Ecco un interessante disegno di legge che propone dei tagli consistenti ai privilegi dei parlamentari: prolungamento del periodo necessario alla maturazione del diritto alla pensione, e diminuzione delle cifre del vitalizio.
Leggete voi stessi!
Riforma del trattamento previdenziale dei Senatori
Premessa
In virtù dell'articolo 69 della Costituzione ("i membri del Parlamento ricevono un'indennità stabilita dalla legge") si può ritenere che nella specifica materia indennitaria e nelle corrispondenti disposizioni di natura previdenziale, applicabili ai parlamentari, non dovrebbe invocarsi il più generale principio dell'autonomia riconosciuta alle Camere. Nella prassi normativa il principio ha trovato applicazione nella legge n. 1261 del 1965, i cui articoli 1 e 2 correttamente determinano i limiti massimi ai quali si riferisce l'intera disciplina. Secondo la costante e ormai pacifica interpretazione, del resto, fatti salvi i predetti limiti ivi stabiliti, le concrete modalità applicative del trattamento attribuito ai parlamentari sono rimesse alla piena autonomia degli Uffici di Presidenza eletti dai due rami del Parlamento.
Nell'ambito applicativo di tale principio di autonomia viene, in ogni caso, garantita parità di trattamento indennitario ai parlamentari in carica, indipendentemente dalla sede di effettivo svolgimento del mandato, e trattamento previdenziale uguale a quelli cessati dal mandato.
Ciò premesso, si ritiene opportuno introdurre nel vigente sistema articolate proposte, essenzialmente volte a riformare il trattamento previdenziale dei parlamentari, che gli Uffici di Presidenza del Senato e della Camera dei Deputati potranno tenere nel debito conto, in un quadro di riforma organica e doverosamente coordinata tra i due rami del Parlamento.
1. Misure volte al riequilibrio dei conti pubblici
Considerato l'indirizzo dell'ordinamento generale in materia di trattamento previdenziale, viene adottato anche per i senatori cessati dal mandato il sistema "contributivo", prevedendo due distinte situazioni.
L'attuale sistema, per così dire "retributivo", comprensivo dei limiti anagrafici al conseguimento del diritto al trattamento, continua ad applicarsi ai senatori eletti fino alla XV legislatura;
-
- il sistema "contributivo" si applica ai senatori eletti a partire dalla XVI legislatura.
A partire dalla data di entrata in vigore della riforma la maturazione del diritto al trattamento previdenziale si consegue al compimento del 65° anno di età.
Considerata la peculiarità del "servizio" parlamentare e, conseguentemente, la specificità insita nel trattamento previdenziale, ai parlamentari in carica viene aumentata l'aliquota contributiva, in misura tale che essa risulti superiore di almeno il 25 per cento rispetto a quella versata dai dipendenti del settore pubblico.
Ai senatori cessati dal mandato che continuano a beneficiare del sistema "retributivo" viene imposto un contributo di "solidarietà" del 4 per cento, per la quota eccedente i 50.000 euro lordi annui, quale partecipazione alla riduzione dei corrispondenti oneri di bilancio, nonché concrete modalità di "sterilizzazione" dell'adeguamento annuale, riconducendolo sostanzialmente all'indice ISTAT.
Viene abolita la generale facoltà di costituire, ai fini previdenziali, periodi "figurativi", anche tramite il riscatto oneroso dei periodi di mandati non completati per i più svariati motivi.
La facoltà di "riscatto" può essere fatta valere esclusivamente nel caso in cui l'ex parlamentare intenda completare un'unica legislatura - limite minimo per maturare il diritto al trattamento previdenziale a 65 anni - e soltanto in presenza di attività parlamentare esercitata per un periodo non inferiore a 30 mesi.
