Grazie a Marta Marzotto per questi splendidi fiori! Non ho più il tuo numero e vorrei tanto sentirti, fatti viva!

 

Franca e Marta Marzotto divennero amiche nel 1989 quando Franca pubblicò su Repubblica un articolo di fuoco in difesa della sig.ra Marzotto accusata di avere una vita troppo libera. Erano altri anni... o no?

 

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Grazie!!!

 

Grazie!!!

Grazie a tutti per gli auguri e la presenza, Franca sta meglio e stasera tornerà a casa, gli esami hanno dato, per fortuna esito negativo: nessun ictus come allarmisticamente, forse un po' troppo, è stato  scritto sui giornali in questi giorni ma ischemia cerebrale molto lieve. Franca, Dario, Jacopo sono commossi da tanta partecipazione: “Sapere che così tanta gente ci vuole bene fa senz'altro bene alla salute di tutti! Grazie!!!!”

 

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[STAMPA] I nuovi Misteri di Fo

Il nuovo libro “Il Paese dei misteri buffi” (Guanda) scritto dal Premio Nobel Dario Fo insieme alla giornalista del Corriere della Sera Giuseppina Manin è stato presentato dagli autori mercoledì 18, a Palazzo Reale, in un incontro a margine della mostra ”Dario Fo a Milano – Lazzi Sberleffi Dipinti”.

leggi l'articolo di Ida Bozzi su ViviMilano.it

vivimilano.it

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[stampa] Telefono a Passera e gli dico : “Ti amo!” articolo di JACOPO FO, sul blog del Fatto Quotidiano di oggi 18 aprile 2012.

Sono restato affascinato da quel che dice il ministro.
E se fosse vero?

Ho ascoltato due interventi che Passera ha fatto in due diversi convegni. Ero in auto e andavo e poi tornavo dalla stazione di Foligno e, su Rai Parlamento, sento parlare entrambe le volte il ministro. Due viaggi, di 45 minuti, domenica e lunedì, due interventi di 45 minuti. Sembrava che ci fossimo messi d’accordo. Un caso? Un segno divino?
La cosa in sé l’ho trovata strana. E ancor più strano il fatto che mentre ascoltavo il primo intervento non avevo capito chi parlasse, e più ascoltavo più ero d’accordo con l’oratore. Alla fine ho scoperto che era Passera e mi è preso un colpo. Cioé: di famiglia siamo socialisti e comunisti da tre generazioni… Certe cose non dovrebbero succedere.
Passera ha detto addirittura che l’efficienza energetica è una delle 4 colonne del programma del governo. Ha parlato non solo di corruzione ma anche di burocrazia folle, tassa occulta per le aziende. Insomma, sembrava che stesse citando un mio articolo… Come potevo non essere d’accordo?
Se Passera riesce a fare metà di quel che dice, mi dispiace ma lo voto!

E ti avviso anche che di fronte al nullismo dei partiti e l’assenza per lieve indisposizione di una qualsiasi forza credibile alternativa al sistema, rischiamo che alle prossime elezioni Monti e Passera decidano di mandare tutti al diavolo. Se si presentano con un loro partito (solo tecnici astemi) prendono il 52% dei voti. E sinceramente sospetto che sarebbe la cosa migliore che ci potrebbe capitare…

Abbattiamo le foreste! Sporcano!
L’ultima frase era un po’ provocatoria.
Ci ho preso gusto alle provocazioni dopo aver passato tre giorni ad Alcatraz, con un’orda di facilitatori ecotecnologici. Non era un convegno, era un incontro a suon di lasagne, riso al curry col pollo e le uvette, e alcuni vini interessanti, prodotti da certi nostri amici anche loro comunisti e socialisti da tre generazioni. Una cosa bellissima perché si chiacchierava scherzando: la differenza tra un intervento spacca palle di 30 minuti e discorsi cicciosi di massimo 3 minuti.
E per rendere l’idea rapidamente ci si sentiva liberi di parlare in modo iperbolico e provocatorio.
Ad un certo punto un noto esponente dell’ecologismo pratico nazionale ha detto: “Bisogna iniziare a tagliare i boschi, ce ne sono troppi!”
Ho avuto un sobbalzo, visto che negli ultimi 30 anni ho piantato alberi come un ossesso e in questo momento stiamo realizzando altri 80 mila metri quadrati di rimboschimento. Che per inciso piantare piante non è una passeggiata…

