2011

anno

[VIDEO] Dario Fo per Amnesty International

Il contributo di Dario Fo a "Il Cantacronache", album del cantautore romano Luca Bussoletti il cui ricavato sarà totalmente devoluto ad Amnesty International - sezione italiana. Il cd lo trovate su www.ilfattoquotidiano.it/ nella sezione libri&dvd

“Aiuto la musica che aiuta. Spesso si dice che i ragazzi siano bamboccioni e invece hanno grande sensibilità sociale come le belle canzoni di Luca Bussoletti dimostrano” Dario Fo

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RENATO BRUNETTA RAPPRESENTA L'ITALIA PEGGIORE: QUELLA CHE SCAPPA

 L’Italia peggiore è quella che scappa. Dal mondo reale e dalle domande scomode, addirittura prima che siano formulate. Se qualcuno non avesse ancora capito perché la maggioranza dei cittadini ha voltato le spalle al governo, troverà nel filmino «Brunetta e la Precaria» la rappresentazione plastica di uno sfilacciamento arrogante. Siamo a Roma, a un convegno sull’innovazione, e il ministro ha appena finito di parlare quando Maurizia Russo Spena, figlia di un ex parlamentare di estrema sinistra (orrore orrore), va al microfono per porgergli una domanda.

Fa soltanto in tempo a qualificarsi: «Sono della rete di precari al servizio della pubblica amministrazione…» ed è come se a Brunetta avessero infilato due dita in una presa. «Grazie, arrivederci, buongiorno», la interrompe. La ragazza non ha ancora detto il suo nome, ma il ministro è in grado di fiutare una comunista anche a venti metri di distanza controvento. «Arrivederci, questa è la peggiore Italia!» e guadagna l’uscita.

Non è vero, come affermerà più tardi in un videomessaggio, che se ne sia andato dopo aver ricevuto insulti e per la sensazione di essere rimasto vittima di un agguato mediatico. Dal filmato emerge chiaramente che le urla «buffone, buffone» sono successive alla sua fuga ingloriosa, il cui epilogo ha una potenza d’immagini cento volte superiore alla sostanza dell’episodio: si vede il potente che sgomma via in auto blu, mentre un precario strattonato dalla scorta si piazza davanti alla macchina e grida: «Che fa, ministro, mi investe?». Sembra uno spot di «Annozero» sul distacco fra il Palazzo e i nuovi miserabili del panorama sociale italiano.

Brunetta ha poi spiegato che non ce l’aveva coi precari, ma coi provocatori. Come si dice dalle sue parti, «el tacòn xe peso del buso». Infatti il ministro si è dimenticato di ciò che aveva dichiarato la sera prima in tv da Lilli Gruber, quando si era esibito in una tiritera luogocomunista sui giovani che lamentano la mancanza del posto fisso invece di andare a scaricare le cassette di frutta al mercato. Ora, nel vasto campionario del precariato italiano, ci sarà anche una percentuale endemica di fannulloni e di schizzinosi. Ma le storie che piovono ogni giorno sui tavoli delle redazioni raccontano una realtà diversa. Raccontano di laureati costretti ad andare all’estero dopo aver attraversato decine di impieghi saltuari e sottopagati. Raccontano di giovani che invecchiano facendo di tutto, soprattutto i lavori più umili, nella vana attesa di trovare lo sbocco a cui li destinavano i loro studi e le loro attitudini. Raccontano di fallimenti professionali ed esistenziali, dovuti non all’incapacità della persona, ma a un sistema bloccato da troppi privilegi, in cui solo le conoscenze politiche e familiari consentono di ottenere ciò che il merito non basta mai a garantire.

Il centrodestra era stato votato, immagino, per sfasciare con riforme liberali il vecchiume di questo Paese, non per eternarne i conservatorismi. Invece si è smarrito in una rappresentazione della realtà più adatta alle dispute da bar che a un ceto dirigente moderno. I disoccupati non lavorano perché non hanno voglia di farsi venire i calli alle mani (parola di Brunetta e Sacconi, che in un’altra era furono socialisti, forse a loro insaputa). E il popolo di sinistra è bravo a montare scenette spiritose sui siti Internet «perché non ha nient’altro da fare» (parola dell’onorevole Stracquadanio, lavoratore indefesso, a cui per carità di patria ho depurato il linguaggio da trivio).

