiori Villa Settembrini (potrebbe essere Publio, ha rapporti con Anemone). Liolli Luigi (ingegnere dei vigili del fuoco di Roma). Cesara Bonamici Via Della Vite (giornalista Tg5). Rino (Settembrino Nebbioso, detto Rino). Peppe Pascucci (suocero di Anemone e padre di Arnaldo Pascucci, funzionario dei servizi, fornitore di un cellulare ad Angelo Balducci).

Via Merulana 71 Pittorru. Gen. Via Due Macelli Gen Savino Parquet-Cucina-Scala-Armadi-Porte (generale dei carabinieri ora in pensione). Pugliese (Mario viene attivato da Anemome dopo i controlli dell'ottobre 2008, oggi sarebbe ai Servizi). Via Ruffini P. Fiori (Publio).

Imbrighi (Giampaolo, ha progettato lo stand italiano a Shangai Expo, professore universitario, è suo il progetto della piscina di parco san Paolo). Lungotevere dei Papi via Aosta (casa di Claudio Rinaldi). Piazza della Pigna  - Via della Pigna (case di Angelo Balducci, comprate con gli assegni di Zampolini). Prof. Thau (suocero di Angelo Balducci, la cui moglie è Rosanna Thau)Vicolo delle Campane n. 16. Luciana Segretaria AB (segretaria al ministero di Balducci). Roberto Calcabrini (titolare Cogecal, impresa che ha fatto la bonifica al G8, un lavoro che ha visto la collaborazione di Francesco Piermarini che da una nota risulta essere retribuito con 125 mila euro). Via Ofanto  -  Poletti (ex generale della Guardia di Finanza, ora ai Servizi segreti, già coinvolto nell'inchiesta Why not).

Monorchio Via Sistina (Andrea Monorchio è stato ragioniere generale dello Stato). Forleo (Maria Pia, funzionario del ministero delle infrastrutture, stretta collaboratrice di Balducci, importante il suo ruolo nell'assegnazione dei lavori per il Mondiali di nuoto) Via Foscari 121. Paolo Zini (tecnico ufficio Mondiali di nuoto, tra i progettisti della piscina parco San Paolo di Pisciscelli). Ing. Rinaldi Via Appia-Via Aosta-Via Nazionale. Di Mario (Roberto, segretario particolare di Algelo Balducci) Via Franco Sacchetti  -  Opere di falegnameria. Aiello (Giacomo, capo ufficio legislativo della protezione civile, la vera mente del dipartimento: prepara tutte le ordinanze) Via Appia 442 Lavori Vari di Falegnameria. Viale Giulio Cesare 15 a sig. Leone G. Carlo (vice direttore generale della Rai). Dottoressa Iurato (dirigente del ministero degli Interni che si occupa di logistica, caserme...). Colonnello Granada GF. Mons. Camaldo (Francesco, decano dei cerimonieri pontifici) Università Cattolica S. Giovanni.

Mancino (Nicola, vicepresidente del Csm) via Arno corso Rinascimento via Adda. Via Poggio Catino 33 signora Nastasi (moglie di Salvo Nastasi, capo di gabinetto di Bondi?). Via Latina Lorenzo (Balducci abita al 25). Via Orticara 14 Sig Occhipinti Andrea (produttore cinematografico, Lucky Red). Via dei Cartari (al numero 11, abita Mauro Masi, direttore generale Rai, la casa è di proprietà di uno dei figli di Balducci, acquistata con gli assegni di Zampolini). Blandini (Gaetano, direttore cinema del ministero dei beni culturali). Collina Fleming Sig. Lillo (Calogero) Mauceri di Palazzo Chigi (è stato nel governo Prodi alla segreteria generale di Palazzo Chigi con Carlo Malinconico). Via Bruno Buozzi 107 figlia M. Pia Forleo (vedi sopra). Della Giovanpaola Mauro Casa (funzionario del ministero delle Infrastrutture), min. Mazzella-Silvestri-anno 2005 (Luigi Mazzella e Gaetano Silvestri, giudici costituzionali).

 

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13 maggio 2010)

Da Repubblica


CRICCOPOLI: "DEVONO ANDARSENE!"

La madre, la moglie, la figlia, la suocera. Il fratello della fidanzata, il cognato, la ragazza dell'amico del figlio, l'ex ragazza. L'amante, la segretaria, l'autista. Il figlio del giardiniere della casa di campagna. Il capo di gabinetto, il capo dell'ufficio legislativo, il capo del dipartimento, l'archivista, il dirigente Rai, il giornalista, il regista, il produttore, il generale. L'assistente del generale. Il ragioniere, suo genero l'attore. L'ex moglie.Lasorella. Il miglior falegname della città, come lo chiama Bertolaso, ha la mappa dettagliata delle parentele e delle relazioni fino al quinto grado, coppie di fatto e clandestine comprese, dei suoi clienti. Siccome è preciso - la mole di lavoro, del resto, possente - annota in un quadernetto. A volte col solo nome di battesimo. Altre volte col solo indirizzo. In casi di intimità estrema con l'iniziale, con un nomignolo affettuoso. Il miglior falegname della città è generoso: non segna cifre, niente importi, non un pagato o da pagare come succede, per dire, a chiunque di voi porti il cappotto in lavanderia. No, con le case ai Fori o a Cortina non funziona così. A volte dimentica persino di aver realizzato i lavori o di aver fatto dono di un appartamento. Nel mucchio può succedere. Poi capita anche che qualcuno pretenda di pagare, per i lavori ottenuti: una bizzarria, una forma di moralismo che va compresa e assecondata. Qualcuno certamente ha pagato. C'è chi ha persino conservato le ricevute, gente d'altri tempi.

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Per il resto: tutto in un conto unico. In cambio di che cosa lo dirà la magistratura, voi intanto siete liberi di immaginare per quale motivo un falegname così prodigioso da esser divenuto il titolare delle ristrutturazioni per conto dei servizi segreti oltre che delle più costose e grandi opere pubbliche degli ultimi anni si adoperasse a riparare tapparelle a casa della suocera del funzionario del ministero, si figuri se disturba, ci mancherebbe.