In realtà questo mio caro amico non è impazzito. Voleva spiegare una roba etica ed ecologica troppo lunga da raccontare qui. Cito questo episodio per far capire il modo nel quale si discuteva… Non eravamo lì per fare bella figura ma per comunicare idee e riflessioni, a volte solo sospetti…
In un qualsiasi convegno ecologista uno che si alza e dice: Abbattiamo i boschi! l’avremmo fucilato di fischi senza cercare di leggere tra le righe.
Comunque da queste chiacchiere sono uscite varie cose interessanti.
Ad esempio, secondo alcuni siamo già arrivati al tracollo totale, le maggiori banche italiane sono già fallite, la crisi del clima e del petrolio hanno già abbattuto il sistema e il problema è come organizzare la resistenza in vita degli esseri umani. Avete presente Haiti dopo il terremoto? Ecco noi sostanzialmente saremmo a quel livello di distruzione lì. Solo che la tv non lo dice e così nessuno sta allestendo ospedali da campo.
Sinceramente spero che questi amici si sbaglino. Sono convinto che il sistema stia agonizzando ma credo che ci sia ancora qualche margine di manovra prima dell’impatto.

Comunque è interessante conoscere le basi di questa convinzione. Anche perché è gente che ragiona su dati e non su dogmi ideologici. Uno di questi amici mi ha detto: “Prego che ci siamo sbagliati e che salti fuori qualche cosa che non abbiamo calcolato perché sennò siamo nella merda”. Mi piace la gente che ha delle convinzione e spera siano sbagliate. È un segno di mobilità mentale.
Siamo in un momento gravissimo e abbiamo bisogno della capacità di pensare in modo elastico e di esplorare diversi punti di vista, non ci servono persone  che ripetono i volantini di propaganda a pappagallo.
Io comunque propendo per un’altra teoria: gli italiani sono gente che per tradizione dà il meglio quando sta annegando.
Quindi ci sarà un’improvvisa esplosione di scoperte scientifiche italiane che risolveranno questioni essenziali planetarie: far muovere i camion con acqua di fogna, far coltivare i campi alle formiche (che se poi le licenzi non s’incazzano), nuove protesi al silicone per le ragazze che trasformano l’energia cinetica dell’incessante movimento pettorale in corrente elettrica trifase. Le protesi fungono anche da accumulatore elettrico e quando devi ricaricare il cellulare te lo metti sotto le ascelle e l’elettricità viene teletrasmessa tramite i bulbi piliferi che fungono da antenne.
Per non parlare della possibilità di riscaldare l’acqua insultandola brutalmente*.
Rilanceremo l’economia mondiale, creeremo un nuovo movimento politico basato sugli spaghetti alla carbonara, affideremo la gestione dello Stato alle donne.
Ovviamente prima sarà necessario massificare la diffusione del pollo alla Kiev perché apre la mente e galvanizza il velupendolo. Non conosci il pollo alla Kiev?
Ecco perché siamo nella merda!

Ps
Non ti dico cos’è il pollo alla Kiev. Ho pagato la vera ricetta con 500 grammi di caviale Belga, a Mosca. E’ uno dei segreti meglio custoditi di Alcatraz. Puoi mangiarlo solo di giovedì e solo se sai far stare in equilibrio un uovo crudo senza rompere il guscio.

PPS
Se vuoi sapere come si fa a far stare dritto un uovo crudo senza romperlo mandami una tua foto in abiti ecclesiastici.

* Scaldare l’acqua urlandoci contro parrebbe una sciocchezza assurda detta tanto per far ridere. Invece è vero. Si può scaldare l’acqua con gli ultrasuoni. Si formano bolle di vuoto che poi implodono producendo calore. Si chiama “cavitazione” ed è una delle tecnologie del futuro. La Kwant di Treviso produce da alcuni anni una di queste caldaie per uso domestico. Niente combustione, niente inquinamento.

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[STAMPA] De Caro, direttore zero titoli

 
Chi è il dirigente della biblioteca di Vico scelto da Galan.
di Enzo Ciaccio

biblioteca conventuale de girolamo a napoli

La presenza più strana è quella di Vico, il pastore tedesco che si aggira indisturbato nelle magiche sale dove hanno studiato Benedetto Croce e Giambattista Vico e poi hanno fatto perfino da ricovero per gli sfollati del terremoto del 1980.
 
DE CARO PRIVO DI COMPETENZE. Incuria, sporcizia, disordine. Da Dario Fo a Franca Rame, da Mirella Barracco a Gerardo Marotta, da Cesare de Seta a Carlo Ginzburg: per i 2 mila intellettuali, che hanno firmato una petizione al ministro per i Beni culturali Lorenzo Ornaghi, Marino Massimo De Caro, 39 anni, barese, amico di Marcello Dell’Utri e di Massimo D’Alema nonché consulente (per l’energia e per l’editoria) dell’ex ministro Giancarlo Galan, è privo «dei benché minimi titoli scientifici» e della «minima competenza professionale» per ricoprire (senza aver superato un concorso) il delicato incarico di direttore della Biblioteca conventuale dei Girolamini a Napoli. Quella del 1586 dove sono conservati testi importanti di filosofia, teologia cristiana, musica sacra e storia dell'Europa. Ma anche quella da dove sono scomparsi 1.500 libri antichi di inestimabile valore.
 