La parabola del fustigator Brunetta racchiude la storia di questo governo e di questi anni. Il ministro che prendeva gli applausi quando diceva che gli statali erano dei fannulloni, adesso prende i fischi quando afferma che fannulloni sono tutti gli italiani senza un posto garantito, statali precari compresi. In mezzo è cambiato il mondo, ma Brunetta evidentemente non se n’è accorto. In questo assomiglia molto al suo principale.


Massimo Gramellini La Stampa

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Corso di teatro con Alfredo Colombaioni, Stefano Di Pietro, Marina de Juli, Mario Pirovano, Eleonora Albanese, Jacopo Fo.

Fino al 24 giugno, tutti i giorni tendenzialmente dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 17 alle 20. E' possibile rivedere i video in streaming. Le lezioni sono in italiano con traduzione in inglese. In diretta dalla Libera Università di Alcatraz.

Free TV Show from Ustream

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[VIDEO] "Il Boccaccio riveduto e scorretto" - intervista RaiNews24

Dario Fo ai microfoni di RaiNews24 parla del suo ultimo libro: "Il Boccaccio riveduto e scorretto"

"...Boccaccio è stato per me una grande scoperta acquisita anni e anni dopo l'accademia. E' a quel punto che mi è apparsa evidente tutta la potenza di questo autore." Dario Fo

"Il Boccaccio riveduto e scorretto" lo trovate su commercioetico.it

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[VIDEO] Dario Fo in "The story of John Horse, a black Seminole indian"

Hollywood films on american indians always tell us of indians been defeated. In this video Dario Fo tell us a different story never been told before. The story is the one about the epic John Horse, who fought against the American troops during the second Seminole war (1835-1842). Dubbing Mario Pirovano.

 

Hai amici anglofoni? Segnala loro questo video, grazie!

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CLAMOROSO: GOVERNO FINANZIA A MESSINA ZINGAROPOLI APPROVATA DALLA GIUNTA DI DESTRA

 

Forse un anno è un tempo troppo lungo. E Silvio Berlusconi dimentica facilmente. Quando agita ora lo spettro di Zingaropoli per dire come finirebbe male Milano in mano a Pisapia - così soffiando sui pregiudizi anti-Rom - dimentica le sue stesse buone azioni. Come quella bella campagna che la presidenza del Consiglio fece nel giugno scorso, e che appena può il ministro Mara Carfagna rivendica, il cui slogan è: «Dosta! Basta! Vai oltre i pregiudizi, scopri i Rom». Sia lui che Bossi sono del tutto smemorati, o forse non sanno che il ministro Maurizio Sacconi nell´ambito del programma di lotta alle marginalità, ha garantito l´impegno finanziario al progetto del Comune di Messina - dove governa una giunta di centrodestra - per «la collocazione abitativa delle famiglie Rom presenti nel territorio messinese in nuove abitazioni...messe a disposizione dall´amministrazione attraverso il sistema dell´autocostruzione». Quello che vorrebbe fare Pisapia a Milano. Messina ha chiesto a Rom 150 mila dei 190 mila euro di spesa previsti. Arriveranno

Insomma, luci e ombre del governo. La mano destra - che picchia e si appella al pregiudizio sui Rom sperando di lucrare consensi elettorali - e quella sinistra capace di alcune buone politiche. Tutto questo sta in un dossier che ieri il presidente della commissione Diritti umani del Senato, Pietro Marcenaro ha consegnato alla vice segretario generale del Consiglio d´Europa, Maud de Boer Buquicchio. Ci sono gli slogan di Zingaropoli e i manifesti leghisti razzisti, ma c´è anche l´impegno dell´ufficio anti discriminazioni razziali e delle Pari opportunità. «Io sono un uomo di parte, del Pd, ma qui la campagna elettorale non c´entra - ha spiegato Marcenaro alla de Boer Buquicchio - È che quando la tornata di voto sarà passata, resteranno le macerie degli stereotipi contro i Rom, già fortissimi. Un disastro. C´è di che essere preoccupati».

