Comunità montane, sprechi d'alta quota

da un articolo di Giuseppe Salvaggiulo

 

 L'On. Sergio D’Elia, deputato della “Rosa nel pugno”, per tagliare il costo della politica, ha presentato un disegno di legge che  prevede l’abolizione delle 356 comunità montane, sparse nella Penisola, che, con i loro quasi 13 mila consiglieri, ci costano ogni anno in stipendi e gettoni di presenza quasi unmiliardo di euro(circa 2.000 miliardi delle vecchie lire).

 Questi  enti pubblici rappresentano un capitolo non trascurabile dei (..) costi della politica. Sparse per l’Italia ce ne sono 356. Non poche, considerando che solo il 35% del territorio nazionale è montagnoso. Tanto che è possibile trovarne addirittura in Puglia.

D’altro canto imporre un freno è difficile, poiché l’istituzione è decisa dagli enti locali in piena autonomia. In Umbria, per dire, ci sono 9 Comunità montane che si sommano a Regione, 2 Province, 92 Comuni, 3 Ambiti territoriali e 4 Parchi. Tutto per soli 800mila residenti. In Piemonte ce ne sono 48, in Calabria 26 (solo 4 meno della Lombardia), in Basilicata 14 (una ogni 40mila abitanti), in Molise 10 (una ogni 33mila abitanti).
(..)Lo Stato, spende 800 milioni di euro all’anno per tenerle in vita. Ogni Comunità montana ha uno statuto, una struttura burocratica, un presidente e un’assemblea di consiglieri nominati dai Comuni. Risultato: gli stipendi dei 356 presidenti costano alla finanza pubblica 13,6 milioni di euro all’anno, mentre i 12.800 consiglieri si accontentano di gettoni di presenza variabili tra 17 e 36 euro per ogni riunione.

 Nate nel 1971 come enti autonomi, oggi le Comunità montane altro non sono che unioni di Comuni. Il loro compito è «eliminare gli squilibri di natura sociale ed economica tra le zone montane e il resto del territorio nazionale, difendere il suolo e proteggere la natura». Hanno un ambito operativo prossimo all’infinito: dalle infrastrutture alla formazione professionale, dalla bonifica del suolo alla promozione economica. A tal fine, adottano «piani pluriennali per lo sviluppo economico-sociale» e ne curano l’attuazione.

 Vasto programma, lodevoli intenzioni. Ma analizzando i bilanci, i due deputati radicali rilevano che «circa la metà dei fondi viene destinata alle spese di struttura e solo una minima parte ridistribuita ai cittadini sotto forma di opere e servizi pubblici».

 A sostenere le tesi di chi ne invoca la soppressione è arrivata la Corte costituzionale, che ha definito le Comunità montane «enti costituzionalmente non necessari». Dunque, nulla vieta di eliminarle. Ma l’ultima riforma degli enti locali, nel 2000, non le ha toccate. Anzi, ne ha rafforzato l’autonomia e i poteri, rendendole «sovrane nella determinazione della loro organizzazione».

 Stefano Iannucci, in una ricerca per l’Università La Sapienza di Roma, ha esaminato il caso della XXI Comunità montana dei Monti Lepidi e Ausoni e Vallina della provincia di Frosinone, che comprende nove città e 30mila abitanti. Nel 2005 aveva a disposizione 1,1 milioni di euro. La spesa è stata così ripartita: 50% per l’acquisto di una nuova sede, 20% per il funzionamento degli uffici, 12% per il personale, 11% per gli stipendi degli amministratori. Solo il 7%, dunque, per gli interventi sul territorio. Non un euro è stato destinato alla promozione turistica, culturale e sportiva, a biblioteche e musei, alla protezione civile, alla difesa del suolo, all’assetto idrogeologico e forestale, ai trasporti, ai servizi sociali, all’agricoltura, all’industria, al commercio e all’artigianato.

 «La molteplicità di enti locali è un’idea sbagliata di decentramento. Le Comunità montane sono un esempio di come le amministrazioni locali possano rappresentare fonti di spreco e simbolo di una gestione del potere fine a se stessa», scrivono D’Elia e Turco nella relazione che accompagna il progetto di legge.

 Le Comunità montane non ci stanno. Rivendicano «performance finanziarie di tutto rispetto», migliori di Comuni e Province. Sostengono che la spesa corrente (stipendi, indennità, costi degli uffici...) è ferma al 42,2% contro il 57,8% degli altri enti locali. E avvertono: «Senza la nostra azione il territorio rimarrebbe sguarnito di interventi specifici per l’ambiente, l’agricoltura, la forestazione, il turismo e l’agriturismo, la difesa idrogeologica, la lotta contro gli incendi boschivi, la protezione civile, la difesa dei valori antropologici e delle tradizioni locali». Insomma si sentono indispensabili.

 Eppure qualche tempo fa, rompendo il fronte unico dell’Unione delle Comunità montane, il consigliere nazionale Mario Caligiuri ha ammesso: «Tranne alcune lodevoli eccezioni, le Comunità montane non servono a niente e utilizzano male le risorse. Meglio sopprimerle e ripartire i fondi tra i Comuni di montagna», in grado di offrire gli stessi servizi «meglio, prima e spesso a costi più bassi».

 Esattamente quanto propongono D’Elia e Turco. Una piccola rivoluzione in soli quattro articoli di legge e mezza paginetta. Cose da pazzi.

 da Il Giornale del 26 aprile 2007


LA GUERRA INVISIBILE

di Antonietta M. Gatti, Laboratorio dei Biomateriali-
Dipartimento di Neuroscienze Università di Modena e Reggio Emilia

ricordiamo il numero di conto corrente per la sottoscrizione in favore delle vittime dell'Uranio Impoverito:
conto corrente postale n. 78931730 intestato a Franca Rame e Carlotta Nao
ABI 7601 - CAB 3200 Cin U
La redazione

 

 Chi vuole avere un’idea di quanto siamo tecnologicamente avanzati dia un’occhiata alle nuove guerre. Dalle poltrone del salotto, abbiamo assistito in diretta TV a bombardamenti "chirurgici" di estrema precisione con proiettili noti e alcune volte ignoti. Ignoti perché di questi conosciamo solo gli effetti, effetti, specie sulle persone, mai visti prima.

Nella prima guerra del Golfo i giornalisti avevano notato carri armati di cui alcune parti erano letteralmente scomparse. Lo abbiamo saputo dopo: in quel caso il metallo si era volatilizzato per le temperature elevatissime che si erano generate al momento dell’impatto tra proiettile e bersaglio. Si trattava di proiettili all’Uranio impoverito, un metallo di scarto che non costa nulla e che, anzi, non si sa come smaltire. E allora, ecco trovata una soluzione: usiamolo perché scoppia a 3.000 e passa gradi e fa un bel botto, però, non diciamo niente a nessuno.
Nella seconda guerra del Golfo si sono visti morti con i corpi devastati ma con i vestiti intatti. Ci siamo incuriositi: quale tecnologia poteva produrre effetti del genere? Qualcuno ha parlato di una meraviglia della chimica che si chiama fosforo bianco.

Dopo che i primi soldati europei, italiani compresi, al ritorno da missioni di pace, hanno cominciato ad ammalarsi di tutta una collezione di malattie, gli Americani hanno dovuto ammettere che, sì, avevano utilizzato sia in Iraq sia nei Balcani bombe all'Uranio impoverito. Per il fosforo bianco, invece, forse dobbiamo ancora aspettare un altro po’, benché le prove siano schiaccianti.
La radioattività residua delle aree colpite dalle bombe all’Uranio, una radioattività impossibile da nascondere perché basta andare là con un contatore Geiger da quattro soldi e in molti ci sono andati, compresi i funzionari dell’UNEP, ha indotto i mass media e la popolazione a indicarla come il responsabile delle patologie dei soldati e di chi lì abitava. Anche i bambini malformati che sono nati dopo la guerra generati da militari e da civili sono, a parere di media e di un po’ di gente, da ascriversi alla radioattività. Ne è nata, allora, una discussione globale che ha coinvolto governi, organizzazioni di ogni genere, giornalisti, esperti veri o presunti tali, e scienziati. Tutto questo chiasso, però, ha partorito ben magri risultati.

I soldati continuano ad ammalarsi (ho notizia precisa, personale, di soldati americani ammalati gravemente) e a Baghdad alcuni medici che ho incontrato mi dicono che parecchie patologie, anche mortali, sono in aumento fra la popolazione civile. Nel frattempo, in Europa è stata firmata una dichiarazione della Comunità Europea che bandisce l'Uranio impoverito. Ottimo, ma sarà sufficiente a far sparire queste patologie? Il mio parere è che no, e per un motivo molto semplice: l'Uranio impoverito è solo il mandante, non è il killer primario.

In un rapporto del 1978 scritto da ricercatori della base militare di Eglin, Florida, rimasto a dormire per 37 anni chissà dove e finito per un po’ nei meandri di Internet, ho trovato dati relativi alle sperimentazioni con bombe all'Uranio impoverito eseguite nel deserto. I ricercatori segnalano la formazione di nuove polveri in seguito all'esplosione che sono caratterizzate, tra l’altro, da dimensioni ridotte e da composizioni chimiche non omogenee che originano da tutta la materia che era presente nel punto di esplosione: il bersaglio, la bomba, il terreno. Queste polveri derivano da combustioni violente avvenute su materiali disparati e, dunque, la composizione dei reagenti è casuale. Quindi, la chimica  dipende da ciò che c’era nel “crogiolo” in quel momento.
Ciò che notavano i ricercatori è che si formavano polveri con dimensione fra i 0,2 e 0,5, micron (un micron è un millesimo di millimetro) che erano composte da diversi elementi. Raramente vi si trovava anche Uranio, benché questo costituisse il cuore del proiettile, e questo perché tre o quattro chili di Uranio fanno saltare in aria parecchie tonnellate di roba in cui l’Uranio non c’è, e, in quelle tonnellate, tre o quattro chili di Uranio diventano una rarità. I ricercatori militari americani stessi concludono il rapporto con la richiesta di verifica dell’impatto di questi polveri sull’uomo, dato che la loro dimensione è nella gamma dell’inalabile, cioè può raggiungere le parti più profonde dei polmoni.

Oggi noi classifichiamo quelle polveri come nanoparticelle, e i nanotecnologi, vale a dire coloro che costruiscono nanoparticelle in laboratorio per sfruttarne industrialmente le proprietà, pongono sulla loro possibilità d’interagire con l’organismo una grandissima attenzione, stanti gli enormi pericoli che potrebbero conseguire da questa interazione, pericoli che in parte si conoscono e in parte si sospettano.
La paura viene, tra l’altro, dal fatto che un centro dell’Università di Leuven in Belgio ha verificato che polveri da 0,1 micron, se inalate, passano la barriera polmonare in 60 secondi e finiscono nel torrente circolatorio. Il sangue, poi, le porta in tutto il corpo ed in un’ora sono al fegato e poi ai reni.

Quando sono intrappolate in un tessuto, è difficile, se non impossibile, rimuoverle.
Quello che ha sorpreso nello studio belga sono i tempi d’ingresso:
veramente ridotti ed il fatto che le nostre barriere fisiologiche contro le nanoparticelle si comportano come dei colabrodo. E’ ovvio che, non avendo, purtroppo, il nostro organismo nessun filtro efficiente, possono entrare anche particelle tossiche che una volta all’interno del nostro corpo possono estrinsecare la loro tossicità. Ma, tossiche o no, tutte queste particelle che non si degradano sono comunque dei corpi estranei che l’organismo non gradisce affatto.
Il corpo umano, quindi, reagisce come può a questo insulto. Qualora le polveri siano disseminate in ogni organo ed in quantità significativa, esiste la possibilità che la reattività biologica sia inefficace, come pure i farmaci, e le cellule non possano far altro che lasciarsi morire.

In campo nanotecnologico si è già visto che queste nanoparticelle hanno un potere ossidativo all’interno della cellula e ne determinano comportamenti anomali. Le normali difese immunitarie si rivelano inefficaci. Uno studio recente dell’Università di Plymouth (Inghilterra) che ha verificato il comportamento di alcuni pesci quando sono in acque contaminate da nanopolveri mette in luce alcuni comportamenti aggressivi di quei pesci e anche un loro stato di “affaticamento”.
Questi studi eseguiti con nanoparticelle costruite in laboratorio è in perfetto accordo con ciò che avviene in teatri bellici ove grandi quantità di nanoparticelle vengono create involontariamente dalle esplosioni o, per esempio, dai pozzi petroliferi che bruciano o dalle numerose altre combustioni che sono tipiche della guerra. E’ ovvio che chi si trova immerso in quell’inquinamento ha la possibilità di inalarlo e di mangiarlo con cibo cresciuto sotto quelle polveri, ma anche, perché no?, di fumarlo con sigarette il cui tabacco è contaminato. E sono proprio quelle particelle che noi troviamo negli organi malati dei militari.

Questi sono i nuovi, subdoli, proiettili invisibili del XXI secolo che le nuove guerre creano e di cui qualcuno deve tenere conto. Nel secolo passato si spargevano i defoglianti, chi non ricorda il Napalm con la sua diossina?. Ora, in modo più raffinato, si crea anche un inquinamento che può perdurare nel tempo perché molte delle polveri sono eterne, non avendo né la Natura né l’uomo la capacità di degradarle. E questo può far ammalare anche dopo che la guerra è finita, e chi si ammala sono i vinti, ma anche i vincitori. Cosa che è esattamente ciò che sta accadendo. Occorre che i governi e i militari prendano atto di questa nuova situazione e meditino su questi proiettili invisibili che sono tutt’altro che chirurgici e che, con il loro perdurare nell’ambiente, non sono dissimili da armi di distruzione di massa.
Prima di tutto, i militari dovranno monitorare l’ambiente e poi “filtrarlo” per quanto possibile, in modo che non si respiri la contaminazione. Occorrono sensori, occorrono maschere che le nanotecnologie possono mettere a punto e costruire. Occorre, finita la guerra, che chi ha sporcato pulisca; ma questo credo sia un’impresa impossibile, e non è questione di denaro ma di vera e propria fattibilità.

Quello che non si deve assolutamente fare è negare queste evidenze. Le patologie ci sono sia fra i soldati che hanno partecipato alla guerra sia fra quelli che assolvevano missione di pace sia fra i chi fa volontariato nelle zone a rischio sia fra i civili.
I volontari di associazioni non governative e i civili che vanno nelle zone devastate dalla guerra vanno per motivi morali e non è onesto che non li si avverta del pericolo cui vanno incontro. La cosa, comunque, che ritengo più grave è che ad un soldato che si ammali al ritorno della missione non venga riconosciuto il nesso causale fra la malattia e la permanenza in zona inquinata. Questa è ipocrita viltà.
Un soldato che si ammala e muore per pallottole invisibili in un letto e non in un campo di battaglia è sempre un soldato che è morto per la patria, qualunque connotazione si voglia attribuire a tutto ciò, e la patria, ancora una volta qualunque cosa la parola significhi, ha il dovere di riconoscere il suo sacrificio.

 


UNITA': Uranio impoverito, la procura di Bari: si facciano nuove indagini

Davide Madeddu Nessuna archiviazione. L'inchiesta sulla "Sindrome dei Balcani" va avanti. La procura della Repubblica di Bari vuole vederci chiaro. Il giudice per le indagini preliminari ha deciso di non archiviare il procedimento che riguardava proprio l'inchiesta sui soldati malati che sono stati impegnati nelle missioni in Kosovo. Quelle che, successivamente, sono state definite le "vittime della sindrome dei Balcani". Per la precisione la procura di Bari dovrà accertare se all'epoca delle missioni in Bosnia e Kosovo «a far data dal 1993 e fino al dicembre 1999, (epoca cui risale la prima direttiva tecnico-operativa circa la pericolosità dell'uranio impoverito e le misure precauzionali da adottare ndr) vi fossero presso il ministero della Difesa documenti ufficiali provenienti dalle Forze armate alleate sull'uso e sulla pericolosità per la salute di munizioni all'uranio impoverito usate nelle aree delle missioni, e sulle precauzioni da adottare». Non solo, l'accertamento, disposto dopo che il gip Chiara Civitano ha respinto la richiesta di archiviazione e ordinato anuove indagini su casi di leucemine e tumori contratti dai militari italiani che hanno operato in Bosnia e Kosovo tra il 1993 e il 1999 dovrà accertare «se vi fossero documenti dai quali scaturivano ben precisi obblighi informativi e precauzionali in capo ai rappresentanti di tale ministero, in favore dei militari italiani in missione. L'accertamento istruttorio - che, quindi, riguarda la verifica del rispetto della normativa antinfortunistica del '91 da parte del ministero della Difesa italiano». Nel corso dell'inchiesta il pm Ciro Angelillis aveva chiesto l'archiviazione del fascicolo d'indagine, ritenendo mancante il nesso di causalità tra l'utilizzazione di munizioni all'uranio impoverito (da parte di Usa e Gran Bretagna) e l'insorgenza delle malattie. Alla richiesta di archiviazione si erano opposti la Uil e l'Ital Uil Puglia. Il gip, citando la richiesta di opposizione all'archiviazione, scrive che Stati Uniti e Gran Bretagna avevano «già dagli anni '80 la consapevolezza della pericolosità dell'uranio impoverito utilizzato in campo militare, e che i relativi eserciti hanno adottato già dal '91 una serie di precauzioni (diffusione di memorandum, decaloghi, dotazione di abbigliamento adeguato) per evitare che i propri soldati corressero rischi professionali inutili; non altrettanto può dirsi per le Forze armate italiane che hanno operato nei territori nei quali sono stati adoperati rilevanti munizioni all'Ud», come anche viene chiamato l'uranio impoverito (o depleto). «Il problema - afferma il gip - è di verificare se per i responsabili di tali Forze armate vi fossero obblighi scaturenti da documenti ufficiali in tal senso e gli stessi siano stati disattesi». Per questo motivo il giudice ha ordinato nuove indagini sull'ipotizzata violazione della normativa antinfortunistica. A manifestare soddisfazione per la decisione del giudice anche le associazioni che riuniscono i familiari dei militari. «È necessario intervenire al più presto - dice anche Falco Accame, presidente dell'Anav Faf, associazione che si occupa della tutela e difesa dei militari ammalati e dei loro familiari -, anche perché adesso siamo al paradosso». Ovvero? «Quando pure si riconosce la causa di servizio - spiega - e dopo un lungo e tormentato iter arrivano indennizzi miseri». Per cercare di dare assistenza e supporto ai militari che si sono ammalati dopo le missioni all'estero, intanto, è stata organizzata anche una sottoscrizione. A portarla avanti è la senatrice Franca Rame che cerca di sensibilizzare l'opinione pubblica anche sul suo sito internet. Non solo la senatrice eletta con la lista dell'Italia dei valori ha aperto un conto corrente postale su cui si possono fare le donazioni per le vittime dell'uranio impoverito (conto corrente postale n. 78931730 intestato a Franca Rame e Carlotta Nao ABI 7601 - CAB 3200 Cin U). E cronaca dei giorni scorsi poi la morte di Giorgio P, un militare di Lecce che prestava servizio a Udine. «E' necessario che si faccia chiarezza - sa sapere Domenico Leggiero dell'Osservatorio militare - e inoltre si deve garantire assistenza e supporto a questi ragazzi». Assistenza che, come precisano i volontari non è «solamente sanitaria ma anche economica» dato che molto spesso, le famiglie, «per aiutare i figli malati sono costrette a dare vita a tutte le loro risorse». Appello cui si unisce anche Salvatore Pilloni, il padre di Giovanni, il militare che combatte contro un tumore scoperto a termine di una serie di missioni all'estero. 24 aprile 2007

Argomento: 

Il Santo padre tra le acque - di Dario Fo

 

pubblicato da La Stampa in due puntate, il 29 e 30 aprile 2007.

Qualche giorno fa sono tornato al mio paese sul Lago Maggiore. Il livello dell'acqua era sceso sotto il cordolo, cioè il punto dove termina la spiaggia e la costa precipita quasi a picco. Lo spettacolo era impressionante. Il livello del lago era più basso rispetto alla normale secca d'estate di parecchi metri. Alcuni pescatori, di quelli che fingono di pescare un pesce che non abbocca mai perché da anni non c'è, guardavano attoniti l'affiorare delle rocce nere che un tempo erano sommerse in profondo. Uno di loro commentò: «Mai vista una “squarata” del genere. Sembra che qualcuno abbia tirato su il tappo del lago». «Non capisco lo stupore - rispondeva un altro - è da almeno 10 anni che va avanti 'sta calata. Non piove, sulle montagne la neve non si ferma più e i ghiacciai si stanno sciogliendo come gelati messi a friggere sulla brace». E così dicendo indicava le cime del Limidario e della Forcola, picchi di quasi tremila metri e dietro catene delle Alpi… pelate come montagnole. Di lì a poco riprendevo la via del ritorno costeggiando il Ticino, il fiume più veloce della piana lombarda: era penoso. In certi punti affiorava appena, scivolando sul letto come un torrente in agonia e il fondo era cosparso di ogni mondezza possibile: ruote di macchine sfasciate, perfino un televisore e una lavatrice.

Gli idrometri della costa segnavano il minimo storico del «getto scorrevole»: 179 metri cubi al secondo, cioè trecento in meno rispetto alla media di aprile. Siamo in deficit del 50% delle precipitazioni che ci si aspettava negli ultimi sei mesi, per di più la riserva idrica costituita dal manto nevoso e dalle ghiacciate d'alta quota, che rappresentano la riserva indispensabile per combattere la siccità estiva, s'è spampanata quasi al completo. Lo spessore del ghiaccio che rimane è di 20 centimetri contro i 120 normali.

L'ultimo baluardo ce lo dovrebbe regalare maggio, il mese più piovoso. Ma se salta quest'appuntamento, non c'è che da urlare «Dio! Perché non rispetti le statistiche?!?» Dio come al solito non risponderà… al massimo uscirà con una mano dall'unica nube a indicare un'enorme ciminiera dalla quale escono collane torte di fumi puzzolenti. Quindi tanto per strafare farà scontrare in pieno cielo due scariche elettriche, entrambe positive, così da produrre un lampo tramutato in fulmine, un lunghissimo serpente che ridisegna l'andamento delle autostrade «inzuffate» di macchine e camion. Sul greto un gruppo di vecchi che assiste alla lampeggiata non accenna alcuno stupore. Il più anziano di loro commenta: «E' il solito lampo di calore, niente pericolo». Quindi ognuno prosegue rassicurato e nessuno intenderà il messaggio esplicito del creatore, molto deluso e anche un po' incazzato. Ma tornando alla realtà statistica, dobbiamo ricordarci dell'estate di quattro anni fa, cioè 2003. Fu l'estate più torrida da secoli in qua. Alcuni studiosi, forse troppo ottimisti, dichiararono che si trattava di un fenomeno straordinario difficilmente ripetibile. Ed eccoci qua, oggi 2007, gli stessi studiosi c'avvertono: «Ci risiamo!» e sottolineano che saremo aggrediti dal calore come non abbiamo provato mai e aggiungono: «Questa, d'ora in poi, sarà la norma… a essere ottimisti, s'intende!» Preparatevi a muovervi con un frigorifero a forma di cappello in testa e una borsa termica modello mutanda per rinfrescarvi il pube! Ma che facciamo? Ci arrendiamo? No, non si può. Non ci si può scavare una grotta nella montagna alla maniera dei cavernicoli bevendo dalle gocciolature, rubando perle d'acqua alle stalagmiti, perdio! L'acqua non c'è sopra? E noi andiamo sempre più sotto: buchiamo in profondo il suolo finché incocciamo in una nuova falda d'acqua purissima, antica di almeno un milione d'anni.