2. Natura previdenziale e non assicurativa del trattamento
E' necessario, in primo luogo, abbandonare la nozione di "rendita assicurativa", conforme alle deliberazioni adottate nel 1993 dagli Uffici di Presidenza delle due Camere, attribuendo anche formalmente piena natura previdenziale al trattamento vitalizio. Ciò comporta:
a) la necessità di abrogare le deliberazioni appena richiamate;
b) la particolare opportunità che il trattamento vitalizio sia sostanzialmente e formalmente riconducibile a un "trattamento previdenziale", sia pure dai connotati speciali, deducibili dall'esigenza prioritaria di assicurare funzionalmente a tutti i cittadini il pieno esercizio dei diritti costituzionalmente garantiti;
c) l'esigenza che il trattamento previdenziale abbia un più marcato ancoraggio ai redditi da lavoro dipendente e non venga classificato come reddito assimilato; non sia più soggetto, pertanto, all'imposizione dell'IRAP. Ciò, tra l'altro, consente al bilancio interno del Senato un risparmio pari a circa l'8,5 per cento del lordo imponibile di competenza degli ex parlamentari;
d) la perdita del beneficio consistente nella quota esente da imposizione (ex art. 52, comma 1, lettera b), del TUIR), per l'anno corrente pari all'8,75 del lordo spettante come trattamento vitalizio. La conseguente reformatio in peius, suscettibile di essere impugnata in quanto incidente su diritti acquisiti, potrebbe essere superata con un incremento temporaneo del vitalizio lordo spettante all'ex senatore, nella misura idonea a far recuperare la perdita del beneficio fiscale a fronte, peraltro, del minor costo a bilancio derivante dalla eliminazione dell'IRAP: al riguardo, infatti, va segnalato che la quota dell'8,75 per cento, in ragione del vigente meccanismo normativo, si riduce progressivamente nel tempo (nell'anno scorso circa l'1,3 per cento).
3. Passaggio al sistema contributivo
Conformemente all'indirizzo dell'ordinamento generale, il nuovo sistema contributivo si configura come un mero meccanismo di calcolo della prestazione e non come un sistema di finanziamento della prestazione previdenziale che, dunque, continuerebbe ad essere posta a carico del bilancio interno del Senato.
Ove, pertanto, il Senato continuasse ad erogare i trattamenti previdenziali con le modalità appena accenate, nell'immediato si dovrebbero registrare sicuri benefici finanziari al proprio bilancio. Questi sarebbero determinati dall'aumento complessivo della contribuzione a carico dei senatori, con una curva della spesa che crescerebbe più moderatamente anche per effetto della più limitata contribuzione (sia pure virtuale) posta a carico del bilancio interno, con un onere previdenziale che, soprattutto per esigenze sistematiche di carattere istituzionale, rimarrebbe comunque a carico degli organi parlamentari.
E' di tutta evidenza, in conclusione, che il sistema di calcolo prefigurato con gli articoli che seguono tende a ricondurre il complessivo sistema di natura previdenziale nel solco del vigente ordinamento generale, con vincoli matematici e attuariali propri di tutti i regimi previdenziali. Ove, peraltro, si intendesse aumentare il rendimento del trattamento previdenziale dei parlamentari, evocando in qualche modo gli effetti introdotti dal "sistema Dini", occorrerebbe aumentare la contribuzione degli interessati al 30 per cento dei propri emolumenti.
Si tratta di scegliere, dunque, anche con una congrua valutazione politica e non meramente finanziaria, se sia tollerabile persistere nell'attuale situazione di profondo squilibrio ovvero assicurare fin d'ora un più graduale passaggio a un sistema contributivo che, realisticamente, si qualifichi non più quale garanzia, a prescindere dal reale stato di fatto, dei benefici di fine rapporto - difficilmente assimilabili, sia pure lato sensu, alle dinamiche proprie del mondo del lavoro - ma come un ordinario periodo di servizio prestato nelle istituzioni, giustamente riconosciuto nei limiti dell'effettivo periodo temporale trascorso nell'attività svolta in qualità di parlamentare.
L'articolato base - che assorbirebbe integralmente gli articoli 1, 2, 6 e 10 del vigente Regolamento per gli assegni vitalizi degli onorevoli Senatori e loro familiari - ovviamente presuppone l'indirizzo da ultimo indicato, fermo restando che, una volta effettuate le scelte di merito da parte dell'Ufficio di Presidenza, andrebbe in ogni caso effettuato un coordinamento non meramente formale dell'intera disciplina.
