Sconti alla Chiesa sull'Ici la Ue ora processa l'Italia | Franca Rame: Teatro, Politica. | Senatrice dall'aprile 2006 al gennaio 2008

Dario Fo e Franca Rame, Il Papa e la strega

di CURZIO MALTESE

Sarà aperta una pratica d'infrazione per violazione delle norme sulla concorrenza
Sotto tiro negozi e alberghi "collegati" a luoghi sacri

C'è chi in Italia è abituato a ottenere privilegi da qualsiasi governo e autorizzato a non pagare il fisco, ma sul quale nessuno osa moraleggiare. Pena l'accusa di anticlericalismo. L'anomalo rapporto fra Stato italiano e clero è invece finito da tempo sul tavolo dell'Unione europea, che si prepara a mettere sotto processo il nostro Paese per i vantaggi fiscali concessi alla Chiesa cattolica, contrari alle norme comunitarie sulla concorrenza. Oltre che alla Costituzione, meno di moda. Al centro del caso è l'esenzione del pagamento dell'Ici per le attività commerciali della Chiesa. La storia è vecchia ed è tipicamente italiana.

Varato nel '92, bocciato da una sentenza della Consulta nel 2004, resuscitato da un miracolo di Berlusconi con decreto del 2005, quindi decaduto e ancora recuperato dalla Finanziaria 2006 come omaggio elettorale, il regalo dell'Ici alla Chiesa è stato in teoria abolito dai decreti Bersani dell'anno scorso.
Molto in teoria, però. Di fatto gli enti ecclesiastici (e le onlus) continuano a non pagare l'Ici sugli immobili commerciali, grazie a un gesuitico cavillo introdotto nel decreto governativo e votato da una larghissima maggioranza, contro la resistenza laica di un drappello di mazziniani radicali guidati dall'onorevole Maurizio Turco.

I resistenti laici avevano proposto di limitare l'esenzione dell'Ici ai soli luoghi senza fini commerciali come chiese, santuari, sedi di diocesi e parrocchie, biblioteche e centri di accoglienza. Il cavillo bipartisan ha invece esteso il privilegio a tutte le attività "non esclusivamente commerciali".

Basta insomma trovare una cappella votiva nei paraggi di un cinema, un centro vacanze, un negozio, un ristorante, un albergo, e l'Ici non si paga più. In questo modo la Chiesa cattolica versa soltanto il 5 o 10 per cento del dovuto allo Stato italiano con una perdita per l'erario di almeno 400 milioni di euro ogni anno, senza contare gli arretrati.

Il trucco o se vogliamo la furbata degli italiani non è piaciuta a Bruxelles, da dove è partita una nuova richiesta di spiegazioni al governo. Il ministero dell'Economia ha rassicurato l'Ue circa l'inequivocabilità delle norme approvate, ma subito dopo ha varato una commissione interna di studio per chiarirsi le idee.

L'affannosa contraddizione è stata segnalata all'autorità europea dall'avvocato Alessandro Nucara, esperto in diritto comunitario, e dal commercialista Carlo Pontesilli, due professionisti di simpatie radicali che affiancano e assistono il drappello dell'orgoglio laico.

A questo punto la commissione per la concorrenza europea avrebbe deciso di riesumare la pratica d'infrazione già aperta ai tempi del governo Berlusconi e poi archiviata dopo l'approvazione dei decreti Bersani. In più, la commissione ha chiesto al governo Prodi di fornire un quadro generale dei favori fiscali che l'Italia concede alla Chiesa cattolica, oltre all'esenzione Ici.

Che cosa potrà succedere ora? Un'infrazione in più o in meno probabilmente non cambia molto. L'Italia dei monopoli, dei privilegi e delle caste è già buona ultima in Europa per l'applicazione delle norme sulla concorrenza e naviga in un gruppo di nazioni africane per quanto riguarda la trasparenza fiscale. Quale che sia la decisione dell'Ue, i governi italiani, di destra e di sinistra, troveranno sempre modi di garantire un paradiso fiscale assai poco mistico alla Chiesa cattolica all'interno dei nostri confini. Magari tagliando ancora sulla ricerca e sulla scuola pubblica.

E' triste constatare però che senza le pressioni di Bruxelles e la lotta di una minoranza laicista indigena, l'opinione pubblica non avrebbe neppure saputo che gli enti religiosi continuano a non pagare l'Ici almeno al 90 per cento. Nonostante l'Europa, la Costituzione, le mille promesse di un ceto politico senza neppure il coraggio di difendere le proprie scelte.