Sì, d'accordo, ma un'operazione del genere costa in macchine e petrolio… Ebbene… faremo pagare l'acqua! D'altra parte è una soluzione già sperimentata e già in azione in metà del continente e dà buoni, anzi ottimi profitti a chi arriva prima e ci sa fare! L'acqua minerale è il più grande affare del secolo! Forse la soluzione è quella di mettere in bottiglia ogni litro d'acqua… si calcolano già a centinaia di milioni i camion che attraverseranno il pianeta in tutte le direzioni stracolmi di bottiglie d'acqua, spesso tutt'altro che potabile… fiumi in bottiglia… laghi in bottiglia… imbottigliamoci tutti!!! Ma per i campi come si risolve? Gli agricoltori stanno boccheggiando, da noi per esempio, dal Po, non si può ormai più pompare nemmeno un goccio, nemmeno un litro, siamo al calen di maggio 2007 e il livello del sacro fiume è sceso già tragicamente sotto il minimo flusso idrico dell'estate 2003! Hai voglia a risparmiare nelle case e nelle imprese. La catastrofe è ormai planetaria. Qui su tutti i nostri giornali, chi in evidenza e chi quasi di nascosto, hanno dato la notizia che in Australia il governo ha dovuto proibire agli agricoltori di attingere all'acqua di superficie e anche a quella sotterranea. Sono sette anni che non piove su tutto quel continente. L'acqua che resta basta appena per gli abitanti e qualche canguro. Per il resto? Per il resto, «ci dispiace» risponde il governo australiano «dovremo far senza verdura, frutta e cereali. È un disastro, ma non abbiamo altra soluzione». Ci si può consolare solo pensando che in altre terre c'è chi sta peggio.

Nell'India Meridionale, per esempio, alcuni fiumi fra i più importanti sono letteralmente scomparsi, ingoiati dal suolo rovente. Nel Bangladesh, al contrario, per tre giorni è scoppiato il diluvio, fiumi in piena, paesi e città ingoiate dall'acqua, poi dopo una settimana ecco che riappare il terreno lavato d'ogni piantagione e siamo di nuovo alla siccità. Intanto nella Groenlandia è sorta una associazione per l'acquisto di frigo industriali atti ad accogliere gli orsi polari nei periodi di calura. Tanto per variare, all'inizio di primavera nello stato di New York, abbiamo assistito a bufere di neve con tormente da circolo polare, gli spazzaneve non riuscivano più a circolare, il tappeto nevoso saliva oltre i cinque metri e più. Gli scienziati ottimisti assicuravano: «Niente panico, si tratta di fenomeni occasionali». «Occasionali un corno!» replicano gli osservatori climatici non affrancati a qualche carro del «tutto va ben!». Questo continuo rovesciarsi di situazioni ci dice che ci troviamo testimoni di un capovolgimento atmosferico, un vero e proprio cataclisma. Aggiungiamo che le falde acquifere di superficie sono in gran numero inquinate e che fiumi e canali e perfino i laghi sono da tempo ridotti a cloache a cielo aperto. Tutto ciò obbliga i responsabili della salvaguardia della sicurezza idrica a prendere decisioni risolutive, non basta dire: «Risparmiate. Evitate gli sciacquoni a raffica, non lavatevi i denti col rubinetto che spara come una pompa antincendio. Raccogliete l'acqua piovana. Lavate i bicchieri con l'acqua degli spaghetti. E pregate i sacerdoti di usare acqua santa riciclata per le benedizioni». Ci vuol altro.

Bisogna realizzare un progetto energetico rivoluzionario. Continuare a traforare il suolo e scendere sempre più in giù a raccogliere acqua significa usare il gasolio a tonnellate proprio nel momento in cui stiamo marciando verso una prossima e immancabile crisi del petrolio. Bisogna applicare ogni mezzo di risparmio a cominciare dai riduttori di flusso nei rubinetti, se se ne impone l'uso per legge si arriverà a un grande exploit, certo, non risolutivo ma è importante cominciare, creare un primo innesto del senso civico nella gente, coinvolgerla nel problema. Certo che di fronte ai giganteschi volumi d'acqua indispensabili all'agricoltura, ci vuole un progetto che individui le cause estreme di questo disastro e metta in atto un vero e proprio attacco drastico e globale. Attenti, che il fenomeno sta aggredendo anche l'economia nella sua totalità: fabbriche che dovranno chiudere per mancanza di raffreddamenti idrici nei loro impianti, calo della produzione di energia elettrica, prodotta da turbine d'acqua e soprattutto ecco che esplode la guerra fra i montanari e i contadini della grande piana.

Questi ultimi pretendono a gran voce: «Dateci l'acqua che ci spetta, i laghi mollino i rallentamenti verso i fiumi emissari, dalla foce del Lago Maggiore al Ticino, dal lago di Garda al Mincio, dal lago di Como nell'Adda…» I sindaci e gli assessori lacustri rispondono: «Ma neanche per idea: se molliamo la nostra acqua il nostro turismo va a ramengo. Su che cosa attraversano da sponda a sponda i turisti? Mettiamo le ruote ai battelli?!» E i coltivatori di rimando: «Senza acqua i campi di segale, foraggio, pomodori, granoturco, soia, ecc. s'asseccano. Senza acqua tutta l'agricoltura muore e muore anche la Val Padana al completo». Il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza, qualche ministro balbettando dice: «Non esageriamo, non create panico!», ma ormai il panico viaggia libero e inarrestabile. Perfino il Papa che, è risaputo, si occupa solo accidentalmente di questioni climatiche, dopo aver ordinato una parure di vesti molto vaporose e ondeggianti, impressionato dalla visione di alcuni documentari sull'emergenza idrica, ha esclamato: «Questo caldo è insopportabile e fa mancare il respiro e l'acqua. Bisogna assolutamente fare qualcosa! L'acqua è un bene di Dio! Dio l'ha creata per dissetare gli uomini, purificarli». «E ogni tanto - aggiunge un cardinale teologo - annegarli con qualche Diluvio Universale». «Per favore, le battute di spirito a suo tempo… Non dimentichiamo che l'universo e l'uomo sono costituiti per gran parte dall'elemento liquido. Mettiamo in campo tutte le nostre forze per rimediare a questa tragedia che ha del biblico».

Nel frattempo la grande stanza dell'udienza si sta riempiendo in religioso silenzio di alti prelati e semplici cappellani. Interviene un segretario: «Santità, siamo in piena campagna per l'eliminazione del Limbo…». «Il Limbo può andare al Limbo!» risponde un po' irritato il Pontefice. «E le coppie di fatto e i matrimoni fra i gay?» «Lasciamoli correre. Non capite che siamo di fronte a un'emergenza irrefrenabile?!» «E i processi in America contro i vescovi pedofili, come li risolviamo?» «Togliete dal Vangelo la frase: “Lasciate che i bimbi vengano a me” e sostituitela con “I bimbi alle bambinaie” e basta così! Pensiamo alle acque! Dio santissimo, quella scena dell'iceberg che si scoglie come una torta di mascarpone e frana nell'oceano con i pinguini che fuggono sommersi dai detriti di ghiaccio era terribile. E quell'altra onda immane che avanza enorme, l'orrendo tsunami che tutto travolge, perfino i turisti tedeschi… spettacolo sconvolgente! Per non parlare della colata di fango prodotta dagli uragani in Sudamerica...»

«El Niño, il bambino mandato da Dio per punirci dei nostri peccati!», esclama un cardinale di prima nomina. «Ma non dite fess… blasfemie: Dio che manda il niño per punire una comunità di disperati, affamati, massacrati dalle carestie e dalle pestilenze, dai briganti, dalle banche del mercato globale coi prestiti a strozzo, dai generali, trafficanti di coca e per concludere la rogna, li anneghiamo nel fango del niño? Ma per favore! Non facciamo i fanatici integralisti! No, no, bisogna fare qualcosa di eclatante che smuova dal torpore le coscienze dei credenti e degli atei, dei fedeli e degli infedeli!» «Basterebbe ripristinare gli acquedotti per il 50% fatiscenti e a pezzi, tanto che va perduto il 42% dell'acqua» dice un cardinale studioso di idraulica. «Il guaio è che quelle perdite - interviene un monsignore di Palermo - in gran parte non sono dovute alla cattiva manutenzione dei condotti ma a veri e propri sabotaggi!» «Di chi?» «Per favore… - interviene aggressivo un vescovo di Catania - non buttiamola subito sulla mafia». E di rimando l'accusatore: «Chiamatela come vi pare ma l'organizzazione che trasporta guadagnando sull'emergenza tonnellate d'acqua durante le crisi idriche è la stessa che frange i tubi e le condutture».

Preoccupato di spegnere lo scontro, interviene un cardinale medico: «Qualche vantaggio questo clima lo dà: grazie all'inverno mite diminuiscono i dolori reumatici». «Già - ribatte un altro specialista in malattie infettive - in compenso aumentano le infezioni e l'imputridire degli alimenti. Per ogni montare della temperatura di un grado si prevedono il 5, 10% di casi in più di salmonella». «Ed è in agguato anche il colera - aggiunge un vescovo missionario - i suoi vibrioni si riproducono meglio nelle acque tiepide, che diventano sempre più veicolo di epidemie». Un cardinale, assalito da un piccolo nuvolo di fastidiosi insetti, si schiaffeggia con vigore a una guancia: «E non dimentichiamoci degli insetti molesti! Vedremo sciami di mosche, zanzare e pappataci a iosa. Non vorrei essere un cavallo!» E così dicendo emette un lungo nitrito con modulazione gregoriana. Quasi in coro dei seminaristi starnutano fragorosamente. Un vescovo commenta: «Per non parlare delle allergie respiratorie». Il cardinale idraulico interviene quasi seccato: «Attenti, amici miei. Qui stiamo girando attorno al problema come tafani ammaliati da una lampada. Ripeto che l'acqua c'è: tutto sta nell'usarla con cura programmata, distribuirla in modo scientifico ed evitare inutili sperperi… insomma risparmiare!» Il Papa lo applaude.

«Avete mai provato - prosegue incoraggiato il cardinale - a sorvolare la città di Roma o di Milano e dintorni? Vedrete una scacchiera infinita di piscine sparse in ogni dove, perfino sui grattacieli e sui palazzi. Ogni bacile è riempito dai 300 ai 400 metri cubi d'acqua. Il ché significa mille piscine uguale 300.000 metri cubi: roba che se rovesciamo tutta 'sta bordata dentro il Tevere provochiamo una piena, d'annegarci tutti quanti! Quindi basterebbe dar l'ordine di svuotare tutti 'sti bacini ricolmi, guai a chi riempie le vasche in periodo di siccità». «Otterremmo un risparmio di milioni di metri cubi d'acqua nel solo periodo d'emergenza». esclama il Papa. «Giusto! - rincara un giovane seminarista - se i ricchi vogliono fare il bagno, scelgano di tuffarsi in inverno, quando piove in gran quantità!» «Zitto al provocatore! - impone un cardinale americano - Attenti che ci vedremmo contro bestemmiando non solo tutti i benestanti con villa, ma anche i fabbricatori di pompe e piscine».

«Sì, d'accordo - interviene il Santo Padre - ma se stiamo attenti a non colpire gli interessi particolari di ognuno è meglio che ci si raduni tutti intorno in ginocchio a recitare un bel rosario, salmodiando: “Santa Madonna aiutaci tu”!» «Giusto! Niente privilegi a cominciare dai nostri! Il Vaticano deve diventare un esempio per tutti gli stati e i governi. Saremo noi i primi a svuotare le nostre piscine Evviva! - applaude un frate missionario - l'acqua che caviamo la distribuiamo ai poveri e ai fratelli africani!» «Piano col populismo mistico - lo blocca il responsabile delle banche Opus Dei». «Non fateci caso andiamo avanti - riprende il cardinale idraulico - il Santo Padre ci sta offrendo una soluzione che dobbiamo applaudire. Diamo l'esempio. Tanto per cominciare nei battesimi basta con l'intingere il bimbo per intiero nella fonte: è sufficiente una spruzzatina e via così. Magari con lo spray… Non dimentichiamoci che nel mondo cristiano nascono ogni giorno centinaia di migliaia di bimbi, significano qualche milione di metri cubi d'acqua risparmiati».

«Io nel risparmio ci metterei dentro anche i gargarismi!» «E io caccerei fuori di qui quel seminarista insolente!» «Calma, abbiamo bisogno anche della sua ironia. - dice il Papa - Nel mio studio sul Vangelo ho scoperto che Gesù era anche provocatorio e spiritoso». «L'ho sempre sospettato» commenta il suo segretario.

Proseguiamo - incita il Papa - tanto per dar l'esempio, ordineremo di acquistare pannelli solari da installare su tutti i tetti e i terrazzi dello stato del Vaticano». «Ottima idea, Santo Padre. Proporrei di foderare di pannelli solari concavi anche le cupole. E usare piccoli assorbenti di energia termica da sostituire ai sampietrini». «Non esageriamo - frena il maestro di cerimonie - Fermiamoci alle cupole che è già abbastanza suggestivo! Con un’operazione del genere il Vaticano sarà chiamato la Svizzera di Dio!». «Certo e soprattutto è un forte incentivo a seguirci nella nostra opera da parte di tutti i fedeli». A questo punto il pontefice si inginocchia portandosi le mani sul viso. Sussulta. Sembra stia piangendo e ripete: «Perché, perché questa menzogna??».

Tutti i grandi prelati gli si fanno intorno: «Diteci Santo Padre, comunicate anche a noi la vostra angoscia». Il Santo Padre leva il viso e volge lo sguardo su ognuno: «Sapete cosa mi sconvolge maggiormente, in tutto questo cataclisma? L’ottusa e costante preoccupazione da parte dei reali responsabili, seguiti da una buona metà dei mass media, di mascherare il movente, cioè il fulcro portante della tragedia. Sto parlando dell’effetto serra. Negli ultimi tempi ho assistito, visionato diecine di documentari sulla crisi idrica e su quella dei propellenti, ma nessuno o quasi durante e alla fine del servizio ha mai avvertito l’onestà morale e scientifica di dover denunciare chiaramente cosa sta causando tutto questo disastro. Si sottintende, si sfiora il problema senza mai metterlo a fuoco chiaramente: politici e spesso anche scienziati svicolano e soprattutto mentono.

È colpa, dicono, dello scombussolamento atmosferico, del fenomeno calorifico, ma nessuno spara il concetto chiave eppure ormai è risaputo: tutto nasce dal fatto che la terra si sta surriscaldando oltre misura. E da che è provocato questo disastroso calore? Perché l’uomo o meglio coloro che gestiscono l’economia, il profitto, gli affari, l’utile netto, lo sfruttamento dei beni energetici, truccano tanto ignobilmente la risposta e si guardano bene di scoprirsi, levarsi in piedi e gridare: “Noi siamo i responsabili di questa catastrofe. Noi sapevamo da anni che percorrendo questa strada lastricata di egoismo e avidità saremmo giunti a tanto sconquasso. E in questo ci hanno appoggiato soprattutto i politici, i quali godevano di percentuali altissime nella vendita dei propellenti inquinanti. Essi elargivano denari affinché case automobilistiche di grande prestigio sperimentassero e producessero nuove vetture a energia alternativa: gas, elettricità, idrogeno ma la maggior parte di queste industrie non ne ha fatto niente, ha usato quei miliardi per impiantare altre fabbriche in Paesi sottosviluppati dove pagare il meno possibile la manodopera, con catene di montaggio strutturate per fabbricare auto e camion mossi da petrolio o suoi derivati sempre ad alto inquinamento”. Questa è una grande truffa ai danni dei cittadini del mondo intiero, un crimine che non verrà mai contestato».

«Scusate - interviene un semplice cappellano ma che vantaggio può produrre alla fine una simile politica che ha come unico risultato il traforare l’ozono fino alla troposfera, così da distruggere la difesa e l'equilibrio termico della terra?!». Il Papa si avvicina a lui e cingendogli le spalle gli risponde «Hai detto bene figliolo, ma il potere, specie quello economico, come ci ha insegnato un certo Gramsci, è parallassico, cioè le sue immagini non conoscono prospettiva, non individuano percorsi alternativi di variante, nel loro Dna c'è solo un obiettivo: il profitto. E al loro servizio sta il potere politico. Ma dico? Sapete che Gorge Bush e il suo staff fino a poco tempo fa non hanno fatto altro che rimuovere dai loro incarichi tutti quegli scienziati e ricercatori che nelle loro conferenze e pubblicazioni davano notizie allarmanti sullo stato del pianeta, e soprattutto che puntavano il dito contro lo smodato impiego di propellenti oleo-minerali». Ormai ognuno ha preso coraggio e vuol intervenire. Anche un parroco di montagna dice la sua: «Be’, che cosa ci si può aspettare da un petroliere, nato da padre petroliere e a servizio delle Sette Sorelle?!».

«A proposito di petrolio e petrolieri - dice il Papa sollevando un libro per mostrarlo a ognuno - lo conoscete? È un testo di Gian Curchiòn, autore de “Il Settimo cataclisma”, dove descrive cosa sta succedendo sul nostro pianeta da qualche anno a questa parte. Il disgelo del ghiaccio nei poli causerà una crescita notevole del livello del mare, specie quelli interni come il Mediterraneo, da cinque a dieci metri il ché significa che tutte le coste dell'Adriatico, del Tirreno e via dicendo compresi i centri balneari, saranno interamente sommerse. Attenti, però Curchiòn non è un fanatico della scienza cataclismica. Tutto quello che ha previsto negli ultimi 40 anni s'è avverato e oggi ci avverte che il disequilibrio atmosferico sta crescendo a ritmo non matematico ma geometrico il ché vuol dire: il BANG!, definitivo dell'inquinamento atmosferico con relativo effetto serra dal quale non si potrà più tornare indietro è già alle porte, cioè a dire che se non riusciamo a virare immediatamente in contro catastrofe… saremo all'ultima spiaggia!». I prelati in coro: «Salva nos, domini!». In quel momento si spalanca una porta e, preceduto dal maestro di cerimonia, entra uno scienziato famoso: viene presentato al Pontefice che addirittura s'inchina davanti al lui. Il maestro di cerimonie interviene: «Mi fa piacere che l'abbiate già riconosciuto. Voi, Santità sapete tutto del Professore, immagino… premio Nobel per la fisica…». «Ma certo, ho avuto il piacere di leggere del suo progetto di interventi addirittura rivoluzionari contro il degrado ambientale». «Sono onorato!» - esclama lo scienziato. «Ma poi cos'è successo?». «Il governo di allora non ha gradito le proposte, Santità, e sono stato licenziato quasi su due piedi».

E il Papa prosegue: «Già… ricordo e fu assunto immediatamente dal governo spagnolo. E cosa è successo in seguito, Professore?». Il Nobel con voce sommessa spiega: «A differenza dei ministri del mio Paese, quelli iberici mi hanno dato carta bianca e io ho proposto di mettere in atto tutto ciò che qui mi avevano impedito di realizzare, cioè un vero e proprio tappeto steso in tutti gli spazi possibili del territorio». «Un tappeto di che?» chiede molto interessato il Pontefice. «Di pannelli solari di varie dimensioni e applicazioni. Pannelli che si auto indirizzano verso il sole seguendo il suo percorso, pannelli a movimento programmato e fissi e soprattutto imporre al governo una legge che obblighi i costruttori di case e palazzi di qualsiasi tipo a installare grandi piani di cattura termica, torri eoliche, pareti coibenti in ogni progetto, tanto che in breve tempo la Spagna è montata in testa a tutte le nazioni più progredite nella produzione di energia alternativa». «Complimenti! - esclama il Papa in tedesco - Non potreste realizzare anche per l’Italia un programma analogo?». «Son tornato proprio per questo, Santità». «Oh bene… siete dunque stato riassunto dal nostro governo?». «Sì e siamo già in azione, soltanto che purtroppo dobbiamo superare un sacco di difficoltà. La prima è quella culturale: coinvolgere responsabilmente non solo la popolazione ma anche e soprattutto la lobby del potere economico industriale. Appena proponi a quei manager di capovolgere l’intero sistema di trasporto, soprattutto quello su gomma, annullare, seppur per gradi, ogni propellente inquinante, succede il finimondo, ti si rivoltano contro con violenza inaudita. Il loro life-motiv è “il petrolio non si tocca! Finché ce n'è adoperiamo quello… a costo di andare a picco».

Cambio di scena improvviso. Si levano voci che provengono dal gran corridoio. All'istante dal portale si affaccia una guardia svizzera con tanto di elmo e divisa a righe gialle e rosse. «Che c'è?» esclama il maestro di cerimonie. La guardia svizzera si getta ai piedi del Pontefice e implora «Ascoltatemi, Santità, e innanzitutto perdonate la mia sfrontataggine e l'inganno…». «Che inganno?». «Io non sono una vera guardia svizzera. Sono solo un reduce dal Kosovo». «E perché vi siete travestito da guardia del Vaticano? A che scopo?». «Era l'unico modo per riuscire a parlarvi. Questo costume me lo sono procurato a Cinecittà, nelle sartorie». «Va bene, va bene. Vuoi parlarmi? Che hai da comunicarmi?». «Sto per morire, Santità. Altri 516 miei commilitoni sono già stati colpiti dalla stessa sindrome o patologia, detta appunto sindrome dei Balcani e 46 sono già morti. Io sarò uno dei prossimi». Un brusio di duolo si leva nella sala delle udienze. Il Pontefice afferra per un braccio il giovane e lo conduce verso una poltrona che sta nel centro. Lo invita a sedersi. «Di che malattia si tratta, figliolo?». «Non si sa». «Come non si sa?». «Alcuni medici dicono che la causa è da trovarsi nell'uranio impoverito collocato nei proiettili e in altri ordigni che quando esplodono contro un bersaglio sviluppano temperature elevatissime…». Il ragazzo non riesce a continuare per l'emozione. Lo sorregge un prelato, professore di termofisica: «Forza, figliolo, stai dando notizie giuste - e prosegue al suo posto - le temperature allo scoppio superano i 3.000 ° C per l'uranio». Il ragazzo riprende: «Tutto ciò che si ritrova nell’intorno del punto di scoppio viene fuso, vaporizzato e diventa radioattivo».

Quasi all'unisono il termofisico e il reduce in coro continuano: «Si forma così una specie di aerosol che viene disperso finemente in atmosfera, in ogni direzione». «Ho capito» commenta il Pontefice «Così se tu, soldato, ti ritrovi nei pressi e respiri questa polvere finissima che contiene tutti gli elementi che si trovavano all'interno dell'esplosione…». «Sì, esatto, Santità, ma elementi combinati e fusi fra di loro… fino a creare un cocktail chimico letteralmente devastante. Il guaio - puntualizza il soldato - è che noi anche se ci troviamo in zone dove l'esplosione è avvenuta mesi prima, respiriamo ancora questa polvere terribilmente nociva che può restare sospesa nell'aria per tempi lunghissimi e verso la quale non c'è protezione alcuna». «Ah, ma quindi la causale della sindrome dei Balcani non è l’uranio impoverito». «Esatto, Santità!» Esclama il prelato termofisico «L'uranio è soltanto il catalizzatore della supercarica esplosiva. Infatti i tecnici di laboratorio non hanno mai trovato tracce di uranio nel sangue e nelle viscere dei contaminati, in quanto quel metallo volatilizza rapidissimo».

