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[STAMPA] Sgomberato Macao, il centro occupato nello stabile di Ligresti a Milano


Le forze dell'ordine sono entrate questa mattina e hanno identificato circa venti ragazzi. Il proprietario dell'immobile ha inviato anche un container affinché potessero trasferire i loro effetti personali. Sul posto anche Dario Fo
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 15 maggio 2012

macao sgomberato
Le forze dell’ordine hanno sgomberato questa mattina la Torre Galfa, l’edificio di oltre cento metri d’altezza nel centro di Milano occupato una decina di giorni fa dai lavoratori dell’arte, ispirato all’esempio del Teatro Valle Occupato a Roma. Un’iniziativa che ha voluto attirare l’attenzione sulla mancanza di spazi sociali nel capoluogo meneghino, che ha ricevuto anche il sostegno di Dario Fo e altri artisti. Il premio Nobel è tornato anche questa mattina per esprimere solidarietà ai ragazzi del centro.
 
Carabinieri e polizia sono arrivati intorno alle 6,30. Lo sgombero, secondo quanto riferito dai presenti, è avvenuto nella massima tranquillità. All’interno di Macao c’erano una ventina di giovani, che non hanno opposto resistenza. I ragazzi sono stati schedati dalla polizia, poi sono usciti dallo stabile e si sono spostati dall’altro lato della strada, di fronte all’entrata. Ligresti, proprietario dell’immobile, ha inviato anche un container affinché potessero trasferire i loro effetti personali. Ma i ragazzi hanno dichiarato di preferire mezzi propri.
 

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Nella prima fila vedete le foto di alcuni onorevoli che popolano attualmente il nostro Parlamento.  SENATORI PDL E LEGA (DA SX A DX)
1- UMBERTO BOSSI
2- ALFONSO PAPA
3- ANTONIO D'ALì
4- CARLO VIZZINI
5- CESARE CURSI
6- COSIMO GALLO
7- GIULIO ANDREOTTI
8- GIUSEPPE CIARRAPICO
9- MARCELLO DELL'UTRI
10- ROBERTO CALDEROLI
 
Nella fila di sotto i candidati del Movimento 5 stelle alle recenti amministrative. CANDIDATI M5S (DA SX A DX)
1- ALESSANDRO FURNARI
2- CARLO COLOMBINI
3- DAVID BORRELLI
4- FEDERICO PIZZAROTTI
5- LUCA CERUTI
6- MARCO MAROCCO
7- PAOLO PUTTI
8- RICCARDO NUTI
9- ROBERTO CASTIGLION
10- ROBERTO FICO
 
Basta guardarli.
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Buon fine settimana
Franca Rame
 
 
 
 
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[STAMPA] Fds il 12 maggio in piazza per la difesa del lavoro

locandina manifestazione nazionale 12 maggio 2012
 

ROMA-Crescono le adesioni all’appello della Federazione della Sinistra, lanciato in occasione della manifestazione nazionale organizzata per sabato 12 maggio a Roma.

Sfilerà dalle 14, con un corteo da Piazza Repubblica al Colosseo - contro il governo Monti, alla quale parteciperanno Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista, e Oliviero Diliberto, segretario nazionale dei Comunisti italiani.  Tra i primi firmatari del testo ci sono infatti: Vittorio Agnoletto, Marco Bersani, Giorgio Cremaschi, Alfonso Gianni, Haidi Giuliani, Margherita Hack, Alberto Lucarelli, Citto Maselli, Ugo Mattei, Nicola Nicolosi, Valentino Parlato, Franca Rame, Gianni Rinaldini, Vauro Senesi.

 

Di seguito il testo completo dell’appello

Mai come in questo momento la Costituzione della Repubblica rischia di essere travolta a partire dall’articolo 1: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro".

Il valore e la natura stessa della democrazia e dei diritti del lavoro sono infatti gravemente sviliti da controriforme e manovre economiche inique, esplicitamente dettate da poteri politici e finanziari esterni al sistema istituzionale del nostro Paese. Il Governo Monti, pur formalmente legittimato dal sostegno della maggioranza trasversale di un Parlamento ampiamente logorato nella propria rappresentanza e credibilità, a partire dalle stesse modalità elettorali che lo hanno espresso, agisce al di fuori di un mandato popolare. L'introduzione del vincolo del pareggio di bilancio subordina l'esigibilità dei diritti sociali e alla salute, all'istruzione, alla previdenza e all'assistenza alle "superiori" ragioni del mercato.

La riforma del lavoro, con lo svuotamento dell'articolo 18 e la sostanziale liberalizzazione del lavoro precario, segna un salto di qualità nel dominio e nella ricattabilità del lavoro i cui diritti sono già in via di destrutturazione per l'attacco portato dal governo Berlusconi alla contrattazione nazionale e alla democrazia sindacale. Queste politiche sono tanto inique socialmente, quanto recessive e fallimentari sul terreno economico, e stanno portando il paese in un baratro senza precedenti. Opporsi a queste politiche e concorrere alla costruzione di un modello sociale ed economico alternativo è pertanto dovere di ogni cittadina e cittadino democratici: è il compito urgente che abbiamo tutti noi, in Italia ed in Europa.