 

«Preoccupata come voi», si è detta anche la vice segretario. Oggi replay di consegna di dossier da Marcenaro a Thomas Hammarberg, commissario per i diritti umani del Consiglio d´Europa. Doppiezza italiana, penseranno a Strasburgo, da un lato le impeccabili campagne ella Carfagna, dall´altro il sodalizio Berlusconi&Bossi e il fanatismo anti Rom- zingari.

Le Nazioni Unite hanno chiesto la messa al bando di discorsi e linguaggi che contribuiscano a consolidare pregiudizi. Roberto Natale, presidente della Fnsi, a proposito di Zingaropoli ha denunciato «l´avvelenamento del linguaggio», una sorta di «hate speech, di incitamento all´odio». Vinca Pisapia o la Moratti, quel che resta è avere avvalorato la caccia ai rom. Lo scrisse Jacques Le Goff per il sito www.laterza.it all´indomani delle espulsioni decise da Sarkozy nel settembre scorso. Dei pregiudizi anti rom il 14 giugno la ministra Carfagna parlerà alla presentazione del rapporto della Comunità di Sant´Egidio. Segnalerà le contraddizioni del uo governo? Elio Veltri, che anima l´associazione "Democrazia e legalità", commenta: «A Messina "autocostruzione" per i Rom è cosa da santi, se lo dice Pisapia a Milano diventa un crimine».

 

http://dirittiglobali.it/index.php?view=article&catid=28:diritti-umani-a-discriminazioni&id=15330:carfagna-e-sacconi-pro-rom-il-doppio-binario-del-governo-&format=pdf&ml=2&mlt=yoo_explorer&tmpl=component

 

 

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INCREDIBILE!: "L'AGGRESSIONE ALLA DONNA DEL PDL E' UNA MONTATURA". ECCO LA TESTIMONE CON NOME E COGNOME!

L’aggressione a Franca Rizzi? Non è mai avvenuta” Dice che Franca Rizzi, la donna che ieri ha denunciato di essere stata aggredita da giovani vicini a Pisapia, non è stata affatto aggredita in via Osoppo ed è pronta a ripetere la sua testimonianza in tribunale. Così Shirin Kieayed, una donna che a Radio Popolare ha raccontato di aver assistito bene a quanto davvero successo al mercato ieri.

“Ho deciso di espormi con nome e cognome – ha spiegato alla radio – perché ho assistito direttamente a quanto avvenuto ieri al mercato di via Osoppo”.

Kieayed ha spiegato di aver “sentito la voce dei sostenitori di Pisapia e di quelli della Moratti che cercavano di sovrastarli. Una signora, che poi è la donna che ha denunciato l’aggressione, si è avvicinata a uno dei sostenitori di Pisapia cercando di farlo tacere, strattonandolo e tirandolo per un braccio. Lui si è girato e le ha risposto ma non l’ha spinta, né colpita. Lei si è seduta a terra di propria volontà. Una volta seduta ha cominciato gridare di essere stata aggredita”.

“Questo racconto – ha concluso – sono pronta a ripeterla davanti a un tribunale”.

“L’aggressione a Franca Rizzi? Non è mai avvenuta” | Redazione Il Fatto Quotidiano | Il Fatto Quotidiano

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Genitori, occhi aperti!

Don Seppia, cappellano al Santo Spirito di Sestri Ponente, ha chiesto il trasferimento dall’istituto penitenziario Marassi di Genova. Accompagnando la richiesta con una dichiarazione choc: “Sono sieropositivo”. Un’informazione delicata che completa l’identikit tracciato nell’ordinanza di custodia cautelare del gip di Milano Maria Vicidomini. La richiesta di trasferimento è stata subito accolta dai dirigenti del carcere, che pare abbiano deciso di destinare il sacerdote all’istituto penitenziario di Sanremo. Secondo don Seppia la situazione a Genova s’era fatta “insostenibile” nonostante fosse rinchiuso in una cella singola e tenuto sotto stretto controllo. “Allo stato attuale – ha detto il suo legale, Paolo Bonanni – non sono state modificate le contestazioni, quindi rimane ferma l’accusa di aver dato un bacio a un ragazzino senza il suo consenso”. Formula light per confermare che l’impianto d’imputazione regge: violenza sessuale su minori, cessione di droga a minori, induzione alla prostituzione minorile.