PER CHI DESIDERA APPRONFONDIRE, DI SEGUITO L'ARTICOLATO:
Art. 1
Trattamento previdenziale
1. Ai senatori cessati dal mandato, che abbiano svolto almeno una legislatura, dal primo mese successivo al compimento del sessantacinquesimo anno di età spetta il seguente trattamento previdenziale:
a) ai senatori in carica fino alla XV legislatura, viene erogato l'assegno vitalizio, corrispondente agli anni di mandato parlamentare, nella misura prevista all'allegata tabella "A", secondo quanto disposto dall'articolo 2;
b) ai senatori eletti a partire dalla XVI legislatura, viene erogato un trattamento previdenziale, secondo quanto disposto dall'articolo 3.
2. A decorre dal 1° gennaio 2008, il contributo obbligatorio a carico dei senatori ai fini del trattamento previdenziale è stabilito dal Consiglio di Presidenza in misura non inferiore al 125 per cento dei contributi previsti, ai medesimi fini previdenziali, a carico dei lavoratori dipendenti del pubblico impiego.
3. Il diritto alla reversibilità del trattamento previdenziale, nella misura e con le modalità di cui all'articolo 14, a favore del coniuge e dei figli è subordinato al versamento, da parte del senatore, di una quota aggiuntiva pari al 25 per cento del contributo di cui al comma 2.
4. I contributi sono trattenuti d'ufficio a valere delle indennità parlamentari.
Art. 2
Assegno vitalizio per gli eletti fino alla XV legislatura
1. La legislatura che dà titolo all'assegno vitalizio minimo può avere anche durata parziale, purché non inferiore a due anni e sei mesi. In tale caso, fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, comma 3, il diritto al trattamento vitalizio è subordinato al versamento volontario dei contributi per il periodo mancante al completamento della legislatura. Il versamento volontario dei contributi di cui al presente comma, comunque, non è ammissibile allorché il senatore si dimetta per incompatibilità dipendente da opzione per l'esercizio del mandato al Parlamento europeo, a un Consiglio regionale o al Consiglio delle province autonome di Trento e Bolzano.
2. Il senatore rieletto, che abbia già riscattato il periodo mancante della legislatura per conseguire il diritto al trattamento vitalizio minimo, ha la facoltà di richiedere, nel mese successivo al raggiungimento del quinquennio di mandato effettivo, la restituzione in un'unica soluzione dei contributi versati, rivalutati in misura pari all'interesse legale.
3. La misura massima dell'assegno vitalizio non può essere superiore all'80 per cento dell'indennità parlamentare lorda e si consegue con almeno 30 anni di contribuzione.
4. L'indennità parlamentare da prendere in considerazione ai fini dell'assegno vitalizio è quella vigente al 1° gennaio dell'ultimo anno di mandato parlamentare, successivamente rivalutata in base all'indice ISTAT per il periodo di tempo che intercorre tra il 31 dicembre dell'ultimo anno di mandato parlamentare e il 1° gennaio dell'anno in cui decorre la corresponsione dell'assegno vitalizio.
5. A decorrere dal 1° gennaio 2008 l'assegno vitalizio è rivalutato annualmente in base all'indice ISTAT.
6. Il senatore che cessi dal mandato prima di aver raggiunto il periodo minimo di cui al comma 1, ovvero rinunci all'assegno vitalizio, ha diritto alla restituzione, in unica soluzione, della somma ritenuta a fini previdenziali rivalutata in misura pari all'interesse legale.
7. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 13 e dal Parlamento europeo, i contributi obbligatori corrisposti presso i due rami del Parlamento nazionale e il Parlamento europeo sono ricongiungibili ai fini della determinazione dell'esatto ammontare dell'assegno vitalizio, purché riferiti a periodi di mandato non esercitati contemporaneamente.
8. Resta ferma la facoltà di optare per la restituzione dei contributi, secondo quanto previsto dal comma 6.
9. Non è ammesso il completamento del quinquennio nel caso in cui l'elezione sia stata annullata.
10. A carico degli assegni vitalizi attribuiti ai senatori eletti fino alla XIV legislatura viene detratto, con decorrenza 1° gennaio 2008, un contributo di solidarietà pari al 4 per cento della quota eccedente i 50.000 euro lordi annui, quale partecipazione alla riduzione dei corrispondenti oneri di bilancio.
