2011

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[Interviste] Dario Fo interviene a "Ora tocca a noi" manifestazione di SEL

 

"Prima di tutto, a voi che siete presenti in piazza Navona, che mostrate una straordinaria voglia di agire, di essere vivi, faccio tutti i miei complimenti."

Inizia cosi’ il videomessaggio che il premio Nobel Dario Fo ha inviato ai partecipanti alla manifestazione nazionale di Sinistra Ecologia Liberta’, in corso a Roma in piazza Navona.

"E’ un momento duro, durissimo questo. - prosegue il premio Nobel – Stanno crollando tutti i i giochetti e i giochi pesanti che ha messo in piedi il governo e naturalmente tutta la classe che lo sostiene. Ed e’ straordinario che - davanti a situazioni come queste, che vedono franare speranze, che vedono persone disperate, che non arrivano davvero alla fine del mese, gente che non riesce nemmeno ad avere la possibilita’ di studiare, con le scuole ridotte certe volte e dei ruderi – ci sia sempre qualcuno che dice no; non cediamo, pensiamo, discutiamo, inventiamo qualche cosa, andiamo avanti, troviamo una soluzione. Ecco. A queste persone io faccio applausi infiniti.

Perche’ riuscire ad essere positivi in momenti come questo, bisogna avere una volonta’ di reagire straordinaria. E’ facile essere nello slancio quando il vento porta tranquillamente la barca. Ma non e’ facile quando sei controvento, quando ci sono tempeste come questa, quando vedi sopratutto la solitudine disperata della gente che non sa come risolvere, non dico il mese, ma la giornata. E’ bene vedere della gente che si muove, che agisce, che pensa, che vuole incontrarsi e sopratutto riuscire a voler trovare insime dal basso soluzioni nuove. Certo oggi l’esempio che viene dalla politica e’ negativo.

E’ vecchio. E’ risolto con il solito tran tran che conosciamo da anni. E si risolve sempre con il rimandare, a sperare, e a promettere. A proiettare idee di cambiamento facili e poi ti accorgi – scusate il termine triviale – che sono solo dei bidoni immensi e della gente che e’ attaccata al proprio potere e pensa soltanto di tirare a campare, e a fare in modo che la danza, la gnaggnera come si dice, vada avanti tranquilla. Tutto rimanga cosi come e’, che non si muova niente e guai a chi respira.

Grazie. Grazie di avere questa rabbia. – conclude Fo – Una rabbia cosciente, non sgangherata, ma riflettente o meglio riflessiva come dicono i raffinati. Grazie ancora. Forza!!

Dario Fo

fonte: ilgiornaledipozzallo.net

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Marcia della Pace Perugia - Assisi: intervista a Jacopo Fo

Il 23 settembre si è aperto il Meeting dei Giovani a Bastia Umbra (PG) alla vigilia della Marcia Perugia-Assisi del 25 settembre. Tra i tanti laboratori si è svolto "La filosofia della spinta gentile". Un nuovo modo di pensare sta cambiando il mondo". Ecco l'intervisa a Jacopo Fo...

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IL FRUSTINO DELLA VERITA'

Che brutta giornata quella di giovedì. La maggioranza del Parlamento ha detto no ai giudici che volevano arrestare Milanese, senza curarsi affatto del famoso fumus persecutionis. Come ha detto sfrontatamente Bossi, è stato salvato il governo e basta. E siccome giovedì è stata una giornata televisiva tra le più affollate di dibattiti, dichiarazioni, interventi ed esondazioni, ne abbiamo sentite di tutti i colori su fatti di cui, personalmente, come milioni di italiani e perfino di padani, ci vergogniamo da morire. C’erano i soliti noti (come Belpietro) del dibattito con frustino, che giravano da una rete all’altra per fustigare la nuda verità. Urla strepiti e insulti, dai quali abbiamo tratto la convinzione che, essendosi il Parlamento costituito in tribunale, qualunque cittadino può pretendere di ricorrere ad esso per sfuggire al carcere. A meno che non sia richiesta la Ferrari come unica prova di innocenza. E, ovviamente, chiunque avrà pure diritto a mezz’ora in video da Bruno Vespa per insultare i suoi giudici. Privilegio che, del resto, non è stato negato neanche ai peggiori assassini!