Un'alternativa che contrasti effettivamente la speculazione, usata insieme al debito contratto dagli Stati per salvare speculatori ed affaristi, come una clava per distruggere i diritti sociali. Un'alternativa volta a redistribuire la ricchezza, a fronte della crescita scandalosa delle disuguaglianze, ad aumentare salari e pensioni, istituire il reddito sociale, riqualificare ed estendere il sistema di welfare. Un'alternativa che si fondi sulla centralità dei diritti del lavoro, riconverta le produzioni nel segno della sostenibilità ecologica, investa nella conoscenza e nella cultura, ampli la sfera dei beni comuni sottratti al mercato, riqualifichi il pubblico a partire da un nuovo modello di democrazia e partecipazione. Un'alternativa all'insegna di politiche di pace e cooperazione contro le logiche di guerra con la drastica diminuzione delle spese militari.

fonte: dazebaonews.it

 

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[STAMPA] Piazza Fontana: Romanzo di una Strage. Intervista a Franca Rame, una testimone che non ha dimenticato

 
Qui di seguito pubblichiamo un'intervista di Silvana Silvestri a Franca Rame apparsa su Il Manifesto di oggi. Si tratta di un commento al film di Marco Tullio Giordana "Romanzo di una strage" che parla della Strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969.
 
INTERVISTA:
Franca Rame: una testimone che non ha dimenticato
di Silvana Silvestri
 
L'ultimo film di Marco Tullio Giordana Romanzo di una strage ha più la vocazione di un "romanzo sceneggiato" ben appoggiato su schemi collaudati che di un film militante. Sposta in tempi remoti e come oramai definitivamente conclusi un panorama politico su cui invece si basa ancora la nostra convivenza civile e su cui è bene non abbassare la guardia. Secondo le modalità del cinema italiano si portano in primo piano i personaggi e si lascia che le trame, il contesto svaniscano in uno sfondo indifferenziato. La divisione tra buoni e cattivi è molto sottolineata e i buoni diventano vittime sacrificali sul cui sangue versato, come nell'antica mitologia, fondare lo stato: Pinelli, Moro, Calabresi posti sullo stessi piano perchè appaiono autonomi  nelle loro idee, non manipolabili e quindi pericolosi. Chi ha vissuto quegli anni ne averte ancora con brividi tutto il fuori campo che nel film non c'è. Le lotte studentesche e operaie, le manifestazioni contro la guerra nel Vietnam, leleggi da stato di polizia, le dittature già imposte e le altre a venire.
Per un mese intero Morte accidentale di un Anarchico fu allestito nel Cile di Allende, al Teatro dell'Università dall'ottobre al novembre del 1970. E' importante perchè dopo il colpo di stato di Pinochet, Dario Fo e Franca Rame misero in scena Guerra di un popolo in Cile dove in realtà si parlava chiaramente della situazione italiana. A Franca Rame che ha partecipato da sempre alla vita politica e intellettuale del paese, senatrice, militante in prima linea e che ha pagato anche duramente per questo, voce di tutto un movimento e un paese attraverso il teatro che esprimeva le verità che non si dicevano, chiediamo un parere sul film. E la sua risposta è decisa: il film manca di coraggio, non si sente il paese e i giovani non capiranno che cosa succedea in quei giorni.
 
Ho avuto la possibilità di vederlo e rivederlo questo film con molto interesse. Le intenzioni sono buone, ma… Quel che dico è sicuramente pesante: manca di coraggio.
Un giovane vedendo oggi il film di Giordana cosa può capire di quegli anni? E soprattutto non dice che a Calabresi fu tolta la scorta… “Vai… e tanti auguri!”. Chi l’ha ucciso? Si sa. Ma chi non lo sa? Sì… viene accennato. Ma, a mio avviso, non basta.
Si vede solo il corpo del commissario abbandonato per terra tra le macchine come fosse “dimenticato” lì da qualcuno. Non si sente il furore, la fatica, l’ansia politica di quegli anni. Non c’è Milano. La situazione era tremenda, cominciavano i primi arresti, è stata una pagina di storia stragista, ‘sporca’, ambigua, assassina.
Quello che sapevamo e che si vede anche nel film è che certamente Calabresi non era nella stanza quando Pinelli fu fatto volare dalla finestra del IV piano della questura di Milano. Quando Dario mise in scena Morte accidentale di un anarchico, era in atto il processo Calabresi-Lotta continua. Dopo l’udienza gli avvocati difensori di Lc. ci raggiungevano a teatro e ci raccontavano quello che era emerso durante il dibattimento che veniva immediatamente inserito nello spettacolo.
 
Non sarà che il film vuole collocare la vicenda nel passato una volta per tutte?
Siamo certi siano passati quei momenti? Tira una brutta aria in questo Paese.
Ma cosa possono capire i giovani disinformati come sono, se non si dà una corretta realtà del passato? Non c’è la visione reale di quello che si stava vivendo… mancano le lotte operaie e studentesche… le cariche della polizia, le manganellate, gli arresti… e possiamo dirlo, in questura si sentivano le urla degli interrogati. C’è chi le ha pure registrate.
 