DIRETTORE SENZA LAUREA. La splendida biblioteca risulta di proprietà pubblica, ma è affidata tramite una convenzione alle cure dei padri della congregazione dell’Oratorio, ispirata a san Filippo Neri.
Dopo i furti, sul direttore De Caro che non risulterebbe laureato (si è iscritto all'Università di Siena, ma non ha concluso gli studi in Giurisprudenza) e si è ritrovato smentito perfino sulle sue sbandierate origini nobiliari, si stanno concentrando gli strali della critica più feroce e indignata: «È stato come mettere Nerone a capo dei vigili del fuoco. Anzi, un piromane a capo della guardia forestale», hanno ironizzato i più sarcastici.
 
INDAGATO PER RICETTAZIONE. Lui, con le parole e le gesta, non sembra abbia fatto molto per attenuare tanta ostile attenzione: in un’intercettazione del 27 dicembre 2007, riportata nel libro Il sottobosco firmato da Ferruccio Sansa e Claudio Gatti, si legge per esempio del suo esplicito disappunto verso un capitano dei carabinieri del nucleo patrimonio artistico di Monza che lo stava indagando per ricettazione a proposito di un'opera acquistata in un’asta pubblica in Svizzera. L’indagine è stata in seguito archiviata dai magistrati.
 
Carriera pirotecnica: da Orvieto all'energia dei russi

de caroDe Caro vanta una carriera da molti definita «pirotecnica»: prima assessore dell'Ulivo al Comune di Orvieto, poi responsabile per le relazioni istituzionali dell'Inpdap per il Nord Est, quindi vicepresidente della società di gestione del porto di Rimini, poi altri incarichi in campo energetico e tanto altro ancora. Come il ruolo di console onorario del Congo e la presidenza dal 2007 al 2010 di Avelar energia del gruppo Renova dell'oligarca russo Victor Vekselberg.

 
NEL GIRO DEL MINISTRO GALAN. Tutto legittimo, ma i critici insistono: non sembra che si sia mai interessato molto alle biblioteche. Eppure De Caro è finito nel 'giro' di Galan che la nominato direttore della biblioteca e poi è stato confermato da Ornaghi, «il 15 dicembre 2011, come accaduto per altri consiglieri dell'ex ministro», da quanto si legge in una nota del ministero.
 
SCOMPARSI 6 MILA VOLUMI ANTICHI. Dal 1960 al 2007 - secondo stime accreditate - dal convento dei Girolamini sarebbero scomparsi circa 6 mila volumi antichi. Una razzia, anzi una inaudita strage culturale che comprende - ma va ben oltre - la contestatissima gestione di De Caro: sacrosanta è la raccolta di firme, ma c’è chi si sta chiedendo perché - a fronte a simili cifre - nessuno abbia mai protestato prima, né denunciato né promosso petizioni. Tutti zitti o distratti, compresi gli abitanti della zona vicino alla biblioteca che però sottovoce raccontano di strane visite notturne e di misteriose automobili che nel buio sgommano allontanandosi stracariche di chissà quale merce.
 
NELLA BIBLIOTECA 159 MILA OPERE. I volumi superstiti della Biblioteca dei Girolamini sono 159.700, almeno fino al prossimo furto, ma per Diana De Feo, parlamentare del Popolo della libertà e moglie dell'ex direttore del Tg4 Emilio Fede, De Caro chinato sui volumi sparsi alla rinfusa ricorda l’immagine suadente «di un medico amorevolmente dedito ai suoi pazienti da curare».
 
I primi furti risalgono agli Anni 60

Lorenzo OrnaghiNella biblioteca di Vico i malanni sono antichi: si narra che già nel 1962 due padri oratoriani vennero condannati per il saccheggio degli arredi della chiesa e del convento, nonché di oggetti d’oro e paramenti per il valore di 1 miliardo di lire, oltre a centinaia di libri rari.
Gerardo Marotta, anima del prestigioso Istituto italiano per gli studi filosofici, negli Anni 70 ottenne dal governo l’autorizzazione a conservare nel convento i suoi preziosi libri. Ma non se ne è mai fatto nulla.

 
FIRPO: CACCIARE I CATTIVI CUSTODI. Lo storico Luigi Firpo, nel lontano 1981, scrisse profetico: «Cacciate via i cattivi custodi, restituite i Girolamini alla Napoli seria e civile».
«Nel 1994», ricorda a Lettera43.it Mirella Barracco, leader della Fondazione Napoli 99, «grazie a uno sponsor abbiamo collaborato con i padri filippini al recupero della Quadreria. Ricordo che accompagnai il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in una bellissima visita. La verità è che nessuno ha mai affrontato di petto le condizioni in cui versano la chiesa e tutto il complesso, compresa la biblioteca».
 