Da L’Unità - Fronte del video - di Maria Novella Oppo

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[LIBRI] L'osceno è sacro

l'osceno è sacroL’osceno, il triviale sono parte del valore lessicale di ogni popolo, ed esiste nella storia un «grande libro dello scurrile poetico», mai veramente considerato.

 

Isuoi autori hanno nomi a volte ignoti, altrevolte noti e celebrati: per esempio Shakespeare e Marlowe, che in scena e nella vita si esprimevano usando «parolacce». L’ebreo di Malta di Marlowe inveiva dando della «testa di fallo» ai suoipersecutori. Nel testo originale Amleto fa allusioni chiare al sesso femminile. Dialogando con Ofelia, sdraiato con lei presso il palco degli attori, le chiede:«Potrei distendermi col viso sul boschetto che tieni in grembo... o è già prenotato?».
Al limite dello sconcio le espressioni recitate da Molière nel Medico per forza e nel Don Giovanni. Per non parlare delle oscenità esibite da Ruzzante,dall’Aretino e da Giulio Cesare Croce il fabbro nel suo Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno. Ma è sorprendente scoprire come uno dei campioni del turpiloquio fosse Leonardo da Vinci, con una famosa tiritera sul fallo recitata in tutte le sue modulazioni. Riallacciandosi a una tradizione tanto illustre, Dario Fo racconta, da un’angolazione originale, le storie grandiosedei miti greci e romani, dell’Asinod’Oro e delle Mille e una notte, di Dante Alighieri e dei poeti di Provenza, della tradizione napoletana e di quella giullaresca medievale, e molte altre. E mette afuoco la sacralità dell’osceno e della buffoneria, da cui la sessualità esce giocosa e vitale, la donna rispettata e il male scongiurato.

 

l'osceno è sacro

L'osceno è sacro

con 133 disegni dell'autore

a cura di Franca Rame

Guanda, 2010

ISBN: 8860883687

293 pgg.

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Cari Bersani e Riva, le parole sono importanti

Perché una persona seria come Pier Luigi Bersani, commentando la protesta messa in atto, fuori da Montecitorio, da un gruppo di cittadini esasperati dai costi della manovra e dalle modalità della sua approvazione/imposizione, deve accusarli di “dare messaggi che non incrociano mai il senso comune del Paese?”. Perché un uomo intelligente come Massimo Riva si permette di riassumere nell’epiteto “facinorosi” il suo giudizio sui protagonisti di una manifestazione che ha raggiunto l’apice della violenza in un gavettone? La situazione in cui Berlusconi e la sua banda ha trascinato l’Italia, se la storia non ci avesse già impartito una dura lezione, ci farebbe rischiare reazioni ben più sanguinose. E’ un bene che nessuno affidi la sua rabbia ad una mitraglietta. Ma, se vogliamo che non accada neppure in futuro, bisogna misurare le parole da subito: quelli che hanno lanciato i fegatini di pollo e schizzi di vernice contro il Palazzo sono giovani spaventati dal futuro. Hanno manifestato la loro angoscia a quelli che, senza ombra di dubbio, sono i responsabili dell’attuale disastro. Non hanno nulla a che vedere con i portatori di “facinus” (“atto colpevole”, Zingarelli). E non sono, caro ex ministro Ronchi, “cialtroni di merda”. No, non loro. Non quelli che aspettano fuori (da Montecitorio).