In qualche modo si continua a parlare in modo ambiguo di Valpreda, «ballerino e violento» la sua criminalizzazione non è certo sospesa, né quella degli anarchici in genere
Ho molti amici anarchici, qualcuno forse esaltato, (ma gli esaltati credo si trovino ovunque) ma generosi e onesti come pochi. Conoscevo Pietro da prima della strage di cui fu accusato. L’ho seguito durante la sua pesante carcerazione. Conservo tutte le sue lettere. Si è fatto tre mesi in isolamento con la luce sempre accesa… non appena si appisolava lo andavano a svegliare. Proibito dormire, capito? Durante quei tre mesi non ha visto altro che le guardie carcerarie. Nessun avvocato, nessun parente. E quando dico nessuno voglio dire proprio *nessuno*.
Un’esperienza che non vorrei vivere.
E dopo 1110 giorni di carcere viene scarcerato il 29 dicembre grazie alle numerose manifestazioni popolari organizzate dal movimento per la sua libertà, Dario ed io siamo andati a salutarlo. Grande commozione.
Posso dire che il film c’entra poco con quello che è realmente successo in quel periodo difficile per tutti. Nel suo caseggiato c’erano poliziotti all’ingresso e ad ogni piano, che chiedevano i documenti a chi entrava. Sua zia Rachele che per lui era come una madre, quando è stato rilasciato, lo lasciava uscire solo con me. Di fianco a Valpreda la vita non era facile. I fascisti volevano farlo fuori. Si era quindi accompagnati dalla polizia. Noi per nostro conto, loro in macchina. Dovevo comunque comunicare al Questore i nostri movimenti.
Se si andava a vedere un film, due poliziotti si sedevano dietro, due davanti e due di lato. Per l’ultimo dell’anno avevamo uno spettacolo a Bologna. Penso che sia ora che Valpreda Pietro passi un momento tra i compagni, decidiamo quindi con Dario e Jacopo di portarlo con noi. Avverto la questura dello spostamento. Si parte in macchina, come sempre seguiti dall’autovettura della polizia. Causa la neve e le strade gelate, perdiamo la scorta perché è finita fuori strada.
Ora al ricordo, sorrido… ma allora la tensione era molta. Contatto con il telefono della mia macchina, la questura di Milano comunicando l’incidente. “Troverà il questore di Bologna ad aspettarvi al casello dell’autostrada.” Mi si risponde. Tiro un gran sospiro. Così è stato.
Raggiungiamo il locale dove si doveva tenere lo spettacolo. Un mare di gente. Pietro emozionato oltre misura. Si può capire. Pure tutti noi avevamo il magone in gola.
A mezzanotte al momento del brindisi qualcuno ha iniziato a fischiettare “bandiera rossa” seguito da tante altre voci… che bellezza! Che respiro… poi lentamente ci si zittisce… scende un gran silenzio… siamo tutti sospesi… e nel silenzio ci sono i singhiozzi di Pietro che assapora il piacere dell’amicizia, della fratellanza, della libertà.
 
fonte: il Manifesto
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[VIDEO] Franca Rame, riforma del lavoro e le mutande di Mario Monti

Scritto da Francesco Menichella
 
La satira mette a nudo il potere e chi governa oggi non fa eccezione. Franca Rame non si limita a ricordare la regola base della satira ma la applica a Mario Monti. Una tv senza antenna raccoglie la preziosa lezione fornita ai microfoni di Laura Pacelli e la ripropone integralmente, come da richiesta della stessa artista moglie di Dario Fo.
La satira nasce dal dramma. Usa sarcasmo, comicità, sorrisi e la sua amara sensibilità. L’intelligenza e l’istinto danzano pericolosamente sulla terrazza del potere e intanto sbirciano nella toilette del re e nei gabinetti dei presidenti. Il satiro è un buonista sorridente, bisognoso di etica, ma cattivo e sferzante sotto la sua maschera. I tempi migliori sono quelli in cui i satiri fanno più paura dei politici. I peggiori quando vengono censurati, oscurati o dichiarati non televisivi.
 
I fan di Mario Monti hanno bisogno della satira che ne saggia la consistenza e lo mette in mutande. Franca Rame satireggia sull’apparenza mite e moderata del nuovo presidente del consiglio svelandolo come perfetto prototipo dell’uomo di parte: la destra.
 
L’istinto satirico sferza l’indulgenza della politica verso i potenti, la fermezza verso i più deboli, l’ipocrisia delle mani strette ai dittatori delle finte democrazie asiatiche. Gli inchini al denaro e le beffe ai lavoratori scatenano la satira.
 
Franca Rame è esplicita ed esterna ogni dubbio sull’attuale premier, ambasciatore di mercato prima che di democrazia. Una chiave di lettura e non certo una verità, una percezione e non una dimostrazione. L’unica pretesa della satira è esistere.
 
maschera teatro
 
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[STAMPA] Appello contro gli sgomberi dei campi nomadi: raccolte 1200 firme


Le Nazioni Unite richiamano l'Italia per gli sgomberi delle comunità rom. Anche il Premio Nobel Dario Fo, insieme a numerosi intellettuali, firma l'appello lanciato dall'Associazione 21 luglio contro gli sgomberi a Roma

nomadi

Domenica 4 marzo 2012 l'Associazione 21 luglio ha lanciato l'appello nazionale "Il diritto all'alloggio non si sgombera" per chiedere la sospensione immediata di ogni sgombero che interessa le comunità rom e sinte a Roma.
 
