23 novembre 2012
ore 4
Mi sono messa a letto alle 10, intenzionata a farmi una bella riposata. Avevo lavorato tutto il giorno. Mi addormenterò subito – pensavo. Sbadigli da slogarmi la mascella, invece niente.
Quando mi succede così ripasso monologhi… “Medea”, “Maria sotto la croce”… poi il cervello va per suo conto e mi propone idee che mi sembrano storie, chiavi teatrali bellissime… me le ricorderò domattina? La mattina dopo, vuoto assoluto nella testa. Penso e ripenso. Bisogna che mi decida alzarmi la notte quando mi arrivano… e prendere almeno un appunto. Ma temo di disturbare Dario che ha il sonno leggero. Mi sono messa sotto il cuscino un blocchetto, ma scrivere al buio non mi viene bene. Scarabocchi illeggibili. Allora ho acquistato dai cinesi una pila minuscola come il dito mignolo, 1euro e 20, fa una luce tremenda, ma con la mano davanti illumina appena permettendomi di arrivare alla porta ed uscire dalla camera senza svegliare Dario. Sono le 4. Bell’ora… posso fare un sacco di cose senza disturbare nessuno… e che nessuno mi disturbi.
Mi godo un yogurt greco: una bontà! Accendo il computer e penso a che scrivere.
Mi vengono in mente certe serate bellissime… dopo uno spettacolo che so “Tutta casa, letto e chiesa”… “Sesso? Grazie tanto per gradire”… donne commosse, felici… che mi stritolano con abbracci frenetici. Hanno mani sudate per l’emozione, c’è chi scoppia a piangere e mi abbraccia forte, qualcuna m’ha detto: “Quando sono triste, disperata con la voglia di morire… penso a te e mi torna la calma nel cuore”.
Sono convita che esagerino, mi vedono come un non so ché… “Per me sei un mito!” Ma daiiiiii.
Mi meraviglia sempre il desiderio che hanno le donne di lasciarmi qualcosa di loro. Chi si toglie un braccialettino d’argento e me lo dona, chi un accendino… mezzo pacchetto di Malboro…
Negli anni ho accumulato di tutto: una scatoletta di fiammiferi con sopra scritto “Carolina a Franca con amore”. Un completo per manicure e una raffinata mascherina per la notte regalatemi di Marina De Juli, la mia grande amica. Un minuscolo portacipria d’argento, un pettinino, una molletta con sopra una rosa rossa… un uovo di legno dipinto a mano, un uovo vero con un cuore rosso e una bandierina bianca-rossa-verde che sventola, una sciarpa fatta a mano con tanti colori arrotolati insieme di nonna Ersilia: “L’ho fatta per te! Non lasciarla mai. Ti porterà tanta fortuna.”
Quanti regali! Un mare d’altre cose costose e no, comunque “tutte” per me preziosissime. Se il dono è di valore cerco di rifiutare, ma è impossibile.
E’ tale la felicità che hanno queste ragazze, donne, nonne e bisnonne nel donarmi qualcosa di loro che mi dà grande emozione. All’inizio riponevo tutto in un cassetto del mio comodino. Poi quando di cassetti ne ho riempiti 3 ho deciso di catalogare il tutto, inscatolarlo e spedirlo ad Alcatraz da Jacopo. E che dire della mia tenera amica Marisa Pizza, che insegna alla Sapienza di Roma, da me definita “PREZIOSA” che da 20 anni mi segue, mi vuole un bene dell’anima. Ogni volta che viene da noi ingrassiamo…. porta cioccolatini fatti da una pasticceria napoletana, che ora riesce a trovare anche a Roma e a Milano:“Gay Odin”. Ora Marisa si sta prendendo cura del nostro Archivio, coinvolgendo gruppi di studenti e studiosi appassionati, sta svolgendo un articolato lavoro per cui il nostro Archivio è protagonista di progetti europei, di scambi culturali con accademie, università italiane e straniere; produce libri e documentari che raccontano il nostro lavoro; è forse anche più testarda di me perché, presa con entusiasmo dal suo interesse scientifico, abbiamo impostato insieme un progetto di ricerca per fare del nostro Archivio un centro studi e un museo multimediale permanente.