Lidia Ravera

Da il Fatto Quotidiano - 16 settembre 2011

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[AUDIO] La doppia vita di Dario Fo - intervista di Lina Simoneschi

C’è Dario Fo e Dario Fo. L’ uomo di teatro e Nobel per la letteratura che tutti conoscono, ma c’è anche un Dario Fo pittore molto meno noto. Eppure Fo si è diplomato all’Accademia delle belle Arti di Brera e la pittura lo ha seguito nel corso di tutta la sua vita, una vita “doppia” ma tutta dedicata alla cultura.

Il Max Museo di Chiasso propone una mostra – la prima antologica che gli è dedicata - intitolata “Dario Fo, la pittura di un narratore” ( aperta dal 23 settembre al 15 gennaio 2012). Vi troveranno posto 200 opere fra quadri, schizzi, disegni e bozzetti, per ripercorrere tutto il percorso artistico del Premio Nobel, dal periodo post-cubista ai disegni che ritraggono la moglie Franca Rame, ai lavori più recenti e sperimentali.

Lina Simoneschi lo ha incontrato e ha scoperto che Dario Fo ha iniziato a dipingere a soli cinque anni grazie ad uno zio svizzero, ma anche che ama talmente la pittura da definirsi “un pittore professionista che si è dedicato al teatro”.

 

Clicca sull'immagine per visitare il sito di RSI RETEDUE e ascoltare l'intervista...

fonte: retedue.rsi.ch

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[STAMPA] "La pittura di un narratore" - Una personale sull'arte di Dario Fo

Chiasso, 13 settembre 2011  di Maria Luisa Prete

dario fo pittoreÈ stato presentato al centro svizzero di Milano il programma espositivo del Max, museo di Chiasso. Grande protagonista della stagione autunnale, presente anche alla conferenza stampa, il premio Nobel Dario Fo. Tra le grandi esposizioni, infatti, un posto di primo piano spetta alla Pittura di un narratore (dal 22 settembre al 15 gennaio 2012): un'importante antologica dell’autore, del quale vengono esposte oltre 200 opere, fra cui numerosi inediti. Opere a olio di grande formato, affiancate da studi in matita, bozzetti, disegni policromi, litografie, arazzi e collage – alcuni dei quali esposti per la prima volta – che permettono di comprendere l’articolata ricerca artistica e il pensiero del maestro Dario Fo nel corso di sessantacinque anni di intensa attività. Nella sala video del museo sono visibili dei filmati che propongono un percorso “ragionato” sul tema autobiografico riferito al particolare rapporto di Dario Fo con la pittura, riletto attraverso le sue rappresentazioni dedicate ad artisti quali Leonardo, Raffaello, Michelangniolo, Correggio, Caravaggio, i maestri del Duomo di Modena e, proposto per la prima volta al Max museo in questa chiave di lettura, dal regista Felice Cappa.

«Ho cominciato a dipingere proprio al confine, a 5 anni – racconta Fo alla conferenza stampa – ospite a casa di uno zio acquisito che amava tantissimo la pittura, lui svizzero e la zia italiana, lo zio faceva il vigile e aveva una divisa bellissima. Mi fece un regalo fantastico: colori, carta e addirittura tavole, così iniziai a dipingere. Più tardi, quasi 10 anni dopo, ritornando in questo luogo, ho visto una decina di mie tavole appese al muro e ho visto un pittore. In poche parole, il fatto di tornare dove ho cominciato è sempre un brivido una emozione».
«In questa mostra c’è la storia della mia vita – ha aggiunto Fo – dal liceo, all’accademia, la pittura in Svizzera e in Francia. Nel dopoguerra non si aveva paura di cercare soluzioni nuove, di andare oltre certi confini, ci si muoveva, abbiamo dipinto in tutte le direzioni. Non era un dipingere per apparire diversi ma solo per sperimentare, per studiare e scoprire il significato del valore della pittura, della scenografia ecc. All’Accademia di Brera ho partecipato a lezioni di scenografia, scultura, le materie non erano staccate come oggi ma si faceva tutto assieme, negli anni ho cercato di salvare quell’idea di arti che si fondono e che ancora mi porto dietro. Pochi sanno che a Brera sono passati grandi pittori stranieri, oggi anche importanti, arrivati dalla Francia e dalla Spagna. Ho recitato i pezzi che prima ho dipinto. Io sono un pittore professionista che ha deciso di fare l’attore e il regista».