Il 15 marzo 2012 le Nazioni Unite hanno reso pubbliche le osservazioni rivolte alle autorità italiane, in cui si deplorano «gli sgomberi mirati delle comunità rom e sinte che hanno avuto luogo dal 2008 nel contesto del Decreto Emergenza Nomadi e rileva con preoccupazione la mancanza di adozione di misure correttive, nonostante la sentenza del Consiglio di Stato abbia annullato nel novembre 2011 il Decreto Emergenza Nomadi». Lo stesso Comitato invita l'Italia "ad adottare le misure necessarie per evitare gli sgomberi forzati e a fornire a queste comunità un alloggio alternativo adeguato".
 
Nel primi 15 giorni della campagna "Il diritto all'alloggio non si sgombera" sono state circa 1200 le firme raccolte ; tra i firmatari Dario Fo, Franca Rame, Margherita Hack e Ascanio Celestini.
 
Scrivono dall'associazione 21 luglio: "Ogni anno nella città di Roma centinaia di bambini rom sono sgomberati con le loro famiglie dagli insediamenti informali della Capitale senza che sia loro offerta una soluzione alternativa adeguata, dimenticando che, secondo le norme e le convenzioni internazionali, gli sgomberi forzati rappresentano una violazione del diritto a un alloggio adeguato. Sono stati 427 gli sgomberi forzati senza alternativa realizzati dal Comune di Roma negli ultimi 2 anni e il più delle volte ogni singola procedura di garanzia del diritto individuale è stata ignorata.
Il 16 novembre 2011 il Consiglio di Stato (sentenza n. 6050) ha dichiarato l'illegittimità del Decreto Emergenza Nomadi e conseguentemente di tutti gli atti commissariali derivati; nel gennaio 2012, l'Associazione 21 luglio e il Centro Europeo per i Diritti dei Rom, hanno presentato al Comitato per l'Eliminazione della Discriminazione Razziale delle Nazioni Unite (CERD), un rapporto congiunto nel quale veniva segnalato come le autorità italiane nazionali e locali abbiano «sistematicamente violato il diritto all'alloggio nelle procedure di sgombero che hanno coinvolto le famiglie rom
".
 
fonte: romatoday.it
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[STAMPA] Lettera aperta a Pier Luigi Bersani

Chi scrive è un ex operaio della ThyssenKrupp, l’acciaieria torinese dove nel dicembre 2007 sono morti 7 amici e colleghi, sacrificati in nome del profitto.
Il motivo che mi ha mosso a scrivere questa lettera è conseguente alle sue dichiarazioni rivolte al segretario del Pdl Alfano: “Scopre l’occupazione per non parlare di tv e corruzione”. Il punto, a mio avviso, non è questionare su cosa farebbero Pdl e Lega a riguardo (questo già lo sappiamo e lo abbiamo sperimentato in anni di governo di centro-destra: assolutamente nulla di positivo per i cittadini!). Credo che la questione sia un’altra: cosa il Partito Democratico ha fatto e intende fare per la questione lavoro, ma non solo!
 
Il Partito Democratico porta avanti, sulla tematica del lavoro, scelte assai discutibili. Prima fra tutte l’appoggio incondizionato al “mirabolante” piano di rilancio della Fiat sbandierato da Marchionne, che fa carta straccia dei diritti dei lavoratori, conquistati in anni di lotte, che finora ha prodotto solo danni incalcolabili al tessuto socio-economico di Torino e dintorni: nessuna reale rassicurazione sul mantenimento degli impegni e degli investimenti in Italia, allontanamento della Fiom-CGIL dalla rappresentanza sindacale all’interno degli stabilimenti del gruppo (nonostante nella maggioranza di essi rappresentino oltre il 30% dei lavoratori) e un vergognoso abbassamento generalizzato dei diritti di tutti i lavoratori attraverso l’aumento dei ritmi di lavoro e la diminuzione della pause di riposo. Il tutto a scapito della sicurezza, favorendo quelle condizioni di precarietà e insicurezza che hanno generato una tragedia assurda (perchè evitabile) come quella causata alla ThyssenKrupp. E questo mentre già la politica di liberalizzazioni e deregulation attuata dal governo promette ricadute pesantissime sui controlli sulla sicurezza – attraverso il varo del decreto legge 5/2012 Art. 14: nei luoghi di lavoro verranno sostituiti da semplici autocertificazioni rilasciate da soggetti privati. Basta pagare e tutto è in regola, finché non ci scappa il morto. Come accaduto alla ThyssenKrupp. Mi chiedo se il Partito Democratico ha più a cuore i profitti di Marchionne e Co. o il diritto dei lavoratori ad un lavoro sicuro e dignitoso? E dove sono i posti di lavoro promessi dal piano Marchionne? Per ora nemmeno l’ombra. Si è vista solo cassa integrazione, sfiducia, rassegnazione, tensione sociale e grandi preoccupazioni per il futuro.
 