 La moglie di Guido Bertolaso lavorava per lui. Non è vero che l'abbia fatto solo prima che Anemone si aggiudicasse gli appalti, come ha detto suo marito in conferenza stampa. Il falegname con gli occhiali a specchio faceva lavoretti per Bertolaso - in casa e in ufficio - da molto, molto prima che la signora rimettesse a posto i giardini del Salaria Village. Una piccola menzogna, certo, nel monte di falsità e nella palude di corruttela che la cricca gelatinosa ha costruito e poi abitato per anni. Bisogna partire da quelle spudorate menzogne (omissioni? dimenticanze?) e tirare il filo. Basta, davvero. Devono andarsene, la cloaca di corruzione non può ingoiare il paese intero. Lo divoreranno. Non lasciamoglielo fare.

 Pretendiamo le dimissioni di chi ha corrotto e chi si è fatto corrompere, pazienza se strilleranno che è una congiura, una gogna, un complotto. Hanno sempre fatto così: colti in flagrante, messi di fronte all'evidenza dei fatti hanno protestato cose tipo: state violando la privacy. Loro invece stanno violando l'ultimo residuo di dignità. Anemone ha avuto anche i lavori di ricostruzione della scuola di San Giuliano, quella dove morirono 27 bambini e un insegnante. Di terremoto in terremoto hanno fatto miliardi e lasciato a noi le macerie. Non sono gli italiani senza lavoro né speranze a dover lasciare il paese. Sono loro che devono andarsene. Ricostruiremo da capo. Staremo meglio. (Concita De Gregorio)


Dall'11 al 13 maggio Ecoshow, una diretta on-line per l'ecologia.

Martedì 11 alle ore 15 trasmetteremo un'intervista con Dario Fo e un pezzo inedito di 30 minuti intitolato "L'Apocalisse Rimandata ovvero benvenuta catastrofe", di e con Dario Fo e Franca Rame.

Dall'11 al 13 maggio su Ecoshow www.ecoshow.it andrà in onda il primo evento completamente on-line e in diretta che parla di ambiente e di ecologia.

Per tre giorni, dalle 15 alle 18, ospiti internazionali, esperti, consulenti parteciperanno ad incontri, conferenze, seminari, spettacoli  on-line in diretta sul sito di Ecoshow. I visitatori e gli utenti di www.ecoshow.it potranno interagire in tempo reale, via e-mail o SMS, con i protagonisti, per commentare, porre domande, parteciapre a concorsi a premi.

Il tema di questa edizione è Ridurre, Riusare, Recuperare/Riciclare, un argomento di grande importanza e urgenza.

Per scaricare il programma completo clicca su http://www.ecoshow.it/images/documenti/programma.pdf.
E inoltre, un'area espositiva con alcune tra le più importanti aziende del settore, dove vedere le ultime novità ed entrare direttamente in contatto.

News sul mondo dell'ecologia, una Sala Stampa, un'area dedicata all'Arte per l'ambiente,...
Insomma, un evento assolutamente da non perdere.
Ti aspettiamo dall'11 al 13 maggio su Ecoshow.

Jacopo Fo

Ecoshow

Argomento: 

SKAJOLA - "MA CHE BURLONI, GLI COMPRANO UNA CASA E NON GLI DICONO NIENTE...

Questo è il governo giusto per il nostro paese: ha carte in regola, doti provate, ha il fiuto per cogliere il segno dei tempi. Due sono i fondamenti attuali della nostra patria: il mattone e la famiglia. Valori importanti enfatizzati dalla recessione economica che ci fa soffrire. Il mattone: sgombrate il campo dai brutti pensieri che fin qui avete dedicato a Scajola e affidatevi a ciò che sapete con certezza e cioè che nessuno al mondo sarebbe riuscito, come lui, a comprare una casa di 180 metri quadri davanti al Colosseo per poco più di seicentomila euro. Quindi, basta decidere di affidare al ministro ligure tutti i nostri soldi (?) perché ci compri lui delle belle case e al diavolo le agenzie. La famiglia: conoscete qualcuno più bravo e coscienzioso di Umberto Bossi nel piazzare i suoi figli? Se avete in casa ragazzi che, lo avete capito, non sono tagliati per lo studio e nemmeno per fare gli indossatori di tanga, affidateli a lui, mal che vada finiranno stipendiati dalla Padania ladrona. Cuntént, pistola?
(Toni Jop - L'Unità)

 

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Ogni giorno uno scandalo. Irei Scajola, oggi Ciarrapico, domani Verdini. Finirà mai questo incubo?


IL MINISTRO BONDI OFFENDE LA CULTURA. SI DIMETTA!

Il libretto è già stato letto, il melodramma intitolato «decreto-legge per il riordino delle fondazioni lirico-sinfoniche» già visto e rivisto. Il rozzo ministro berlusconiano, il bieco baritono Bondi, che infierisce contro la Cultura. I sindacati che sparano acuti e scioperi nella difesa della Cultura oltraggiata e, già che ci siamo, di indifendibili privilegi castali e corporativi. 
Intorno, il coro stonato delle opposte tifoserie politiche che più strepitano quanto meno conoscono la materia: anche perché non è che, a parte le prime con i fotografi, di politici all’opera ne vediamo spesso. E non mancano le comparse: chi i teatri li dovrebbe gestire, sovrintendenti e direttori artistici che, con le dovute eccezioni (il migliore, non a caso, abbiamo dovuto importarlo dalla Francia) sono dei politicantucoli finiti in teatro perché troppo scarsi o troppo poco scaltri per assicurarsi una Asl.Il nostro è davvero uno strano Paese. Che le «fondazioni lirico-sinfoniche» (un regalo della riforma fatta da Veltroni nel ’96 e ovviamente fallita) non possano andare avanti così è del tutto evidente. Il problema è semplicissimo: se la maggior parte delle risorse (da un minimo del 56% a un massimo dell’80) di ogni fondazione serve solo a pagare gli stipendi di chi, più o meno (più meno che più, dice il governo) ci lavora, non resta nulla per l’attività, insomma per produrre spettacoli. Come se un ospedale spendesse tutto per pagare lo stipendio a un chirurgo ma il chirurgo non potesse operare perché non ci sono i soldi per comprare i ferri e le bende.