«Insomma - conclude il Papa - l'uranio organizza il disastro e come un killer furbo se la svigna». «Proprio così». «E che malattie determina questo killer?». E il ragazzo fattosi forza elenca: «Tumori di vario genere e in diverse parti del corpo, leucemie, forme infiammatorie croniche…». «Arsenico, Mercurio e Piombo, per esempio - dice il prelato termofisico - resi impalpabili riescono a inserirsi nel sangue e a raggiungere il cervello…». E il ragazzo aggiunge: «Queste nanopolveri…». «Si chiamano così?» chiede il Papa «Sì, nano, hanno la facoltà di contaminare…» il ragazzo si blocca. «Prosegui, figliolo. Fatti forza». «Non è questione di forza, Santità, è che dovrei pronunciare un termine… come dire… sconcio…» «Fai pure… sono vaccinato». E il ragazzo, prendendo un gran sospiro, conclude: «Potrebbero contaminare anche lo sperma». Pausa. I prelati in gran numero tossiscono. «Per favore, superiamo l'imbarazzo: stiamo parlando di scienza e la scienza non è mai oscena. Allora, lo sperma dei militari viene contaminato». «Sì, e se si hanno rapporti, come dire conoscenza bibliche, con una partner, questa viene a sua volta contaminata e sviluppa a livello vaginale… - riprende respiro - piaghe sanguinanti molto dolorose…». I giovani seminaristi vengono allontanati con un gesto deciso del maestro di cerimonie. Fanno qualche passo indietro ma non escono. Il Pontefice è visibilmente turbato. «E' una storia davvero sconvolgente» commenta «E’ per questo che odiamo tanto la guerra». «E che fanno i governi? Ho letto di reduci contaminati americani dopo la guerra del Golfo, bimbi nati con gravi anomalie… e il nostro governo, come si comporta?». «In Senato è stata istruita la Commissione uranio impoverito che già nella passata Legislatura ha condotto un’inchiesta davvero meritevole, tanto da indurre i responsabili del nostro esercito ha riconoscere che tutte queste patologie sono provocate da esplosioni di proiettili all'uranio, sono riconosciute come malattie per “causa di servizio”, ma non per l'uranio e quindi niente cure, ospedali, pensione, risarcimento a tutti quei militari che ne sono stati colpiti».

«È una situazione generale davvero oscena» - esclama il Papa - «da una parte ci troviamo con una catastrofe ecologica-ambientale imminente con intiere popolazioni che nell’Africa e nell’Asia sono costrette ad abbandonare i propri territori che ormai disertificati non producono nulla che li possa nutrire; malattie che si potrebbero debellare facilmente non vengono nemmeno prese in considerazione giacché quei popoli non posseggono denaro per acquistare i vaccini indispensabili e il cinismo dei produttori di farmaceutici è diventato davvero orrendo: o paghi il medicinale o crepi. I denari però si trovano per acquistare armi, armi sofisticate e terribili, a tonnellate… cosicché in ogni dove scoppiano guerre con relativi massacri. I Paesi ricchi e forti dovrebbero intervenire a fermarle ma a loro volta hanno impostato altre guerre con bombardamenti e stragi contrappuntate da atti di terrorismo orribili e ognuno grida che quella carneficina è prodotta solo per ottenere finalmente la pace! Governi che hanno nella Costituzione come articolo fondamentale il ripudio della guerra e nello stesso tempo spendono miliardi di euro per acquistare macchine da combattimento, aerei d'attacco e distruzione. E poi giurano solennemente che non tradiranno mai il fondamento essenziale della propria Costituzione! È come se si osservasse una nave sbattuta dalle tempeste che va alla deriva verso scogli acuti come lame e sul vascello marinai e passeggeri, donne e uomini, si scannano a vicenda e si scaraventano l'un l'altro a mare».

Il folto gruppo dei prelati si è ammutolito, poi un ragazzo seminarista esplode: «Padre… Santo Padre, qual è la soluzione?» «Pregare… - silenzio e poi riprende - questa è la risposta più ovvia. Ma rimandare sempre immancabilmente la soluzione all'intervento divino non è una soluzione da buoni cristiani, “non approfittare mai della magnanimità di Dio”, dice il Vangelo, “ognuno parli e sollevi le braccia per farsi ascoltare”. In situazioni del genere il silenzio è sintomo di assenza. Siate indignati e protestate. Non per far baccano, ma per sollecitare attenzione e far intendere che non siamo disposti a farci cancellare come una qualsiasi razza in via di estinzione. Difendiamo la vita dei deboli e degli ignari… salvando anche la nostra vita». Post scriptum: ho riletto questa concione… Sono malinconico ma soddisfatto, forse abbiamo un Papa che merita tutta la nostra attenzione.

 

 

 

 

 


scuole per mercenari

di Rita Pennarola –

LA VOCE DELLA CAMPANIA, Aprile 2007  

 

 

 Dopo l’incarico a sorpresa affidato dal governo Prodi alla discussa big della sicurezza privata Aegis per vegliare sui civili italiani rimasti in Iraq, siamo andati a cercare l’intreccio internazionale di sigle ammantate dalla parola Pace che formano ed arruolano mercenari, fornendo ai grandi contractors manodopera superpagata e, soprattutto, svincolata da qualsiasi regola militare o etica.

 

Faranno un contract e lo chiameranno pace. Piace ammantarsi della bandiera arcobaleno, ai colossi delle milizie private nel mondo: macchine da guerra dotate di eserciti con uomini armati fino ai denti, ma sempre più spesso riunite in sigle associative che lasciano sapientemente trasparire “fini umanitari”. La Aegis Defense Services, l’agenzia privata scelta dal governo Prodi per proteggere i civili italiani rimasti in Iraq con un appalto da 3 milioni e mezzo di euro, aveva provato per esempio ad entrare fra i membri - o almeno tra i friends - della IPOA, International Peace Operations Association, che si proclama «non-governmental trade and lobbying association committed for the "Peace and Stability Industry", more commonly referred to as private military companies», vale a dire «associazione non governativa di commercio e lobbing impegnata per l’ “Industria della pace e della stabilità”, più comunemente riferita alle compagnie militari private».

Ma la Aegis non l’hanno voluta nemmeno loro, le big dei mercenari di professione aderenti all’Ipoa. La richiesta presentata dallo spregiudicato Timothy Spicer, patron della britannica Aegis, è rimasta a lungo in bilico. Colpa, forse, dei rocamboleschi trascorsi della società, più volte risorta dalle sue ceneri: la storia comincia negli anni dell’apharteid, quando proprio i sudafricani furono pionieri nel presentare l’attività mercenaria come “affare privato legale”. «Alla fine degli anni ‘80 - raccontano i giornalisti Andy Clarno e Salim Vallysi, membri della Coalizione Contro la Guerra, su Rebellion - si creó l’Executive Outcomes, che nel decennio successivo diresse le operazioni di controinsurrezione attraverso l’Africa in cambio di concessioni minerarie e petrolifere». Occhio: «Alla fine degli anni ‘90 EO si trasformò in Sandline International, che più tardi chiuse e riapparve come Aegis Defense». Proprio Aegis, la società premiata dal governo Bush con un contratto da 300 milioni di dollari per proteggere la Zona Verde al centro di Baghdad e per coordinare le attività di tutte le imprese private di sicurezza che operano in Iraq. Ed oggi prescelta da Romano Prodi e Massimo D’Alema.

Anche il passato del veterano delle Falklands Timothy Spicer non è proprio - per dirla alla Bertinotti - un pranzo di gala. A parte le notizie riportate dall’Unità sulle accuse mosse al “condottiero” britannico da un deputato del Congresso americano (per aver guidato una sanguinaria repressione in Papua Nuova Guinea, per traffico d’armi con la Sierra Leone e addirittura per aver trucidato a mitragliate un giovane in Irlanda del Nord), ci sarebbe quel filmato apparso su internet che mostra mercenari inglesi della Aegis Defense Services mentre sparano in modo indiscriminato a civili iracheni. O magari quel servizio trasmesso dalla Cnn il 13 giugno 2006: anche qui un blindato spara all’impazzata sui passeggeri di una mercedes e di un taxi per le strade della capitale irachena. “Ordinaria” amministrazione. Il Times ha calcolato che sui 200 “incidenti” avvenuti in Iraq dal novembre 2004 ad oggi con il coinvolgimento di militari privati, in ben 24 casi si è trattato di sparatorie contro passanti. Non si hanno notizie di processi e non è stato reso noto il numero di morti e feriti lasciati sul campo.

Benedetta pace, cosa non si fa per te... E cosa non farebbe ancora oggi la candida Aegis per riprovare ad essere ammessa nell’olimpo di Ipoa, tanto più che il gruppo si autodefinisce «l’espressione più etica ed efficace dell’industria della pace e della stabilità». Il presidente Doug Brooks era stato il primo ad aprire uno spiraglio, dopo che Spicer si era detto «sorpreso per l’esclusione, dal momento che era stato lo stesso management Ipoa a richiedere la nostra iscrizione». Chiaro il punto di vista di Brooks, che rappresenta il settore della sicurezza militare privata negli incontri con il Dipartimento di Stato per gli appalti di servizi nel settore difesa: «ci sono momenti - dichiara - in cui il governo non invierà le proprie truppe, ma sarà disposto a firmare un assegno».

E così gli assegni - e i miliardi di dollari - volano. Sono attualmente oltre 25 mila, nel solo Iraq, i contractor al lavoro per servizi di sicurezza, con appalti che sfiorano complessivamente gli 800 milioni di dollari. Si tratta della più grande forza di occupazione, seconda solo all’esercito degli Stati Uniti. Il fatturato degli eserciti di body guard, che rispondono alla sola logica del profitto, sono balzati negli Usa dai 33 miliardi del 1990 ai circa 100 del 2006. Secondo alcune stime, raggiungeranno probabilmente gli oltre 200 miliardi nel 2010. «Durante la prima Guerra del Golfo - ricorda il giornalista Jose Gomez - uno ogni cento soldati era un contractor privato, ma durante le guerre nella ex Iugoslavia il rapporto divenne di 1 ogni 50 ed attualmente è di uno ogni 10».

Se questi sono, per i maggiori contractors, i numeri del business in Iraq, non meno vertiginoso è il giro d’affari connesso al fitto sottobosco internazionale di sub-appaltatori, vale a dire le sigle che, da un capo all’altro del pianeta, “formano” la manodopera di cui si servono poi i big della security nei territori di guerra. Si tratta molto spesso di società o addirittura associazioni dedite al culto delle arti marziali, dentro le cui palestre si alleva quella generazione di bulli che sogna di fare fortuna all’estero, nei luoghi dei conflitti, dove la paga per un militare privato è circa tre volte quella di un ufficiale dell’esercito regolare. E poi hotels, donne, vitto in abbondanza ma, soprattutto, niente regole e niente processi in caso di “errore”. Un mito per giovani come Fabrizio Quattrocchi, una delle quattro guardie del corpo italiane rapite in territorio iracheno all’inizio dell’occupazione.

(…)Tra i contractrs c’è

la  IBSSA (il cui scopo dichiarato, a partire dalle icone lampeggianti sul sito, è quello di formare body guard), e ancora ai primi posti figura il Parlamento Mondiale per la Sicurezza e la Pace , fondato a Palermo da (…) Vittorio Busà, ma popolato di strani personaggi, a loro volta schierati a 360 gradi sullo scacchiere internazionale. Fra gli altri partner della compagine di origine ungherese figurano poi sigle come l’International Police Association, la Hungarian Police Academy, addirittura la locale Guardia Civile, senza contare la sedicente “Federazione dei priori autonomi del Cavalieri di Malta e, soprattutto, la Pro Deo University, su cui si erano appuntate più volte le attenzioni della magistratura italiana.

(…)

ENI, VIDI, VICI

Il decreto sul rifinanziamento delle missioni all'estero che assegna quasi 3 milioni e mezzo di euro alla Aegis Defence Services per proteggere la Usr (Unità di sostegno alla Ricostruzione) italiana a Nassiriya rivela la forte preoccupazione della Farnesina e soprattutto di Romano Prodi per i civili rimasti ad operare in Iraq dopo il ritiro del nostro contingente militare. Ma chi sono i destinatari di così imponenti misure di protezione decise dal governo Prodi? Se lo è chiesto il senatore dissidente espulso da Rifondazione Franco Turigliatto: «non si capisce perché ci siano ancora nostri tecnici nell'Iraq da cui ci siamo ritirati, mentre per attività civili di ricostruzione basterebbe sostenere il qualificato personale iracheno esistente. A meno che non salti fuori un interesse dell'Eni nella spartizione del bottino di guerra petrolifero». Fatto sta che il 9 marzo scorso la ong Un Ponte per... ha lanciato una “Campagna nazionale contro la partecipazione dell'Eni alla rapina del petrolio iracheno”. «Dietro le porte blindate della Green Zone - avverte l’organizzazione pacifista - si va consumando un’altra tragedia: il parlamento iracheno sta per approvare la nuova legge che regolamenterà il settore energetico e aprirà le porte ai cosiddetti “investimenti” delle grandi multinazionali del petrolio, tra cui l’italiana Eni». In pratica saranno introdotti i cosiddetti PSA (Production Sharing Agreements), «i quali consentiranno alle multinazionali enormi profitti a scapito dell’erario iracheno». Considerato che il 32 per cento delle azioni Eni sono detenute del ministero dell’ Economia e Finanze, la ong chiede con forza «che la maggiore compagnia energetica italiana non firmi accordi “immorali” approfittando dell’avventura militare costata la vita a centinaia di migliaia di civili innocenti». La petizione, inviata al Ministro dell'Economia e Finanze Tommaso Padoa Schioppa e al presidente dell'Eni Roberto Poli, ricorda come negoziati fra la corazzata energetica italiana e il governo iracheno erano stati siglati nel ‘97 dallo stesso Saddam Hussein in particolare per lo sfruttamento del giacimento di Nassiriya: proprio il luogo dove era dislocata la missione militare italiana. Più recentemente è stato l’amministratore delegato Eni Paolo Scaroni a confermare gli interessi della compagnia nelle zone dell’Iraq pacificato. Se entreranno in vigore le nuove norme, dallo sfruttamento del solo giacimento di Nassiriya l’Eni potrebbe lucrare fino a 6 miliardi di euro in più rispetto alle forme contrattuali utilizzate dall’Iraq prima della guerra.

 

 

 

Argomento: 

Calabria, ambiente e il gioco di 864 milioni

Corriere della Sera, Gian Antonio Stella, 09 febbraio 2007








Credevano di giocare coi soldi finti del Monopoli, al Commissariato per l'Emergenza Ambientale in Calabria. Scrivevano su un foglietto: entrate. Su un altro: uscite. Fine. Senza "un bilancio vero e proprio". Senza una "documentazione giustificativa". Senza un controllo della Ragioneria. Hanno speso così, in otto anni, 864 milioni di euro

Lo dice la relazione finale, esplosiva, dell'ultimo commissario. Che se ne va con una chiusa amarissima: "E molto altro ancora potrebbe essere illustrato, se valesse la pena di raccontare, avendo tempo e modo. E soprattutto scopo". Questo è il punto: c'è ancora un senso, nel radiografare una situazione amministrativa di confine tra la sciatteria e la criminalità? La denuncia, 50 pagine da far ribollire il sangue, è stata mandata al premier Romano Prodi, al ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, al governatore Agazio Loiero e al capo della protezione civile Guido Bertolaso. Ed è firmata da Antonio Ruggiero, un prefetto che da anni viene sbattuto qua e là per l'Italia a farsi carico delle situazioni più rognose. Come quella di Isola Capo Rizzuto, dove il comune era andato in bancarotta, un terzo dei dipendenti municipali aveva precedenti penali o era stato indagato, il 93% non pagava la tassa sui rifiuti, il 97% non pagava l'acqua, il 30% non pagava l'Ici ed erano abusive perfino alcune tombe di famiglia costruite a ridosso del cimitero. Insomma: stiamo parlando di un funzionario che dalle bombe ai tralicci in Alto Adige ai primi sbarchi di albanesi a Brindisi ne aveva viste tante. Come al Commissario per l'emergenza ambientale in Calabria, però, mai. O almeno così pare di capire dal rapporto con cui, dopo due mesi e mezzo, ricostruisce la sua esperienza alla guida dell'organismo voluto nel '97, dopo l'ennesima emergenza, per mettere ordine nel caos totale che in cui agonizzava il mondo dei depuratori, dei rifiuti, delle discariche. Sette capi ha avuto, in una manciata di anni, quel Commissariato. Quattro presidenti regionali e tre prefetti. Con proroghe su proroghe di poteri speciali usati, stando anche all'inchiesta giudiziaria intitolata a "Poseidone", malissimo. Al punto che un anno e mezzo fa, tra i numerosi indagati per una serie di reati che vanno dalla truffa aggravata all'abuso d'ufficio, finì anche l'ex governatore Giuseppe Chiaravalloti. "Avete rilevato interessi di politici nazionali nella vicenda?", chiesero i membri della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti ai giudici titolari delle indagini, Salvatore Murone, Isabella De Angelis e Luigi de Magistris. La risposta dei giudici fu eloquente: "Prima di rispondere vorremmo disattivaste il circuito audio-visivo interno".

Come finirà l'iter processuale si vedrà. Ma il rapporto di Ruggiero, al di là degli aspetti penali, dice già tutto. Dal 1998 al 2006 il Commissariato figura aver avuto entrate complessive per 692 milioni e mezzo di euro e uscite per quasi 645 milioni, tanto che al passaggio di consegne fu detto al nuovo commissario, con una "certificazione da parte della Tesoreria provinciale dello Stato" ( sic) che c'era perfino un saldo di cassa di 45 milioni di euro. Una bufala: neanche il tempo di metter mano ai conti e saltava fuori "una pesante situazione debitoria": oltre 223 milioni. Che non figuravano "né nei vari passaggi di consegne né nelle precedenti rendicontazioni". Possibile che non se ne fossero accorti? Ma certo che se n'erano accorti. Solo che tutto era stato occultato in una inestricabile selva contabile. "Lo scrivente ha rilevato la mancanza di un bilancio vero e proprio e la distinzione delle somme in soli tre capitoli di contabilità speciale che rende oltremodo difficoltosa la verifica dell'andamento delle spese relative ad ogni singolo intervento, perché di fatto la gestione delle suddette contabilità è tipo conto corrente finalizzato", accusa il prefetto, ricordando di aver denunciato tutto alla Corte dei Conti. Per capirci, c'erano solo dei "foglietti": di qua le entrate, di là le uscite. Fine. Si trattava di "emergenze", perché tener nota di tutto? Le "emergenze" sono "emergenze", no? Lo dice la parola stessa... Ed ecco centinaia di migliaia di euro (quanti? "Non siamo ancora riusciti a fare le somme") dati ad avvocati amici infischiandosene della regola che ogni vertenza doveva essere passata all'Avvocatura dello Stato. Ecco i buchi nel bilancio lasciato dai comuni calabresi in larghissima maggioranza riottosi a pagare al Commissariato quanto dovevano per la gestione dei deputatori dato che nessuno di fatto chiedeva loro i soldi, parzialmente recuperati solo adesso con la creazione di 127 commissari ad acta che sono riusciti a rastrellare in 127 comuni 21 milioni di euro mai versati.

Ecco la scoperta che "il programma di elaborazione dei dati contabili" è di fatto inutilizzabile e non ha neppure un contratto di assistenza: anzi, non si trova più manco il "carteggio relativo al contratto a suo tempo stipulato". Ecco infine i ritardi dovuti a una prassi burocratica che, nel casino totale di competenze e priorità, era "sostanzialmente finalizzata a ritardare tutto il ritardabile". Insomma, un disordine tale che nel settore dei rifiuti (che vede la Calabria buttare in discarica ancora il 50% della spazzatura!) "non si è ancora riusciti ad accertare una situazione complessiva e analitica dei debiti pregressi delle gestioni precedenti sulle quali non esiste una contabilità sistematica, né relazioni tecnico-economiche". Per non dire del personale. Oltre ai 64 dipendenti in organico, compresi contrattisti ed esperti, il prefetto ha scoperto che c'erano a carico del commissariato 41 fantasmi di cui non sapeva assolutamente nulla. Mai visti in faccia. Mai impegnati in una pratica. Assunti con "contratti stipulati da dirigenti del Ministero dell'Ambiente, nei quali è espressamente stabilito che il corrispettivo per la prestazione resa sarà corrisposto dal Commissario delegato dietro attestazione del committente che il lavoratore ha regolarmente adempiuto agli obblighi contrattuali". Traduzione: ogni mese arrivava da Roma l'ordine di pagare quegli sconosciuti senza che il Commissariato fosse in condizione "di indicare l'attività prestata dai dipendenti in questione". Domanda: ma nessuno controllava? Risposta, no: "Non risultano allegati né gli atti che avrebbe dovuto produrre il servizio di controllo interno né i verbali della verifica amministrativa e contabile". Peggio: "Le pezze d'appoggio" a giustificare i conti, da parte della Ragioneria competente, "non è stata mai richiesta".

 



IL MISTERO DELLA MITROKHIN? HA SPESO PIU’ DELL’ANTIMAFIA.

Di Carlo Ciavoni, Il Venerdì di Repubblica

Roma. Viviamo in un Paese dove per sapere se Romano Prodi sia una spia del Kgb – e se le 641 persone nominate nella lista Mitrokhin abbiano realmente tramato in Italia in combutta con gli agenti segreti sovietici – che per conoscere i veri intrecci tra mafia e politica. Non è difficile rendersene conto, basta leggere.

E mettere a confronto i bilanci delle commissione di inchiesta Antimafia e Mitrokhin. La prima, dal 2001, si è avvalsa di consulenti che sono costati 1.742.293 euro; la seconda, negli stessi anni, ha fatto sborsare al Parlamento italiano 1.190.663 euro.

La verità può costare cara.

Spulciano i conti delle commissioni bicamerali d’indagine del Parlamento Italiano, una cosa colpisce: costano molto. E si capisce che, di fatto, la regola non scritta è quella del "piè di lista", del Parlamento che paga senza troppo indagare.

Ma il Presidente Bertinotti ha dichiarato guerra agli sprechi, e quindi il Parlamento fisserà un tetto di spesa annuale rigorosamente insuperabile.

"E’ una delle tante misure di contenimento e di riduzione del costo della politica" ha detto il Presindente della Camera Bertinotti. "Invece di attendere misure miracolistiche, stiamo lavorando per limitare e ridurre i versanti di spesa". Sono soprattutto i costi delle consulenze a far scorrere brividi lungo la schiena ai funzionari delle ragionerie delle due Camere. Le commissioni d’inchiesta bicamerali sono composte da venti senatori e venti deputati, tranne l’antimafia, che da sempre. Di parlamentari ne impiega cinquanta, divisi a metà tra senatori e deputati.