Se il Partito Democratico vuole davvero essere vicino ai lavoratori la mancata partecipazione della dirigenza (e il diktat di divieto di partecipazione imposto ai propri esponenti, prontamente violato da F. Colombo ed altri, oltre che da migliaia di iscritti al Partito) allo Sciopero Nazionale indetto dalla Fiom-Cgil il 9 marzo – motivato dal fatto che tra gli oratori era previsto l’intervento di S. Plano, Presidente della Comunità Montana Valle Susa e Val Sangone, esponente No Tav e iscritto PD – francamente ritengo sia una importantissima “occasione persa” per confrontarsi con chi subisce sulla propria pelle gli effetti più nefasti della crisi ed ascoltare le loro istanze: questa è la Democrazia.
 
Il consiglio rivolto alla Fiom-Cgil di non occuparsi di politica perchè “esula dalle piste sindacali” è quanto mai grottesco: mai come ora le scelte del governo “tecnico” espressione delle banche e dei gruppi finanziari – che prevedono tagli all’occupazione, all’istruzione, alla sanità, alle pensioni, ecc. – hanno ricadute sul ruolo che il sindacato stesso ha nella lotta politica per difendere i diritti dei lavoratori (rappresentanza sindacale, Ccnl e Art. 18 in primis). La Fiom-Cgil viene criminalizzata, allontanata dai luoghi di lavoro e il Suo unico consiglio è quello di mettersi da parte e non occuparsi di aspetti che, secondo Lei, non sono sindacali? La Fiom-Cgil, difendendo i lavoratori dai continui attacchi al lavoro, ai diritti e alla democrazie prende le difese di tutti i cittadini. La lotta sindacale è quindi, e non può che essere tale, uno degli aspetti della lotta politica per difendere la democrazia. E il Gruppo Dirigente del Partito Democratico dovrebbe schierarsi al fianco di questa lotta e dei lavoratori. Abbandonare il dialogo e tacciare la Fiom-CGIL di confondere Lavoro e No Tav pare più un comodo pretesto per mescolare le carte in tavola e non affrontare i problemi reali che la società e il mondo del lavoro chiedono con sempre maggiore forza.
 
Scindere la questione lavoro da quella No Tav significa commettere un errore di valutazione di enorme portata: Tav, questione lavoro e difesa dei diritti si intrecciano strettamente. La Tav infatti non è, come si vuol far credere, solo una questione di ordine pubblico, ma prima di tutto una questione di democrazia. In ballo vi sono interessi che vanno oltre il concetto di utilità di un’opera pubblica e delle sue ricadute economiche e occupazionali. Qui vengono costantemente messi in discussone diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione: il diritto al dissenso, la salvaguardia del territorio che, nel caso di molti agricoltori della Valle, rappresenta anche la salvaguardia del proprio lavoro e della propria dignità, la democrazia partecipata, la libertà di stampa, il concetto di legalità. Tutti diritti che il Partito Democratico ha il dovere morale e la responsabilità, di fronte ai propri elettori e di fronte ai cittadini di questo Paese, di difendere.
 
La Tav è un’opera inutile e costosa, come riconosciuto anche da 360 tra docenti universitari e professionisti: toglie infatti enormi e quanto mai preziose risorse che andrebbero invece destinate a creare “seriamente” posti di lavoro: bonificando l’ambiente (invece che comprometterlo ulteriormente), potenziando il trasporto pubblico (a favore dei cittadini) modernizzando la rete ferroviaria esistente, valorizzando le vocazioni produttive locali compatibili con il rispetto delle persone e dell’ambiente, promuovendo la cultura e valorizzando il nostro patrimonio artistico a prezzi accessibili a tutti.
 
Ma l’aspetto più inquietante del progetto Tav, al di là delle valutazioni sulla sua utilità (tutt’altro che dimostrata) o meno, sono le misure messe in campo dallo Stato per la sua realizzazione, che chiede ai valsusini il rispetto della legalità che poi ogni giorno è pronta a violare attraverso la militarizzazione dell’area definita come “strategica”, espropri fatti senza la presenza dei proprietari, il divieto ai mezzi di informazione di accedere ad alcune zone (in aperta violazione con l’Art. 21 della Costituzione, che vieta qualsiasi restrizione ai mezzi di informazione), l’uso illegale di lacrimogeni vietati dalle convenzioni (Cs) e lanciati a migliaia sui manifestanti, intimidazioni, arresti, misure di confino (anche qui il parallelismo con il confino fascista è immediato), rastrellamenti e vere e proprie operazioni di “caccia all’uomo” in stile nazista per scovare pericolosi “criminali”. Ma non li troveranno certo in Val di Susa: essi siedono sugli scranni della politica, alla guida delle banche, degli istituti finanziari, delle agenzie di rating, delle lobby e dei gruppi di potere che si stanno spartendo in una feroce guerra di bande (in cui a fare le spese dello scontro sono cittadini, lavoratori, donne, giovani, pensionati e immigrati) le ultime risorse (umane, economiche e materiali) rimaste sul piatto derivate dal crollo del sistema capitalistico e dalla finanziarizzazione dell’economia.
 