 

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Da qui stagioni che, sempre beninteso con le ridovute eccezioni, non sono solo modeste per qualità (perché non è che questi chirurghi siano tutti dei virtuosi del bisturi) ma soprattutto disperanti per quantità. Pochi spettacoli, pochissime recite e molti dipendenti pagati per non lavorare. Poi si blatera di eccellenze italiane, quando basta comprare un biglietto low cost o anche solo qualche dvd per rendersi conto che qui di eccellente c’è solo l’ignoranza. Tanto più in questi anni dove, alla faccia della crisi che pure colpisce duro, nel mondo civilizzato le platee sono piene, anche di giovani, e sulle scene soffia impetuoso il vento della fantasia, della novità, della spregiudicatezza, del coraggio (da noi, si sa, prendono ancora sul serio Zeffirelli).

Per l’opera, globalmente, questo è un buon momento. In Italia, invece, il governo non trova di meglio che tagliare gli stipendi per decreto, mentre i sindacati scioperano per difendere il diritto dei professori d’orchestra, ovviamente culturale, a ricevere un’indennità se indossano il frac. Ma non si potrebbe, per una volta, far finta di essere seri? Mettersi intorno a un tavolo, esaminare le cifre, studiare le alternative e far funzionare i teatri come un normale servizio pubblico, come succede a Londra o a Zurigo o a Berlino, dove l’opera la si fa molto di più e molto meglio che in Italia e senza decretare o scioperare d’urgenza? Magari ricordandosi di tre dati di fatto.

Primo: o l’opera è sovvenzionata o l’opera non si fa, quindi la politica decida una volta per tutte se vuole investirci dei soldi. Secondo: l’opera è il principale contributo della civiltà italiana a quella mondiale degli ultimi quattro secoli e la nostra lingua e la nostra cultura soprattutto per l’opera continuano a essere conosciute e amate. Ieri sera, 30 aprile, si sono date in tutto il mondo 93 rappresentazioni: bene, 38, poco meno della metà, in 15 Paesi di tre continenti, erano d’opera italiana. Terzo: l’opera non solo ci rappresenta all’estero, ma in patria: se un’identità nazionale c’è, l’hanno fatta anche e forse soprattutto Rossini e Verdi e Puccini e tutti gli altri. Quindi prima di chiudere i teatri e buttare via la chiave bisognerebbe pensarci un attimo. Giusto per non passare dalla farsa alla tragedia. (Alberto Mattioli - La Stampa)

dal blog: http://maus.splinder.com/


RESISTENZA! PER NON MORIRE ...TROTE

Caro diario, ancora una volta sono qui, presente, a festeggiare la Liberazione. Ma ogni anno ho sempre più la sensazione di venirci non per festeggiare, ma per difendere un principio che in molti cercano di cancellare, banalizzare, minimizzare. Sono cresciuto con questi valori: negli anni 60 alle elementari cantavamo le canzoni della Resistenza come saggio finale. Era normale. Oggi non lo sarebbe più. Perché? Perché questo valore, la Resistenza, non è più condiviso? Che cosa è successo? Qualcuno accusa che questa ricorrenza è diventata egemonia delle Sinistre. In realtà, caro diario, le Destre per decenni se ne sono fregate della Resistenza. E ora che Berlusconi e la Lega, con modalità differenti, si sono dissociati da questo valore, accusano la Sinistra di avere trasformato la Festa in un corteo antigovernativo. Ma fino a 20 anni fa questo valore era largamente condiviso: partigiani cattolici, azionisti, socialisti, comunisti, repubblicani e liberali, si riconoscevano in questa festa, nel suo valore, nella sua ricorrenza. Si vabbè, cerimonie cariche di retorica, riti pagani sempre uguali, atti simbolici, corone, fanfare e i soliti noiosi discorsi sempre uguali…. Ma i Partigiani erano eroi, nostri miti, per una Nazione che non ha mai tagliato la testa ad un Re, che non si è mai ribellata a parte qualche “5 giornate” qui e là…Giovani che sfidavano la vita, rischiavano i lager, ragazze che portavano armi dentro i cesti passando fra le fila dei nazisti, vere belve crudeli: sarebbero questi i giovani opportunisti che di colpo avevano sposato l’esercito angloamericano perché più forte? Rischiando la vita? Caro Diario, non ho capito perché quest’anno Napolitano e le altre istituzioni hanno commemorato il 25 aprile il 24 aprile. Quasi a voler minimizzare il corteo storico della Resistenza. E perché alla Scala, posto d’elite, e non in una piazza? Avevano paura del lancio di ortaggi e gatti morti?

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Ma una classe politica che ha paura della piazza dovrebbe interrogarsi.In corteo ho ritrovato la mia gente, giovani chiassosi, vecchi partigiani con gagliardetti e gonfaloni, famiglie con il gelato in mano e mio figlio Edoardo fra bandiere rosse su un camion con il gruppo rock  dei T.O.W.E.D, anarchici incazzati, 50enni nostalgici della sinistra extraparlamentare, Gino Strada che camminava di qua, e Cossutta di là. Per un attimo non mi sono più sentito solo, io che vivo in una regione dove più del 60% ha votato a destra. Ho ritrovato la ragione di credere e di continuare. Una fiumana, forse meno fiumana degli anni precedenti, ma pur sempre impressionante. Forse c’era in giro più incazzatura, quella per la rabbia di non avere più forti punti di riferimento, di essere soli di fronte al lento sgretolamento.
Caro Diario, finito il corteo mi sono incamminato verso Corso Buenos Aires dove avevo parcheggiato l’auto. Avevo arrotolato le mie cinque bandiere rosse del Movimento RadicalSocialista. Pur sempre rosse, una volta arrotolate. Non più fra la mia gente, mi sentivo osservato. Qualcuno a denti stretti dietro di me sbofonchia rabbioso: “comunisti…”.
Cammino sentendomi un pesce fuori dell’acqua, dal tempo, dal mondo, fra ragazzi griffati e con le sopracciglia rifatte, ragazze tatuate che parlano di Tv, ragazzini che schizzano qui e la con gli scooters.
A 500 metri Piazzale Loreto. E la progressiva inutilità, l’insostenibile indifferenza e l’incipiente sensazione di estinzione darwiniana.E’ stata una bella giornata, faceva caldo e, mentre sfilavamo, l’ingresso del Planetario era stracolmo.Qualcuno ci ha perfino fatto una foto. Anche la Digos dietro di noi.Uno di questi anni sono pronto a ricevere noccioline. Bandiere ai balconi pochissime. Per ora qualche bandiera nei posti pubblici c’è ancora. A breve sarà forse verde. E una Trota ci spiegherà i nuovi valori imprecando contro negri e culattoni. 60 anni: il tempo giusto per dimenticare. 
Caro diario, moriremo Trote?
Fabio Greggio dal sito MRS
 

LA TROTA NON AZZECCA NEMMENO LE DATE. E' LA MERITOCRAZIA BELLEZZA!

