[STAMPA] Franca Rame si racconta: "Senza teatro non posso stare"


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Più che uno spettacolo è una pietra miliare del teatro italiano. Mistero Buffo torna sul palcoscenico di Varese sabato 18 febbraio: biglietti a ruba e grande attesa per vedere nuovamente all’opera nella città giardino Dario Fo e Franca Rame con l’imperdibile piece giullaresca in lingua grammelot. Legati al territorio varesino (Fo è nato a Sangiano nel 1926, Franca Rame ha passato gran parte della sua infanzia nella nostra provincia), i due attori, drammaturghi e artisti a tutto tondo riportano al Teatro Apollonio il loro più famoso pezzo di teatro, studiato nelle Università e portato in scena in mezzo mondo. «Saranno trent’anni che non rifacciamo Mistero Buffo a Varese – racconta Dario Fo a VareseNews -. L’ultima volta che siamo venuti in città siamo stati in quel teatro con le vele di tela. C’è ancora quello?». Lo rassicuriamo che nulla è cambiato e che di teatro stabile si è tornati a parlare da poco: «D’altra parte Bossi e compagni per la cultura non mi sembra abbiano mai avuto un grande interesse», aggiunge Fo, che ricorda come in tempi passati ci siano stati grandi assessori alla Cultura come «il mio amico Baj: lui ebbe grande attenzione per la cultura, ma durò poco. Farò una mostra di pittura a Milano a Palazzo Reale dove saranno esposte anche opere sue (“Lazzi sberleffi e dipinti” e “Addio Anni '70, Arte a Milano”, celebrazione degli anni della contestazione con “I funerali dell'anarchico Pinelli” di Enrico Baj). Mi piacerebbe portarla a Varese, pensa che sconquasso verrebbe fuori».
Da premio Nobel (vinto nel 1997), il giudizio sullo stato della cultura nostrana è tranchant: «È un periodo nero, nefasto. Si trattano la cultura e gli intellettuali come fossero operai senza diritti. I nostri governanti tagliano quello che ritengono superfluo o pericoloso, come la cultura e la satira, ma così fanno del male a tutto il sistema – chiosa Fo -. Fino a vent’anni fa era più facile fare cultura, c’erano spazi e risorse maggiori: tanti attori che si sono formati con me e Franca hanno avuto possibilità che i giovani di oggi si sognano. In giro per l’Europa non è così, sebbene ci sia la crisi anche là: in Francia, Germania, Inghilterra c’è più spazio, più possibilità di iniziativa. Lo vedo andando in giro. Qui da noi manca la volontà, oltre che le risorse. In Italia questa crisi produce silenzio, e il silenzio è uguale a morte».

Oggi al teatro Quirinetta di Roma – che ha gentilmente ospitato la conferenza stampa di apertura – è stato presentato il nuovo Centro Nazionale Drammaturgia Italiana Contemporanea, che aspira a diventare una rete federale nazionale, nata per occupare un vuoto istituzionale aperto dalla chiusura dell’Idi nel 1998.È un mestiere che esige un lungo tirocinio in palcoscenico, che parte dall’artigianato per attingere all’arte, che si nutre di esperienza ed intuizione, d’ispirazione e pratica.
Per queste ragioni deve essere una professione rispettata perché è il motore primo di ogni accadimento teatrale e deve poter offrire a chi la “esercita” la possibilità di vivere del proprio lavoro.
In Italia occorre invertire una tendenza malata che sta museificando il nostro teatro e che fa perdere ogni aggancio con la realtà che si vive, con la contemporaneità e con la nostra identità nazionale.”
Il testo completo, insieme alle indicazioni per l’iscrizione, sono pubblicati sul sito www.centrodrammaturgia.it
fonte: civitasnews.it