Agghiaccianti i testi degli sms inviati dal cellulare del prete verso chi pare avesse il compito di ingaggiare le giovani vittime. “Trovami un bambino di 10 anni, lo voglio tenero”, scriveva il parroco al pusher Franky. “Ho trovato” risponde l’interlocutore. “Ma ha meno di 15 anni?”, continuava il prete. “Diciotto”, la risposta dello spacciatore. “Eh no…, a me piace con meno di 14 anni”, controbatteva il parroco per concludere: “Ma puoi trovare qualche madre con un bambino, una donna che ha bisogno di coca?”. Nella stessa inchiesta ieri è stato arrestato e incarcerato – sempre a Marassi – un ex seminarista di 41 anni, Emanuele Alfano, un croupier che stava imbarcandosi su una nave da crociera. Per lui le accuse sono induzione e favoreggiamento della prostituzione minorile per aver procacciato ragazzini al parroco.

L’interrogatorio dell’uomo, durato 5 ore, ha portato a un nuovo nome nel registro degli indagati: si tratterebbe di un 18enne, accusato anche lui di favoreggiamento per aver procurato ragazzini a don Seppia. Nuove dichiarazioni sono giunte da Bagnasco che ribadisce: “Non sapevamo nulla”. Ma don Piercarlo Casassa, parroco di don Seppia nel 1985 a Recco (Genova), ai carabinieri di Milano ha raccontato: “Don Seppia stava fuori tutte le notti e dormiva per l’intera mattina, la sua non mi sembrava una vera vocazione. Così ho avvertito i miei superiori”.

Di

Chiara Paolin

Da Il Fatto Quotidiano 21 maggio 2011

 

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Voglia di passato

Da anni tutto ciò che mi passa per le mani, lo conservo. Iniziai da piccola. A cinque anni?… Bho.

Avete in mente le arance? Una volta le comperavi avvolte in carta velina, dipinta con disegni magnifici. Le scartavo con delicatezza… le lisciavo con le mani… e una… e due… e dieci… e… Le tenevo gelosamente, erano le prime cose “mie” della mia vita. Non ne buttavo nemmeno una. Ogni tanto me le rimiravo. La grande felicità l’ho avuta quando ho mostrato il mio tesoro alla cara amica Luisa Caccivio. Sbalordita era! S’è messa a collezionarle pure lei… Ci scambiavamo le doppie, come fossero preziosi francobolli. Ora le vendono nude e crude le arance, in sacchetti di rete rossa… orrendi.

Quando ho espresso a mamma il desiderio di avere un piccolo spazio tutto per me, ha sussurrato:  “Ma che strana bimba!” Poi è arrivato il permesso di usare il terzo cassetto del comò. Spazioso. Sparsi qua e là ramoscelli di lavanda. Che profumino celestiale. Mio. Tutto mio! Roba da ricchi. Mi sentivo importantissima. Sprizzavo felicità da tutti i pori. Ci ho messo le carte delle arance… Non avevo altro di mio.

Poi sono venuta in possesso di una scatoletta rossa, ornata da ghirigori dorati, con dentro un bigliettino con i nomi degli sposi. Confetti finiti. Assolutamente affascinante! L’ho vista appoggiata sulla credenza. La curai per alcuni giorni. Mi addormentavo pensando a lei e la prima cosa che facevo svegliandomi era correre  a controllare che nessuno l’avesse presa. Non è di nessuno, mi dicevo… potrò prenderla? Sì, la prendo… Se qualcuno la reclama la restituirò. Per adesso è mia. Non ero certissima di essere nel giusto…

Dove riporrò il mio tesoro? No, il mio cassetto non era un posto sicuro… chiunque in famiglia avrebbe potuto aprirlo. Mi aggiravo per la casa alla ricerca di un rifugio piombato. Aperto l’armadio delle scarpe mi scivolò dalla bocca una risatina di festa. Brillava tra le altre una scatola celeste. Sollevo appena il coperchio e scopro che è vuota. E’ il giorno della fortuna! Sono piena di cose belle: le carte delle arance, una scatola da scarpe celeste e una scatolina grande come la mia mano, rossa. La scatola da scarpe, aveva scritto in grande n° 41. Ci penso un po’ poi ci disegno sopra fiori in quantità. Un gioiello. Mi sembrava bellissima, festosa.