Dopo le dimissioni di Ciampi, motivate da diplomatiche ragioni di stanchezza, anche Zagrebelsky, Gregoretti e Dacia Maraini meditano di lasciare il comitato dei garanti per le celebrazioni dell'Unità d'Italia, liberando quell'impotente consesso dal peso ingombrante della cultura. Perché a questo dovevano servire i festeggiamenti: a restituire agli italiani un minimo di conoscenza della propria storia. Ci si può dividere fra sabaudi e borbonici, unitari e federalisti, partigiani e repubblichini. Ma solo dopo aver saputo chi diavolo fossero tutti costoro. E cosa potrà mai saperne chi, come Bossi jr, afferma che «il tricolore identifica un sentimento di 50 anni fa», cioè gli Anni Sessanta, periodo di contestazioni studentesche nel quale il tricolore era semmai disprezzato come feticcio borghese? O quel sindaco veneto che per la festa della liberazione dal nazifascismo (1945) vorrebbe sostituire «Bella ciao» con le canzoni del Piave che gli alpini cantavano durante la prima guerra mondiale (1915-18)?L'ignoranza è la dannazione d'Italia dal giorno della sua nascita. La novità è che adesso la si esibisce con orgoglio, recitando quattro frasi lette su un opuscolo. Come la storia di ogni altra nazione, la nostra ha ospitato orrori ed eroi, la deportazione dei briganti meridionali nelle fortezze alpine, ma anche il sacrificio di tanti giovani morti con l'Italia sulle labbra.

 

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Meriterebbero di essere ricordati con più rispetto: per la lingua e la memoria di un Paese che non farà mai i conti col suo passato fino a quando continuerà a oscillare fra il revisionismo e la retorica.  (Massimo Gramellini)


A' SPARTACO GIANFRANCO FINI: "LO SCHIAVO CHE SFIDO' L'IMPERO"

Segnatevi questa data perché l'era del superuomo è finita. Certo ci vorrà tempo, mesi forse anni perché il naturale dibattito interno di un partito diventi veleno che lo corrode e lo sfinisce come è accaduto, appunto negli anni, ai partiti che abbiamo conosciuto prima dell'avvento del messia, fossero di destra di centro o di sinistra. Ci vorrà tempo, quello del Pdl si conta da ieri. Il centralismo carismatico su cui è stato costruito a prezzo del sacrificio della destra di Fini - e per buone ragioni, ragioni di marketing elettorale e di posti di potere - ha conosciuto un affronto finora impensabile: come nella fiaba del bambino e del re in mutande. Osanna al re, e nella folla una voce che dice: ma è nudo. A Berlusconi non deve essere mai successo niente di simile, di certo non in pubblico. Il mito del sole in tasca, del venditore fortunato, dell'uomo dei miracoli adorato dalle genti non contempla possibilità di critica. Nessuno fra i suoi ha mai saputo o potuto dire forte: imbrogli, sbagli, menti. Non conveniva. Ha detto ieri Fini: lo facevano solo sottovoce e quando voltava le spalle. L'unica è stata la moglie, ma quella è una vicenda privata e abbiamo visto comunque quanto feroce sia stata e sia ancora l'ira del sovrano e la vendetta: umiliata, ritratta nuda come "velina ingrata" e fatta inseguire dai giornali di famiglia fin nelle isole ad aprile deserte. Ora è Fini, però, che si alza e lo indica col dito dalla platea sbalordita (impagabile la faccia del fido Bonaiuti seduto accanto) e gli si rivolge chiamandolo per cognome: «Berlusconi, te lo dico in faccia». L'elenco di quel dirà è incompleto e sommario, date le circostanze. Tu sai bene come sono andate le cose nelle presentazione delle liste a Roma. I giornalisti "lautamente pagati da tuoi parenti stretti" mi danno la caccia perché dico quello che penso, mi trattano da traditore. Berlusconi è sotto choc.

 

Lo vedete qui come non l'avete visto mai: prende il microfono e strilla tu non sei venuto in piazza San Giovanni, tu non puoi parlare così sei il presidente della Camera. Sottinteso, ma neanche tanto: io te l'ho data e io te la tolgo. Sei roba mia anche tu. Ecco, questo hanno visto ieri milioni di italiani. L'inizio del tramonto del Re Sole. La prima ombra, per le conseguenze vedremo. Potrà comprare i finiani uno ad uno, come ha promesso, ma d'ora in avanti sarà in pubblico. E poi l'esito non dipenderà solo da Fini. Tutto il mondo politico, sinistra compresa, si muove da oggi in uno scenario nuovo. Un'ottima occasione per battere un colpo, volendo anche due. (Concita De Gregorio)