NOMINA NON MERITOCRATICA. Per Stefano Parise, presidente dell’Associazione italiana biblioteche, il vero problema è di «rivedere drasticamente i criteri di nomina dei vertici degli istituti culturali, almeno di quelli più prestigiosi».
Ma il direttore De Caro possiede i requisiti per ricoprire il ruolo di direttore della biblioteca? «La sua nomina è un calcio negli stinchi al concetto di meritocrazia», spiega Parise, perché «non possiede i titoli: non è un bibliotecario, né un paleografo, né un filologo e né uno storico del libro. Forse è un libraio, una sorta di bibliofilo: è come se il ministro nominasse un melomane al vertice del teatro San Carlo».
 
DENUNCE SOLO DOPO LA PETIZIONE. E durante la sua gestione sono scomparsi altri 1.500 libri: «È sconcertante che la denuncia del furto da parte del direttore sia stata presentata a petizione già partita» ed è «sconcertante e inaccettabile la storia dei libri ritrovati alle aste internazionali».
Chissà, però, se possa bastare una petizione per salvare la biblioteca. «Sto sollecitando molte interrogazioni parlamentari», prosegue Parise, «a quelle, Ornaghi non può evitare di rispondere».
 
DIRETTORE DOPO UN CONCORSO. Poi servirà anche chiarire i criteri di nomina del direttore della Biblioteca dei Girolamini, assegnando il ruolo «per concorso», così come avviene per le strutture pubbliche.
Tuttavia ci sono pure da risolvere i furti dei libri e la «carenza di personale che non aiuta le biblioteche»: «Il furto resta un’eccezione, ma non può riguardare di certo i preziosi libri dei padri filippini: quelli dovrebbero essere conservati come i lingotti d’oro. Sotto chiave nei depositi, a una determinata temperatura e grado di umidità».
 
fonte: lettera43.it
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Intervista a Franca Rame ad opera della studentessa Pina Vergara per una tesi sul ruolo educativo del teatro

 

Franca Rame, autrice-attrice teatrale, moglie e compagna professionale di Dario Fo, senatrice (dal 2006 al 2008).

 

Franca Rame: il nostro impegno sociale attraverso il veicolo teatro e il nostro amico Eduardo:Il teatro che faccia ridere o piangere deve far riflettere, denunciare, emancipare

 

P. V.: Per me è stato veramente educativo conoscere il vostro Operato: più persone “adulte” (gli stessi artisti), i “trampolini di lancio” ̶ direbbe Eduardo ̶ per i giovani (“nuovi cicli”) pensano e scorgono nel compromesso l’unica strada da percorrere per qualsiasi mestiere, come in quello teatrale. Non sono per niente d’accordo, anzi, soffro all’idea che si debba fare questo. Per me il compromesso è una serpe velenosa che distrugge i sogni e corrompe gli animi umani. Quindi, sapere che esistano persone come lei e suo marito che danno un esempio diverso e costruttivo per tutti, in primis, per noi giovani, i prossimi costruttori di civiltà, mi riscalda il cuore e non mi fa sentire sola e folle.

F. R.: La frase con la quale ha designato il compromesso mi colpisce, mi commuove, soprattutto se penso alle sfide grandi che voi giovani dovete affrontare oggi. Io e mio marito, sin dai tempi di Canzonissima e anche prima, abbiamo lottato a favore di un profondo cambiamento sociale: ci siamo occupati, come ben sa, della condizione della donna, degli operai. Le loro pessime condizioni di lavoro sono rimaste le stesse: insicurezza del lavoro, morti bianche mai ricordate come quelle dei soldati al fronte, 1170 nel 2011! I lavoratori italiani sono da anni e anni in lotta contro il “padrone”, contro la mafia, contro la casta politica fannullona e strapagata, disonesta … anni e anni di lotte in difesa della propria dignità.

Non accettate compromessi: voi giovani siete la nostra speranza per un mondo migliore, più sano e più vivibile.