Come un capobanda di prima qualità mi aggiro con lo sguardo a perlustrare il nostro minuscolo appartamento per scoprire il più sicuro nascondiglio per il mio malloppo azzurro. Il posto più “coperto”, per ora è sotto il mio lettino. E’ chiaro che quello fu l’inizio della ricerca assatanata di scatolette, scatoline… di tutti i tipi… rettangolari, quadrate, tonde. Maniacale.

In poco tempo la scatola celeste si riempì. Che ci avevo messo dentro? Scatola rossa: 6 piselli verde pallido ormai rinsecchiti, 7 fagioli borlotti riposti in un sacchettino di tulle dei confetti, una scatolina bianca con rosa con altro bigliettino di nozze, una scatolina scozzese con stuzzicadenti sminuzzati, (ero pazza!) scatola verdina con due ovetti pasquali, e così via, pennini, gomme, mozziconi di matite, un tondetto di vetro con le “lacrime della Madonna”. Dicevo le preghiere alla sera prima di dormire inginocchiata davanti al mio vasetto santo. Ricordo che a scuola durante i compiti in classe o interrogazioni me lo tenevo sempre appresso. Avevo anche un bottiglino con su scritto “rosolio della mamma”. Qualche volta ero tentata di ciucciarmelo. Ma aveva una colore strano… verdino… non ero certissima che l’avesse fatto la mia mamma… non era per niente rassicurante.

Mi dicevo: “Sono piena di cose belle, le più belle della mia vita. Straboccano.”
Contentaaaaaa!
Peccato crescere.
Cerco di fermarle con le mani, non voglio perderne nemmeno una. Ci sto mettendo tutta la mia forza… sono certa che se non mi opponessi con questa resistenza forsennata, in un attimo se ne fuggirebbero da me… Ferme qui!
Tortelli di zucca, e la crema fritta… e le chiacchiere con sopra lo zucchero velo, e i dolci e caldi occhi della mamma. Le sue carezze.
Sto cercando di ricordare gli odori, i sapori… il seme della vita. Ho voglia di passato…
Mi sciolgo.
Ma che mi succede?…
Mi sto sollevando da terra. Non tanto, ma almeno trenta centimetri sì… che bellezza!
Sbatto le braccia per darmi impeto, impulso, ma non mi sposto di 1 millimetro.
Fa  niente, è già tanto così.
Come sono felice!
Grazie famiglia, per tanta felicità.
Un bacio.

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Il matrimonio con Dario

L'impatto con la vita marito-casa-famiglia non è stato un gioco. Mi cimentavo con la cucina, ma non avendo mai avuto niente del genere come mia diretta e totale responsabilità, avevo qualche problema. Primo tra tutti, le dosi. Preparavo quantità di cibo che sarebbe potuto bastare per una caserma.

Ricordo una sera a cena Eugenio Tacchini, amico d'infanzia di Dario, avevo cucinato un bellissimo minestrone come tante volte avevo realizzato aiutando la mia mamma. Lui era entusiasta, ne mangiò almeno cinque fondine. Giuro, non esagero. Lo guardavo ingoiare un cucchiaio dopo l’altro a grande velocità... con una certa preoccupazione. "Basta, Eugenio, starai male!” “No, no. E' buonissimo, poi oggi non ho fatto in tempo a mangiare...!” Poi però al cinema Orfeo, dove mi aveva accompagnato a vedere "Roma città aperta" - Dario stava recitando al Piccolo Teatro - durante la scena delle torture naziste è svenuto. “Accendete la luce – grido - c'è un ragazzo che sta male”. Arriva la polizia, lo portano fuori, nella hall lui si riprende... Si guarda intorno, vede i poliziotti, e ancora sotto lo shock del film, grida: “Non sono stato io! Sono innocente!” Volevo morire. Poi s'è alzato, è corso in bagno e ha vomitato tutto il mio minestrone.