Nessuno di loro percepisce gettoni di presenza aggiuntivi per partecipare alle sedute. Ogni organismo d’indagine ha rango costituzionale ed è investito dall’articolo 82 degli stessi poteri e dei medesimi limiti della magistratura.
Il costo complessivo per il funzionamento delle sette commissioni bicamerali prese in esame negli ultimi cinque anni e mezzo è stato di 8.169.978 di euro, di cui 5.569.095 solo per le consulenze.

L’Antimafia, in attività ininterrotta dal 20 dicembre del 1962, è forse quella meglio percepita dall’opinione pubblica, come un presidio necessario contro la criminalità organizzata.

Attualmente l’Antimafia è presieduta dal deputato del PRC Francesco Forgione, e vanta, comprensibilmente, il primato nella classifica delle spese complessive.

Non solo per il numero dei membri, ma soprattutto per la necessità, da parte di deputati e sentori, di spostarsi spesso, sia in Italia sia all’estero.

Le spese di viaggio, infatti, ammontano a 1.131.175 euro.

A queste vanno aggiunte quelle per la "rappresentanza", che sono di 27.986, e "altre spese di funzionamento" , come la ristorazione, le traduzioni, giornali e cancelleria, per un totale di 129.033 euro.

Il primato delle consulenze va, come si è detto, alla commissione Mitrokhin, presieduta dal senatore paolo Guzzanti di Forza Italia, dal 2003 al 2005. Un crescendo di fattura (arrivate anche nei primi 5 mesi di quest’anno), per cifre assai rilevanti, soprattutto rispetto ai risultati ottenuti.

Si è partiti dal 10.420 euro del primo anno di attività, diventati 499.403 nel 20003, per poi lievitare ancora fino a 629.329 nell’anno successivo e arrivare a 635.319 nel 2005, con uno strascico nel 2006 136.190 euro.

Il totale è di quasi due milioni di euro.

Il suo costo complessivo negli anni di attività è stato di 2.008.911 di euro, compresi i 33 mila e rotti di missioni; 28 mila e spiccioli di rappresentanza e 37700 euro tra ristoranti, alberghi, sicurezza, traduzioni, giornali e cancelleria.

Indagini della magistratura ordinaria stabiliranno se Mario Scaramella, l’informatore-consulente di Guzzanti abbia agito correttamente o abbia perseguitato solo il risultato di contrabbandare Romano Prodi per agente del Kgb, in vista delle scorse elezioni politiche.

Resta comunque il fatto che la commissione Mitrokhin non ha aiutato il Parlamento a capire se davvero gli u9omini di quella lista siano mai stati nel libro paga dei Servizi segreti sovietici.

Eppure, era nata proprio per smascherare le 641 "spie" indicate dall’ex archivista del Kgb: politici, generali, giornalisti.

Il rishltato è stato un flop clamoroso, seguito dallo sttrascioco di vicender ancotra opache. Uno storia limacciosa di omicidi, ex agnti segreti mercenari e veleni, che sta facendo parlasre di sé per ragioni spemre più lontane da quelle che motivavano le indagini sulla celebre lista. Il consulente principe della commissione, Scaramella, è persino indagato dalla Procura di Napoli per un giro di rifiuti smaltiti in modo irregolare, tanto che nei suoi confronti risulta emessa una informazione di garanzia con l’accusa di aver affidato rifiuti speciali non pericolosi a società non titolate per la loro gestione.

Cose di cui potrebbe occuparsi a pieno titolo la commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Un destino di scarsa efficacia e costi sproporzionati accomuna un po’ tutti gli organismi bicamerali d’indagine.

Come la Telekom- Serbia, istituita nel luglio del 2002 e costata 487.467 euro, tra consulenze (148.021), missioni, (269.911,) rappresentanza (20.754) e le solite altre spese.

O la commissione d’inchiesta "sulle cause dell’occultamento di fascicoli sui crimini nazifascisti", presieduta dal deputato Udc Fabio Tanzilli. Nei tre anni di lavoro ha macinato 1.208.899 di euro, di cui 971.825 solo per le consulenze, peri viaggi 199.646; per la rappresentanza 20.100; e 17.327 di varie.

Così la commissione sui rifiuti, costata in tutto 959.667 euro, con 477.577 di viaggi e 359.696 di consulenze, e quella nata nel 1998 per indagare sul dissesto economico dellea Federconsorzi, che, nel 2001, ha gravato sulle casse del Parlamento per 183.407 euro, senza aggiungere o toglier emolto a ciò che già si sapeva.

Alle commissioni bicamerali d’inchiesta, vanno aggiunte anche le monocamerali, attualmente assenti a Montecitorio, ma non al senato dove ne sono state istituite 4: per capire l’efficienza del servizio sanitario, per indagare sull’inquinamento del Sarno, per conoscere gli effetti dell’uranio impoverito sulla salute dei nostri militari impegnati in Kosovo, per approfondire il fenomeno degli incidenti sul lavoro. Da anni deputati e senatori si riuniscono, discutano, ascoltano testimoni, votano e scrivono.

Scrivono soprattuto migliaia e migliaia di pagine di documenti, per restituire i cittadini delle istantanee – si fa per dire – sullo stato delle cose.

La realtà parla di scarsa efficacia, di debolezza tipica di ogni collegio formato da forti identità politiche, costrette in un contenitore obbligato ad esprimere giudizi, valutazionei, e decisioni colettive, votate si a maggioranza, ma dopo lunghe e faticosissime mediazioni.

"si segue per lo più, la strada più difficile e tortuosa per raggiungere la verità" , dice sottovoce un alto funzionario del Parlamento. Il quale ricorda anche una delle insinuazioni più malevole che serpeggia nei corrdoi dei due palazzi: quella secondo la quale, "le commissioni d’inchiesta altro non sono che un logo di spartizione di privilegi e favori che stabenne un po’ a tutti. Perché, alla fine, nessuno ti viene a chiedere il conto su ciò che hai fatto. E poi si viaggia senza badare a spese e i presidenti godono degli stessi benefit dei Ministri…."

Insomma, si entra a far arte di quel numero di privilegiati che in Italia è diventata una classe sociale.

LA CLASSIFICA DEI COSTI:

COMMISSIONI D’INCHIESTA BICAMERALI :

                            consulenze                                         totale

- Mitrokhin            1.910.663,68                                       2.008.911,98

- antimafia            1.742.293,86                                       3.030.489,33

-crimini nazifascisti 971.825,20                                       1.208.899,50

- ciclo dei rifiuti        359.696,19                                       959.6667,91

- stragi                   272.328,97                                          291.134,78

- telecom-serbia     148.021,28                                        487.467,22

COMMISSIONI D’INCHIESTA DEL SENATO

                           consulenze                                               totale

efficienza servizio

sanitario nazionale 857.041,05                                         1.023.281,24

-inquinamento Sarno 540.994,44                                      560.526,47

- infortuni sul lavoro 180.275,56                                        204.334,02

- uranio                  174.419,43                                          182.658,70

COMMISSIONI D’INCHIESTA DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

                              consulenze                                           totale

-Ilaria Alpi – Miran Hovratin 919.070,58                              1.242.114,05


Gli impieghi dell’Otto per Mille

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Se ci si prende la briga di verificare come la Chiesa Cattolica abbia effettivamente impiegato i fondi ricevuti dall’otto per mille, ci si accorge che le cose, in realtà, sono ben diverse da come appaiono: non hanno nulla a che fare con gli spot pubblicitari di questi mesi, dove si vedono immagini di bambini e anziani felici, case e scuole nel terzo mondo.

All’indirizzo internet 8xmille.it è possibile consultare il rendiconto di spesa dei fondi assegnati con l’otto per mille, così come pubblicato dalla C.E.I. In particolare, prendendo come riferimento i fondi assegnati nell’anno 2005, si può evincere quanto segue:

Impiego dei fondi assegnati

 

Sacerdoti                              € 315.000.000

Culto e pastorale                    € 271.000.000

Edilizia di culto                      € 130.000.000

Carità                                    € 115.000.000

Terzo Mondo                         €   80.000.000

Beni culturali                         €   70.000.000

Fondo di riserva                     €     3.000.000

Totale dei fondi assegnati   € 984.000.000

 

 

 

Esaminando le voci appena elencate, ci si accorge che la più significativa (circa il 32% del totale) è quella relativa al sostentamento dei sacerdoti: il 57% dei fondi necessari al sostentamento del clero deriva dall’otto per mille dell’IRPEF, dallo Stato italiano.(...)

La seconda voce di spesa (circa il 28% del totale), è denominata “Culto e Pastorale”: Fondo catechesi per l’educazione cristiana (60 milioni di euro);Tribunali ecclesiastici regionali (7 milioni di euro); Fondi attribuiti alle diocesi (cioè ai vescovi) per il finanziamento di varie attività quali esercizio della cura delle anime, formazione del clero, di nuovo catechesi e formazione cristiana, facoltà teologiche e istituti religiosi (155 milioni di euro). (..)

Circa il 13% del finanziamento totale viene poi destinato alla cosiddetta “Edilizia di culto”, cioè agli interventi edilizi in favore delle parrocchie, delle case canoniche, delle aule per il catechismo (ma non dei parcheggi, delle palestre, degli impianti sportivi, delle aule scolastiche).

(…) Fatti i conti risulta che, per ogni dieci euro di IRPEF che l’ignaro contribuente decide di versare nelle casse della Chiesa Cattolica, solo tre vengono effettivamente destinate alle finalità che probabilmente l’hanno spinto a operare la sua scelta come il volontariato e l’assistenza ai poveri e ai bisognosi. (…)

Che dire poi di tutti i fondi che pervengono alla Chiesa da coloro che NON hanno deciso di destinarglieli, che costituiscono il 60% del totale?

 

Il meccanismo dell’otto per mille è apparentemente trasparente: ogni cittadino che presenta la dichiarazione dei redditi sceglie se destinare l’8‰ della propria IRPEF allo Stato, alla Chiesa Cattolica, agli Avventisti, alle Assemblee di Dio, ai Valdesi, ai Luterani, agli Ebrei, ovvero se non operare alcuna tra queste scelte.

È proprio in quest’ultima eventualità, tuttavia, che si annida la parte “non trasparente” della questione; perché tutte le quote dell’8 per mille per le quali non è stata esercitata alcuna scelta (che costituiscono decisamente la maggioranza) non rimangono acquisite al normale gettito fiscale (come sarebbe lecito attendersi), ma vengono comunque ridistribuite tra i sette beneficiari, nella proporzione corrispondente alle scelte effettuate da chi ha inteso esercitare l’opzione.

Per chiarire il meccanismo è opportuno avvalersi di un esempio pratico, utilizzando i dati relativi ai redditi dell’anno 2000, dichiarati nel 2001.

Importo complessivo dell’8 per mille € 897.077.477

Contribuenti che hanno espresso la scelta 39,62%

Contribuenti che non hanno espresso la scelta 60,38%

Gettito IRPEF corrispondente alle scelte espresse € 355.422.084

Gettito IRPEF corrispondente alle scelte non espresse € 541.655.363

Ci si aspetterebbe, si diceva, che questi ultimi cinquecento e passa milioni di euro non siano stati destinati ad alcuno, poiché i contribuenti non hanno espressamente richiesto che tale destinazione avesse luogo; invece tali fondi, come previsto dalla legge, sono stati ridistribuiti tra i sette beneficiarî; in base alle percentuali espresse da coloro che hanno assegnato il loro otto per mille.

Ll’8 per mille non optato (pari a a cinquecento milioni di euro abbondanti) e lo si ripartisce tra i sette beneficiarî, nelle stesse percentuali risultanti dalle scelte di chi ha esercitato l’opzione: alla Chiesa Cattolica, quindi, andrà l’87,25% di quell’importo, allo Stato il 10,28%, e così via, con le sole eccezioni dei Valdesi e delle Assemblee di Dio, le quali non partecipano a questa seconda distribuzione, poiché devolvono la loro quota allo Stato.

L’effetto paradossale di questo meccanismo, effetto che balza immediatamente agli occhi, sta nel fatto che i beneficiarî dell’8 per mille (e in primo luogo la Chiesa Cattolica) si vedono distribuire non solo i fondi di coloro che hanno scelto a chi erogarli, ma anche il denaro di coloro che non hanno voluto esprimere alcuna scelta. Per dirla con semplicità, non c’è scampo: l’8 per mille dell’IRPEF di ciascun contribuente deve per forza essere destinato a uno o più di questi sette soggetti, che lo si voglia o no.

Il che produce, dati alla mano, ulteriori effetti ancora più paradossali.(…)

Beneficiario           Fondi derivanti da scelte espresse       Fondi derivanti

                                                                                     da scelte non espresse

Chiesa Cattolica      310.105.768                                  472.594.304

Stato                       36.537.390                                    63.644.505

Valdesi                    4.513.860                                      0

Comunità Ebraiche  1.492.773                                      2.274.953

Luterani                   1.101.808                                      1.679.132

Avventisti                959.640                                         1.462.469

Assemblee di Dio    710.844                                         0

TOTALE               355.422.084                                  541.655.363

Com’era ovvio aspettarsi (il numero di contribuenti che non esercitano l’opzione è di gran lunga superiore al numero di coloro che optano), ciascuno dei sette beneficiarî (con le due eccezioni di cui si è detto) percepisce la maggior parte dei fondi non da chi ha voluto destinarglieli, ma da coloro che non hanno espresso alcuna intenzione in tal senso.

Ecco quindi i cittadini, credenti o meno, finanziano l’attività della CEI e pagano stipendi ai sacerdoti.  Per questo motivo è nato l’appello di Micromega, volto al sostegno della Chiesa Valdese: quest’ultima utilizza SOLO la quota espressa dell’otto per mille rifiutando la seconda ripartizione per soli scopi di beneficenza e opere di carità. Nel sito ufficiale si legge lo slogan “UN POZZO PER L’ACQUA, UN PROFILATTICO CONTRO L’AIDS UN SORRISO ALLA VITA”; e  il regolamento sull’uso dei fondi: “ il sinodo ha fissato però criterio guida: la somma ottenuta non è per fini di culto, ma unicamente per progetti di natura assistenziale, sociale e culturale e che una quota corrispondente al 30% dell'importo totale è riservata a progetti nei Paesi in via di sviluppo, in collaborazione con organismi internazionali religiosi e laici. Asili, case di riposo, risparmio energetico, giovani, infanzia, case di quartiere, ricerca sulla staminali, questi sono alcuni dei progetti finanziati dalla chiesa valdese con l’otto per mille.

 I progetti etici da cui si fa coinvolgere la Chiesa Cattolica, invece sono a volte discutibili, come ad esempio la CARTA SERVIZI PER ECCLESIASTICI:

 

 

 

 

 

I primi a riceverla sono stati i cardinali, i vescovi e i superiori delle congregazioni religiose, che così potranno pagare di meno le bollette della luce, del gas e del riscaldamento, avere sconti sull'acquisto di generi alimentari e di biglietti aerei, fare benzina alla Api-Ip con numerose agevolazioni e vedere aumentati gli interessi e diminuite le spese sui loro conti in banca.

Sono alcuni dei vantaggi garantiti dalla Re-card, una particolare "carta servizi riservata esclusivamente – spiega l'opuscolo informativo che promuove l'iniziativa – al mondo religioso ed ecclesiastico per dare una risposta concreta alle specifiche esigenze del mondo della Chiesa, assicurando notevoli risparmi nell'acquisto di beni e servizi, appositamente selezionati, grazie a vantaggiose convenzioni stipulate con primarie aziende".

L'iniziativa è del gruppo Re, una Società per azioni fondata nel 1984 da Vincenzo Pugliesi e Francesco Alemani Molteni che offre consulenza e servizi immobiliari, finanziari e gestionali soprattutto agli organismi della Chiesa italiana (diocesi, parrocchie, scuole, ospedali e istituti religiosi). (…).

 

 

 

 

 

In totale 60mila card, inviate gratuitamente, che raggiungeranno ogni angolo del mondo ecclesiastico e religioso italiano. La proposta è allettante. Il gruppo Re, infatti, ha stipulato delle convenzioni con sette aziende che propongono sconti ed agevolazioni a tutti i sacerdoti, i religiosi e le religiose che faranno acquisti da loro: l'Enel garantirà 15 giorni all'anno di elettricità gratis e tariffe bloccate per 2 anni; Air One uno sconto dell'8% sui biglietti aerei; Savarent (gruppo Fiat) ed Europcar prezzi agevolati per il noleggio di autoveicoli a breve e a lungo termine; San Pellegrino acqua e bibite a prezzi scontati; Metro (grande distribuzione) una serie di generi alimentari e beni di consumo in offerta speciali; Api-Ip il raddoppio dei punti-premio ad ogni rifornimento carburante.

 E per chi vorrà, la Re card potrà essere usata anche come bancomat o carta di credito ricaricabile, grazie alla convenzione bancaria che il gruppo Re ha sottoscritto con alcuni dei principali istituti di credito italiani. Inoltre, tutti i possessori della card, se sceglieranno una delle banche convenzionate con il gruppo, potranno godere di "un trattamento economico di assoluto vantaggio" (maggiori tassi di interesse e minori spese) grazie ad una serie di "banche sensibili al mondo della Chiesa ed alle sue necessità specifiche".

 È proprio la convenzione bancaria, però, a far emergere diverse contraddizioni. Il gruppo, infatti, dichiara di operare "nel rispetto dell'etica interpretata secondo la morale cattolica", tanto che sostiene di essere stato "antesignano e promotore della finanza etica in Italia.

Ma Gli istituti di credito con cui però il gruppo ha stipulato la convenzione – e che ora propone ai sacerdoti e ai religiosi italiani – non sembrano brillare per comportamenti etici: la maggior parte di essi, infatti – come documenta la Campagna di pressione alle ‘banche armate' promossa dalle riviste "Missione Oggi", "Mosaico di Pace" e "Nigrizia" – , da anni sono coinvolti nel commercio delle armi. Si tratta cioè di istituti di credito che svolgono operazioni di riscossione di pagamenti per conto delle industrie produttrici di armi, incassando poi compensi che vanno dal 3 al 10 per cento della commessa: Unicredit, che nell'anno 2005 ha effettuato 61 operazioni in appoggio all'export di armi per 101 milioni di euro; il gruppo San Paolo Imi (che dal 1 gennaio 2007 si è ‘fuso' con Banca Intesa), 109 operazioni per quasi 165 milioni di euro; Banca popolare di Milano, 26 operazioni per quasi 35 milioni di euro (e già 15 operazione per oltre 20 milioni di euro nel 2006, v. Adista n. 3/07); Banco di Sicilia, 6 operazioni per 27 milioni di euro. E poi c'è la Banca Agricola popolare di Ragusa, che non è implicata nel commercio delle armi ma che è stata recentemente condannata, sia in sede penale che civile, per illeciti di varia natura.

 Da un articolo di Alessandro Capriccioli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


AL CITTADINO NON FAR SAPERE di marco travaglio

 

Cari lettori, quando il Parlamento approva una legge all’unanimità, di solito bisogna preoccuparsi. Indulto docet. Questa volta è anche peggio. L’altroieri, in poche ore, con i voti della destra, del centro e della sinistra (447 sì e 7 astenuti, tra cui Giulietti, Carra, De Zulueta, Zaccaria e Caldarola), la Camera ha dato il via libera alla legge Mastella che di fatto cancella la cronaca giudiziaria. Nessuno si lasci ingannare dall’uso furbetto delle parole: non è una legge “in difesa della privacy” (che esiste da 15 anni) nè contro “la gogna delle intercettazioni”. Questa è una legge che, se passerà pure al Senato, impedirà ai giornalisti di raccontare - e ai cittadini di conoscere - le indagini della magistratura e in certi casi persino i processi di primo e secondo grado. Non è una legge contro i giornalisti. E’ una legge contro i cittadini ansiosi di essere informati sugli scandali del potere, ma anche sul vicino di casa sospettato di pedofilia. Vediamo perché. 

 

Oggi gli atti d’indagine sono coperti dal segreto investigativo (il segreto istruttorio non esiste più dal 1989) finchè diventano “conoscibili dall’indagato”. Da allora non sono più segreti e se ne può parlare. Per chi li pubblica integralmente, c’è un blando divieto di pubblicazione, la cui violazione è sanzionata con una multa da 51 a 258 euro, talmente lieve da essere sopportabile quando le carte investono il diritto-dovere di cronaca. Dunque i verbali d’interrogatorio, le ordinanze di custodia, i verbali di perquisizione e sequestro, che per definizione vengono consegnati all’indagato e al difensore, non sono segreti e si possono raccontare e, di fatto, citare testualmente (alla peggio si paga la mini-multa). E’ per questo che, ai tempi di Mani Pulite, gli italiani han potuto sapere in tempo reale i nomi dei politici e degli imprenditori indagati, e di cosa erano accusati. E’ per questo che, di recente, abbiamo potuto conoscere subito molti particolari di Bancopoli, Furbettopoli, Calciopoli, Vallettopoli, dei crac Cirio e Parmalat, degli spionaggi di Telecom e Sismi.

 Fosse stata già in vigore la legge Mastella, Fazio sarebbe ancora al suo posto,Moggi seguiterebbe a truccare i campionati, Fiorani a derubare i correntisti Bpl, Gnutti e Consorte ad accumulare fortune in barba alle regole, Pollari e Pompa a spiare a destra e manca. Per la semplice ragione che, al momento, costoro non sono stati arrestati né processati: dunque non sapremmo ancora nulla delle accuse a loro carico. Lo stesso vale per i sospetti serial killer e pedofili, che potrebbero agire indisturbati senza che i vicini di casa sappiano di cosa sono sospettati.

 La nuova legge,infatti,da un lato aggrava a dismisura le sanzioni per chi infrange il divieto di pubblicazione: arresto fino a 30 giorni o, in alternativa, ammenda da 10 mila a 100 mila euro (cifre che nessun cronista è disposto a pagare pur di dare una notizia). Dall’altro allarga à gogò il novero degli atti non più pubblicabili.Anzitutto “è vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, degli atti di indagine contenuti nel fascicolo del pm o delle investigazioni difensive, anche se non più coperti da segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”. La notizia è vera e non é segreta, ma è vietato pubblicarla: i giornalisti la sapranno, ma non potranno più raccontarla. A meno che non vogliano rovinarsi, sborsando decine di migliaia di euro.

 E’ pure vietato pubblicare, anche solo nel contenuto, “la documentazione e gli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati sul traffico telefonico e telematico, anche se non più coperti da segreto”. Le intercettazioni – che hanno il pregio di fotografare in diretta un comportamento illecito, o comunque immorale, o deontologicamente grave – sono sempre top secret.

 Bontà loro, gli unanimi legislatori consentiranno ancora ai giornalisti di raccontare che Tizio è stato arrestato (anche per evitare strani fenomeni di desaparecidos, come nel vecchio Sudamerica o nella Russia e nell’Iraq di oggi). Si potranno ancora riferire, ma solo nel contenuto e non nel testo, le misure cautelari, eccetto “le parti che riproducono il contenuto di intercettazioni”. Troppo chiare per farle sapere alla gente.

 

  E i dibattimenti? Almeno quelli sono pubblici, ma fino a un certo punto: “non possono essere pubblicati gli atti del fascicolo del pm, se non dopo la pronuncia della sentenza d'appello”. Le accuse raccolte (esempio, nei processi Tanzi, Wanna Marchi, Cuffaro, Cogne, Berlusconi etc.) si potranno conoscere dopo una decina d’anni da quando sono state raccolte: alla fine dell’appello. Non è meraviglioso?