P. V.: La vostra Drammaturgia si è sempre occupata della società, unendo storia-conoscenza-attualità: emblematico per me è il dialogo fra una “muliera” sicula (simbolo di una delle tre parche, allegoria della vita e della morte) e un giornalista inviato dal continente ̶ vostra scena andata in onda durante una puntata di Canzonissima come denuncia alla mafia, non a caso la donna (mafia) uccide il giornalista che non si fa i fatti suoi ̶ . Il vostro teatro non ha mai abbandonato l’uomo nelle sue battaglie quotidiane, fino ad arrivare in Senato con la sua nomina: si è occupata dello spreco del denaro pubblico, dell’inutilità della guerra e dei nostri militari in missione (divenuta belligerante, massacro e non più di pace), delle carceri italiane strapiene, invivibili e indignitose, dell’illegalità lavorativa per gli stessi precari in Parlamento (sfruttamento proprio all’interno dell’istituzione massima), dell’uranio impoverito, del problema politico RAI; ha lavorato al progetto “10 leggi per cambiare l’Italia”, ha seguito le Commissioni dell’Infanzia, dell’Uranio impoverito, dei Lavori pubblici e Comunicazione, Vigilanza RAI. Insomma, ha donato tutta se stessa, come in tutta la sua vita, per un miglioramento concreto della realtà attuale opprimente, asfittica, inumana. Mi dispiace molto che sia stata costretta (e sottolineo,costretta) a dimettersi proprio perché, vivendo la politica dall’interno, ha conosciuto sempre di più il famoso serpente compromesso ̶ di cui abbiamo parlato ̶ nei volti di tutti coloro che avrebbero dovuto difendere la dignità dei cittadini.

F. R.: Sì, purtroppo, con mio profondo dispiacere ho dovuto abbandonare il campo, come si direbbe nel gergo politico e sportivo. Ho rischiato di ammalarmi. Totale disinteresse. Nessuno ascolta nessuno. Mi sembrava di stare in un mondo a parte, lontano dalle vere problematiche degli italiani. No, non era il mio mondo: ho potuto combattere per il mio prossimo più con la mia professione, con il teatro che con la così detta “politica”. Ho dato le dimissioni dopo 19 mesi. Sono delusa e amareggiata. Continuerò a combattere per gli altri con il mio lavoro: il teatro ha la forza di scalfire ferri duri.

P. V.: Proprio come afferma August Boal “il teatro è uno degli strumenti mediante i quali si esercita l’attività politica […] il suo obiettivo non è acquietare gli spettatori , riportandoli all’equilibrio e persuadendoli ad accettare lo status quo, al contrario, è intensificare nel pubblico il desiderio di trasformazione”. Per l’appunto, la mia decisione di scrivere una tesi sul ruolo educativo del teatro è proprio perché credo con tutta me stessa nella formazione-trasformazione personale e dell’intero pubblico, grazie a questa grande scienza educativa, quale è l’arte teatrale. La mia sfida è quella di dimostrare che il teatro può essere una teoria-prassi educativa e formativa di fronte ad un periodo contemporaneo-postmoderno, lacerato da una forte crisi umana, esistenziale, culturale e civile: l’uomo è in balia del suo stesso individualismo e delle strategie di potere consumistiche (l’odierno deus ex machina). Siamo prigionieri delle nostre stesse idee su cui abbiamo fondato la società (il danaro è il metro di tutte le cose, i soldi ci sfamano). Il mondo è concentrato su se stesso e fa fatica ad entrare nella logica della solidarietà, del senso comunitario, della coscienza planetaria. Invano la natura e i poveri della Terra elevano il loro grido di disperazione di fronte all’indifferenza dei Paesi forti, dediti alla mercificazione dei pensieri, degli affetti, della stessa etica, dello stesso modus vivendi. Sono in auge l’egotismo e l’incomprensione di se stessi e dell’altro (alieno, diverso da me, ma a me simile nella condizione umana), la non-empatia (che come già scritto in tesi, amo definire dialogo fra due umanità che si specchiano). Allora, di fronte a tali carenze, si preoccupa il teatro di rispecchiare- specchiare l’essere umano e sociale, riflettendo le varie problematiche e inducendo ad una conoscenza radicale delle stesse, per una metamorfosi privata e pubblica. L’arte innalza ed eleva l’uomo, lo riporta alla sua condizione specificatamente umana. Il teatro è l’arte sublime che porta al piacere e al contempo alla riflessione: se anche un solo attore o regista crede nella metamorfosi individuale e collettiva che il teatro potrebbe attuare, attraverso la riflessione per e sulla realtà, questa si avvera.

Un teatro non fine a se stesso, ma una forma di comunicazione diretta che ha lo scopo di “coscientizzare” il pubblico e noi stessi, proprio alla maniera dei giullari.

F. R.: Sono pienamente d’accordo con la sua accorta analisi critica sia della società civile e contemporanea, sia del vero ruolo e dell’autentica essenza del teatro. Mi colpisce, fra l’altro, che lo abbia definito una scienza: è giusto, il teatro è una disciplina con i suoi strumenti teorici e pratici di indagine della realtà, è una disciplina seria e, al contempo, ludica per chi lo fa ed è la forma più alta di comunicazione umana.

L’arte va rivalutata, soprattutto in questo periodo di forte decadenza e di disumanità.