Art. 3
Trattamento previdenziale degli eletti a partire dalla XVI legislatura
1. La misura del trattamento previdenziale riconosciuto ai senatori eletti a partire dalla XVI legislatura viene determinata capitalizzando le contribuzioni di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, e al comma 2 del presente articolo in ragione di un interesse pari alla rivalutazione annua dell'indennità parlamentare. La rivalutazione ha effetto fino al raggiungimento del diritto alla effettiva erogazione del trattamento.
2. Ai fini del calcolo di cui al comma 1, a carico del bilancio interno delle Camere viene computato un contributo annuale pari al 33 per cento dell'indennità parlamentare.
3. Con apposito regolamento approvato dal Consiglio di Presidenza vengono stabiliti anche i parametri e le basi demografiche attuariali concorrenti a determinare il tasso di trasformazione del trattamento previdenziale ai sensi del comma 7 nonché i casi di ammissibilità che consentano la prosecuzione dei versamenti contributivi da parte del parlamentare senza ulteriori oneri da parte della Camera di appartenenza.
4. La legislatura che dà titolo al trattamento previdenziale può avere anche durata parziale, purché non inferiore a due anni e sei mesi. In tale caso il diritto al trattamento è subordinato al versamento volontario dei contributi per il periodo mancante al completamento della legislatura. Non è ammesso il completamento del quinquennio nel caso in cui l'elezione sia stata annullata.
5. Il senatore rieletto, che abbia già riscattato il periodo mancante della legislatura per conseguire il diritto al trattamento previdenziale, ha la facoltà di richiedere, nel mese successivo al raggiungimento del quinquennio di mandato effettivo, la restituzione in un'unica soluzione dei contributi versati, rivalutati in misura pari all'interesse legale.
6. Il senatore che cessi dal mandato prima di aver raggiunto il periodo minimo di cui al comma 4 ha diritto alla restituzione dei contributi versati, incrementati della rivalutazione di cui al comma 5. In caso di successiva rielezione, con la quale maturi il periodo minimo di contribuzione utile, il senatore ha facoltà di versare la somma a suo tempo restituita, rivalutata in misura pari all'interesse legale.
7. Il senatore che abbia maturato il diritto al trattamento previdenziale, alla cessazione del mandato ha diritto alle seguenti opzioni non revocabili:
a) restituzione dell'importo costituito dalle proprie contribuzioni, rivalutate annualmente nella stessa misura percentuale dell'indennità parlamentare. Il montante derivante dalla contribuzione a carico del bilancio interno rimane acquisito allo stesso;
b) trasformazione del montante complessivo, al compimento del sessantacinquesimo anno di età ovvero al termine del mandato se superiore, in rendita vitalizia, erogata a carico del bilancio interno, secondo le modalità definite con apposito regolamento dal Consiglio di Presidenza.
8. L'intera disponibilità risultante dai versamenti dei contributi di cui al presente articolo, in caso di decesso del senatore prima dell'acquisizione del diritto alla erogazione del trattamento previdenziale minimo, è devoluto in conformità alla disciplina in materia di successione.
9. In caso di decesso del senatore che abbia maturato il diritto al trattamento previdenziale e che si sia avvalso dell'istituto della reversibilità, il coniuge superstite ha diritto alle seguenti opzioni:
a) devoluzione dell'importo, come costituito dalle contribuzioni del dante causa, rivalutate annualmente nella stessa misura percentuale dell'indennità parlamentare. La somma sarà assegnata in conformità alla disciplina in materia di successione mentre il montante derivante dalla contribuzione a carico del bilancio interno rimane acquisito allo stesso;
b) trasformazione del montante complessivo, alla data di compimento del sessantacinquesimo anno di età del dante causa, in rendita vitalizia, erogata a carico del bilancio interno, secondo le modalità disciplinate dall' apposito regolamento di cui al comma 3.
10. In caso di decesso del senatore cessato dal mandato prima del compimento del sessantacinquesimo anno di età e che si sia avvalso dell'istituto della reversibilità, il coniuge superstite mantiene il diritto alla rendita vitalizia alla stessa data in cui l'avrebbe maturata il dante causa.