 

 L’ultima parte della legge è una minaccia ai magistrati che indagano e intercettano ”troppo”, come se l’obbligatorietà dell’ azione penale fosse compatibile con criteri quantitativi o di convenienza economica: le spese delle Procure per intercettazioni (che peraltro vengono poi pagate dagli imputati condannati, ma questo nessuno lo ricorda mai) saranno vagliate dalla Corte dei Conti per eventuali responsabilità contabili. Così, per non rischiare di risponderne di tasca propria, nessun pm si spingerà troppo in là, soprattutto per gli indagati eccellenti.

 

 

A parte Il Giornale, nessun quotidiano ha finora compreso la gravità del provvedimento. L’Ordine dei giornalisti continua a concentrarsi su un falso problema: quello del “carcere per i giornalisti”, che è un’ipotesi puramente teorica, in un paese in cui bisogna totalizzare più di 3 anni di reclusione per rischiare di finire dentro. Qui la questione non è il carcere: sono le multe. Molto meglio una o più condanne (perlopiù virtuali) a qualche mese di galera, che una multa che nessun giornalista sarà mai disposto a pagare. Se esistessero editori seri, sarebbero in prima fila contro la legge Mastella. A costo di lanciare un referendum abrogativo. Invece se ne infischiano: meno notizie “scomode” portano i cronisti, meno grane e cause giudiziarie avrà l’azienda. 

 

Mastella, comprensibilmente, esulta: “Un grande ed esaltante momento della nostra attività parlamentare”. Pecorella pure: “Una buona riforma, varata col contributo fondamentale dell’opposizione”. Vivi applausi da tutto l’emiciclo, che è riuscito finalmente là dove persino Berlusconi aveva fallito: imbavagliare i cronisti. Ma a stupire non è la cosiddetta Casa delle Libertà, che facendo onore alla sua ragione sociale ha tentato fino all’ultimo di aumentare le pene detentive e le multe (fino al 500 mila euro!) per i giornalisti. E’ l’Unione, che nell’ elefantiaco programma elettorale aveva promesso di allargare la libertà di stampa. Invece l’ha allegramente uccisa con la gentile collaborazione del centrodestra. Ma chi sostiene che nell’ultimo anno non è cambiato nulla, ha torto marcio. Quando le leggi-vergogna le faceva Berlusconi, l’opposizione strillava e votava contro. Ora che le fa l’Unione, l’opposizione non strilla, anzi le vota. In vista del passaggio al Senato, cari lettori, facciamoci sentire almeno noi, giornalisti e cittadini. Finchè ce lo lasceranno fare.

 

 

Argomento: 

Gen. Cecchi: «Causa di servizio per l'uranio»

www.lanuovaecologia.it/inquinamento/nucleare/

Caro gargantua, ho pensato bene di inserire l'articolo a cui ti riferivi, così tutti possono leggerlo e diffonderlo.
un gran bacio
franca
ATTENZIONE! LEGGETEVI, SE NON L'AVETE ANCORA FATTO, L'ARTICOLO DELLA DOTTORESSA GATTI PUBBLICATO SUL BLOG.

GRAZIE!

Nonostante non sia stato provato il nesso fra uranio impoverito e l'insorgere dei tumori nei militari all'estero, il capo di Stato dell'Esercito invoca assistenza ai malati. Il presidente della commissione parlamentare Menapace: «Sono lieta di questo riconoscimento ai soldati»

Non è stato provato il nesso certo tra l'uranio impoverito e l'insorgere di tumori nei militari italiani impegnati all'estero, che potrebbero essersi ammalati anche per altri fattori, come lo stress operativo e le condizioni ambientali; tuttavia bisogna cercare di garantire la causa di servizio a questi soldati, affinché possano permettersi l'assistenza necessaria. Lo ha detto il capo di Stato dell'Esercito, il generale Filiberto Cecchi. «È stato fatto molto lavoro, ci sono state commissioni d'inchiesta - ha detto Cecchi, nella conferenza stampa che ha seguito la presentazione del Rapporto Esercito 2006 - per cercare un nesso tra l'uranio impoverito e le patologie, ma questo nesso non è stato trovato. Di sicuro noi abbiamo fornito tutta la collaborazione che ci è stata chiesta, abbiamo consegnato tutti i dati e le informazioni, non c'é stata alcuna reticenza: siamo i primi a voler chiarire, perché vogliamo che i nostri militari siano tutelati al massimo».

«Piuttosto - ha aggiunto - allargherei il discorso a fattori diversi dall'uranio, che hanno un loro peso quando ci si trova in missione: la situazione ambientale, lo stress emotivo e operativo. E non solo. Sono fattori sempre presenti e che, anche per questo, potrebbero avere conseguenze sulla salute dei militari anche più dell'uranio». Secondo il generale, «dobbiamo tenerne conto prima di tutto con la prevenzione - e noi facciamo di tutto, sia per quanto riguarda le vaccinazioni, la bonifica delle aree, l'equipaggiamento e il vestiario - ma anche per quanto riguarda il sostegno, le cure, l'assistenza dei nostri soldati nel momento in cui vengono colpiti da patologie. Dobbiamo cercare di garantire a questi soldati il riconoscimento di una causa di servizio in modo da poter dare l'assistenza che spetta a tutti quelli che subiscono menomazioni durante l'attività lavorativa».

«Sono lieta che il generale Cecchi voglia riconoscere ai soldati malati per esposizione all'uranio impoverito la “causa di servizio” nonostante, secondo quanto ha detto, non ci sono prove di un collegamento diretto tra l'insorgere della malattia e l'esposizione». Il commento della senatrice Lidia Menapace (Prc), presidente della commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito. «Comunque è proprio questo collegamento tra malattia e esposizione all'uranio che ci siamo impegnati a scoprire e rendere chiaro», ha aggiunto. «Confido che la commissione arrivi al più presto a un risultato e sono impegnata al suo raggiungimento con tutta l'urgenza che la situazione richiede».

20 aprile 2007

Argomento: 

c'è tanta precarietà e dolore nell'aria, vi voglio regalare qualche risata... e consigli utili alle donne, giovani e non più

Teatro

Coppia aperta... quasi spalancata

Atto unico di
Franca Rame, Dario Fo, Jacopo Fo

Questa commedia è stata rappresentata per la prima volta al Teatro Ciak di Milano il 10 novembre 1983. Da allora ad oggi è andata in scena in quasi tutto il mondo. Se volete cedere le foto, andate nell'archivio, cercate il titolo della commedia e cliccate su fotografie.
La Fabbri ha editato anche il dvd.

Personaggi

Antonia (la moglie)
Un Uomo (il marito)
Il Professore (l’amante)

 

Interno di un appartamento medio-borghese: divano (sul divano una gonna), poltrone, lampade, registratore, sedie, apparecchio telefonico ecc. Davanti al divano un tavolo basso lungo 2 metri circa. In proscenio (verso destra) lo spezzato di una finestra. Alla quinta di proscenio, sulla destra, è appoggiata una stampella ortopedica – possibilmente non a vista del pubblico. All’inizio dell’atto la scena è completamente buia. Vediamo solo la testa di un UOMO – il Marito – illuminata dalla luce che proviene dalla porta a vetri smerigliati del bagno. La porta è chiusa dall’interno.
L’uomo è molto in ansia. Quando toccherà alla donna prendere la parola, essa ci apparirà illuminata dall’occhio di bue, in proscenio, sul lato opposto rispetto a dove si trova il Marito; indossa pantaloni, un golfone o una camicia da notte. Quando uno dei due personaggi ha esaurito il proprio intervento lo spot che lo illumina si spegne e s’accende l’altro sull’antagonista.

UOMO Non fare fesserie... Antonia, esci... parla! Che stai combinando? Senti, forse hai ragione, la colpa è mia, ma esci ti prego... apri ’sta porta! Ne parliamo, no?... Perché devi buttare tutto sul tragico, Cristo! Possibile che non possiamo risolvere ’ste robe da persone che ragionano? (Sbircia dal buco della serratura) Sei una pazza incosciente, ecco quello che sei!
ANTONIA (didascalica) La pazza incosciente rinchiusa nell’altra stanza, che poi sarebbe il bagno, sono io. L’altro, quello che mi urla e mi supplica di non fare fesserie, è mio marito.
UOMO (parla sempre come se la donna fosse in bagno) Antonia vieni fuori, ti prego!
ANTONIA Sto mandando giù un cocktail di pillole varie: Mogadon, Roipnol, Optalidon, Femidol, Veronal, Cibalgina, e diciotto supposte di Nisidina... a pezzetti... tutto per bocca.
UOMO Antonia, di’ qualcosa.
ANTONIA Mio marito ha già chiamato l’autoambulanza... tra poco arriveranno... sfonderanno la porta...
UOMO Stanno arrivando quelli del Pronto Soccorso. Butteranno giù la porta. Cristo! È la terza volta in un mese!
ANTONIA Quello che mi scoccia di più, nel salvataggio, sono le lavande gastriche... ’sto tubo infilato in gola... e il rincretinimento per giorni e giorni... l’espressione imbarazzata con cui ti guarda la gente che gira per casa. E poi fatalmente mi costringono ad andare dallo psicanalista... pardon, dall’analista... un pirla... ma un pirla... che mi sta a guardare per due ore in silenzio con la pipa in bocca... poi all’improvviso mi fa (calcando sulle parole): «Pianga, signora, pianga!»
UOMO Antonia, di’ qualche cosa! Fai almeno un rantolo, così capisco se non altro a che punto stai! Adesso me ne vado e non mi vedi più! (Sbircia dal buco della serratura).
ANTONIA A dire la verità, non è la prima volta che voglio morire.
UOMO Non ingoiare le pillole gialle! Sono le mie pillole per l’asma!
ANTONIA Un’altra volta ho tentato di buttarmi giù dalla finestra... lui mi ha abbrancata al volo... (La donna corre alla finestra posta in proscenio e sale sul davanzale).
Luce piena.

UOMO (acchiappandola al volo per la caviglia) Ti prego, scendi di lì! Sì, hai ragione, sono un bastardo, ma ti giuro, è l’ultima volta che ti metto in una situazione simile...
ANTONIA Ma cosa vuoi che me ne importi... di te, delle tue storie, delle tue donne stronze!
UOMO Be’, perché... se fossero state intelligenti ti sarebbero andate meglio? Scendi... parliamone... a pianoterra.
ANTONIA No! Io me ne sbatto, io mi butto!
UOMO No!
ANTONIA Sì!
UOMO Piuttosto ti spezzo la caviglia!
ANTONIA Lasciami!
UOMO Te la spezzo!
ANTONIA (urlo terribile) Ahhh! (Rivolgendosi al pubblico con tono normale) E me l’ha spezzata per davvero ’sto coglione! (Scende dalla finestra; il Marito le passa la stampella). Un mese con la gamba ingessata! Ingessata, ma viva! E tutti che mi chiedevano: «Sei stata a sciare?» Una rabbia! (Zoppicando, posa la stampella e dal cassetto del tavolo, o da altro mobile, estrae una pistola) Un’altra volta ho tentato di tirarmi un colpo con la pistola...
UOMO No, cazzo, fermati! Non l’ho ancora denunciata! Vuoi farmi arrestare?
ANTONIA (parla al pubblico, quasi staccata dall’azione scenica) La ragione della mia voglia di morire era sempre la stessa: lui... non mi amava più… lui... non mi desiderava più... E la tragedia scoppiava tutte le volte che scoprivo una nuova relazione di mio marito. (Si punta la pistola alla tempia).
UOMO (cerca di strappare la pistola alla donna) Ma cerca di capire, con le altre è un fatto di sesso e basta!
ANTONIA (divincolandosi) Con me... non c’è più nemmeno il sesso!
UOMO Ma con te è diverso... per te ho una grande stima!
ANTONIA (abbandonando ogni resistenza, conciliante) Ah be’, allora... se c’è la stima! Cosa c’è di più importante fra un UOMO e una donna? La stima, no? Vaffanculo!
UOMO Oeuh!
ANTONIA (al pubblico) Sì, in quelle situazioni diventavo davvero triviale... ma erano le banalità sue, di mio marito, che mi facevano andar fuori dai gangheri. Così non si poteva più andare avanti, lui con me non faceva più l’amore da un pezzo.
UOMO Non vedo proprio il gusto che ci provi nel mettere tutto in piazza...
ANTONIA Ti secca, eh!... (Al pubblico) In principio, credevo fosse ammalato, esaurito... (Fa per passare davanti alla finestra in proscenio, il Marito la blocca).
UOMO (spaventato) Attenta! C’è il vuoto!
ANTONIA Sei impazzito? C’è il proscenio qui...
UOMO Sì, ma la scena finisce qui. (Indica la finestra).
ANTONIA Io sono nella finzione, sto raccontando la mia storia... esco dal personaggio, esco dalla scena... vado dove voglio. Non mi interrompere! Sto parlando con loro. (Al pubblico) Dicevo, temevo fosse esaurito... poi ho scoperto che aveva una vita sessuale intensissima. Con altre donne naturalmente. E quando, disperata, gli chiedevo (direttamente al Marito accorata): «Perché non mi desideri più... perché non vuoi più fare l’amore con me...» (al pubblico) lui scantonava!
UOMO Io scantonavo?
ANTONIA Sì, tu. (Al pubblico) Una volta ha tentato persino di dare la colpa alla politica.
UOMO (si siede sul davanzale con le gambe a penzoloni fuori dalla finestra) Io?
ANTONIA (spaventata) Attento! C’è il vuoto!
UOMO Sono nella finzione...
ANTONIA No, tu no! Tu sei al quinto piano! (Il Marito scende dalla finestra. Riprende il dialogo col pubblico) Dicevo, ha tentato di dare la colpa alla politica... Immaginatevi la scena... Siamo a letto... notte fonda... «Perché non vuoi far l’amore con me?» «Cerca di capirmi... non riesco... sono preoccupato... l’Italia va a rotoli. Il riflusso...»
UOMO Be’? Questo fatto del riflusso non me lo sono inventato io, è un fatto reale. Perché, non è vero forse che con il fallimento di tante lotte ci siamo sentiti un po’ tutti frustrati, col vuoto sotto i piedi? Ti guardi intorno e cosa vedi? Disimpegno, cinismo!


ANTONIA Bravo! C’è chi, deluso dalla politica, pianta famiglia e figli e si butta a fare il verde fanatico dell’ecologia... chi pianta l’ufficio e si apre un ristorante macrobiotico, e chi pianta la moglie e si organizza un casino... ad uso proprio! Tutta colpa della politica!
UOMO Sì, è un diversivo imbecille, lo ammetto, proprio da collezionista della scopata col vuoto a perdere... ma ti giuro che con te è diverso... (si avvicina alla donna e l’abbraccia, pieno d’amore) l’unica donna di cui non posso fare a meno sei tu... la più cara che ho al mondo... il mio rifugio sicuro... sei come... mia madre!
ANTONIA (lancia un urlo furibondo) La mamma! Lo sapevo! La mamma! Mi hai avanzato di grado! Grazie! Le mogli sono come i burocrati dell’amministrazione statale, quando non servono più si promuovono, si eleggono presidenti di qualche ente inutile: mamma onoraria appunto! No caro, preferisco essere degradata al ruolo di amante di passaggio! Sbattuta sul letto... desiderata! Me ne frega assai di farti da cuccia calda, tetta tenera!
La mamma!
Ma non ti rendi conto di quanto sei pesante, rozzo! Di quanto mi stai umiliando! Cosa sono? Una scarpaccia vecchia da sbattere al cesso?
La mamma!
Guarda che io mi posso trovare gli uomini che mi pare e piace. (Il Marito sorride sfottente). Hai poco da fare quel sorriso da marito sicuro di sé! Io te lo dimostro... Io ti apro un casino... sissignore, davanti al posto dove lavori. (Altra reazione del Marito). Batto il marciapiede avanti e indietro, con un cartello in testa con su scritto: «Qui, lavata, profumata, si offre in offerta speciale la moglie dell’ingegner Mambretti. Sconti favolosi cral, enal e arci».
UOMO Ecco cosa hai di bello tu!, riesci a mandare in vacca anche i miei momenti di onestà e di commozione sincera... Io cerco di aprirmi... di parlare... (Così dicendo si avvicina ad Antonia, le prende la mano e cerca di toglierle la pistola).
ANTONIA E allora perché non parli? Spiegati... fammi capire cos’è ’sta smania che t’è presa di farti una donna dietro l’altra...! Ti beccherai l’aids! E molla ’sta pistola!... Ti giuro che non mi sparo!
UOMO Parola d’onore?
ANTONIA Parola d’onore che non mi sparo... m’è passata la voglia. (L’uomo la lascia libera). Ho cambiato idea... è a te che sparo! (Punta la pistola verso il Marito).
UOMO Non fare scherzi!
ANTONIA Non scherzo affatto! (Spara un colpo di pistola «quasi» verso la testa del Marito).
UOMO (allibito) Ma sei impazzita?! Hai fatto partire un colpo! Per poco non mi prendi! Ma per me, la finzione non c’è mai?
ANTONIA Zitto! Mani in alto, faccia al muro! Fermo così! Parlo con loro (indica il pubblico) e ti ammazzo tra due minuti. (Al pubblico, tenendo sempre la pistola puntata verso il Marito) E allora, un giorno mio marito ha contrattaccato.
UOMO (con le mani alzate) Cos’hai fatto tu per evitare che tutto si riducesse al pancotto? E quando ho reagito e ho cercato emozioni, fuori dall’ambito familiare... incentivi, passioni, storie diverse, cosa hai fatto tu per capirmi?
ANTONIA Ma amore... perché non dirmi subito che avevi bisogno di emozioni... Perché cercarle fuori «dall’ambito familiare»... te le do io «nell’ambito familiare»... le emozioni... Ti sparo!... e so io dove... (Punta la pistola verso il sesso del Marito, che ha una reazione molto evidente. Al pubblico) Dicevo che mio marito ha contrattaccato, e cosa non è riuscito a tirare fuori... «Bisogna che parliamo di più io e te... il nostro rapporto si salva solo se cambia il nostro atteggiamento culturale...» Ha tirato fuori l’ipocrisia delle convenzioni borghesi, il moralismo infame...
UOMO Certo! La fedeltà è una cognizione indegna, incivile! L’idea di coppia chiusa, di famiglia, è legata alla difesa di grossi vantaggi economici... di patriarcato. (Le si avvicina) Insomma, quello che tu non vuoi capire è che io posso benissimo avere una relazione con un’altra donna e mantenere al tempo stesso, con te, un rapporto di amicizia... avere amore per te, tenerezza e soprattutto rispetto!
ANTONIA L’hai pensata tutta da solo, o hai fatto un convegno con Alberoni1? Hai detto ventotto banalità in tre secondi. Amicizia... rispetto... Regalali alla tua nonna questi sentimenti. Io voglio essere amata... strapazzata... sbattuta sul letto... voglio alzarmi con le occhiaie fino a qua! Amicizia, rispetto, stima! Ma basta! Piantiamola con ’sta coppia aperta! Non ci posso stare! Non posso pensare d’avere il marito, fidanzato in casa. Non ce la farei mai col mio carattere... Io sono possessiva... sono un «cancro», amore mio, sono un «cancro»!.... ascendente stronza! Già mi vedo la scena: suona il campanello, vado ad aprire. Chi è? Ah, il marito... e la graziosa chi è? «Permetti cara: mia moglie... la mia fidanzata». «Ma come sei carina! Che classe fai tesoro? Accomodatevi, la cena è pronta... Questa è la vostra camera da letto... che sarebbe poi la nostra... ma sta’ tranquilla io non ci sarò... dormirò sul divanetto col ginocchio in bocca. Mugolate, urlate, non preoccupatevi per me... mi metto la cera nelle orecchie: Calmor!» Questo vorresti? Non ci sto! La coppia aperta è un bidone! Ci hanno sbattuto la testa in tanti...
UOMO E chi se ne frega... proprio nel momento in cui gli altri falliscono, ci sbattono il muso, noi ci dobbiamo buttare, reinventarla per noi!
ANTONIA Reinventare la coppia aperta? (Gli punta contro la pistola) T’ammazzo! Fuori di casa! (Al pubblico) Ma alla fine mi ha convinta. Per salvare il nostro matrimonio, la nostra amicizia, il nostro privato, bisognava rendere pubblico il nostro letto! (Si siede sul davanzale della finestra e ci posa sopra la pistola, mentre il Marito si siede e legge il giornale). C’era il problema dei figli... «Ma i figli capiranno...» diceva lui... e incredibile, è stato proprio mio figlio Roberto, ventiquattro anni, che mi ha dato il coraggio di tentare: «Mamma basta, voi due non potete continuare così... finirà che vi scannate. Tu mamma non puoi continuare a essere un’appendice del babbo... devi costruirti una tua vita, una tua autonomia! Il papà va a donne, e tu, non per vendetta ma perché è giusto, sano, umano... ti trovi un altro UOMO...» (Con deciso accento napoletano) «Ma che dici... Roberto, figlio mio?!» Non so perché parlavo napoletano.
«Mamma piantala di fare la santa Maria Goretti della casa. Ti trovi un altro UOMO... uno simpatico, magari più giovane del papà... possibilmente un compagno... socialista, così ci sistemiamo per l’eternità. Tenta almeno, mamma! Ti aiuto io, mamma!»
E io, all’appello del «mamma», non ho saputo resistere e ho tentato. (Scende dal davanzale e si porta in proscenio).
Prima regola:... donne presenti in platea, da questo momento, prendete appunti... non si può mai sapere... le mie esperienze possono servire... prima regola, dicevo, via di casa!
Dopo anni di umiliazione, di disperazione... ho abbandonato la valle delle lacrime... mi sono trovata un’altra casa, questa. Ho preso tutti gli abiti della vita matrimoniale e li ho sbattuti via! Mi sono precipitata a rifarmi il guardaroba... Sono andata all’Upaim, detto anche Upim... Parlano tutti in inglese... mi devo adeguare... (entra nel bagno continuando a parlare)... mi sono comperata pantaloni sbragosi... gonne pirlose... Mi sono fatta una pettinatura in piedi, punk! Parevo la reclam delle penne Bick! Mi son fatta un trucco... viola! Ero orrenda! (Rientra in scena: indossa un maglione, calze nere e spiritosi scaldamuscoli) E anche la camminata... sì, perché lo sapete come ci si riduce quando ‘lui’ non ti ama più! Noiose, tristiiii! Piangiulente... anche un po’ gobbettine diventiamo! Io per esempio, mi ero completamente dimenticata di avere i fianchi... Abbandonata sì, ma i fianchi mi erano rimasti!... Non li usavo... non ancheggiavo... Camminavo per caduta, come un baccalà! Così (esegue una camminata in avanti): un cammellone artritico! Poi, non so perché guardavo sempre per terra... Chissà... forse nella speranza di trovare un cento lire che mi portasse fortuna... Niente! Soltanto cacche di cane! Ma quanta cacca fanno i cani! Che periodo nero! Mio figlio mi stava sempre intorno e controllava i miei cambiamenti... era molto soddisfatto: «Brava, mamma, andiamo bene... hai cambiato il guardaroba, la pettinatura... però sei grassa mamma, devi dimagrire mamma... devi diventare appetibile». E io: «Cosa sono, una gallina faraona!?» Mi teneva a pane e acqua. Dei digiuni!! Mi faceva ridere a me, il Ghandi. Affamata! Poi, correre! Footing! Che Dio stramaledica chi ha inventato il footing! Correvo come una pazza, mattina... pomeriggio... nei parchi... con una fame assatanata... Ero ridotta... che rubavo... la merenda ai bambini piccoli! Ho scoperto la Nutella! Com’è buona la Nutella! Finalmente sono dimagrita, mio figlio viene qui... io tutta speranzosa in un complimento... «Voltati, mamma...» Mi volto e lui: «Mamma, t’è crollato il gluteo e non torna su, non torna su!»
Sappiatelo ragazze: dopo i 38 c’è un crollo di gluteo inarrestabile!
«Figlio mio... che devo fare per il mio gluteo?»
E lui: «Cammina sulle punte».
Tutto il giorno così... (Esegue) Sembravo un re magio. Poi: rassodare le cosce! La ginnastica... detta anche «della ranona». Non ridete tanto donne... che domani vi vedo io per la strada a camminare così... E flessioni! Avevo i riflessi condizionati. Appena avevo un secondo: tack! Andavo a fare la spesa: «Un chilo di parmigiano» tack! «Dov’è signora?» «Sono qua, sono qua; sto rassodando il gluteo». Si preoccupava... parteggiava il mio salumaio... «Come va il gluteo oggi, signora?» «Un po’ meglio grazie...»
Be’, insomma, sono dimagrita, mi sono rassodata, ma... non trovavo nessuno lo stesso. Non so perché... Non piacevo... non mi vedeva nessuno! Ero come trasparente! Ci sono dei periodi così, no? Li avete provati anche voi?...
Nessuno, non trovavo nessuno!
Mio figlio mi diceva: «Mamma, per forza non trovi... sei tutta tesa... dentro. Devi rilassarti, ammorbidirti... devi diventare disponibile, proporti mamma. Quando vai fuori a cena con le amiche, gli amici, devi cercare di catturare uno sguardo».
Passavo delle cene così. (Mima di guardare fissamente qualcuno)
Non trovavo nessuno lo stesso. Non solo, ma quello che fissavo insistentemente, si spaventava. «Ma perché mi guardi così, sei fuori di testa...»
«No, no, niente...»
Volevo morire. Un periodo nero che non vi dico.
Poi ho scoperto di piacere a qualcuno: uomini dagli 80 ai 94 anni. Tutti i vecchi della mia zona erano lì che sbavavano per me.
Oppure giovani... giovanissimi – ce n’erano dell’età di mio figlio: ventiquattro anni. Ma cosa cercavano? La seconda mamma con rapporto Edipico? Via! Andavo in paranoia doppia!
Solo una volta ho avuto una storia... Che storia!
C’era un ragazzo... un compagno di scuola di mio figlio che veniva a casa mia... dalle elementari... a fare i compiti... la merenda... Poi ha continuato anche durante le medie, anche il liceo, l’università. Poi si è laureato e ha continuato a fare merenda a casa mia... Un giorno ero lì nella mia cucina che stavo preparando il suo panino... di spalle... lui era lì, seduto al tavolo... improvvisamente, nella mia cucina... che è anche piccola... ho sentito una roba! Un feeling! Una roba! «Il Richiamo della Foresta!!» Madonna di Dio! Mi giro e mi vedo lì ’sto ragazzo... stupendo! Bello!... Ma bello! Com’era bello!! Era lì che mi fissava tristemente... con questo occhio blu che... No, ne ha due di occhi... è un mio modo di dire l’occhio blu. Mi guardava in un modo!... Io mi sono sentita... Mi avvicino col mio panino attirata come se lui ci avesse la calamita... lui prende il panino e col panino prende anche la mia mano... e io: «Ma cosa fai?»... però ferma lì... non ho tolto la mano.