Nel museo che prima di morire intendo fare… abbiamo un mare di materiale, accumulato in 60 anni di spettacoli, che va dalle scene teatrali ad armadi pieni di costumi d’epoca, di abiti moderni, da donna, da uomo, armadi con scarpe donna-uomo di tutte le misure, cappelli, magliette, calzamaglie. Bauli e bauli zeppi di fondali. Il materiale di una vita di lavoro teatrale.
Ecco lì… nel mio museo, ci sarà un reparto particolare con un cartello: “regali ricevuti da Franca durante la sua vita”. Ed ogni oggetto avrà il suo nome e cognome. Forse non tutti, ma molti sì.
Dalle finestre spalancate mi abbraccia un’aria mite, vedo un bel cielo che mi sorride… si sta schiarendo, avremo una giornata di sole.
E’ ora di andare a dormire altrimenti domani sarò morta di stanchezza. Nel letto, mentre il sonno non arriva, osservo un angiolino appeso che brilla ad ogni passar di macchina. “Ma dove va la gente a quest’ora?” mi chiedo sempre da impicciona.
L’angiolino me l’ha donato la mia mamma: l’aveva fatto lei. Alto un 20 cm. un faccino di panno lenci, con l’abito di pizzo bianco foderato di rosa e le ali in tulle, tempestate di piccole stelle. Un capolavoro.
Dicevo sempre: “Mamma tu hai le mani d’oro!” Sorrideva appena ma si sentiva che il complimento le faceva piacere.
La mia bellissima mamma
Il sorriso di mia madre non lo dimenticherò mai.
“Questo è il tuo angelo custode… è lui che ti protegge e consiglia. Dagli sempre retta!” ‘Sto fatto dell’angelo custode mi aveva fatto molta impressione, “E dove sta l’angelo, mamma, quello vero?” “Dietro alle tue spalle…” “Di qua o di là? Di spalle ne ho due.” “Sicuramente dalla parte del cuore!”
Mamma le sapeva tutte.
Come mi sentivo fortunata!
“Ogni volta che hai qualche problema lo puoi dire a me o a lui. Ti vogliamo tutti e due un gran bene.” “Si, ma lui non lo vedo mai!”
“Si farà vedere, abbi pazienza”.
Avevo 6 anni. Me ne stavo pensosa e zitta ad immaginarmi l’angiolo dietro la mia spalla sinistra.
Che sta facendo?
Io sono seduta, e lui se ne sta in piedi? Chissà quanto sarà stanco la sera. Bisbigliavo: “Dai angiolino siediti… mettiti comodo!” e gli facevo posto. Mi seccava molto non vederlo. “Vuoi un po’ di cioccolato? Ma maledizione, rispondi! Sì o no… stare zitto così non è nemmeno buona educazione!”
Chiedevo in giro informazioni… ma le risposte che ricevevo erano sciocche, banali. La gente dice spesso cretinate e non solo ai bambini.
A sette anni ho deciso di escludere i “grandi” dalla mia vita. Li ho lasciati perdere. Li guardavo un po’ dall’alto in basso… pardon dal basso in alto.
A scuola peggio ancora, alla domanda dove sta l’angelo custode la maestra non mi ha nemmeno risposto. Mi ha chiuso la bocca con uno sguardo di compatimento da raggelarmi. E quando ho chiesto durante l’ora di religione se Gesù era bianco o nero la suora ha pregato mia madre di ritirarmi dalla lezione. “Fa domande disturbanti”- disse ed è finita lì. Non ero contenta di starmene per un’ora seduta a terra in silenzio davanti alla porta chiusa. Forse troverò il coraggio di dire a suor Maria: non farò più domande, starò zitta. Ma ‘sto coraggio non l’ho mai trovato.