Nonostante le solenni dichiarazioni di Benedetto XVI e dei vescovi all'epoca dei decreti Bersani: "Non ci interessano i privilegi fiscali".
Nonostante infine siano passati duecento anni da Thomas Jefferson ("nessuno può essere costretto a partecipare o a contribuire pecuniariamente a qualsivoglia culto, edificio o ministero religioso") e duemila dalla definitiva sentenza del Vangelo: "Date a Cesare quel che è di Cesare".

(25 giugno 2007)

Argomento:

Basta con gli sprechi

Commenti

in che percentuale parte

Collegamento permanente Inviato da filippo russo il Ven, 07/27/2007 - 16:39

in che percentuale parte dell'8 x mille donato alla chiesa serve:
a) finanziare la campagna publicitaria "dona l'8x mille alla chiesa cattolica?
b) pagare gli avvocati e i risarcimenti per le cause di abusi sessuali?
c) comprare i vestitini al razzy?

per il resto la mia educazione mi vieta di aggiungere qualsivoglia commento

peace&love

filippo

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Costituito comitato web pro Rita Borsellino

Collegamento permanente Inviato da LAPACE il Lun, 02/04/2008 - 17:04

E' stato costituito il comitato web "Per Rita Borsellino presidente". L'iniziativa, promossa da Ettore Lomaglio Silvestri, presidente dell'associazione culturale "Sconfiggiamo la mafia", è finalizzata a raccogliere adesioni alla candidatura della Borsellino alle elezioni per il nuovo governatore siciliano, dopo le dimissioni del presidente Salvatore Cuffaro. "Per aderire - dice Lomaglio - basta inviare un'email a
[email protected]".

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Franca Rame con Rita Borsellino

Collegamento permanente Inviato da LAPACE il Mer, 02/06/2008 - 17:54

Un’altra Storia è il progetto promosso con la candidatura di Rita Borsellino a Presidente della Regione Siciliana. Un progetto che ha come obbiettivo la costruzione della alternativa culturale e politica in Sicilia nella prospettiva della società di giustizia.
L’ antimafia, la cultura delle differenze, della pace e della nonviolenza, la giustizia sociale, lo sviluppo autonomo, inteso come crescita qualitativa di territori e comunità, sostenibile sul piano sociale ed ambientale e rispettoso delle tradizioni e dei modi di vita dei luoghi, rappresentano i punti di riferimento forti di tutto l’itinerario.

La strada intrapresa punta alla riforma sostanziale della politica intesa come impegno costante e gratuito mirato a costruire il bene comune e alla rigenerazione della democrazia, ridando centralità al presupposto partecipativo e determinando condizioni che favoriscano un proficuo rapporto di complementarietà tra democrazia partecipativa e democrazia rappresentativa.
E’ in questo contesto che la società è chiamata ad un nuovo e responsabile protagonismo, attraverso processi partecipativi che rendano più fitto il tessuto sociale e lo arricchiscano di beni relazionali, per produrre un forte rinnovamento ed una reale democratizzazione delle istituzioni.
I Cantieri tematici regionali, quelli municipali e territoriali, già sperimentati in fase di elaborazione del programma, assumono importanza di rilievo in quanto rappresentano gli strumenti attraverso cui si esercita la partecipazione e si valorizzano le risorse su una dimensione politica propriamente progettuale.

UN’ALTRA STORIA poggia quindi il suo agire sull’azione sinergica fra partiti siciliani dell’Unione, le forze organizzate della società, le diverse espressioni di socialità dal basso, i luoghi della partecipazione, protesi insieme verso il cambiamento e a rendere credibile e realizzabile quello che è un vero e proprio processo di liberazione della Sicilia.

I Soggetti collettivi del progetto

http://www.ritaborsellino.it./modorg.html

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SPAGNA/ PSOE: RIDURRE FINANZIAMENTI A CHIESA

Collegamento permanente Inviato da LAPACE il Mer, 02/06/2008 - 17:52

Il clima di guerra aperta fra i vescovi spagnoli e il governo di José Luis Zapatero, inviso alle gerarchie ecclesiastiche spagnole per le leggi sul matrimonio omosessuale e il 'divorzio-express', potrebbe portare a una revisione, almeno parziale, dei rapporti fra lo Stato spagnolo e la Chiesa, se l'esecutivo socialista dovesse vincere le elezioni del prossimo nove marzo. L'ipotesi, nell'aria già da diversi mesi, è stata esplicitamente ribadita ieri dal segretario organizzativo del Psoe, José Blanco, secondo cui dovrebbero essere compiuti "passi definitivi" verso l'autofinanziamento della Chiesa spagnola.