UNA SERATA A BURRACO ON LINE

Care amiche e amici… anche nemici, come già altre volte ho postato discorsi sul Burraco on-line sul mio blog (www.francarame.it), rieccomi a raccontarvi le ultime riflessioni su questo fantastico passatempo. Dopo una giornata al computer, verso sera, mi fiondo a giocare come una matta. ‘Fiondo’ è il termine esatto, anke se non mi sposto di un millimetro. Kiudo il file su cui sto lavorando dal mattino (in questo periodo sto terminando “Arlecchino”una commedia di Dario per Einaudi), un’ebbrezza interiore mi assale… sorrido… automaticamente rilasso i muscoli del collo, spalle… klicco sull’icona del mio “distrarmi”: “burraco3d.com” e vaaaiii! Ke bel respiro mi esce… Scruto curiosa la chat hall… Ki c’è? Ki gioca?... Tutti occupati… Mannaggia! Apro un tavolo da 4… e aspetto. Arriveranno? Subito, speriamo, e ke siano simpatici. E’ normale ke tra tanti giocatori ci sia qualcuno ke non vorresti incontrare. C’è modo e modo di giocare: non mi piacciono quelli ke vogliono vincere ad ogni costo (mi capita a volte quando il nemico è in eccessiva difficoltà, di dare uno scarto buono… e non sono l’unica: anche al terribile ‘Sterminetor’ scappa (di rado) un atto gentile. Ci son quelli ke non lasciano mai una carta da raccogliere, e lo scarto ke ti danno è lo stesso da 10 minuti… che so, il 4 di quadri… tu, che aspetti il 7 di picche per scendere con un misero tris, ci ragioni sopra… e decidi di cambiare gioco: mi dai quadri? E quadri sia! Lentamente costruisci una scala a quadri e se sei in fortuna ti arriva… raccogli sveltina, quel 4 ke maledicevi e tràcchete!, sbatti sul tavolo 5 carte che “forse” ti porteranno al burraco (purtroppo devo inserire pinella tra il 7 e il 9). Ma chissà… capace ke la mia socia/o, ce l’abbia e riesca a kiuderlo… Un occhio al punteggio… siam quasi pari…Volano baci: kiss kiss…Tocca alla socia. Spii sul tavolo la tua calata bella rossa… “per me ce l’ha… ce l’ha…” e speri. No. Cala un misero tris di tre, roba da cappella mortuaria… poi 4 carte con pinella che blocca: scala a fiori… (‘NON SI BLOCCANO MAI LE PINELLE’ DICE STERMINETOR – MIO GRANDE MAESTRO - E HA RAGIONE) “Non ce l’ha, maledizione…” ora cala tre assi… rivolano i kiss sulla chat… una sguardata al punteggio - e poi arriva un otto a quadri, rosso ma rosso… ke più rosso nn c’è… (il kiss ora lo spedisco io, maiuscolo KISSSSSSSS) e poi aspetti il burraco… speri di kiudere, così loro non prendono pozzetto. Gli ultimi 3 minuti e pure l’ultima mossa è nostra. Partita vinta. E via ke si ricomincia. Se invece è del nemico… beh si rigioca: ci rifaremo. Ma è bello egualmente. Vorrei conoscervi tutti… incontrarvi, parlare, ridere e giocare dal vivo. Uno sta a Trapani, l’altro a Catania… Palermo, Napoli, Brindisi ecc. Quando kiedo: tutti giocatori meridionali, come mai? Mi si risponde: precariato. Disoccupazione. Mi immalinconisco. Ieri con Rolando (eccezionale) abbiam vinto una sacco di partite. Almeno 3. Con Savana e Franna, io stavo con Golden: perse due. Bleckangel75, bel giocatore, Bentenuto, Amore, Giamma (tremendo se ce l’hai contro) Luxi, Lina50, Morry, Club3, Giusyy, Norma, Antonella65, Mancinosx, Pollon (straordinaria e generosa, fa parte dello staff… nn giocarci… perdi di sicuro) Lucylucy con le sue 2092 partite vinte (ke paura…), Becc, Viennese, Crisp280, Cicos, Dedalux, Pinella, Lulu744,Toro, Twenty, Papero, Marilinda con i suoi gloriosi 90 anni e tantissimi altri…TUTTI ATTENTI VELOCI E BRAVISSIMI. Poi ci sono gli scorretti: quelli ke quando il loro punteggio è basso, abbandonano. Lo staff dovrebbe intervenire e pure bannarli. Fan solo perdere tempo. Quando un giocatore ti chiede: “cosa vuol dire obl.?” controlli… e sei rovinata: è un principiante. Ha giocato 3 partite e 2 perse. Sai ke devi aiutarlo: spieghi, consigli; non sempre ti danno retta, non raccolgono mai, scartano carte ke van bene al nemico e… ti prepari al -100. Ok. Anch’io sono stata principiante. Va bene. Kissssss.Veramente scrivo sempre “baci”, mi sento più a casa mia. Ieri sera è stata una serata folle. Giocavo con Imma72, Ally78 e Marilinda. Ad un certo punto mi rendo conto ke scrivo un messaggio e clicco per postarlo sulla chat. Niente. Si cancella. Riprovo…nulla. Mi innervosisco… sento il bisogno di comunicare la mia impossibilità di commentare il gioco… scopro ke se scrivo una parola allungandola o accorciandola funziona. Credo che, meglio delle mie parole, la lettura che segue renda chiaramente la comicità della situazione. Ho riso come una matta dal principio alla fine della serata. Ancora ridevo a letto con Dario che mi kiedeva cosa mi causasse tanta allegria. E rido ancora adesso al ricordo. Ho chiesto ad AllY78 di copiare il nostro dialogo. L’ha fatto Marilinda. Divertitevi come mi sono divertita io. Eccovelo. “ ET” E’ TORNATO PARTITA A BURRACO UN PO’ MOVIMENTATA IMMA72 : cc ALLY78 : ciao a tutte MARILINDA : buonasera a tutti VERONICA : cc VERONICA : ccccc VERONICA : 334****** MARILINDA : ?????? MARILINDA : da chi vuoi essere chiamata? VERONICA : nnn sssccrrivvvo VERONICA : tttoo VERONICA : vvvvvoooiii VERONICA : sssuuubbbiiitttooo ALLY78 : veronica sei sicura di star bene? VERONICA : ssssssìììì VERONICA : ttee ALLY78 : bevuto acqua a cena? VERONICA : nnn ppposss ssscrriiiv kke ccccosìììì ALLY78 : perché???? VERONICA : nnn sssssoo ALLY78 : dalle mie parti c'è un buon centro ALLY78 : vieni che ti accompagno io ALLY78 : :-) VERONICA : ttteeelllef VERONICA : tel VERONICA : tel VERONICA : tel VERONICA : pppprrreeego ALLY78 : ma chi ti deve chiamare??? ALLY78 : ci fai preoccupare VERONICA : tel VERONICA : tel VERONICA : 334****** ALLY78 : marilinda chiamala davvero VERONICA : m MARILINDA : ma perchè ? scrive male ma il numero di telefono lo scrive bene VERONICA : kia VERONICA : t VERONICA : tel tel VERONICA : tel VERONICA : tel VERONICA : tel VERONICA : tel ALLY78 : chiamala altrimenti non si calma VERONICA : rriiimmbborsp tell ALLY78 : addirittura VERONICA : tel VERONICA : tel ALLY78 : aspetta vero vado a prendere il cell VERONICA : sìììì IMMA72 : suuuuuu VERONICA : dddiiinnng ALLY78 : dammi il numero di nuovo VERONICA : 334****** ALLY78 : ti sto chiamando MARILINDA : anche io ma non rispondi IMMA72 : vi ha risposto.................... ARRIVA TELEFONATA DI ALLY78, ALLA QUALE SPIEGO TRA LE RISATE IL MIO PROBLEMA. LE CHIEDO SE PUO’ RICOPIARE NOSTRO DIALOGO. ALLY78 : COMUNICAZIONE DI SEVIZIO ALLY78 : LA TASTIERA DI VERONICA è ANDATA ALLY78 : DI CIò LEI è MOLTO FELICE ALLY78 : STA FACENDO GRASSE RISATE ALLY78 : ho appurato che non è matta VERONICA : a ALLY78 : è solo molto divertita dal disguido ALLY78 : hahaha VERONICA : sssssttttoo ALLY78 : scrive ESATTO ALLY78 : (credo) VERONICA : riiiidennndddo VERONICA : sssssoooloo cccoosssìì VERONICA : pppoooss ssscccrriiivveere ALLY78 : vvvvaabbbene MARILINDA : però fa un pò impressione ALLY78 : marilinda ALLY78 : aspetta MARILINDA : dimmi ALLY78 : puoi copiare la cronologia ALLY78 : di questa chat io l'ho cancellata MARILINDA : non so ci provo ALLY78 : è importante GARZIE, GRAZIE, GRAZIE, CARE AMIKE! UN GRAN BACIO franca