Fino al 15 gennaio 2012
Max museo, via Dante Alighieri 6, Chiasso
Info: 0041916825656; www.maxmuseo.ch

 

fonte: insideart.eu

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[STAMPA] Note di regia di "Mistero Buffo 3D"

mistero buffoProporre Mistero Buffo in un film 3D non è altro che continuare a rinnovare con i linguaggi e le tecniche di oggi una ricerca cominciata da Dario Fo e Franca Rame nel 1966 e che ha prodotto uno dei più importanti testi della cultura contemporanea.

Mistero Buffo è un capolavoro della letterature teatrale, uno delle opere che più hanno contribuito all’evoluzione della storia del teatro nell’ultimo secolo, non a caso consacrata dal Premio Nobel nel 1997. Ma non è solo questo.

Se si consulta il ricchissimo archivio Fo-Rame (www.francarame.it), si scopre come Mistero Buffo sia nato come una ricerca e una riscrittura della cultura popolare fatta anche tramite le immagini da essa prodotte, oltre che attraverso il recupero e la reinvenzione della tradizione scritta e orale.

Già nei primi appunti su Mistero Buffo si trovano scalette di quello che è l’embrione della lezione-spettacolo, con l’indicazione dell’uso di “lastrine”, ovvero immagini tratte dall’iconografia medioevale, che sarebbero state proiettate in scena. E così nelle prime rappresentazioni, proprio a partire da queste immagini, Dario ha cominciato a costruire i prologhi e a creare le sue affabulazioni.

La straordinaria presenza scenica di Fo, la sua arte anti-mimica, ha poi preso il sopravvento e ha fatto sì che Mistero Buffo fosse rappresentato anche senza il contributo visivo, una semplificazione che rimandava all’arte semplice e diretta dei giullari, che non avevano bisogno di teatri o saloni, ma utilizzavano le strade, le piazze, le corti e che, nel Novecento, è stata proficuamente ripresa e ha riaperto la strada a vari filoni della live performance che oggi dominano le scene, dal cabaret all’one-man-show, al fortunato fenomeno che oggi genericamente viene chiamato “teatro di narrazione”.

Ma l’impronta dell’immaginazione visiva - che è alla base della rivoluzione di Mistero Buffo - rimane comunque presente. Dario, che è pittore, prima ancora che attore, drammaturgo e regista, ripropone in scena quello che la cultura “bassa” ha elaborato e trasmesso, oltre che attraverso i canti, i canovacci delle rappresentazioni religiose e le giullarate, anche con i “libri di pietra” delle cattedrali (le statue, i bassorilievi, ma anche le vetrate), con le tessere dei mosaici, con le sculture lignee dei compianti e delle deposizioni, con le miniature dei codici e, naturalmente, con la stupefacente avventura della pittura occidentale.

L’immagine, dunque, come testimonianza e fonte di cultura, ma anche come componente essenziale del teatro che, da sempre, è arte totale per eccellenza.

Ma tutta questa ricerca ha sempre come origine un obiettivo sociale, politico che si può riassumere nella necessità di mettere in scena e di creare non solo per il pubblico, ma insieme al pubblico.

Il pubblico di ieri, che ha contribuito con le sue tradizioni e i suoi miti a trasmettere valori e conoscenze, ispirando, avvalorando e conservando le opere degli artisti del passato, e il pubblico di oggi che, con la sua partecipazione a un evento come il teatro, dà il suo apporto, ispirando contenuti e partecipando alla codifica del testo.

