Le interminabili esequie della Seconda Repubblica sono uno
spettacolo impagabile, nel senso che non si paga nemmeno il biglietto:
basta mettersi alla finestra e godersi lo spettacolo.
Dopo averlo deriso per cinque anni, dal primo V-Day (25 aprile 2007)
all’altroieri, ora tutti scoprono Beppe Grillo. Mentre destra, centro
e sinistra si facevano le pippe sul grande centro, la questione
settentrionale e quella meridionale, il voto moderato, il partito
liquido e quello solido, il terzo polo, la sinistra radicale, il nuovo
centrodestra nel solco del partito popolare europeo, il nuovo
centrosinistra nel solco della socialdemocrazia blairiana o forse dei
democrats clintoniani, la maggioranza ABC, il proporzionale corretto
alla francese con recupero alla portoghese e il maggioritario corretto
grappa con riporto alla Schifani, il premierato forte, il federalismo
solidale, la separazione delle carriere, la fase 2, la crescita, le
grandi riforme condivise secondo i moniti del Colle per arginare
l’antipolitica, gli elettori fuggivano e Grillo li raccattava,
riempiendo le piazze da Nord a Sud e piantando negli enti locali le
prime bandierine del suo movimento.
Ora che il medico legale, nelle urne funerarie, certifica la dipartita
dei partiti, i politici e i commentatori al seguito non trovano le
parole per descrivere quel che sta accadendo.
Sentite Massimo Franco, estintore capo del Pompiere della Sera: “Il
trionfo dei ‘grillini’ riflette una protesta trasversale che
probabilmente pesca oltre i confini della sinistra. È il contenitore
di un ‘no’ che... rispecchia confusamente, a volte con parole d’ordine
irresponsabili, la voglia di spazzare via un sistema incapace di
riformarsi”.
Protesta? Un ‘no’ che rispecchia confusamente? Parole irresponsabili?
Ma questo Franco ha mai seguito un’iniziativa del MovimeLe interminabili esequie della Seconda Repubblica sono uno
spettacolo impagabile, nel senso che non si paga nemmeno il biglietto:
basta mettersi alla finestra e godersi lo spettacolo.
Dopo averlo deriso per cinque anni, dal primo V-Day (25 aprile 2007)
all’altroieri, ora tutti scoprono Beppe Grillo. Mentre destra, centro
e sinistra si facevano le pippe sul grande centro, la questione
settentrionale e quella meridionale, il voto moderato, il partito
liquido e quello solido, il terzo polo, la sinistra radicale, il nuovo
centrodestra nel solco del partito popolare europeo, il nuovo
centrosinistra nel solco della socialdemocrazia blairiana o forse dei
democrats clintoniani, la maggioranza ABC, il proporzionale corretto
alla francese con recupero alla portoghese e il maggioritario corretto
grappa con riporto alla Schifani, il premierato forte, il federalismo
solidale, la separazione delle carriere, la fase 2, la crescita, le
grandi riforme condivise secondo i moniti del Colle per arginare
l’antipolitica, gli elettori fuggivano e Grillo li raccattava,
riempiendo le piazze da Nord a Sud e piantando negli enti locali le
prime bandierine del suo movimento.
Ora che il medico legale, nelle urne funerarie, certifica la dipartita
dei partiti, i politici e i commentatori al seguito non trovano le
parole per descrivere quel che sta accadendo.
Sentite Massimo Franco, estintore capo del Pompiere della Sera: “Il
trionfo dei ‘grillini’ riflette una protesta trasversale che
probabilmente pesca oltre i confini della sinistra. È il contenitore
di un ‘no’ che... rispecchia confusamente, a volte con parole d’ordine
irresponsabili, la voglia di spazzare via un sistema incapace di
riformarsi”.
Protesta? Un ‘no’ che rispecchia confusamente? Parole irresponsabili?
Ma questo Franco ha mai seguito un’iniziativa del Movimento 5 Stelle?
Ha mai incontrato un candidato?
S’è mai accorto che il nome di Grillo non è né nel simbolo né nelle
liste del M5S?
Ha mai letto il programma o lo confonde con le battute e le
provocazioni di Grillo?
Ci sa dire quali sarebbero i punti “irresponsabili”?
E quando mai Franco e gli altri pompieri han dato degli
“irresponsabili” a Culoflaccido B. e a Giuda Bossi quando facevano e
dicevano quel che han fatto e detto per vent’anni?