OGGI 21 APRILE ORE 17.30 AL TEATRO PARENTI DI MILANO FRANCA RAME E LE "STRATEGIE DEL COMICO". VI ASPETTIAMO!

Autore : Peja, L.
Titolo : Strategie del comico
Sottotitolo : Franca Valeri, Franca Rame, Natalia Ginzburg
Collana : Storia dello Spettacolo. Saggi - 14

....Il percorso politico-teatrale di Franca Rame è delineato nel terzo capitolo, sottolineando la grande importanza del ruolo svolto dall’attrice e autrice nella collaborazione con il suo compagno Dario Fo. L’impegno artistico dei due parte dalla necessità di fare politica attraverso il mezzo a loro più congeniale, quindi non meraviglia l’uscita dai teatri ufficiali per direzionarsi verso un pubblico non borghese. La comicità della Rame ha un fine rivoluzionario e quindi si fonda sulla predicazione e provocazione, con lo scopo di risvegliare nel pubblico l’indignazione. Etichettato spesso come teatro femminista, l’autrice dimostra come in realtà le tematiche femminili, seppur frequenti, siano  tutt’altro che centrali, avendo un riscontro soprattutto politico e sociale......

 

Parlare di comicità in teatro può assumere significati diversi. Gli attori comici sono quelli che fanno ridere il pubblico, ma soprattutto sono coloro che mettono in atto un metodo di lavoro diverso da quello del teatro “ufficiale” poiché sono per lo più soli di fronte allo spettatore ed è nel rapporto con esso che costruiscono il proprio testo drammaturgico. Questo secondo aspetto è evidenziato dal fatto che il termine “comico”, fino al secolo scorso, andava a designare l’interprete dell’arte drammatica tout court. Partendo da questo assunto Strategie del comico di Laura Peja ricostruisce la carriera artistica di tre attrici che hanno caratterizzato la scena novecentesca italiana (Franca Valeri, Franca Rame e Natalia Ginzburg) e focalizza l’attenzione soprattutto sulla loro produzione drammaturgica, considerando la scrittura come «tecnica teatrale». In tal modo propone anche un esempio di come il Novecento sia un secolo che ha completamente cambiato il suo assetto comunicativo mettendo in discussione la pratica scenica che va a sconfinare in altri mezzi di comunicazione e modifica profondamente il pubblico.

Laura Peja mostra come l’atteggiamento assunto di fronte agli argomenti trattati e le strategie attuate dalle tre artiste prese in esame sia molto diverso: la Valeri e la Ginzburg propongono un approccio indiretto, burlandosi della società e delle donne che ne fanno parte e promuovendo un’opera apparentemente innocua che nasconde una potenziale denuncia, mentre la Rame, con un intento propriamente ideologico e politico, si esprime in modo aggressivo, rivoluzionario e diretto. Il libro è anche un’occasione per mostrare come era messo in discussione e promosso il cambiamento dell’immagine e del ruolo della donna nella società italiana tra gli anni Cinquanta e Ottanta. Infatti, mentre l’attività della Valeri compre sessant’anni di storia nazionale (dal debutto da protagonista nel 1948 fino a oggi), quella della Rame si afferma nel periodo di maggiore fermento politico e sociale (anni ’60 e ’70) e quella della Ginzburg copre gli ultimi trent’anni del secolo.

Dopo un primo capitolo introduttivo, il secondo è incentrato su Franca Valeri e sulla sua attività in ogni campo dello spettacolo (cinema, teatro, radio, televisione): dall’esordio radiofonico del 1949 con la creazione del personaggio della “Signorina Snob”, in cui confluiranno tutta la varietà dei suoi tipi femminili, all’esperienza di rivista con il Teatro dei Gobbi e alla stagione d’oro del cinema con Risi, Monicelli e Sordi. La Valeri si esprime soprattutto con gli spettacoli monologanti, da lei stessa scritti, che ritraggono donne perdenti alla ricerca di un riscatto sociale che difficilmente ottengono; forte è la caricatura degli snob, degli intellettuali e degli arricchiti. Elemento centrale della sua comicità è l’aspetto verbale, la caratterizzazione del personaggio attraverso delle scelte prettamente linguistiche, a cui si aggiunge l’ironia che guarda con leggerezza alla realtà e ne rivela maggiormente le dinamiche sociali e la loro esasperazione.

Il percorso politico-teatrale di Franca Rame è delineato nel terzo capitolo, sottolineando la grande importanza del ruolo svolto dall’attrice e autrice nella collaborazione con il suo compagno Dario Fo. L’impegno artistico dei due parte dalla necessità di fare politica attraverso il mezzo a loro più congeniale, quindi non meraviglia l’uscita dai teatri ufficiali per direzionarsi verso un pubblico non borghese. La comicità della Rame ha un fine rivoluzionario e quindi si fonda sulla predicazione e provocazione, con lo scopo di risvegliare nel pubblico l’indignazione. Etichettato spesso come teatro femminista, l’autrice dimostra come in realtà le tematiche femminili, seppur frequenti, siano  tutt’altro che centrali, avendo un riscontro soprattutto politico e sociale.