Lui morde il panino e con la bocca piena mi fa: «Ti amo».
E io: «Ma cosa dici?» Contenta che ero!
«Ti amo, ti amo, ti amo... dalle elementari!!»
«Ma perché non me l’hai detto prima?»
No, non è vero, l’ho detto adesso per farvi ridere. Ho fatto una scena! «Ma come ti permetti! Dire una cosa così a me... potrei essere tua madre. Vergognati! Fuori dalla mia casa! Basta panini, basta panini!»
L’ho cacciato, povero ragazzo... Com’era triste! Lui non si è rassegnato... mi faceva telefonate in continuazione... innamorato pazzo!... Piangeva, singhiozzava... Un dolore! Cosa vi devo dire? Sentire piangere e soffrire così questo povero ragazzo... Sono una mamma anch’io! Non ce l’ho fatta più. Un bel giorno gli ho detto: «Basta piangere!» Gli ho dato un appuntamento... in un luogo molto appartato... «Ci vediamo domani alle tre. Al cimitero»... sì... c’è un bel baretto... dove vado sempre dopo i funerali...
Notte in bianco... perché l’amore non ha età. Arrivo a ’sto bar col cuore che mi usciva. Lui era già lì che mi aspettava e mi fa un sorriso che guardate... non ho mai visto tanti denti tutti insieme in una bocca sola... Pareva un caimano. Mi veniva da dire «mordimi mordimi»... ma sono stata zitta. Mi siedo, arriva il cameriere e mi fa: «La signora cosa prende?... E suo figlio?» Volevo morire! Ma perché vogliono sempre stabilire le parentele. Cosa gliene frega a loro?
«Fernet doppio per me... per lui una gassosa col biberon».
Ho accusato un improvviso malore e sono tornata a casa.
UOMO Insomma, proprio una festa!
ANTONIA (sempre rivolta al pubblico) Invece questo mio marito, dopo che gli avevo dato l’ok: «Vai, coppio aperto, fai l’amore in pace», dovevate vederlo!
UOMO (al pubblico) Be’ sì, era l’effetto «coppia aperta». Non mi sentivo più perseguitato dal complesso di colpa... ero libero!
ANTONIA (al pubblico) Libero! Non camminava più neanche per terra... volava! Io andavo in paranoia doppia, lui sempre pieno di avventure travolgenti. Mi raccontava...
UOMO Ma scusa, eri tu che mi dicevi sempre: «racconta, racconta», e io ti raccontavo.
ANTONIA (al Marito) Sì, sono masochista! (Torna a dialogare col pubblico) In quel tempo lui aveva una relazione semifissa, quasi seria, con una ragazza sui ventisette, non bella, ma tanto intelligente e spregiudicata... per capirci... un’intellettuale di sinistra, sessantottina. Conoscete il tipo, no?
UOMO Perché lo dici con questo tono di disprezzo?
ANTONIA (al Marito) Io disprezzare l’intellettuale? Ero onorata... Mi culturizzavo! (Al pubblico) Lei amava tanto la mia cucina... mangiava, mangiava... come mangiava! Che come mangiano gli intellettuali, non mangia nessuno!
UOMO Sei cattiva!
ANTONIA (al Marito) Sì, sono cattiva... Ho la testa che non la reggo per le corna, lasciami essere almeno cattiva! (Al pubblico) Lei lo amava in un modo, al contrario di me, non possessivo. Infatti aveva una storia con un altro UOMO che a sua volta aveva una relazione con un’altra donna, la quale altra donna era sposata con un altro UOMO che aveva... Insomma, la catena di Sant’Antonio delle coppie aperte! Un lavoro! Nello stesso tempo aveva anche una storia con una ragazzina, molto carina... una golosona... mangiava sempre gelati... anche d’inverno... lei andava a scuola e lui (trattiene a stento il riso) l’aiutava a fare i compiti.
UOMO (al pubblico) Be’, era come un gioco, ci giocavo proprio con quella ragazzina!
ANTONIA (al pubblico) Sì, sì, giocavano a nascondino sotto le lenzuola: Bau! Cettete!
Lui mi raccontava...
UOMO Sai perché mi piace? Perché è matta, imprevedibile, fa i capricci, ride, piange, vomita i gelati ancora interi. Mi fa sentire un ragazzo a mia volta e nello stesso tempo un padre...
ANTONIA Un ragazzo padre!
UOMO Battuta facile...
ANTONIA (al pubblico) Stai attento che non resti incinta gli dicevo io. E lui: «Sì certo, io ci faccio attenzione, ma quando lei va con gli altri ragazzi io mica ci posso stare appresso a controllare... lei non vuole!» (Al Marito) Di’ che non è vero!
UOMO Sì, ma l’ultima era una battuta, è ovvio.
ANTONIA (al pubblico) Un giorno mio marito viene da me e tutto imbarazzato mi fa:
UOMO Senti, queste sono cose da donna... perché non accompagni tu Piera...
ANTONIA (al pubblico) Piera era la ragazzina dei gelati...
UOMO ... dal ginecologo a farsi mettere la spirale... forse tu riesci a convincerla... anzi, con te ci viene di sicuro...
ANTONIA (accondiscendente, al Marito) Ma sì... faccio da mamma alla Pierina... L’accompagno dal ginecologo e gli dico: «Signor ginecologo, metta la spirale alla fidanzata di mio marito». Speriamo che anche lui sia spiritoso come noi. (I due ridono divertiti, per un attimo, poi Antonia di colpo non ride più) La infilo a te la spirale... nel prepuzio! Così fai la pipì a girandola! (Mima con la mano una girandola in azione).
UOMO (al pubblico) Ecco come ha reagito! Proprio una bella coppia aperta... democratica. E questo è niente! (Alla Moglie) Racconta, racconta cos’hai fatto!
ANTONIA (al pubblico) Sì, non sono stata niente di spirito... Avevo appena aperto una scatola di pomodori pelati da cinque chili. Gliel’ho versata in testa e gli ho calcato il barattolo fino al mento. (Ride divertita) Bello era... pareva Lancillotto, pronto per un torneo sponsorizzato dalla Cirio... Poi, approfittando del suo momentaneo imbarazzo, gli ho preso una mano e gliel’ho infilata nel tostapane acceso! (Ride a crepapelle) Ah, ah...
UOMO (al pubblico) Mi sono rimaste le righe. Sembrava una paillard. Ho camminato una settimana con due foglie d’insalata tra le dita... per non dare nell’occhio. E poi le urla, gli insulti, proprio una bella coppia aperta, democratica!
ANTONIA (al Marito) E che pretendevi? (Al pubblico) Avevo già fatto dei passi giganteschi, per la mia educazione... verso la libertà centrifugata del sesso, ma pretendere che io, la moglie, mi mettessi addirittura a svezzare le sue amanti infantili! (Al Marito) Un po’ di stile, un po’ di rispetto! (Al pubblico) Non so cosa gli sia preso, prima non era così... era un UOMO. Senza disprezzo... era un UOMO... normale! Ma adesso... assatanato! Passa da una donna all’altra con una velocità!... Io ho fatto un’inchiesta... ho parlato con altre donne amiche mie... anche i loro mariti... sempre arrazzati! Deve essere un virus: l’arrazzococco. Anche la moglie del nostro portiere... è un arrazzato!... Sempre in cerca! Ma il fatto è che mio marito, non solo cerca... ma trova anche! È maniacale! Come certi cercatori di funghi... fissati, che van sempre per boschi e ne raccolgono tanti... li mettono sott’olio... li fan seccare... Soltanto che lui colleziona... (s’interrompe imbarazzata) non so come dire... colleziona... funghette... passere... passerine... topole.
Giuro, ormai per me è diventata un’ossessione... me le vedo dappertutto... al posto della saponetta nel bagno... oh... una topina... buongiorno! Mi infilo una scarpa... oddio che c’è? Un topo!! No, una topa! Me le vedo ’ste topine sparse per la casa... usate e poi abbandonate... che occhieggiano tristemente dai portaceneri pieni di cicche... Sono passerine giovani, intelligenti, banali, stupide, buone, cattive, stupende, magre, grasse...
Come le tengo vive?
Le annaffio. Il liquido apposito, vivificante, me lo passa la banca del seme, di cui mio marito è socio onorario.
UOMO (ad Antonia, seccato) No, questo è troppo! Basta! Piantala! Per il piacere di mandare in estasi (indica il pubblico) tre o quattro fanatiche antimaschiliste viscerali, mi stai facendo addirittura il linciaggio!
ANTONIA Sì, è vero... per il piacere del paradosso ho esagerato.
UOMO Chiamalo paradosso! Eccomi qua, ridotto a uno spione di sederi! Il classico Priapo-genitale assolutamente incapace del minimo sentimento... tutto fotti-fotti! Ma prima ti sei guardata bene dall’accennare al fatto che io, con molte di quelle donne mi ci ritrovo anche solo per parlare e non necessariamente a letto!
ANTONIA Ma se sei tu che mi hai sempre detto: sesso!, è soltanto sesso!
UOMO Certo, perché sono sicuro che se ti dico che fra di noi c’è soprattutto del sentimento ti incazzi ancora di più! (Esce di
scena).
ANTONIA È vero. Il sesso disturba, ma meno del sentimento... Devo ammettere che ogni volta che gli raccontavo del mio blocco imbecille (indossa la gonna) dell’impossibilità di avere un rapporto con un altro UOMO... fidanzarmi anch’io «in casa», non riuscivo... Lui mi spingeva da compagno comprensivo... sincero!

Rientra il Marito, si porta alle spalle di Antonia.

UOMO (con enfasi da teleromanzo) Dal momento che hai scoperto che io non sono l’uomo giusto per te, fatti un’altra vita. Devi trovare uno come si deve, perdio! Te lo meriti, sei una donna straordinaria...
ANTONIA (al pubblico) «Dallas»! (Al Marito) No, no, ti prego... io non posso... lasciami... se tu non vuoi più stare con me, non fa nulla, preferisco stare qui... sola... nella mia casa... sono serena.
UOMO (al pubblico) E poi scoppiava a piangere e si voleva ammazzare! (La donna salta di nuovo sul davanzale della finestra afferrando anche la pistola). Fermati! Ma che ti prende ancora? Ragiona... non fare pazzie! (Nel tentativo di fermarla, l’afferra per la gonna che nello strappo scende fino ai piedi).
ANTONIA (tragica) Non farmi morire senza la gonna! Voglio morire! Non ce la faccio più! (Col pianto in gola) Anzi, scusami se ti metto sempre di mezzo a darti angoscia... tu non c’entri... sono stanca... delusa... la vita... la politica... il condominio... non ce la faccio più... mi butto... mi butto... e intanto che precipito... mi sparo! (Si porta la pistola alla tempia).
UOMO Antonia, ragiona! Ma perché non cerchi di guardare le cose con un po’ di distacco... comportandoti da persona normale! (Esce di scena).
ANTONIA (scende dalla finestra) Ed è arrivato il giorno che finalmente l’Antonia si è comportata da persona normale. (Si leva la gonna e la getta sul divano; mentre parla fa esercizi ginnici) Mi sono trasferita in questa casa. Mi sono trovata un lavoro. È importantissimo lavorare... stai in mezzo alla gente, non ti piangi addosso... sei indipendente... Via! Fuori! La mattina esci di casa, prendi il tuo bell’autobus. Ma sai la gente che conosci in autobus!... Nessuno! Ti danno spintoni, ti toccano il sedere e pure ti scippano! Ma vedere... già la mattina presto, tutta ’sta umanità incazzata... ristora. Una goduria! Non mi faceva più sentire l’unica disperata nel mondo. La sera no, la sera morivo.
Televisione! Televisione! Pubblicità! E allora mi sono detta: «Basta, un colpo di vita!» Sono uscita anche alla sera. (Continua con gli esercizi).


Sono andata al comitato tossicodipendenti della zona... Non che fosse una festa... ma mi sentivo utile. Mio marito (entra in scena il Marito indossando un soprabito e una lunga sciarpa di seta bianca) che, nonostante tutti i suoi grandi amori, non aveva mai smesso di venire per casa, due volte al giorno... a mangiare... si era accorto che di giorno in giorno apparivo più distesa... «Con chi ti vedi... chi hai conosciuto?»
UOMO Be’, soprattutto mi ero stupito del fatto che non ti interessassero più le storie delle mie avventure...
ANTONIA (al pubblico) In compenso, era lui che s’interessava delle mie: «E dove vai... Con chi ti vedi?»
UOMO (al pubblico) E lei negava, negava sempre!
ANTONIA (al Marito) Più che negare, io svicolavo come facevi tu in principio... (Al pubblico) Non mi andava di parlarne... era una reticenza naturale: «Il marito è sempre il marito». Poi un giorno mi sono decisa e gli ho detto (al Marito): «Sai caro, forse ho trovato l’uomo giusto!»
UOMO Ah, sì? E chi è?
ANTONIA (al pubblico) Fa lui, e di botto è andato in apnea, col fiato mozzo!
UOMO (seccato, alla Moglie) Per forza! Mi hai preso in contropiede, mi sono sentito strizzare lo stomaco e mi si è gonfiato il ventre...
ANTONIA (al pubblico quasi sottovoce) Ah sì, dimenticavo... mio marito ha una malattia bizzarra... aerofagia nervosa. Quando ha una forte emozione... anche il giorno del matrimonio ero così preoccupata!, gli si gonfia il ventre e nel silenzio... È molto sfortunato... dopo le sue emozioni scendono dei silenzi tremendi... e nel silenzio: «prot... prot!»
UOMO (getta sul divano il soprabito con rabbia, tenendosi però la sciarpa appoggiata sulle spalle) Già che ci sei, perché non lo fai ascoltare in stereo? (Canta) Prot, prot prot prot!
ANTONIA (al Marito) Spiritoso! Avanti, rifacciamo tutta la scena per loro.
UOMO Sì, stavamo giocando a carte... il mazzo lo facevo io.

Siedono sul tavolo basso; il Marito mischia le carte nervosamente.

ANTONIA La prima battuta è mia. Ho detto: «Sai caro, forse ho trovato l’uomo giusto».
UOMO Ah, come mi fa piacere!... credimi, sono proprio contento per te! (Dal nervosismo le carte gli cadono di mano).
ANTONIA (al pubblico) Prima caduta di carte.
UOMO L’uomo giusto. Finalmente! E chi è? Cosa fa? (Raccoglie le carte).
ANTONIA Non immagini nemmeno... tanto per cominciare, non è del nostro ambiente.
UOMO Ah, no? Be’, preferisco.
ANTONIA È un professore... di fisica...
UOMO (con malcelato disprezzo) Insegnante? Be’, non si può avere tutto dalla vita!
ANTONIA Stai attento! Ha una cattedra alla Normale di Pisa.
UOMO Un libero docente? Caspita!
ANTONIA E lavora come ricercatore nucleare all’Euratom di Ispra.
UOMO Nucleare?! (Gli ricadono le carte; le raccoglie e le distribuisce. Sfottente) È un attivista? Scommetto che ti ha già fatto firmare la lista per le nuove centrali atomiche.
ANTONIA No, lui è contrario a tutte le centrali atomiche che si installano nel mondo; sono pericolose, dice. Contesta! È politicizzato, atomico, spiritoso. Mi fa impazzire! E poi ho scoperto una cosa incredibile: è stato proposto per il premio Nobel. (Getta le carte sul tavolo) Ho chiuso in mano!
UOMO L’amante di mia moglie quasi Nobel!... È un grande cervellone allora!
ANTONIA Come dire... non saprei... È tutto cervello: cervello... con due piedi.
UOMO È bello... è bello scoprire di avere dei geni in famiglia. Sono molto onorato!
ANTONIA (al pubblico) E dall’onore gli è cascato il labbro sinistro di tre centimetri per una paralisi nervosa durata tre giorni.
UOMO (molto imbarazzato) Scusa la domanda indiscreta... siete già stati insieme... voglio dire... avete già fatto l’amore?
ANTONIA (al pubblico) E formulando questa domanda, lui, il marito spregiudicato e sciolto, il «coppio aperto», è andato di nuovo in apnea... prot... prot.
UOMO (seccato) Finiscila con i dettagli! E rispondi alla domanda.
ANTONIA Vorrei dirti di sì... ma è: no!... ma...
UOMO (trattenendo il respiro) ... ma...
ANTONIA Ma è no.
UOMO (con malcelata soddisfazione) Niente amore? Perché? (Pieno di comprensione) Cosa c’è che non va?
ANTONIA Niente... ne sento anche il desiderio, ma non sono pronta. Lui è stato straordinario... ha capito subito...
UOMO Ha capito? Cosa ha capito?
ANTONIA Che non ero pronta. Mi ha detto: «Eurenia».
UOMO (sfottente, con misura) Eurenia? Perché, non ti chiami più Antonia?
ANTONIA Sì, mi chiamo ancora Antonia... ma lui... mi chiama Eurenia... È una particella vitale del plutonio. È un fisico... Cosa vuoi, che mi chiami «tesoro» come l’idraulico?
UOMO Perché, l’idraulico ti chiama tesoro?!
ANTONIA Ma no! È per dire che non è banale come te... come me... «Eurenia, è una cosa troppo importante questa nostra storia, per bruciarla così. Abbiamo bisogno di fiato... abbiamo bisogno di respiro».
UOMO (preoccupato) Ma allora è proprio una cosa seria con l’atomico...
ANTONIA Penso proprio di sì. Perché? Preferiresti che fosse da morire dal ridere?
UOMO (calmo e ragionevole) Ma perché? Sono stato io a darti i consigli... e sono stato io a dirti come ti dovevi comportare. So essere anch’io un essere civile, sai... democratico e comprensivo... (Fa un urlo terribile, perdendo il controllo di sé) ahaaah! Sono uno stronzo! Guarda qui: sono tutto sudato! Mi sento proprio il prototipo perfetto del maschio di merda!
ANTONIA Be’... la coppia aperta ha i suoi svantaggi. Prima regola: perché la coppia aperta funzioni, deve essere aperta da una parte sola: quella del maschio! (Trattenendo a fatica il riso) Perché... se la coppia aperta è «aperta» da tutte e due le parti... ci sono le correnti d’aria! (Ride a crepapelle).
UOMO L’hai detto. Tutto mi va bene finché sono io a mollarti: ti uso, ti butto, ti scarto, ma guai se qualcuno si permette di raccoglierti! Se un figlio di puttana si accorge che tua moglie è ancora affascinante, se pur abbandonata, la desidera e l’apprezza, allora c’è da impazzire dal rodimento! Per di più scopri che il raccoglitore infame è anche più intelligente di te, plurilaureato, spiritoso... democratico...
ANTONIA Non ti sbattere giù cosí, caro...
UOMO Cristo! Manca ancora che suoni la chitarra e canti il rock!
ANTONIA (allibita, dopo un attimo di pausa) Lo conosci?
UOMO Conosco chi?
ANTONIA Aldo, il professore... Mi hai fatto pedinare!
UOMO Pedinare? Ma che dici?!
ANTONIA E come fai allora a sapere che suona la chitarra e canta il rock?
UOMO (sbalordito) Perché... suona la chitarra e canta il rock?
ANTONIA Sì. Chi te l’ha detto?
UOMO Ma nessuno! L’avevo detto così, per caso... e ho indovinato! Ma porca di una miseria! L’atomico che canta! E io sono pure stonato! (Ironico) Ad ogni modo, un cervellone della sua età... che si mette a fare il verso a Lou Reed...
ANTONIA Perché della sua età? Ha trentotto anni... dieci meno di te. E poi non fa affatto il verso a Lou Reed. Ha uno stile tutto suo... suona il pianoforte come un angelo... la tromba con la bocca... la chitarra... imita lo slang americano (canta alla Armstrong): ai ui scia nu do ne old girl i my drink...
UOMO Ah sì? Rifà lo slang americano... è libero docente a Pisa, è dirigente all’Euratom di Ispra... scommetto che dorme sul pomo del letto, come Eta-beta!
ANTONIA Compone anche.
UOMO Me lo stavo chiedendo: chissà se compone? Compone.
ANTONIA Sì, musica e parole... ha scritto due o tre canzoni di grande successo. (Con un certo imbarazzo) Ne ha composta una anche dedicata a me. Che canzone!... Vorrei tanto cantartela ma non riuscirei mai a cantare a mio marito... la canzone che il mio nuovo amore ha scritto per me. Mai! (Sullo stesso tono) Fa così. (Accende il registratore) Troppo bella! Ascolta...