Blanco ha parlato in risposta alle affermazioni del cardinale di Toledo, Antonio Canizares, considerato uno dei 'falchi' della Conferenza episcopale spagnola (Cee): quest'ultimo aveva difeso con toni intransigenti il polemico messaggio dei prelati iberici ai fedeli, con cui giovedì scorso avevano consigliato di non votare per partiti che abbiano negoziato con l'Eta o consentito il matrimonio gay. Oggi il vescovo di Bilbao e presidente della Cee, Ricardo Blazquez, ha cercato di gettare acqua sul fuoco affermando che "il Vangelo non si identifica con nessun progetto politico" e ha parlato telefonicamente con la vice di Zapatero, Maria Teresa Fernandez de la Vega, in un tentativo di calmare le acque.

Blazquez è un moderato, ma la sua linea nell'ultimo mese è stata decisamente offuscata da quella del nucleo più duro, capeggiato dall'arcivescovo di Madrid Antonio Maria Rouco Varela: dalla manifestazione di piazza dello scorso 30 dicembre 'per la famiglia cristiana' alla 'nota orientativa' della settimana scorsa, l'ala più oltranzista della Chiesa spagnola ha intensificato la polemica col governo proprio alla vigilia delle elezioni. E non solo di quelle dello Stato spagnolo: il prossimo 3 marzo, infatti, gli stessi vescovi iberici saranno di nuovo chiamati a eleggere il loro presidente, e non pochi ritengono che Rouco, che tre anni fa perse per un solo voto, stavolta abbia buone possibilità. Anche perché le simpatie del Vaticano sembrano andare nella sua direzione.

In uno scenario del genere, se il Psoe dovesse a sua volta uscire vittorioso dalle urne il nove marzo - cosa che i sondaggi continuano a prevedere, sebbene con margini ondivaghi - la resa dei conti fra Stato e Chiesa potrebbe passare dalle parole ai fatti. In quel caso, i socialisti avrebbero in effetti un certo margine per intaccare i privilegi finanziari delle istituzioni cattoliche: come riporta oggi il quotidiano 'El Pais', a fronte delle costanti frizioni sui temi della famiglia, dal punto di vista del portafoglio l'esecutivo Zapatero ha trattato bene i prelati spagnoli. Nel 2006 il governo ha rinnovato infatti un accordo con i vescovi sul finanziamento della Chiesa in cui è stato cancellato l'impegno assunto da quest'ultima nel 1979 (e mai concretizzato) di autofinanziarsi.

Col nuovo patto, la quota di versamento volontario dei contribuenti sull'Irpef è salita dallo 0,52% allo 0,7%, in cambio di una rinuncia dei vescovi all'esenzione dall'Iva (proibita da Bruxelles) e all'assegnazione minima garantita sul bilancio dello Stato, che ricevevano nel caso in cui i versamenti volontari non rispecchiassero le previsioni. Nel 2008 la Chiesa spagnola ha avuto 153,1 milioni a questo titolo, ma sul suo bilancio arrivano anche sovvenzioni per circa 4,8 miliardi, fra aiuti alle scuole cattoliche (3,2 miliardi), salari dei professori (517 milioni) e diverse altre voci.

Ma la minaccia agitata ieri da Blanco non si spiega tanto con le cifre dei finanziamenti, quanto con il fatto che nessun governo prima di quello di Zapatero (neppure quello di José Maria Aznar) aveva accettato di cancellare il principio dell'autofinanziamento della Chiesa dal testo, sebbene nei fatti non fosse mai stato rispettato. Un beneficio che i socialisti considerano una grande concessione, ma che evidentemente, dal punto di vista dei vescovi più conservatori, non è affatto sufficiente a compensare leggi come quella sul matrimonio omosessuale, definita dal portavoce della conferenza episcopale Juan Antonio Martinez Camino come "la cosa più terribile mai accaduta in 20 secoli".