Esaltata dal punto di vista editoriale ma molto criticata come drammaturga, la figura di Natalia Ginzburg (analizzata nel quarto capitolo) rimane oggetto di incomprensione e la sua scrittura teatrale viene spesso tacciata come «spicciola», banale e di basso livello letterario. Approdata al teatro in ritardo rispetto alla sua carriera di romanziera, caratterizza le sue opere con un linguaggio medio-colloquiale e con una sintassi lineare, affrontando con estrema leggerezza e semplicità gli aspetti del quotidiano. Prevale un atteggiamento ironico e autoironico, come decostruzione dell’illusoria pretesa dell’essere umano di conoscere e dominare il reale, in una prospettiva sociale ed esistenziale; per cui le diverse tecniche umoristiche sono impiegate in vista di tale progetto di smitizzazione e ridimensionamento. La mancanza di azioni salienti e la predominanza della parola permettono di catalogare le sue pièces in quella forma teatrale chiamata «dramma-conversazione» tipica della drammaturgia contemporanea europea.

Il libro è corredato di una serie di appendici (quali gli inserti fotografici, le note biografiche delle tre artiste con le relative teatrografie e filmografie), di una bibliografia molto dettagliata e dell’elenco di altri supporti multimediali correlati (video e discografia).

 

di Mariagiovanna Grifi

http://www.drammaturgia.it/recensioni/recensione2.php?id=4101


ARTICOLO SU FRANCA RAME DELLA PROFESSORESSA ALFONZETTI

Franca Rame: come l’attrice è diventata scrittrice.C’è un aspetto della poliedrica figura di Franca Rame di cui non si parla mai. È la sua scrittura, la sua identità d’autrice, conquistata nel corso di una vita, non solo sulla scena, ma grazie al suo sodalizio con Dario Fo. Franca non è stata soltanto l’attrice che gli ha ispirato ruoli o che, per prima, ha ascoltato i canovacci del Maestro. Come ‘consulente’ ed editor di edizioni sempre riviste, ha assolto alla funzione di curare con pazienza certosina tutto il teatro, decine di volumi, di Dario Fo. Ha potuto farlo perché ha sempre registrato, archiviato tutto, contro le stesse posizioni assunte dopo il Sessantotto da Fo, cioè il teatro cronaca da buttare. Al suo instancabile lavoro si deve lo straordinario Archivio in rete di tutto ciò che riguarda oltre mezzo secolo del loro teatro e, dunque, del teatro italiano. Ma oggi, nel fare gli auguri a questa sensibile e vigile interprete del nostro tempo, che ha sempre unito il mestiere dell’arte all’impegno civile, sino a diventare senatrice, è il suo tardivo approdo alla scrittura che richiede un omaggio. È un passaggio realizzatosi a piccoli passi, forse per pudore e ritegno, come accaduto a tante scritture di donne rimaste nei cassetti. Sorretta da una pratica acquisita da decenni, la Rame si è trovata a scrivere un pezzo fondamentale, nato da un’esperienza dolorosa realmente vissuta: Lo stupro. Recitato per la prima volta nel 1978, il monologo è stato attualizzato con il riferimento alle donne della guerra civile nella ex Iuguslavia. La splendida interpretazione di Franca Rame si può vedere nell’ultima impresa editoriale (e digitale) di Tutto il teatro di Dario e Franca Rame (Fabbri ed.), in cui ogni testo è accompagnato dal DVD del relativo spettacolo.

 

 

È la prima volta che il loro teatro compare per intero a doppio nome. Finalmente il nostro Nobel-Arlecchino ha dato alla sua compagna il dovuto riconoscimento. Quando dalla fine degli anni Settanta, la coppia Fo-Rame passa da un teatro politico a un teatro sulla questione femminile, il ruolo di Franca è determinante. Nel testo-spettacolo Tutta casa, letto e chiesa, scritto a quattro mani, ci sono già tutte le tematiche privilegiate da Rame scrittrice: la nevrosi della donna nella famiglia e nella società, costretta al doppio lavoro; la donna sola; la madre che scopre il fascino della vita raminga del figlio; la madre tragica di una nuova Medea, che uccide i figli per far nascere una donna nuova. Ancora nello spettacolo Parliamo di donne, è il personaggio materno a imporsi: è la madre di un sindacalista, Michele Lu Lanzone ucciso dalla mafia. Poi verranno due monologhi sul terrorismo, sorretti da un’autentica pietà per il destino tragico di due note terroriste tedesche degli anni Settanta: Ulrike Meinhof (suicidata in carcere) e Irmgard Moeller che si finse morta e riuscì a salvarsi. Alla pietà si accompagna la volontà di denunciare la repressione e la tortura. Sono pezzi, scrive la Rame, su “l’osceno tragico”, quello dei nostri giorni. Alla leggerezza di Coppa aperta, che sin dal titolo fa intuire che l’esperimento della coppia aperta vale solo per l’uomo, subentrano ripensamenti, riflessioni. Dopo il trauma della morte di Moro, che vede Fo e Rame diversamente impegnati per la liberazione del Presidente della Democrazia Cristiana, e Dario Fo scrivere un testo come La tragedia di Aldo Moro mai rappresentato, Franca scrive Una madre, che ricorda tanto il recente romanzo di Yasmina Khadra, L’attentat: qui è un marito, lì una madre non può creder che il proprio figlio, educato nei valori socialisti, sia diventato un terrorista. In sogno, lo cattura e, mentre sta per consegnarlo al giudice, lo strangola quasi inavvertitamente. Se poi pensiamo anche al dramma della madre del monologo L’eroina, non abbiamo dubbi: la nostra grande attrice ha trovato la sua cifra espressiva, come drammaturga, nella sofferenza vissuta in prima persona e nell’identificazione con il principio che genera il mondo, la maternità. (Beatrice Alfonzetti)


ONORE AL SINDACO DI ADRO

Qualche giorno fa, stando davanti al video e seguendo un telegiornale, Franca ed io siamo rimasti sconvolti. La cosa si è ripetuta anche ieri e nei giorni successivi. Siamo venuti a sapere che proprio qui, in Lombardia, in un complesso di scuole per l’infanzia, elementari e medie, ci sono dei bambini che al momento della distribuzione del cibo nella mensa si sono trovati con davanti un piatto, dentro al quale c’era un pezzo di pane, e un bicchiere d'acqua; mentre nel piatto degli altri bimbi c’era pastasciutta, e appresso formaggio e anche la frutta. Perché? Perché i genitori dei puniti non avevano pagato la retta, o anche solo erano in ritardo, e quindi i figlioli non avevano il diritto di mangiare! Digiuni per castigo dovevano restare!