Un braccio di forza tra Stato e Popolazione che rappresenta ormai un vero e proprio banco di prova nel tentativo di introdurre misure repressive autoritarie e antidemocratiche (da estendere poi la resto del Paese) in perfetto stile fascista, utilizzate contro la popolazione valsusina. Anche in questo caso il Partito Democratico, che si richiama ai valori dell’Antifascismo, della Resistenza e dei principi democratici, dovrebbe sostenere la Valle di Susa e la lotta che questa popolazione affronta ogni giorno con dignità ma anche con grande determinazione. Fortunatamente all’interno del Partito Democratico moltissimi sono coloro che sostengono il Movimento No Tav, il più avanzato esempio di mobilitazione popolare “dal basso” a difesa della Costituzione, dei Diritti e del Territorio esistente oggi in Italia. Così come anche all’interno delle Forze dell’Ordine si intravedono gli “embrioni” di una “crepa morale” che induce (giustamente) molti Poliziotti, Carabinieri e Finanzieri, a interrogarsi su che senso abbia rischiare la propria incolumità personale per uno stipendio da fame (che non è certo quello del Capo della Polizia A. Manganelli o di quello della GdF in pensione, Nino di Paolo, che guadagnano rispettivamente 621 mila e 320 mila euro l’anno a testa, mentre a Taranto, pochi giorni fa, un imprenditore si è dato fuoco per il rifiuto, da parte della banca, di un fido di 1300 euro) a difesa di un governo che colpisce, attraverso la scure dei tagli, anche Loro e le Loro Famiglie tanto che alcuni di loro, come M. Cudicio, agente di Polizia in servizio alla Questura di Trieste e fondatore del Movimento Poliziotti, nella veste di tutore dell’ordine e Sindacalista del Consap ha scritto su Facebook una lettera indirizzata ai manifestanti No Tav per spiegare i “malesseri” che molti di loro vivono nella quotidiana “missione” di occupazione militare della Valle. Questo è sicuramente un fatto positivo.
 
Al di là delle reali motivazioni che lo hanno indotto a scrivere e del resto fatti di “disobbedienza civile” e “prese di distanza” di poliziotti sono già successe. Come quella di Francesco Paolo Oreste, poliziotto e consigliere comunale (tra l’altro del Partito Democratico) di Boscoreale, che ha preso le distanze dopo aver partecipato alle violenti cariche contro la popolazione di Terzigno (Na) antidiscarica, definendole “inenarrabile” e firmando un appello alla vigilanza democratica. Per questo motivo è stato segnalato ai Questori di Roma e Napoli. La migliore dimostrazione che dietro la divisa c’è un uomo con un cervello e dei sentimenti e che rifiutare gli ordini, specie se ingiusti come quelli di malmenare e gasare la popolazione, si può! Gli Agenti di Polizia, Carabinieri, GdF, ecc. sono dipendenti dello Stato che noi cittadini paghiamo perché ci vengano garantiti sicurezza e protezione, difesa della salute e del territorio, non certo per difendere gli interessi di mafiosi, speculatori e opportunisti che vogliono la Tav. Penso che loro almeno dopo il turno di servizio vanno a “casa”, i valsusini invece sono costretti a vivere questa continua tensione 24 ore su 24 da più di 15 anni. Ma a nessuno pare interessare cosa provino queste persone. Di certo non interessa al Governo. E al Partito Democratico?
 
Una Valle che malgrado lacrimogeni, arresti, perquisizioni, intimidazioni e misure repressive di ogni genere resiste ed esporta il suo modello di lotta altrove e che il Governo, con la sua sconsiderata e criminale azione repressiva, tenta in qualche misura di arginare. Ma ormai è troppo tardi e la solidarietà che il Movimento raccoglie ovunque quotidianamente è indice della giustezza della sua lotta. Bisognerebbe chiedersi semmai perchè in Val di Susa ci sono così  tante persone disposte a mettere a repentaglio la propria vita (come Luca Abbà) per difendere la propria terra.
 
Anziché interrogarvi sui demeriti altrui pensate a cosa il Partito Democratico può fare adesso per cercare di portare il Paese fuori dalla crisi. I Vostri interlocutori non dovrebbero essere gli Alfano, i Marchionne, i Monti, i Marcegaglia o i Draghi ma i milioni di lavoratori e lavoratrici (molti dei quali iscritti al Partito Democratico) che combattono la sempre più difficile battaglia quotidiana per sopravvivere agli effetti della crisi. Gli impegni del Partito Democratico non dovrebbero essere il rispetto dei patti di stabilità per garantire i rientri, tagliando i servizi ai cittadini, dei crediti alle banche e ai gruppi finanziari ma politiche sociali a sostegno del lavoro sicuro e dignitoso per tutti. Per il Partito Democratico vengono prima gli interessi delle banche e degli speculatori o i diritti dei lavoratori e dei cittadini? Come si può pensare di chiedere alla Fiom-CGIL di escludere i No Tav dal presenziare ad una manifestazione, in barba a qualunque principio di garanzia ad esprimere le proprie opinioni perchè “esula dalle piste sindacali” o ai valsusini di farsi da parte mentre si distrugge il loro territorio e viene calpestata la loro dignità di cittadini? Non potete arrogarvi il diritto di scegliere per il futuro degli altri, nascondendovi dietro le imposizioni dettate dall’Europa delle banche e della finanza e da scelte di carattere puramente economico.
 