Anche i politici hanno capito tutto. Il Cainano, dal lettone di Putin,
fa sapere che “l’esito elettorale è al di sopra delle mie previsioni”:
forse pensava che, oltre a non votarlo, gli elettori lo menassero pure
(per questo è espatriato).
Alfano e Bersani dicono che è colpa di Monti che “doveva ascoltarci di
più” (così menavano pure lui).
Si risente persino Fitto, in una pausa dei suoi processi: “Il
proporzionale, con un quadro già così disarticolato, renderebbe
instabile il sistema, salterebbe la governabilità”. Parole che salgono
dall’oltretomba.
Cesa farfuglia di “fase due”, “rilancio dell’azione di governo”,
“unire l’area dei moderati” (peraltro deserta), ma – si badi bene –
“in forme nuove, garantendo le diverse specificità”.
Verderami, retroscenista del Pompiere, sintetizza mirabilmente la
vuotaggine del linguaggio di Palazzo: ammette – bontà sua – che “non
c’è spazio per nuovi predellini”, osserva che “Bersani smonta la
politica dei due forni” pur temendo che “la maionese possa impazzire”,
e rivela che nel centrodestra “sembra prender corpo l’esigenza di
aprire un cantiere”. Me cojoni, direbbero a Roma.
Bondi, sempre lucido, chiede “unità nell’autonomia”.
La Finocchiaro trova che “le elezioni anticipate si allontanano”, ma
pure quelle non anticipate: di questo passo bisognerà rinviarle di una
ventina d’anni.
Napolitano l’ha presa bene. Siccome Grillo gli sta antipatico, dice
che non ha vinto: “Di boom ricordo quello degli anni 60, altri non ne
vedo”. Anzi, pietrificato a 40 anni fa, non li vuole vedere: “Le
amministrative sono un test piuttosto circoscritto”.
Ma sì, dai, non è successo niente. Andiamo a nanna sereni. Clio,
passami la berretta da notte e stacca il telefono, ché quel Togliatti
chiama sempre a mezzanotte. nto 5 Stelle?
Ha mai incontrato un candidato?
S’è mai accorto che il nome di Grillo non è né nel simbolo né nelle
liste del M5S?
Ha mai letto il programma o lo confonde con le battute e le
provocazioni di Grillo?
Ci sa dire quali sarebbero i punti “irresponsabili”?
E quando mai Franco e gli altri pompieri han dato degli
“irresponsabili” a Culoflaccido B. e a Giuda Bossi quando facevano e
dicevano quel che han fatto e detto per vent’anni?
Anche i politici hanno capito tutto.
Il Cainano, dal lettone di Putin,
fa sapere che “l’esito elettorale è al di sopra delle mie previsioni”:
forse pensava che, oltre a non votarlo, gli elettori lo menassero pure
(per questo è espatriato).
Alfano e Bersani dicono che è colpa di Monti che “doveva ascoltarci di
più” (così menavano pure lui).
Si risente persino Fitto, in una pausa dei suoi processi: “Il
proporzionale, con un quadro già così disarticolato, renderebbe
instabile il sistema, salterebbe la governabilità”. Parole che salgono
dall’oltretomba.
Cesa farfuglia di “fase due”, “rilancio dell’azione di governo”,
“unire l’area dei moderati” (peraltro deserta), ma – si badi bene –
“in forme nuove, garantendo le diverse specificità”.
Verderami, retroscenista del Pompiere, sintetizza mirabilmente la
vuotaggine del linguaggio di Palazzo: ammette – bontà sua – che “non
c’è spazio per nuovi predellini”, osserva che “Bersani smonta la
politica dei due forni” pur temendo che “la maionese possa impazzire”,
e rivela che nel centrodestra “sembra prender corpo l’esigenza di
aprire un cantiere”. Me cojoni, direbbero a Roma.
Bondi, sempre lucido, chiede “unità nell’autonomia”.
La Finocchiaro trova che “le elezioni anticipate si allontanano”, ma
pure quelle non anticipate: di questo passo bisognerà rinviarle di una
ventina d’anni.
Napolitano l’ha presa bene. Siccome Grillo gli sta antipatico, dice
che non ha vinto: “Di boom ricordo quello degli anni 60, altri non ne
vedo”. Anzi, pietrificato a 40 anni fa, non li vuole vedere: “Le
amministrative sono un test piuttosto circoscritto”.
Ma sì, dai, non è successo niente. Andiamo a nanna sereni. Clio,
passami la berretta da notte e stacca il telefono, ché quel Togliatti
chiama sempre a mezzanotte.