Il problema grande è che il teatro è spesso nelle mani di politici e di persone che di arte non ne conoscono nemmeno l’ombra. Come qualsiasi professionista, un attore studia e fa pratica per appropriasi del suo mestiere. Fuggite dai raccomandati, appoggiate e applaudite i giovani preparati e appassionati, ricchi di talento. Il teatro che faccia ridere o piangere come anche lei dice, deve far riflettere, denunciare, emancipare. È uno fra gli strumenti istituzionali più consoni alla formazione di una coscienza etica individuale e collettiva. L’attore infatti ha il preciso compito di credere nell’uomo e, per farlo, deve amarlo, coltivando un’arte non compromessa, ma alimentata dalla passione per un’esistenza e un senso umani migliori.

Proprio come il giullare (che è il giornale del popolo), il teatro restituisce la dignità agli oppressi.

P. V.: Nell’analizzare il ruolo educativo del teatro nei confronti di una realtà contemporanea fortemente in crisi e necessitante di una salvezza imminente (prima parte della tesi) e nella descrizione delle categorie “eduardiane” (seconda parte della tesi), ho attraversato l’intero scritto con cenni-richiami alle vostre Opere “Mistero buffo”, “Fabulazzo osceno”, “Sesso? Grazie, tanto per gradire” e il monologo “Lo stupro”. Per quanto riguarda le prime due Drammaturgie mi ha colpito la figura del giullare, colui che attraverso l’oscenità coscientizza e riporta la primavera fra gli uomini, cioè la dignità che è categoria incarnante tutte le vostre Opere: rottura con le logiche del potere attraverso lo strumento sarcastico dell’ironia che da lama tagliente scioglie le briglie della schiavitù umana. Mi ha commosso e non lo dimenticherò mai il dialogo fra la morte e il matto (il popolo): solo il popolo, l’umile, l’oppresso, l’uomo vero riescono a far innamorare la morte, a conversarci, perché non la temono. Non rifiutano la verità della morte, anzi danzano con essa, facendoci l’amore: grazie alla consapevolezza-coscientizzazione del , riescono a sconfiggere la pseudo-morte quotidiana (quella dei potenti sulla terra, succubi di loro stessi, i finti normali). Per quanto riguarda l’altra Opera “Sesso? Grazie,tanto per gradire” (ripresa da “Lo Zen e l’arte di scopare” di vostro figlio Jacopo) e il monologo, trovo conferma al mio pensiero riguardo all’estrema importanza della sessualità, ad una conoscenza profonda del proprio e altrui corpo, alla rottura con i tabù, appositamente costruiti per tenerci imbrigliati nell’ignoranza, nella paura e in una cultura fallologocentrica. Solo amando e facendo l’amore con noi stessi (metaforicamente) e con gli altri (conoscenza profonda dell’altro senza reticenze pseudo-culturali) possiamo diventare meno criminali e più salvatori, cioè portatori di pace, in quanto rappacificati con noi stessi dall’interno. Da non dimenticare poi l’importanza della parità dei sessi e di una donna rivalutata nella sua essenza e non come strumento da mercificare a proprio soddisfacimento orgasmico: effetto di un malessere interiore radicato nell’uomo (anch’egli vittima di se stesso e delle carenze culturali).

F. R.: Mi piacerebbe rispondere con il pensiero espresso in un’intervista da Dario: il problema della disumanizzazione, come lei più volte scrive, risiede nella carenza culturale. Ci anestetizzano attraverso i sofisticati mass-media e ci de-culturano, ci privano della vera cultura. Assistiamo ad un abbassamento dei valori: ubriacano di falsità e di ipocrisia i bambini fin dall’asilo sul problema della moralità, del peccato (sulle cose che si fanno e non si fanno), sul problema della sensualità (tutto è sporco) e così naturalmente nasce un’umanità “gnucca”, ottusa, piena di complessi. Gli antichi, al contrario nostro, erano molto preoccupati della cultura dei bambini e addirittura dello sviluppo del loro senso umoristico: avevano capito che un bambino che ride (capendo del perché ride dal momento che la sua intelligenza ha trovato la sua chiave di satira e di grottesco nelle situazioni) è un bambino che sta meglio, è più aperto e propenso ad accettare gli altri e soprattutto ha una visione della vita che non è meccanica, fatta di regole, ma bensì di invenzione, di fantasie, di volontà di immaginare e ricostruire il mondo che è intorno, vederlo con i propri occhi. Se uno non impara a comprendere il valore della bellezza rimane sempre un mediocre, soprattutto se non si confronta sulla stessa con gli altri e non riuscirà a sceglierla, intuirla e a farla propria. Il problema non è la “bellezza” in sé ma di poterla godere, indicare, dipingere, raccontare, esaltare, vivere. Ed è sempre questione di cultura. A quanto detto da Dario, vorrei aggiungere quanto sia effettivamente suggestiva l’immagine della morte che fa l’amore con il popolo, cioè di un effettivo di-svelamento delle sovrastrutture e infrastrutture umane: il giullare e la morte sono simboli dell’opportunità di mettersi a nudo, scovare il proprio intimo e la propria maschera esteriore per affrancarsi dalle logiche di potere esterno (retaggi culturali, i fatidici tabù, le menzogne sociali e consumistiche) che hanno imbalsamato la nostra essenza umana e la nostra corporeità. Per quanto concerne la donna: ho sempre lottato per l’emancipazione femminile, per la parità dei sessi, per uno scambio dialogico fra uomo e donna senza prevaricazioni, menzogne, soprusi. Le carenze sociali, l’abbrutimento culturale e civile, la non conoscenza di sé, il non amore di sé e del proprio corpo, le sofferenze interiori non risolte conducono alla violenza. Il teatro non può tacere, anzi deve far aprire gli occhi, per questo abbiamo sentito l’esigenza di mettere in scena le ultime due Opere che lei ha citato.