Mentre scrivo apprendo con rabbia che giovedì a Torino un muratore padre di tre figli, si è tolto la vita dandosi fuoco in un parco, colpito dalla depressione dopo essere stato licenziato. Come lavoratore e come cittadino provo grande rabbia e indignazione leggendo simili notizie. E il fenomeno è in preoccupante aumento e porta alcuni a compiere gesti estremi, ignorati dalle Istituzioni. Non possiamo e non dobbiamo permettere che nel nostro Paese si verifichino episodi di barbarie sociale come quelli legati al caso France Telecom: ristrutturazione seguita da 25 suicidi tra i lavoratori, rivelatori della drammatica realtà che investe una parte del mondo del lavoro e al quale non servono ruspe, elicotteri, poliziotti in assetto anti-sommossa, lacrimogeni,  impiegati nella realizzazione di un’opera faraonica dal costo esorbitante e realizzata (?) chissà quando in vista di chissà quali scenari economici.
 
Il Partito Democratico, a mio avviso, anziché impiegare energia per attaccare e denigrare il Movimento No Tav, la popolazione valsusina (e quanti, in tutto il Paese sostengono la loro lotta) dovrebbe adottare misure concrete sul mercato del lavoro che abbiano come risultati concreti e immediati il rilancio dell’occupazione e della dignità del lavoro. Tutto il resto è fumo negli occhi e non serve certo a tutelare gli interessi dei lavoratori e dei cittadini.
 
Ciò che serve al Paese per uscire dalla crisi non è la Tav (su cui, secondo una recente inchiesta dei Carabinieri, già si allungano i voraci tentacoli delle cosche mafiose) ma il rilancio del lavoro, sicuro e dignitoso per tutti attraverso: diritto all’istruzione in scuole più sicure per i nostri figli, abolizione del precariato e stabilizzazione dei contratti, sanità pubblica accessibile a tutti, diritto di cittadinanza e di reddito, potenziamento del trasporto pubblico (in nessuna città italiana metro e bus viaggiano oltre l’una e se è vero che nelle fasce notturne c’è meno movimento ciò non è dovuto forse al fatto che manca il trasporto pubblico?), valorizzazione del patrimonio artistico (aperture prolungate dei musei esistenti, spesso chiusi per mancanza di personale) e culturale spesso lasciati all’incuria (Pompei docet), salvaguardia dell’ambiente attraverso bonifiche del territorio da scorie industriali a carico non dei cittadini ma di chi le ha create (Eternit), nazionalizzazioni di imprese e riconversioni produttive (come ha detto G. Cremaschi a proposito della Fiat, le cui casse sono state lautamente e periodicamente capitalizzate con il denaro dei cittadini), recupero di enormi risorse finanziarie attraverso la tassazione del patrimonio immobiliare del Vaticano (proprietario del 30% del patrimonio immobiliare italiano) come già avviene in tutti i Paesi europei, sforamento dei Patti di stabilità (con buona pace di speculatori e affaristi) per garantire servizi ai cittadini, promuovere ricerca, innovazione e sperimentazione scientifica. Questo è il treno a cui dobbiamo “agganciarci”, quello che passa attraverso stazioni chiamate Dignità del Lavoro, Istruzione, Sanità, Diritti, Democrazia, Legalità. Per tutti.
 
Alla soglia dei quaranta anni, come altre centinaia di migliaia di persone, mi ritrovo senza lavoro e senza prospettive sicure per il mio futuro. Poiché non mi sento affatto un “esubero” ma ho aspirazioni, sogni e competenze che, come i miei ex colleghi con me in mobilità (fino a settembre), vorrei mettere al servizio della mia città, abbiamo deciso, alcuni giorni fa, di scrivere una lettera rivolta al Sindaco di Torino Piero Fassino – figura tra le più autorevoli all’interno del Partito Democratico – e a tutti gli esponenti delle Istituzioni e del mondo del lavoro a livello locale per avere un incontro e parlare del lavoro “certo e sicuro” che la Sua Amministrazione si è impegnata a trovare a noi tutti nell’ambito del progetto Gran Torino “capitale del lavoro” evocata in campagna elettorale. Sono passati otto mesi dall’incontro precedente e vogliamo sperare che tutto questo tempo non sia passato invano ma sia servito per mettere in campo prospettive certe alle nostre preoccupazioni.
 
Una politica del mercato del lavoro basata sull’equità sociale che elabori soluzioni concrete al disagio sociale e dia prospettive certe e immediate di lavoro, sicuro e dignitoso per tutti: questo è quello che dovrebbe impegnare realmente, anima e corpo, un Partito che si definisce Democratico e al fianco di lavoratori e cittadini!
 
Nei dissensi civili, quando i buoni valgono più dei molti, i cittadini si devono pesare, non contare
Cicerone
 
Torino, 12 marzo 2012
 
Mirko Pusceddu, ex lavoratore ThyssenKrupp Torino
 
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Incontri al Senato...

Franca ricorda i suoi primi giorni al Senato e un incontro in particolare...
 