Una voce maschile canta:

E tu eri già lì...
Non avevo ancora formato il numero... il numero dei miei desideri e tu eri già lì... splendida...
sul quadrante dei miei pensieri con la velocità d’un componitore telefonico tu sei arrivata interferenza bellissima, splendida...
m’hai mandato in tilt tutti i relé
m’hai mandato in tilt tutti i relé...
oh yes!

UOMO Bella. Più che da un ingegnere nucleare sembra scritta da un tecnico della Sip...
ANTONIA (divertita) Ah, ah, per via dei relé... hai ragione, non ci avevo pensato, glielo voglio proprio dire appena lo vedo!
UOMO (teso) Quando lo vedi?
ANTONIA Fra poco... a colazione.
UOMO A colazione? Di già? (Si mangia nervosamente le unghie).
ANTONIA Sì, passiamo insieme il week-end. Ti spiace? Scusami caro... ho solo un’ora per vestirmi. (Entra in bagno).
UOMO Ma perdio, se è così importante per te, se ci stai bene insieme, cosa aspetti ad andare a vivere con lui?
ANTONIA (dal di dentro) No, no, per carità... Non farò mai più la fesseria di rimettermi in coppia fissa con un uomo.
UOMO Neanche se... faccio così per dire... se te lo riproponessi io?
ANTONIAMai! Ho sofferto troppo. (Spunta appena dal bagno vestita a metà) Ti sento nervoso. Ti stai mangiando le unghie da un’ora. Sei arrivato alla seconda falange, amore... Beviti un po’ di Schnaps danese... distende... (Ritorna nella stanza da bagno).
UOMO Che schifo!
ANTONIA (dal di dentro) La Schnaps?
UOMO No, la Schnaps è buona, sono io che faccio schifo. (Si versa da bere) Del resto l’ho voluto io... mica ci posso fare niente. Sono stato io a proporti la coppia aperta, e non posso pretendere che tu torni indietro solo perché a me secca. È un tuo diritto sacrosanto organizzarti una tua vita! (Tra sé) Dio le stronzate che sto dicendo! (Ad Antonia) Ma scusa, a te il rock non faceva vomitare? Roba da psicopatici, deficienti, dicevi. Appena sentivi il bambambatapang trun trun del sound, ti veniva il mal di stomaco!
ANTONIA (esce dal bagno: indossa una camicetta e completerà più avanti il suo abbigliamento indossando la gonna che già conosciamo. Si sta pettinando: ha tutti i capelli cotonati «in piedi» alla punk) Certo, era l’atteggiamento imbecille che si ha verso tutto quello che è nuovo, che non si riesce a capire... Mi comportavo come la mia nonna.
UOMO E non è che adesso dici che ti piace il rock perché è di moda... fa giovanile, vivace e lo suona il professore. Tutti ’sti cambiamenti sul post-moderno. Di’ la verità: è lui che ti ha dato la dritta.
ANTONIA Eh già, se una donna migliora, si trasforma, dietro ci deve essere sempre l’uomo, il Pigmalione di turno... Che mentalità cogliona! (Squilla il telefono).
UOMO Se è qualcuna delle mie donne, rispondi che non ci sono, che non sono qui.
ANTONIA Perché?
UOMO Così... non mi va di parlare.
ANTONIA Si rifiuta all’harem! (Risponde al telefono) Pronto? (Con voce ispirata) Ciao... ciao... Santo cielo, perché telefoni?... Che spavento! Credevo di essere in ritardo... (Al Marito, coprendo con la mano la cornetta del telefono) È lui!
UOMO Lui chi?
ANTONIA Vai via! (Al telefono) Sì, sono quasi pronta... (Spaventata) Vieni tu? Qui a casa? Tra quanto?... Mezz’ora... (Imbarazzata) No, no... sono sola... sono solissima... (Sempre più imbarazzata) Sì... te lo dico (intensa): tanto! (Il Marito che sta bevendo, spruzza un gran getto di Schnaps, annaffiando tutt’intorno). Sì, va bene, te lo dico per intero (si nasconde alla vista del Marito infilandosi sotto al tavolo basso): ti amo tanto! Ciao... ciao... (quasi miagolando) ciao. (Sbatte violentemente la cornetta sul telefono) Potevi fare anche a meno di stare a guardarmi con quegli occhi, maledizione! Mi hai messo in un imbarazzo tremendo! Sembravi il Minotauro!
UOMO Perché hai detto che sei sola? Ti seccava forse fargli sapere che c’ero io?
ANTONIA No... Sì, mi secca.
UOMO Hai capito! Scopriamo che il cervellone è geloso!
ANTONIA Geloso! Non dire cazzate! Beviti la tua Schnaps e vattene.
UOMO Andarmene? Perché?
ANTONIA (infilandosi la gonna) Non hai sentito? Sta per arrivare qui «lui»!
UOMO (scaldandosi) Ma che è? Si scambiano le parti adesso? È il marito che se ne deve andare per non farsi sorprendere dall’amante? (Pieno di soddisfazione) Allora è vero: è geloso di me!
ANTONIA Non è affatto geloso. Il fatto è che non mi va che vi incontriate.
UOMO Antonia, io ti capisco... tu hai paura che incontrandolo, scopra che non è poi quel fenomeno che dici... anzi... che non mi piaccia: «È tutto qui? (Abbassa la mano a indicare un UOMO di bassissima statura) Che delusione!»
ANTONIA Prima di tutto alza la mano, perché l’atomico non è un nano! Se vuoi sapere la verità... è che ho paura... che sia «tu» la delusione per l’atomico.
UOMO (allibito) Come, come?
ANTONIA Tu mi devi capire... io, alla mia età, trovo un UOMO più giovane di me... che s’innamora pazzamente! Un atomico! Cinque lauree...! Neanche una ad honorem... Tutte sue. Insegna alla Columbia University, alla New York University e io gli vado a dire... «Sai, mio marito... l’ingegner Mambretti...» a un quasi Nobel!... Io gli ho fatto un ritratto di te... non molto vicino all’originale... Gli ho detto che sei super intelligente... super spiritoso, super generoso...
UOMO Ah, perché io non sarei...
ANTONIA Tu? (Il Marito le volta seccato le spalle, va al tavolo e si versa un grande bicchiere di Schnaps e beve). Non fare così, caro... Hai anche tu tante cose buone... Io ti voglio bene come sei... ti ho sposato che ero una ragazza... non capivo niente... non mi sono accorta di niente... Ma ormai sono cambiata... e chi mi conosce come sono oggi, non può immaginare come una donna come me... abbia potuto vivere per tanto tempo... con un uomo come te! (Altra «sbruffata» di Scbnaps del Marito. Antonia molto risentita) Non mi inumidire la casa! Non stiro più! (Entra in bagno).
UOMO (sbalordito) Ma ti rendi conto di come mi stai offendendo?
ANTONIA (dal di dentro) Cerca di capire, caro...
UOMO Ma chi ti credi di essere?
ANTONIA (rientra in scena con un paio di stivali in mano) Sono un’altra donna!
UOMO (non riesce più a frenare la sua ira) Sì, ma nel senso che ti sei stravolta! Ti ha dato di volta il cervello per via che frequenti gli snob, rocchettari e stronzi! Stronzi, con su il crème-caramel! stronziii!
ANTONIA (al pubblico) Com’è fine! È un lord. (Al Marito con molta calma) L’aspettavo la scenata madre, caro coppio aperto! A parte che con quella sciarpetta lì non puoi fare scenate... sei ridicolo... mi fai ridere... (Trattiene a stento il riso) Sembri un prete che va a benedire le case per Pasqua...
UOMO Basta! basta! Io non ce la faccio più, basta! Io ti ammazzo! Io ti strozzo! (S’avventa contro Antonia e con la lunga sciarpa tenta di strozzarla. I due nella colluttazione cadono a terra. Di colpo il Marito si blocca, spaventato) Dio mio, che ho fatto?!
ANTONIA (allibita) Ma sei scemo? Venire a suicidarmi in casa mia!
UOMO Guarda, guarda cosa mi hai fatto fare!!
ANTONIA Io?!
UOMO Sì, è tutta colpa tua!
ANTONIA E mi pareva a me!
UOMO Tu non fai altro che provocarmi...
ANTONIA Io?!
UOMO Sì, tu! Ma ti rendi conto che io ti volevo ammazzare... capisci? (Gli tremano vistosamente le gambe).
ANTONIA Ho avuto il dubbio!
UOMO Disprezzi... umilii... provochi... Ma guarda in che stato mi hai portato!
ANTONIA Cosa ho provocato cosa, io Cosa ti ho detto in fin dei conti? Ti ho detto che avevi su una sciarpetta che parevi un prete. Mi devi strozzare perché ti ho detto che hai su la sciarpetta da prete? Cosa mi avresti fatto se ti avessi detto che avevi la sciarpetta da vescovo? (Furiosa) Non far tremare le gambe! Se stai male, crepa! (Consumando la battuta, calza gli stivali e nella confusione infila lo stivale destro sul piede sinistro e viceversa. Materna) Smettila! Guarda, ti si sta gonfiando il ventre a vista d’occhio... Adesso da bravo... vai in bagno, ti scarichi bene e poi vai a casa tua.
UOMO (esasperato) Finiscila!
ANTONIA Se ti offende tanto andare in bagno, scaricati qua. È un po’ d’aria, dopo tutto! (Indica il pubblico) Mi dispiace per loro che non ti conoscono...! Per me non preoccuparti... io sono la mamma! (Si dirige camminando con fatica verso il giradischi) Anzi, ti metto uno slow che aiuta il rilassamento. (Si blocca preoccupata per la difficoltà che trova nel camminare).
UOMO Basta! Sei una carogna!
ANTONIA Oddio... che mi succede... ho una malattia nuova... mi sento tutta rivoltata. (Si accorge di aver calzato gli stivali al contrario: se li sfila velocissima, ricalzandoli come si deve) Guarda che mi fai fare...! (Al pubblico) E voi che non mi dite niente! (Al Marito) Sono io la carogna, eh! Io cerco di sdrammatizzare... Vuoi che ti dica la verità? Sto morendo di paura. Avevi degli occhi! Che occhi! Sembravi papa Wojtyla quando gli parlano degli antifecondativi.
UOMO Sì, lo immagino, ma mi sono sentito stroncato... All’idea che tu mi volessi piantare per sempre mi sono sentito così disperato... (Cerca di abbracciarla) Antonia, io ti amo!
ANTONIA No, che fai... devo uscire... lasciami...
UOMO Ti prego, spogliati... baciamoci...
ANTONIA (cerca di liberarsi dall’abbraccio del Marito) Lasciami, ho un appuntamento.
UOMO Facciamo l’amore subito... ti spoglio io... (Le toglie la gonna, gli stivali e sospingendola la obbliga a distendersi sul tavolo senza accorgersi del telefono che si trova proprio sotto la schiena della donna).
ANTONIA (urla, soffocata dai baci dell’uomo che le si è disteso sopra) Il telefono... il telefono...
UOMO (risponde al telefono) Pronto? (Alla Moglie) Non c’è nessuno... (Riprende ad assaltare Antonia che è riuscita a mettersi all’impiedi) Io ho bisogno che tu mi dimostri...
ANTONIA Che ti dimostri cosa?

Ora i due sono vicinissimi.

UOMO Che io valgo ancora qualcosa per te...
ANTONIA (abbracciandolo strettamente: con passione) Sì, ho capito... è questione di amor proprio... di gratificazione... (Mentre Antonia parla, l’uomo, standole avvinghiato e baciandola, ormai sicuro della vittoria, si slaccia i pantaloni e se li lascia scivolare fin sulle scarpe). Sì... io ti amo! Tu sei il solo... tu sei l’unico! Tu sei il più grande... stronzo!
UOMO (si stacca da Antonia allibito) Ma sei impazzita? (Riprende il controllo e per darsi un contegno si allaccia la giacca senza rendersi conto di stare in mutande).
ANTONIA Bravo! Allacciati la giacchetta... Ma guardati lì, con giù i pantaloni... fai pietà! Ma cosa ti credi di essere?... Il vescovo di Uccelli di Rovo?
UOMO (si riveste imbarazzato) Ma io ti amo! Che ho fatto dopo tutto? Ho chiesto solo di fare l’amore con te!
ANTONIA (al pubblico) Ha chiesto niente! (Al Marito) Quanti anni sono che non sai nemmeno se sono al mondo... bionda, nera, viva, morta e adesso... perché c’è l’atomico... il pericolo atomico... day after... bisogna fare l’amore di corsa... sul tavolo corto... col telefono infilato nella costola. (Al pubblico) E poi parla di coppia aperta! (Al Marito) Io ti ho capito... tu vuoi solo ritornare in possesso di quel che è tuo, per legge! Tu puoi imprestarmi... se lo stabilisci tu, ma non cedermi! Se tu potessi, mi metteresti un marchio a fuoco sul sedere con le tue iniziali, come a una manza! Proprietà privata! (Si riveste indossando gonna e stivali).
UOMO Esagerata! Parli come una di quelle femministe vecchia maniera... Che fai, ti rivesti?! Allora non vuoi proprio? È tutto finito... Tutto chiuso? (Perentorio) Antonia, si può sapere cosa ti sta prendendo?
ANTONIA (lo guarda allibita) Chissà cosa mi prende?!
UOMO Mi sembri completamente partita per la tangente... mi sembri diventata... non so come dire... ecco, completamente estranea... di un altro mondo. Io ti voglio come prima. (Addolcendosi) Cerca di ritrovarti... La stessa che mi insulta... che dice parolacce... che si vuole buttare dalla finestra, che mi spara... senza prendermi. Questa, è l’Antonia che preferisco... ritrovati!... Antonia, ritrovati!
ANTONIA «Ritrovati Antonia! Torna a essere la mia Antonia disperata... Sparati il lunedì, buttati dalla finestra il giovedì, impiccati il venerdì... sabato e domenica riposo: devo andare a donne. Ritrova il tuo io, Antonia!»
Come sei banale! Tutto l’illuminismo imbecille, da carta dei cioccolatini. (Disperata) «Antonia, trova il tuo ego!» (Altro tono) «Non posso uscire oggi... non trovo il mio “Io”! (Altro tono) L’Ego! Chi mi ha toccato l’Ego? Era qui, vicino al telefono... non trovo più l’Ego!... chi mi ha preso l’Ego?» «Signora, ha visto passare me stessa?» «Sì, era in bicicletta, col suo complesso di Edipo sulla canna!»
UOMO Senti, senti!, che ironia, che linguaggio, che lessico! E poi s’incazza se dico che è il professore che le ha fatto scuola.
ANTONIA (guarda l’orologio) Caro, mezz’ora è già passata. Su, vattene... ti telefono quando torno... (L’uomo si dirige alla porta d’ingresso). No, non da lì, esci dalla porta della cucina... Ti ho detto che non mi va che vi incontriate.
UOMO (risentito) Ah, pure dalla porta di servizio mi vuoi scaricare! Da marito sono sceso al ruolo di fornitore: il ragazzo del salumaio!
ANTONIA E va bene, se sei tanto permaloso esci da dove ti pare, basta che ti sbrighi!
UOMO No!
ANTONIA Come no?
UOMO Ci ho ripensato. Lo aspetto, voglio proprio vederlo in faccia!
ANTONIA Ma tu mi avevi promesso...
UOMO Non ti avevo promesso un bel niente! È mio diritto sacrosanto conoscere l’amante di mia moglie. Voglio vederlo negli occhi e se, quando mi guarda, accenna una smorfia di disprezzo e fa la pantomima del rockettaro che schitarra, gliela spacco in testa la chitarra!
ANTONIA Per l’ultima volta, molto seriamente... ti prego... vattene via... non mi rovinare tutto...
UOMO No!
ANTONIA (molto seria, con delusione e rabbia contenuta) Lo sapevo. Lo sapevo... Hai fatto l’impossibile per convincermi ad accettare ’sta schifezza di coppia aperta. Ho rischiato di morire... ma sul serio... di finire in manicomio... e poi, per non crepare di malinconia... di umiliazioni... di solitudine... mi sono adattata a cercarmi un altro UOMO. Lo trovo... lo amo... lui mi ama e adesso tu mi vuoi rovinare tutto mostrandoti a lui... rozzo, meschino e volgare quale sei... e gli vuoi spaccare anche la sua chitarra in testa! Ma allora me lo devi dire, per me non ci deve essere futuro. Qua devo stare... a fare andare la coda quando ti vedo. (Determinata) Hai capito male... Io ti fotto... Io mi ammazzo... Il gas, apro il gas... (Corre verso la cucina).
UOMO (bloccandola) No, ferma! Risparmia il gas. Sono io che me ne vado, così ti levo il fastidio di presentarmi... per sempre!
ANTONIA Ti ammazzi?
UOMO (afferra la pistola) Quando facevi la sceneggiata tu, era sempre scarica, ma stavolta i proiettili ce li metto io (esegue) ecco, il caricatore è pieno.
ANTONIA Per forza, non hai mira. Ti ci vogliono almeno sei proiettili per beccarti il cuore... (Al pubblico) Ma io ero ridicola come lui quando tentavo di ammazzarmi? (Al Marito) Dài qua, non fare l’imbecille. (Cerca di disarmarlo).
UOMO Lasciami stare! M’ammazzo! (Tenta di portarsi la pistola alla tempia).
ANTONIA Dammi la pistola!
UOMO Lasciami in pace!
ANTONIA Veramente? Non vuoi essere bloccato?
UOMO No!
ANTONIA Fai pure... Ammazzati. (L’uomo ha la pistola puntata alla tempia, ma non spara). Spara! Eh no, adesso ti ammazzi veramente. Non puoi fare questa figura davanti a tutti (indica il pubblico) hanno pagato il biglietto... tu adesso muori! Pazienza... domani sera cambierò attore... Su, sparati! (Smette di scherzare) Adesso basta! Dammi la pistola... piantala! (Cerca di disarmarlo: nella colluttazione, parte un colpo) Cretino! Hai fatto partire un colpo!
UOMO Be’, niente di male, è andato a vuoto...
ANTONIA Mica tanto a vuoto... m’hai beccato un piede!
UOMO Oh, mi dispiace! (Le passa la stampella).
ANTONIA (al pubblico) Quello che c’è di buono in questa casa è che una stampella non manca mai! (Al Marito) Sei un disastro, un incapace! Non sei nemmeno in grado di suicidarti per tuo conto senza coinvolgere la moglie! (Si va a sedere e si toglie lo stivale dal piede colpito).
UOMO (mortificato) Hai ragione, sono un fallito.
ANTONIA Senti fallito, qui sanguina, va’ in bagno a prendere qualcosa.
UOMO Sì, sì, vado subito... Non è niente Antonia... è solo di striscio. (Entra in bagno e torna immediatamente con lo scaldamuscoli che indossava Antonia. Le si avvicina e glielo annoda intorno al piede).

Si percepisce il rumore dell’acqua che riempie la vasca.

ANTONIA Certo, perché il piede è il mio non è niente, fosse il suo... sei autoambulanze, otto medici... la mamma... (Osserva sbalordita lo scaldamuscoli annodato intorno al suo piede) Sono contenta! Sono molto contenta... Lo scaldamuscoli per le ferite di arma da fuoco è quel che Dio fece! Speriamo mi venga un’infezione! Sei tu che hai aperto l’acqua in bagno?
UOMO Sì, io.
ANTONIA Se ti scappa di darti una lavatina perché non vai a casa tua!
UOMO (drammatico) A casa non ho una vasca e con la doccia non funziona.
ANTONIA (interdetta) È un quiz? (Furente) Vattene, o ti ammazzo a stampellate. (Gli lancia contro la stampella).
UOMO Non ti darò molto fastidio, vedrai. Quando il tuo cervellone arriva, ti potrai far aiutare da lui a tirarmi fuori dalla vasca. (Entra in bagno iniziando a spogliarsi).
ANTONIA Perché io e il cervellone dovremmo tirarti fuori dalla vasca?
UOMO (si affaccia alla porta del bagno: è a torso nudo) Perché da sola non ce la faresti: i cadaveri pesano! (Rientra in bagno).
ANTONIA (finge disperazione) Ohoohh! Che dolore! Che dolore! Che dolore! Mio marito che si suicida... nella mia vasca da bagno... con in testa la mia cuffietta di plastica rosa a fiorellini per non bagnarsi i capelli! (Cambia tono) Guarda che per affogarsi nella mia vasca da bagno, piccola com’è, ci vuole una forza di volontà che tu non hai. Figurati, riuscire a startene sott’acqua col naso tappato, e autosoffocarti... ci vuole una grande determinazione! Non ce la farai mai col tuo carattere!
UOMO (si riaffaccia con in mano il fon) Non temere, non ci saranno ripensamenti. Una volta dentro la vasca, con in mano l’asciugacapelli, con la spina inserita nel 220, mi basterà far scattare la qui presente levetta e: pataflamm! una gran fiammata e oplà, fulminato!
ANTONIA Ho capito. Ieri sera hai visto Goldfinger in Tv.
UOMO Non ho bisogno di film, né di professori di fisica io, per farmi venire delle idee, le ho da solo, io, le idee!
ANTONIA Hai le idee stronze, tu!
UOMO Va bene, adesso scusa, ma mi devo preparare. (Entra in bagno chiudendosi la porta alle spalle) Mi devo spogliare.
ANTONIA (sfottendolo) Ti suicidi da nudo? (Si avvicina alla porta del bagno).
UOMO (dal di dentro) Certo, ho anch’io il mio stile! Mica pretenderai che entri nella vasca con giacca e pantaloni!
ANTONIA (bussa alla porta del bagno) Va bene, forse ho sbagliato, ho esagerato nell’umiliarti. Esci, ragiona! Parliamone... da gente civile. Esci! (Sbircia dal buco della serratura).
UOMO Troppo tardi cara... e non sbirciare dal buco della serratura! Non ti vergogni?
ANTONIA (continuando a sbirciare dalla serratura) Pazzo, pazzo... ha inserito davvero la spina dell’asciugacapelli! Fermati!
UOMO Certo, così impari a umiliarmi senza pietà! (Grida disperato) Voglio morire! (Cambia tono) Ahoo! Com’è fredda l’acqua! Ma non funziona mai il boiler in questa casa?
ANTONIA No, fermati! Non è vero niente! Ho inventato tutto io. Il professore non esiste!
UOMO (facendo capolino dal bagno) Hai inventato Eta-beta? E il trillo del telefono poco fa? L’hai fatto tu con la bocca? Drin, drin...(Entra in scena avvolto alla meglio in un telo da bagno; tiene sempre in mano il fon che ogni tanto punta verso la Moglie come fosse una pistola).
ANTONIA No, qualcuno aveva sbagliato numero, ha riattaccato e io ho continuato a far finta che ci fosse lui.
UOMO Complimenti, che attrice! Tu stai solo cercando di farmi perdere tempo. (Antonia fa per togliergli di mano il fon, l’uomo indietreggia puntandoglielo contro) Ferma lì! Non venirmi vicino sai... o mi butto! Così, quando arriva il professore, insieme mi saltate addosso e mi bloccate.
ANTONIA (seriamente preoccupata) Ti prego, non suicidarti a colpi di fonate. Adesso faccio il 12 e chiedo il numero dell’Euratom di Ispra. Voglio vedere cosa ti risponderanno quando chiederai: «Mi passi il professore rocchettaro, l’amante di mia moglie». (Al telefono) Pronto, scusi signorina, per favore vorrei il numero dell’Euratom di Ispra. (L’uomo blocca il telefono). Non si telefona più?
UOMO Hai inventato proprio tutto! Allora ci sono cascato come un fesso!
ANTONIA Mamma mia, che spavento ho preso! Per favore, giuriamocelo: basta suicidi in questa casa. Sei calmo adesso? Sì, ho inventato tutto, ma era per farti capire come si soffre... Sì, ci sei cascato come un fesso, ma... (con enfasi) risorgerai, mio eroe! Risorgerai! (Scoppia a ridere).
UOMO No, sei tu che ci sei cascata!
ANTONIA Sono cascata dove?
UOMO Nella balla del suicidio.
ANTONIA Era una balla?
UOMO Guarda qui, la levetta del contatore... è abbassata... è tutto spento! Per il gusto di fare la sceneggiata mica volevo rischiare di finire flambé come un bonzo! Adesso torna la luce! (Esegue).
ANTONIA Hai inventato tutto?!
UOMO Sì. Ad ogni modo ti devo ringraziare... mi hai divertito un mondo! Come fa quella canzoncina? (Canta sgangherato) «Mi sei apparsa sulla linea telefonica...»
ANTONIA Sei un bastardo infame! Mi hai fregato un’altra volta! Questa me la paghi! (Al pubblico) E io che mi affannavo a convincerlo che il professore non esiste. Mascalzone, farabutto!!
UOMO Eurenia, basta! (Ride continuando a canticchiare. Suonano alla porta). Vai tu ad aprire che io me la sto facendo sotto... (Balla e canta sfottente mentre Antonia va ad aprire).