P. V.: So che siete stati grandi amici di Eduardo, avevate pensato anche di lavorare insieme e addirittura Dario ha rischiato di finire sotto una macchina mentre passeggiava con lui. A parte ciò, ho scelto insieme al mio professore e relatore Alessandro Mariani di scrivere una tesi sul suo Operato, non solo poiché di radici partenopee come me, ma anche perché ha dimostrato che il teatro dialettale è patrimonio culturale nazionale ̶ e questo lo avete dimostrato anche voi, fra l’altro Dario ha definito la lingua teatrale eduardiana un vero e proprio grammelot ̶ e perché mediante le sue Opere, esprimenti problematiche universali, si è sempre occupato di una coscientizzazione civile e sociale, affinché gli uomini si approprino della loro natura specificatamente umana. Lei che ne pensa?

F. R.: Eduardo era un uomo di alto livello e in questo trovo d’accordo anche Dario, le sue Opere sono espressione di una forte volontà di metamorfosi umana. Desiderava un mondo pieno di coscienza civile, di solidarietà, di dialogo, di comprensione reciproca. Si potrebbe parlare delle ore su questo grande autore-attore-regista-senatore che ha dedicato tutta la sua esistenza al teatro sia come forma di diletto ma anche e soprattutto come delucidazione dei paradossi umani, delle inciviltà: lavoro costante per una superamento delle barbarie umane.

P. V.: Sarebbe per me un sogno occuparmi professionalmente, seriamente e in maniera ludica del teatro (mia più grande passione, il mio vero amore) e delle varie espressioni artistiche (scrittura, poesia, musica) unendole alla formazione-educazione. Anche lei mi consiglia di lasciar perdere perché quello dell’arte è un “brutto mondo”, pieno di compromessi o mi sostiene in questa mia utopia (concreta, però): migliorare-coscientizzare-umanizzare me stessa e la realtà attraverso l’arte e soprattutto il teatro.

F. R.: Credo che ognuno di noi debba inseguire le proprie passioni, i propri sogni e sono contenta del suo credere in un teatro formativo, dedito ai problemi sociali, agli altri, prima che a se stessi. Sono felice perché giovani come lei possano continuare il nostro cammino di miglioramento personale e collettivo. Non abbia paura, non si lasci abbattere dalle sconfitte, ma creda fermamente nei suoi progetti e vedrà che riuscirà a farsi capire, ascoltare. Dario ed io, siamo stati censurati, abbiamo abbandonato la trasmissione più vista della Rai, “Canzonissima”, perché non accettavamo i tagli che la dirigenza Rai voleva imporci. Siamo stati denunciati dalla Rai con richiesta di miliardi di danni, finita per fortuna in nulla. Abbiamo avuto pesanti minacce (mio figlio Jacopo a sei anni andava a scuola scortato dalla polizia), bombe alla Palazzina Liberty dove recitavamo. Io stessa sono stata sequestrata, caricata su un camioncino e subìto torture e violenza.

Ci siamo sempre rizzati in piedi anche quando eravamo in ginocchio, disperati, ma non abbiamo mai smesso di cercare di cambiare le condizioni degli sfruttati, dei diseredati, di sciogliere i lacci della schiavitù umana in tutte le sue sembianze. Sono con lei!