Una pietanza che mi veniva benissimo era “gli ossibuchi” l’unica carne che io mangi. La prima volta che li ho cucinati, stando a filo telefonico diretto con mia madre, Dario non finiva più di dirmi “che buoni-che buoni”. Poi, un giorno ha invitato i suoi amici di Brera, Emilio Tadini, Alik Cavaliere, Luigi Parzini e altri. Ero un po’ preoccupata. Un pranzo preparato tutto da me sola non l'avevo ancora gestito. Che preparo? Qual è il mio piatto forte? La frittata, le chiacchiere... e le uova sode... mmmmmm. Non ci siamo. "Farò gli ossibuchi col risotto giallo... sarà una cannonata! – mi sono detta ottimista." Ho iniziato a cucinare che erano le 9. “Pronto mamma... ho fritto olio, cipolla, aglio... e adesso che faccio?” E via... finalmente pronti!

Preparo la tavola con una bellissima tovaglia ricamata dalla mia mamma, servizio di piatti in porcellana avana pallida, listati con una riga d’oro e una blu... calici di cristallo di Murano, vino d’annata... posate d’argento, tutti regali di nozze. Innanzi ad ogni coperto un rametto di glicini raccolto nel giardinetto della mamma Fo: tutto meraviglioso da ammirare. “Farò la mia bella figura” pensavo. L’ho fatta. Facevo andare il sedere dalla gioia... Dario la coda. Tutti a farmi complimenti... che sposina deliziosa ti sei preso, Dario... sei veramente fortunato! “Basta o scoppio a piangere!” Sono una emotiva cosmica. Si mangiavano i miei ossibuchi e commentavano la loro bontà, la morbidezza... “si taglian con la forchetta... oh che buon sughetto... che meraviglia di verdure...” Mentre si lavavano i piatti in comitiva cantavamo a squarciagola in ringraziamento a mia madre che mi aveva insegnato la ricetta: “mamma, solo per te la mia canzone vola...” (che porta una sfiga tremenda, si dice, ma noi non lo sapevamo, allora...)

Visto il successo ottenuto con il mio pranzo, ho continuato per almeno tre settimane a cuocere ossibuchi. E il mio Dario sempre a dire - ma che buoni. Al ventesimo giorno: “Che mi ha cucinato il mio tesorino oggi?” “Ossibuchi amore!... Perché ti sei ammutolito?!” “Bastaaaaaaaa! Oggi si va a pranzo dalle sorelle Pirovini a Brera... Oggi inizia la rivolta contro gli ossibuchi. Da domani polenta!” Un abbraccio e un bacio sul naso.

Ora, li mangiamo non più di cinque volte l'anno. Al "ma che buoni-che buoni di Dario s'è aggiunto Jacopo. Lo dicono insieme e poi scoppiano a ridere. Se vi fosse venuta voglia di ossibuchi con il risotto giallo alla milanese, ecco la ricetta....

Ossibuchi (per sei persone)

In una padella soffriggere sedano, carote, patate, cipolle, aglio non tritati, tagliati a tocchi, fino a dorarle, una spruzzata di vino bianco, lasciar cuocere bene, due colpetti di bastone magico, per renderlo cremoso, ma senza passarlo. Tagliare la membrana che circonda l’ossobuco in due o tre punti di modo che non si arriccino cuocendo. In un altro tegame: versare olio, prendere sei ossibuchi impanare nella farina bianca, lasciare dorare con un bello spruzzo di vino bianco, far asciugare, lasciare cuocere lentamente aggiungendo via via brodo o acqua bollenti. Farli cuocere a lungo. Aggiungere scorza di limone, grattugiata o a scaglie, in abbondanza. Dopo almeno un’ora e mezza posare gli ossibuchi nelle verdure. Lasciar cuocere per un’altra mezzora. Devono essere talmente ben cotti da diventare morbidi tanto che si possano tagliare con la forchetta.

Servire con risotto giallo.

Risotto giallo (6 persone)

Soffriggere in olio la scigula (cipolla). Una volta imbiondita, aggiungere tredici pugni di riso (due a testa e uno per la pentola). Far tostare il riso almeno per cinque minuti. Coprire con vino, lasciarlo asciugare lentamente. Aggiungere tredici mestoli di acqua bollente (e sale), o brodo di carne, con due bustine di zafferano, dopodiché si copre con il coperchio della pentola a pressione. Da quando fischia, contare sei minuti, far uscire il vapore, aprire e aggiungere latte, parmigiano abbondante e poi ci si mette una noce di burro.

E BUON APPETITO!

franca rame

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