Entra in scena un UOMO sulla quarantina: è il Professore.

PROFESSORE Scusami, sono un po’ in ritardo...

I due si abbracciano.

UOMO Chi è?
PROFESSORE È tuo marito? Sbaglio o sta canticchiando la mia canzone?
UOMO (interdetto) Scusi, lei chi è?
ANTONIA Ma caro, chi deve essere... è il professore rocchettaro!
UOMO Lui? Noo! Eta-beta esiste! Esiste! (Afferra il fon ed entra correndo come un disperato in bagno).

Si sente un tonfo; gran fiammata.

ANTONIA Oh, noooo!!!

Buio.

Stacco musicale.
 


Darfur, appello per chiedere maggiore informazione sulla crisi

Per la prima volta da quando si tiene nel mondo il Global Day for Darfur (2004), l'Italia - grazie all'impegno di Italian Blogs for Darfur (movimento per i diritti umani nato nel 2006) e dell'associazione Senza Confine - aderisce alla manifestazione che si terrà a Roma il 29 aprile.

 Il programma è diviso in due parti: la prima dedicata a un dibattito sulla situazione in Darfur (con politici impegnati per i diritti umani, addetti ai lavori ed alcuni rifugiati sudanesi in Italia), a una mostra di vignette (che sono state disegnate per IB4D  a titolo gratuito) e alla raccolta di firme per l'appello rivolto alle testate televisive italiane affinché diano più spazio all'informazione sulla crisi in Darfur.  

 La seconda parte, nel pomeriggio, prevede un corteo-fiaccolata organizzato dall'associazione dei rifugiati sudanesi in Italia e, al termine, un concerto-spettacolo con i personaggi che hanno aderito alle iniziative di Italian blogs for Darfur.
 Anche Franca Rame, Dario e Jacopo Fo, hanno aderito all'appello di 'Italian Blogs for Darfur', rivolto alle testate italiane, in particolar modo quelle televisive, per chiedere maggiore informazione sul conflitto in atto nella regione sudanese e che si sta estendendo nel Chad.
 Per denunciare quello che avviene quotidianamente in questa martoriata realtà del Sudan, con la complicità del governo di Karthoum, e per sollecitare l'invio di una forza di pace, si celebrerà il prossimo 29 aprile il Global Day for Darfur.  

 Per la prima volta, grazie all'impegno di Italian Blogs for Darfur e dell'associazione 'Senza confine', l'Italia aderisce all'iniziativa promossa dalla Save Darfur Coalition.
 Da quando ha fatto la sua prima comparsa sul web, l’appello di Italian Blogs for Darfur ha registrato numerose adesioni.  

  Ad oggi sono state raccolte oltre duemila firme. Tante anche quelle di esponenti della politica italiana, difensori dei diritti umani e personaggi dello spettacolo fra i quali  Marco Pannella, Antonio Polito, Gianni Vernetti, Francesco Martone, Enrico Pianeta, Marco Cappato. Daniele Capezzone. Marco Taradash, Marco Beltrandi, Rita Bernardini, Yasha Reibman, Vincino, Subsonica, Caparezza, Cesare Cremonini.
http://www.globefordarfur.org
 http://www.itablogs4darfur.blogspot.com

Argomento: 

Chi scorta e chi no

di Valentina Avon, LEFT


Oggi proponiamo un articolo sulle “scorte”. E’ una riflessione seria da cui emergono chiaramente le due facce della medaglia: quelle necessarie a tutelare la vita di persone minacciate, e quelle che invece rappresentano solo lo status symbol del potere. E’giusto chiedere un taglio dei costi, ma questi andrebbero fatti seriamente… Vi ricordate il post sui guardaspalle di Berlusconi?  

Ogni giorno in Italia circa 25.000 agenti di scorta vigilano su qualcuno o qualcosa. Ogni giorno a Roma 4/5.000 uomini lavorano nei servizi di scorta, tutela, sorveglianza. Per capire le proporzioni: in Afghanistan abbiamo mandato circa duemila uomini. Meno della metà di quelli che vediamo circolare armati a piedi o sulle auto blindate.
 
(…) Nel programma dell’Ulivo si legge: «Meno agenti per le scorte e le auto blu». Ora se ne sta occupando il ministro dell’Interno Giuliano Amato, che a luglio ha messo in piedi un apposito gruppo di lavoro, affidato al suo vice Marco Minniti. E in commissione Affari istituzionali è partita un’indagine conoscitiva. Amato a maggio ha comunicato che gli agenti coinvolti nei “dispositivi di protezione personale”, di polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia penitenziaria, sono 2.686, il 14 per cento in meno rispetto ai 3.116 dell’anno scorso. Però il suo predecessore Pisanu, nella relazione annuale al Parlamento del 2005 aveva detto che gli uomini utilizzati erano 2.828, per 732 scorte (95 per governanti o politici, 334 per magistrati, 40 per amministratori locali, 263 per “altri”). Nelle relazioni precedenti si trovano: 3.798 agenti per 771 scorte nel 2000, che nel 2001 passano a 2.676 per 726 scorte, nel 2002 a 2.323 per 600 scorte, nel 2003 a 2.600 per 700 scorte, e nel 2004 troviamo 3.000 agenti per 744 scorte. Le variazioni sono più corpose per la custodia degli “obiettivi sensibili”. Nel luglio 2000 i presidi erano 1.575 per un totale di 4.572 agenti. Per ovvi motivi sono aumentati, ora ci sono circa 20.000 agenti per 13.664 presidi. A Roma, un anno fa il prefetto Serra ha proposto al ministro Pisanu un piano di riorganizzazione per meglio impiegare agenti e pattuglie, ma non se n’è fatto nulla. Serra (…) pensava alla minaccia terroristica interna (dopo gli arresti dei bierre Lioce e compagnia) e internazionale (contro cui più che la tutela funziona l’intelligence), non ragionava di numeri (…)
 

 
 
 
Dal dato numerico partì invece Scajola con la sua “famigerata circolare”. In cerca di uomini per la lotta al terrorismo internazionale dopo l’11 Settembre, l’allora ministro dell’Interno decise il taglio di un terzo dei «dispositivi di protezione personale». Ci andò di mezzo Marco Biagi, ucciso dalle Br sotto i portici di Bologna il 19 marzo 2002 (per la scorta negata sono finiti sotto inchiesta in quattro, il tutto è stato poi archiviato dalla procura di Bologna senza escludere “che la mancanza della protezione abbia indirizzato le Br proprio verso l’obiettivo indifeso”). Ma all’indomani della circolare Scajola, più che ai giuslavoristi si pensò ai magistrati. La scorta fu tolta al magistrato Ilda Boccassini (pubblica accusa nei processi milanesi a Berlusconi e Previti) che aveva fatto arrestare i responsabili della strage di Capaci. Il procuratore generale di Milano Francesco Saverio Borrelli non nascose la sua irritazione, e difese i magistrati che «per caso, per puro caso sono gli stessi che sostengono l’accusa contro il capo del governo». Scajola specificò che non spetta ai magistrati stabilire se una scorta sia opportuna o meno, e lo querelò. Dopo l’omicidio Biagi, la Boccassini ha riavuto la scorta. Come altri. (…)
 

 
 
 
La prima conseguenza delle polemiche seguite all’omicidio Biagi fu la creazione (luglio 2002) dell’Ucis, Ufficio centrale interforze per la sicurezza individuale che, raccolte le segnalazioni dai comitati locali per l’ordine e la sicurezza, dispone o revoca i provvedimenti di scorta e tutela (per determinate figure istituzionali, il presidente della Repubblica in carica e tutti gli ex, il premier e il suo vice, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e i ministri di Interno, Giustizia, Difesa, Affari esteri ed Economia, più vari alti magistrati, decide un decreto).
 

 
 
 
Per legge istitutiva, solo l’Ucis potrebbe disporre le tutele, ma così non è per presidente e vicepresidente del Consiglio, su cui decide il Cesis (Comitato di coordinamento dei Servizi di sicurezza). Lo stabilì nel 2002 Berlusconi. Ma quest’anno il Copaco (Comitato di controllo parlamentare sui Servizi di informazione e sicurezza) ha sollevato il caso, e il senatore diessino Massimo Brutti si è chiesto come una «struttura di intelligence impegnata sul terreno dell’analisi, debba assumere compiti operativi, di vigilanza e protezione». E come mai ci fossero 70 agenti segreti pagati dal Cesis a protezione di Berlusconi e dei suoi vice (prima di andarsene dal Palazzo, il Cavaliere, con un misterioso decreto, come ha riferito Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, ha stabilito che per gli ex premier la tutela va conservata nel massimo dispiegamento: una trentina di uomini e una decina di auto blindate). All’anomalia Cesis se ne aggiunge un’altra, contenuta nella legge istitutiva dell’Ucis, che trasforma in agenti di pubblica sicurezza gli autisti delle auto blu. Se è vero che sulla scorta non decide lo scortato, è vero anche che a volte gli stessi ministri rifiutano. Bersani voleva solo l’auto di servizio, ha dovuto cambiare idea dopo il decreto sulle liberalizzazioni, la reazione dei tassisti e l’aggressione al ministro Mussi davanti al Parlamento: macchina blindata e due uomini fissi (però Bersani finì scortato già nel ’96, il suo nome era in un volantino Br). Il guardasigilli Mastella viaggia con due auto blindate e sei agenti della penitenziaria. Per lui, macchina nuova: al posto della Lancia Thesis una Bmw blindata, costo 270.000 euro. Il suo predecessore Castelli girava con un Suv Bmw, blindato pure quello, che però sostenne di aver trovato parcheggiato in cortile. Le ministre Turco, Pollastrini, Melandri hanno solo l’auto di servizio, come Pecoraro Scanio. Il presidente della Camera Fausto Bertinotti gira con auto di servizio e autista e ha rifiutato anche la postazione di sorveglianza sotto casa. Romano Prodi, che arrivato a Palazzo Chigi si è visto assegnare la scorta della guardia di finanza, ha optato per la polizia di Stato. Tre anni fa, per un libro-bomba e un paio di ordigni esplosi nei cassonetti sotto casa, alle due auto blindate che lo seguivano (era presidente dell’Unione europea) si aggiunse la tutela per moglie e figli. Nello stesso frangente il Viminale aumentò anche la protezione per Sergio Cofferati, altro scortato storico. Ex segretario della Cgil e adesso sindaco di Bologna, da una decina d’anni si muove con quattro uomini e auto al seguito.
 

 
 
 
(…) Dopo Biagi, come dice Oronzo Cosi, «nessuno, giustamente, ha il coraggio di negare una scorta». Della necessità della scorta solo l’autorità di polizia può e deve sapere. Delle centinaia di auto blu, date d’ufficio alla pletora di collaboratori di ministri, viceministri e sottosegretari (dai portavoce ai capi delle segreterie) invece decide, o dovrebbe decidere, la politica. 
 

 
 
 
 
 
 


I conti dei terremoti

di Bernardo Iovene

Il 31 Ottobre del 2002 c’è stato un terremoto in Molise e, secondo la rassegna stampa, sono stati assegnati addirittura 300 milioni di euro per la ricostruzione. A distanza di 5 mesi, i cittadini che avevano la casa agibile non ci potevano entrare per 200 metri di strada da terminare. In pratica, sono state costruite case di legno non necessarie, per cittadini che avevano la casa agibile.  
 
Gli esperti hanno addirittura progettato di ricostruire una S. Giuliano da un’altra parte, come successe per Bisaccia, in Irpinia, un paese che ha goduto dei fondi per il terremoto, anche se non era stato danneggiato.  

 Nel 1980, siccome di soldi da spendere ce n’erano tanti, si e’ pensato di spostare il paese di Bisaccia dall’altra parte della collina. Il sindaco di Bisaccia all’epoca era nientemeno che il Ministro per il Mezzogiorno. Più di 250 miliardi sono serviti per distruggere la comunità che stenta a riconoscesi nel nuovo paese. Il terremoto aveva riattivato un fenomeno franoso, secolare e, sull’onda di questa situazione il potente di allora, il senatore De Vito, è riuscito ad inserire il paese tra quelli disastrati, e quindi a farlo  ricostruire completamente. Il paese nuovo, progettato da un famoso architetto di Napoli, compreso la chiesa, è tutto in cemento (..). Le case non abbattute del paese vecchio,  ormai di proprietà del comune, sono state ristrutturate, ma, adesso, sono disabitate o in vendita. Rimanendo in Irpinia, il terremoto del 23 Novembre 1980 e le scosse dei mesi successivi hanno prodotto questi numeri: 2.735 morti, 8.850 feriti, 280.000 senza tetto.  

Tre giorni dopo il disastro, l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, andò in visita e, ricordando quella che fu una vergogna tutta italiana, il Belice del '67, fece questa dichiarazione: “A distanza di 13 anni non sono state costruite ancora le case promesse, i terremotati vivevano ancora nelle baracche, eppure allora furono stanziate le somme necessarie. Mi chiedo? Dove è andato a finire questo danaro? chi ha speculato su questa disgrazia? E se c’è qualcuno che ha speculato, è in carcere come dovrebbe essere? Perché non c’è infamia peggiore che quella di speculare sulle disgrazie altrui”.  
 
In carcere non ci andò mai nessuno per gli scandali del Belice. E in Irpinia non si è placata la capacita’ di speculare sulle disgrazie, perché i conti sono ancora aperti e a più di venti anni di distanza vengono chiesti 4.000 miliardi di vecchie lire. 

Dieci anni dopo, nel 1990 sulla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto si apre una commissione d’inchiesta presieduta da Oscar Luigi Scalfaro. Nella relazione si legge che dopo 10 anni 28.572 persone vivono ancora nella roulotte e nei containers e 4.405 negli alberghi. Dalla relazione emerge che furono spesi 50.000 miliardi di lire di allora, ma solo la metà erano realmente serviti per la ricostruzione. E' necessario capire dove sono finiti 25.000 miliardi. 

La relazione, documentata lira per lira,  viene mandata alle procure, che archiviano. 
Parte un’ispezione ministeriale che accerta i finti terremotati che si costruiscono con denaro pubblico una casa nuova dove non ce n’è mai stata una vecchia, terremotati veri che riescono farsene due di case.  
 
Per avere il contributo bastava un atto notorio e la perizia di un tecnico che quantificava il danno, definita “ perizia giurata”, e il compito delle commissioni comunali era quello di approvare. (…) 
 
Di casi di gente che si e’ fatta la casa nuova con il denaro pubblico, senza averne diritto, ce ne sono sono almeno 5.000, con il 62% di  archiviazione. 

 C’è stato un fenomeno di rimozione, nel senso che i magistrati inquirenti, che dovevano essere il motore giudiziario, di fronte a questi fatti non li hanno mai considerati reati. Poi c’è il capitolo delle opere pubbliche(…): dall’accertamento dei carabinieri emerge che gli incarichi di progettazione non venivano affidati ai tecnici del comune, ma a tecnici esterni amici di amici e pagati profumatamente. 

Secondo la relazione della Commissione Scalfaro quel terremoto fu un’opportunità per creare sviluppo in una zona depressa, costruendo strade e industrie, con finanziamenti a fondo perduto. (…). Ora, nell' area di Calitri, il 50% delle fabbriche funziona e il 50% o non è partito od è fallito. (…) 
 
Diciamo che in tutta l’area industriale il contributo dello Stato si aggira intorno ai 60-70 miliardi. (…) Vicino a Lioni, il paese completamente distrutto dal terremoto, c' e’ la Iato, una fabbrica ligure, che aveva promesso 80 posti di lavoro e per questo ha avuto 10 miliardi di finanziamento, ma e’ successivamente fallita. Si è scoperto più tardi che sotto la pavimentazione del capannone il proprietario aveva nascosto materiale altamente tossico, polvere di arsenico proveniente dagli altiforni di La Spezia. Oltre il danno, la beffa: lo Stato ha dovuto pagare con soldi pubblici per la bonificare il danno fatto da un privato perché a monte c’è stato un fallimento e quindi il terreno è tornato di proprietà del Ministero. A decidere dove portare le fabbriche fu Zamberletti, all’epoca Commissario straordinario del Governo e poi Ministro per gli interventi nelle zone terremotate e poi presidente della società Ponte sullo Stretto(…).  
 
Ci sono stati comportamenti eclatanti come una superstrada di 11 chilometri costata 29 miliardi a chilometro, 25-26 miliardi più del normale. 
 
In pratica i soldi andavano ad alimentare un grosso ceto politico imprenditoriale affaristico e la camorra. Una divisione tra politici irpini e napoletani. Al vertice c'era Pomicino, poi c'era il socialista Carmelo Conte e anche qualche liberale. 

Grazie all’intervento di Pomicino l’impresa costruttrice ICLA ha avuto moltissimi appalti del dopo terremoto, ma tutti i politici avevano le loro imprese di riferimento: Franco De Lorenzo aveva la Borselli & Pisani, Di Donato aveva la COMAPRE, Gava la IMEC, Scotti la Carriero & Baldi e la Giustino Costruzioni. (…). 
Le tangenti che gli imprenditori pagavano ai politici sono state accertate dal tribunale di Napoli, ma i reati sono stati prescritti per decorrenza dei tempi. La maggior parte delle dazioni illecite sono state ammesse da chi le ha effettuate. In linea di massima quelli che hanno confessato sono imprenditori. I politici coinvolti di maggiore rilievo sono nomi noti: Paolo Cirino Pomicino, Vincenzo Scotti, Severino Citaristi, Franceso di Lorenzo, Antonio Gava, Giulio Di Donato, e poi il capolista, diciamo, degli imputati, Antonio Fantini (l’allora Presidente della Regione Campania).
 

 
 
 
Leggendo il capo d'imputazione ci sono una serie di dazioni, alcune plurimiliardarie(…).Parecchi miliardi sono finiti un po’ ai partiti, un po’ ad onorare dei voti alla Madonna, un po’ agli imprenditori che hanno costruito.  Tra le dazioni ce n’è una di 300 milioni consegnata personalmente a Cirino Pomicino in relazione all’asse mediano, a Napoli. Una strada ancora incompiuta, con tanti svincoli chiusi e che i cittadini chiamano la strada assassina: 300 incidenti all’anno, quasi uno al giorno. 
 
(…) Per finire a Napoli città restano ancora 300 palazzi da sistemare. E tra questi 300 palazzi, c’è l’ennesima beffa: le lesioni del terremoto si stanno riaprendo a causa degli interventi non perfetti fatti al tempo.  
 
Eppure, volendo, si possono scegliere altri esempi. Il Friuli ha avuto quasi 1000 morti nel maggio del 76, e 8 anni dopo i paesi distrutti erano stati completamente ricostruiti. Il Friuli all’epoca era una misera terra di emigranti. Il terremoto del 6 maggio 1976 colpì 137 comuni, i morti furono 989 i feriti più di tremila, 75.000 le case danneggiate, 18.000 quelle distrutte. Osoppo è andata giù quella notte del 6 maggio. Cinque anni dopo le persone cominciarono a rientrare nelle case nuove e nel giro di otto anni il paese era completamente ricostruito. Il popolo friulano che nel momento del terremoto gridava fortemente facciamo “di bessoi” che in friulano significa: da soli.  
 
Nessuna ditta, nessun proprietario ha fatto un abuso edilizio. Secondo Ezio Lenuzza , ex  vice sindaco di Osoppo, l' ottimo risultato è stato ottenuto perché hanno fatto un piano regolatore di distribuzione fondiaria in funzione alle esigenze abitative e la gente ha rispettato gli strumenti del piano. Non c’è stato nessuno che ha cercato di fare il furbo, che ha cercato di prendere un finanziamento che non gli spettava e se ci sono stati degli errori i soldi sono stati restituiti. Fù fatta la baraccopoli per alloggiare gli sfollati e, dall’ '82, in poi man mano che si verificavano altre gravi situazioni di necessità in giro per l’Italia qui si smontavano le baracche e partivano per le nuove destinazioni. Per molti il contributo ha coperto il 50% dei costi ed il resto l'hanno messo di tasca loro. A Gemona: la città simbolo con 396 morti, 2000 case distrutte altrettante danneggiate. Quello che è stato distrutto è stato completamente ricostruito. Tutto al meglio con umiltà da parte di tutti autorità e gente. Tutti uniti senza polemiche destra, sinistra, centro. Un esempio su tutti, l’ospedale di Gemona e’ stato ricostruito senza chiedere nulla allo Stato. E' stato ricostruito con dei mutui, a carico dei cittadini e adesso è il migliore che ci sia in Regione. Un dato di fatto sulla classe politica: democristiani e socialisti hanno gestito i soldi In Irpinia, come erano democristiani e socialisti quelli che hanno gestito i soldi in Friuli.
 Fonte http://www.report.rai.it, andato in onda il 16.03.03