Sulla base di un primo canovaccio scritto e delle immagini – che quando non erano proiezioni erano scenografie, costumi, trovate che facevano scattare l’immaginazione – Dario e Franca hanno sempre interpretato delle performance creative, in continuo movimento, spettacoli in progress, che, replica dopo replica, hanno fatto sì che si sedimentasse un testo (inteso nella complessità di tutti i linguaggi presenti nel teatro) sempre nuovo e reinventato, dove un pubblico vivo e attivo si sente complice e protagonista e non semplice destinatario passivo.

L'idea di riprendere Mistero Buffo in 3D continua in questa direzione. E’ un ulteriore tentativo di far dialogare la narrazione orale, che può essere considerata la più antica forma di rappresentazione, con l'immagine in 3D, che sta creando nuove modalità di fruizione del cinema e della televisione.

La ricerca si arricchisce anche di un aspetto originale, tenta di trovare una strada nuova nella contraddizione tra lo spettacolo dal vivo e la sua riproduzione.

Questo lavoro mette l’accento sul corpo a corpo tra teatro e rappresentazione visiva, che ha nello spettatore la vera posta in gioco. Lo spettatore nella sua funzione creativa, nel suo essere parte integrante ed essenziale di un’arte che abbia un senso profondo per la comunità.

Nel Mistero Buffo in 3D, il pubblico è co-protagonista dello spettacolo, sia per come è costruito, fin dall’origine il testo, sia per come abbiamo creato la scena. Non c’è frattura tra palco e platea, più che una messa in scena, si cerca di ricreare una comunicazione rituale: l'attore non è mai ripreso da solo nelle sequenze, ma è sempre inquadrato insieme agli spettatori che, con la loro presenza, fanno sì che l'evento abbia luogo. Ed è per questo motivo che il pubblico è presente anche sul palcoscenito e fa da “quinta”. In questo modo, nelle riprese si vedono Franca e Dario che raccontano e, contemporaneamente, è sempre presente il pubblico con le sue reazioni; inoltre, il pubblico è anche riprodotto sul fondo del palco, grazie a una schiera di sagome poste su diversi livelli di profondità e si riverbera sul fondale che riproduce una grandi delle icone del popolo: il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, ridipinto e moltiplicato da Dario.

Questo allestimento scenico è stato pensato così e realizzato proprio per valorizzare il set delle riprese in 3D e ci sembra che, anche metaforicamente, esso ricrei uno spazio collettivo dove può compiersi quell’atto magico in cui una comunità si ritrova e si rappresenta, condividendo con spirito critico valori e prospettive.

Felice Cappa
fonte: cinemaitaliano.info

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DA CRAXY A LAVITOLA - CAVALIERE, CHE SCADIMENTO

C’è una oscurità che si propaga, nella voragine di Berlusconi. Un tempo i colori artificiali del suo mondo coprivano il necessario. Vittorio Mangano sembrava uno stalliere. Craxy uno statista. Dell’Utri un segretario. Cesare Previti un avvocato. Gianni Letta un esperto di penombre romane. Fabbricava a quel tempo case e sogni. Creava a sua immagine un mondo fatto di prati in fiore e varietà, niente pessimismo, niente noia, la vita che gira in una eterna offerta speciale, soldi, ragazze, la squadra di calcio che arriva in elicottero. E vendendo sogni, li sognava anche lui, irretito dalle sue stesse bugie, tagliate in perfetta aderenza al suo carattere, indossate come lo smoking che un tempo esibiva alle sue cene eleganti, quando aveva una moglie e solo un’amante alla volta, come ogni buon miliardario.

Quel suo mondo oggi si e sciolto come fanno i volti nei quadri di Bacon. Marcisce a vista d’occhio. Alle ragazze che lo frequentano è sceso il trucco, hanno il frigorifero e il cuore vuoti, gridano: “Rubiamogli tutto!”. Tarantini ha la barba sfatta del carcerato. Nicla, sua moglie, cola in lacrime. Lavitola esala turpiloqui. L’Italia è in bilico tra la nostra tragedia e il suo abisso.

 

Di Pino Corrias

Da “il Fatto Quotidiano”, 7 settembre 2011

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