In quell’ora me la prendevo con l’angelo custode. “Non mi dici niente, non mi consigli… Non potevi non farmi chiedere di che colore è Gesù? Che custode sei?” Lui zitto. Muto. Forse era andato a fare pipì.
Un momento, ma gli angeli la fanno?
Bella domanda… e chi mai mi darà la risposta?
E a chi la faccio ‘sta domanda per non essere mandata al diavolo? Alla zia Ida. La zia Ida stava con noi, era stata la moglie di non so quale parente morto e ci era rimasta in eredità. Capelli crespi, grigiastri, gote naturalmente rosse, pelle screpolata, i geloni d’inverno, non era bella, ma era simpatica. Parlava con me trascurata dalla famiglia - così mi sembrava - come fossi un’adulta. “Gli angeli la pipì la fanno sulle rose, è per quello che profumano!” Rispondeva alle mie domande e mi regalava certe caramelle amare che fingevo di succhiare ed invece sputavo di nascosto. Gliele aveva regalate un suo amico di Varese… Le faceva lui… Con la cacca, credo.
Chissà che pensava l’angelo delle mie caramelle? Sono passati molti anni, una vita quasi, e qualche mese fa, frugando in un armadio che ti vedo? Le caramelle! Erano lì, tutte avvolte come le avevo lasciate! Ne assaggio una... Chissà che con il tempo si siano migliorate...Dio! sono peggio ancora! E l’ho sputata. All’istante mi è apparso l’angelo. Una faccia splendida alonata di luce che mi diceva: “E perché la sputi! Perché la sputi!” ed è scomparso. Ho gridato: “Era ora! Stai con me da una vita… Mai un sospiro… un gemito, un pernacchio e adesso mi vieni a rompere perché sputo una caramella? La sputo perché fa schifo. Mangiatele tu!”
Giuro che ero sveglia, non ho sognato: il pacchettino delle caramelle s’è spostato nell’aria… Ho visto una caramella volare… Poi la carta che l’avvolgeva è finita a terra… “Ah, non mi credi è? La vuoi assaggiare…”
Non finisco di parlare che la caramella m’è arrivata sopra una scarpa come se qualcuno me l’avesse sputata addosso. “Visto che fanno schifo? Ma sai angelo che sei un maleducato? Non si sputano le caramelle, anche se di cacca!” E l’angelo s’è messo a ridere. “Si ridi, ridi, ma non mi hai spiegato ancora perchè in tutto questo tempo… sono cresciuta, invecchiata e non ti sei fatto mai vedere!” “Hai ragione, ma purtroppo mi è successo di dovermi occupare del progetto per l’arrivo di un bambino speciale ma che rischiava, grazie al colore della sua pelle di restare senza angelo.” “Un bambino senza angelo?” “ Sì, un disguido burocratico”
E ridendo a mia volta ho esclamato: “La burocrazia anche in cielo?”
“Eh sì, era un bambino dalla pelle dorata che era appena arrivato dall’Africa negli Stati Uniti. E dal momento che non aveva l’angelo custode... dall’alto mi hanno pregato di curarmi di lui” “D’accordo.., , ma dico, in tutti questi anni non hai mai avuto un attimo per venirmi a salutare?” “Te l’ho detto che mi trovavo dall’altra parte dell’oceano! E anche per noi, attraversarlo, non è una passeggiata. Ad ogni modo mi scuso. Ti prometto che d’ora in poi, appena posso ti vengo a dare un bacino. Ma abbi pazienza. Mi è così difficile seguire quel bimbo che naturalmente, oggi, ormai è diventato grande! Ma ha un sacco da fare! Non sta mai fermo un attimo!” “E che mestiere fa?” “Il presidente degli Stati Uniti”.
Franca Rame