 

 

 

 

 

 

 

Anno: 

[VIDEO] MICHELE LU LANZONE by Dario Fo & Franca Rame

 "MICHELE LU LANZONE"
A Monologue Written by Dario Fo & Franca Rame
Devised with the company
Directed by Filomena Campus
Assistant Director Michael Lattin-Rawstrone
Projections by Sdna
Light design by Steve Owens
 
Clifftown Theatre - Southend (UK) March 2012
East15 - University of Essex
 
Production, filming and editing by MariposaVideo
 
Anno: 

[STAMPA] Dopo il Valle di Roma, il Garibaldi di Palermo Lavoratori dello spettacolo occupano il teatro

Un centinaio di lavoratori dello spettacolo hanno marciato in corteo prendendo possesso del luogo di cultura, inattivo da un decennio. A sostegno dell'iniziativa, oltre ai ragazzi del Valle e del Marinoni di Venezia, anche Franca Rame, Paolo Rossi, Daniele Silvestri e Mario Venuti
 
teatro garibaldi palernoDopo il teatro Valle di Roma, anche a Palermo i giovani artisti provano a restituire uno spazio culturale alla comunità. Lo hanno fatto occupando lo storico Teatro Garibaldi, uno dei più antichi della città, nel cuore del quartiere della Kalsa. Stamattina un centinaio di lavoratori dello spettacolo hanno infatti marciato in corteo prendendo possesso del teatro, che è inattivo da un decennio. “Uno spazio destinato alla cultura non può chiudere per ragione alcuna” hanno scritto gli occupanti, riuniti in comitato, nel manifesto redatto per l’occasione. Ai cancelli è stato affisso uno striscione con scritto “Teatro Garibaldi Aperto“.
 
La zona si è immediatamente popolata da agenti della Digos in tenuta antisommossa, che si sono schierati all’entrata dello stabile sbarrando l’accesso alla folla di giornalisti e curiosi che nel frattempo si è raggruppata nelle zona. “E’ un occupazione simbolica – hanno spiegato gli occupanti – il Garibaldi è l’ennesimo spazio negato alla città, un luogo che ci appartiene come cittadini e come lavoratori dello spettacolo, della cultura e dell’arte. Vogliamo che il Comune renda noto un regolamento che disciplini l’assegnazione degli spazi teatrali e il costante monitoraggio di tutte le attività finanziate”.
 
Il comitato ha in programma di occupare il teatro fino a domenica, mettendo in scena spettacoli teatrali e musicali durante il week end. Il commissario straordinario del Comune di Palermo, Luisa Latella, ha subito incontrato una delegazione di occupanti proponendo la concessione del teatro per il fine settimana e l’invito a un tavolo tecnico per l’assegnazione dello stabile, che però da domenica sera dovrà essere sgomberato. “Non è una questione di assegnazione specifica del Teatro Garibaldi, è un problema generale e diffuso a Palermo – racconta Giacomo, uno degli occupanti – con questo gesto simbolico vogliamo chiedere un modello lontano dalle nomine di direttori artistici ispirate da logiche partitiche, un modello che fondi le sue basi sull’alternanza delle cariche e che dia spazio alle nuove energie artistiche espresse nella e dalla città”.
 
 
A Palermo i beni culturali chiusi da tempo e dimenticati sono innumerevoli. Una lista lunghissima in cui spiccano i cantieri culturali della Zisa, mai totalmente utilizzati da quando sono stati realizzati. La stessa storia del Teatro Garibaldi è emblematica. Inaugurato per la prima volta nel 1861 dall’eroe dei due mondi in persona, il teatro ha ospitato negli anni artisti come Carlo Cecchi, Emma Dante, Peter Brook,  e Wim Wenders. Adesso è inattivo da un decennio. Nel 2010, dopo un lungo lavoro di restauro, era stato ufficialmente inaugurato e restituito alla città. Da allora però è inspiegabilmente chiuso e inutilizzato. In attesa che l’amministrazione comunale decida cosa farne, è prevista per il prossimo 24 maggio una seconda inaugurazione a cui dovrebbe presenziare addirittura il capo dello Stato Giorgio Napolitano. “Vogliono inaugurare per la seconda volta in due anni lo stesso teatro – tuonano i manifestanti – senza che nel frattempo sia mai stato aperto. Vogliamo sapere che destino avrà questo posto il giorno dopo che verrà il presidente della Repubblica. Vogliamo che in questa città si rimettano in circolo le realtà produttive e culturali della nostra città, prescindendo dall’ingerenza dei partiti, dai ricatti delle clientele, dall’aridità dei finanziamenti a pioggia”.
 
A sostegno dell’iniziativa palermitana, oltre ai ragazzi del Valle di Roma e del Marinoni di Venezia, sono intervenute alcune tra le voci principali della cultura italiana come Franca Rame, Paolo Rossi, Daniele Silvestri e Mario Venuti. Dopo aver sbarrato l’entrata le forze dell’ordine hanno “concesso”, su input del commissario Latella, l’occupazione fino a domenica. “Abbiamo ceduto a questa sorta di ricatto – spiega uno degli occupanti – ma così possiamo far entrare la gente, la cittadinanza deve riappropriarsi dei luoghi che in questa città le sono stati negati perché pochi politici senza scrupoli non riescono trarre un personale guadagno dalla cultura“.
 
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