Pensiamo allo shock che devono aver provato questi ragazzini: fermi, davanti al panino, il bicchiere d'acqua; e gli altri che mangiavano. Sappiamo che alcuni fra i bambini, di quelli che avevano gli spaghetti, senza una parola ne hanno messo nel piatto vuoto dei compagni una o due forchettate.

Diciamo: una società che produce un dolore, una mortificazione, un'umiliazione di questo livello a dei ragazzini innocenti - ma che razza di società è? Che razza di valori ha nel corpo, nel cuore e nel cervello? Che cultura produce? Quale dimensione sociale?

Ci siamo sentiti proprio male.

E’ da ricordare che questi che inscenano spettacoli del genere sono gente nostra, della nostra razza. Sono loro che hanno ordinato di togliere il cibo ai bambini poveri, in quanto indegni dei vantaggi comuni. S’è saputo poi, che questi genitori non hanno mancato per strafottenza o per un atto di inciviltà, ma solo perché non avevano i denari per pagare la retta! E’ gente travolta dalla crisi, quasi tutti causa la perdita di un lavoro, e quindi senza paga, disoccupati. Ai gestori della cucina, ai gestori di questa economia e di questa scuola e del comune non importava niente. Importava: “Non paghi, non mangi”: anche se sei un bimbo devi soccombere, essere punito.

Di colpo ci è venuto in mente Sant'Ambrogio. Su di lui, il maggiore vescovo che la nostra città abbia avuto, abbiamo realizzato e messo in scena anche uno spettacolo al Piccolo Teatro di Milano, lo Strehler.

Siamo atei, ma abbiamo studiato profondamente la storia del cristianesimo. E abbiamo scoperto che Ambrogio possedeva un grande senso della collettività, che aveva preso parola, intervenendo con durezza al Senato di Milano, quando questa era stata eletta a Capitale dell’Impero d’Oriente e d’Occidente, portando avanti il diritto della dignità degli uomini: anche quando sono schiavi, anche quando sono privi di diritti.

Lui diceva: “Ricco signore, non t’accorgi che davanti alla tua porta c’è un uomo nudo, e tu sei tutto assorto a scegliere i marmi che dovranno ricoprire i muri. Quell’uomo chiede del pane e intanto il tuo cavallo mastica un morso d’oro. Tu vai in visibilio contemplando i tuoi arredi preziosi, e quell’uomo nudo trema di freddo di fronte a te e tu non lo degni di uno sguardo, non l’hai nemmeno riconosciuto.

“Sappi che ogni uomo affamato e senz’abito che viene alla tua porta è Gesù; ogni disperato è Gesù. E lo incontrerai il giorno in cui si chiuderà il tempo del mondo e lui, quello stesso uomo, verrà ad aprirti e ti chiederà: ‘Mi riconosci?’.

“Voi, ricchi, dite: ‘C’è sempre tempo per pentirsi e pagare i debiti’. Ma non c’è peggior menzogna. Ricchi, non vi è nulla nella vostra attività di uomini che possa piacere a Dio. Anche se tenete appesa una croce sopra il letto e disponete di una cappella dove pregare soli e assistere alla messa. Voi vi stringete ai vostri beni, gridando ‘È mio!’. No, nulla è vostro su questa terra.

“Schiacciate le vostre regole di infamia e di ingiustizia. Ridate il diritto a chi non ne ha… il pane a chi non ne può masticare, impedito dalla vostra grettezza! Distribuitene, finché siete in tempo, ai disperati, ai derubati dalla vostra insolente avidità. Nessun lascito sostanzioso alla chiesa e al suo clero vi salverà.

“Vi dirò”, concludeva Ambrogio, “che non si può credere a un potere magnanimo, poiché chi lo possiede vuole tutto, anche le briciole. Perciò io sono per la comunità dei beni; io sono per l’uguaglianza fra uomini diversi. Perché solo il furto ha creato la proprietà privata”.

Franca Rame e Dario Fo

 


GLI ORGASMI DI EMMA MARCEGAGLIA PER SILVIO. CONFINDUSTRIA IL BRACCIO ARMATO DEL BERLUSCONISMO

Parla con una mano in tasca. Davanti a questi imprenditori, che si spellano le mani a ogni sua battuta, si sente a casa. Chiama la Marcegaglia "la nostra Emma", la Confindustria diventa "la nostra associazione". Che, come un postino, potrebbe anche fargli il favore di distribuire "a tutti i colleghi imprenditori" il libro blu con le "tantissime realizzazioni del governo del fare, che solo a leggerle tutte ci si annoia". Rifiuta la "teoria del declino" italiano e annuncia "riforme in tutte le direzioni", compreso ovviamente il presidenzialismo con il rafforzamento dell'Esecutivo che "oggi non ha nessun potere". Una sottolineatura che lo manda in fuorigioco rispetto al Quirinale, visto che Berlusconi, lamentandosi dei suoi scarsi poteri, ricorda come "ogni provvedimento che esce dal Consiglio dei ministri debba poi essere sottoposto al presidente della Repubblica e al suo staff, che controlla minuziosamente anche gli aggettivi". Una frase che, a detta degli uomini del Cavaliere, non andrebbe intesa contro Napolitano, con il quale anzi "i rapporti sono eccellenti". Ma che al Colle non è piaciuta affatto: "Non è la prima volta che lo dice e non sarà l'ultima. Certo, stupisce il momento".
  

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La novità è che il premier spedisce in fondo alla lista delle cose da fare la riforma della Costituzione, mettendo in vetrina la riforma fiscale. La riforma istituzionale, annuncia infatti dal palco, "non so se sarà la prima in ordine di tempo, forse la posticiperemo alle altre. Non è un grave problema". Quanto al ministro Calderoli, che ha già portato al Quirinale la sua bozza, Berlusconi gli tira le orecchie: "Calderoli "piè veloce" ha voluto usare la cortesia al presidente della Repubblica di portargli una prima bozza di cui aveva sommariamente discusso con me, ma state sereni, di questa riforma della Costituzione discuteremo in tante sedi. Ci metteremo tutto il buon senso necessario, con l'apertura più totale ad ascoltare tutte le voci".