E’ ora di rientrare in Aula. Mi siedo accanto a Furio Colombo. Parliamo del più e del meno, quando Furio mi sussurra: “Guarda, sta entrando Dell’Utri…” Lo sbircio appena e poi gli soffio: “Lo sai che quello ci ha querelato per il fatto che nello spettacolo ‘L’Anomalo Bicefalo’ facevamo un apprezzamento su di lui, ricordando che è un grande collezionista di libri antichi e aggiungevamo: ‘Ne ha una caterva e di preziosissimi! Quando sono sporchi li ricicla…”
Fuorio scoppia a ridere e poi subito: “Zitta, zitta che sta venendo verso di te…”
“Chi?”
“Dell’Utri…”
“Oh… parli del diavolo e spuntano le corna…” faccio io. Infatti me lo trovo davanti… con calma mi prende la mano e me la bacia, sussurrandomi: “Sa chi sono io?”
“Ma certo… Lei è sempre nei miei pensieri… caro Onorevole…” calco appena il tono su “Onorevole”. Poi, chinandosi verso il mio orecchio: “Non si preoccupi per quel milione di euro di danni che ho chiesto per diffamazione…”
“Grazie onorevole… ma non siamo affatto preoccupati… la sua querela non andrà mai in porto… il processo non si farà mai. Lei è stato condannato a 9 anni per concorso in associazione mafiosa… A meno che… col tempo non cada in prescrizione…”
Sorridendo m’informa: “Senatrice, ho molti avvocati…”
“Giusto! Ne ha proprio bisogno… tanti auguri!” e mi lascia con un sorriso.
Inizia la seduta. Ascolto, prendo appunti. Ho le antenne tutte tese. Mi sento al ginnasio… ci metterò un bel po’ ad arrivare al liceo. Passerò gli esami? Pausa pranzo. Scendo al ristorante, cerco tra i tanti ospiti un viso amico. Qualcuno che conosco c’è, ma il mio imbarazzo congenito m’impedisce di avvicinarmi e dire: “Posso sedermi e pranzare con te...” e magio da sola. Come quasi sempre.
 
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[STAMPA] Franca Rame: Questo 8 marzo

franca rameFranca Rame considera l'8 marzo un giorno speciale, di lotta e di riflessione. L’abbiamo intervistata per chiederle come viva questo giorno in un paese al 74esimo posto per il divario di opportunità tra uomini e donne. Il suo appello: «Continuiamo a dialogare con le giovani donne per non lasciarle sole. Una speranza ancora c’è».
 
Dopo anni in prima linea per il rispetto dei diritti delle donne come vede oggi la nostra situazione?
«La mia considerazione, purtroppo – ci risponde Franca Rame –  non è positiva, anzi è totalmente negativa. Dopo tutte le battaglie che abbiamo fatto, avevamo raggiunto qualche risultato sulla parità tra i sessi. Ma ora tutto sembra essersi perso. Le donne sono le più penalizzate in ogni campo e tutto quello che abbiamo ottenuto con lacrime e sangue è sparito, sciolto nelle leggi di questa Italia».
 
Cosa intende con leggi di questa Italia?
«Che se resti incinta, per esempio, perdi il posto di lavoro e le leggi lo permettono: la legge sul divieto delle dimissioni in bianco è stata cancellata. La crisi chiude le fabbriche e le prime licenziate sono le donne. Se vado a fare la spesa sono assalita dall’angoscia perché i supermercati sono pieni di donne anziane che guardano i prezzi e fanno i conti con i centesimi per poter fare la spesa. Questo governo mi aveva dato grandi speranze, ma ha penalizzato i pensionati e le fasce più deboli. Non so più che pensare».
 
Molti dicono sia colpa dei privilegi della casta...
«Quando ero senatrice prendevo quindicimila euro al mese. Una cifra enorme. Al mio tempo si lavorava sette ore la settimana, il mercoledì, ed eravamo in pochi a essere presenti. Inoltre, avevamo ben cinquemila euro per pagare gli assistenti, ma io ero l’unica ad avere un collaboratore messo in regola. Che dire quindi? Abbiamo politici che delinquono senza problemi e lo fanno da decenni. Se non si arrestano questi privilegi si rischia di andare alla deriva come la Grecia. Tutto questo si ripercuote su donne, bambini e anziani per primi».
 
Ma rispetto agli anni Settanta, la donna le sembra più libera, se non economicamente, almeno sessualmente?
«Di quale libertà sessuale parliamo? Di quella della Tv di Berlusconi? Quella si chiama prostituzione, la vera libertà sessuale è una cosa interiore. Ancora oggi una ragazza se rimane incinta ha problemi con la famiglia; l’aborto resta un problema e non se ne parla. Serve una vera educazione sessuale nelle scuole, ma non ci sono fondi. Ho tre figli e ho fatto abbastanza esperienza. Ancora oggi è difficile, come ieri, parlare di sesso con le ragazzine e informarle».
 
Cosa direbbe a una giovane donna in questo 8 marzo 2012?
«Oggi, alla mia età, posso dire che sto cercando di terminare le cose della mia vita lasciate in sospeso, come una biografia che sto scrivendo – diciamo – per non lasciare niente al vuoto. Ma quello che vorrei continuare a dire alle donne, anche dopo la mia morte, è di non perdere mai il rispetto di se stesse, di avere dignità. Sempre. Ripensando alla mia vita non ho mai permesso che mi si mancasse di rispetto».
 
Oggi però sembra che sia lo Stato per primo a non rispettarci...
«L’altro giorno alla trasmissione di Santoro ho sentito la storia di una madre che non aveva i soldi per pagare la retta del figlio e l’ho cercata per darle un aiuto. Ma non è certo questa la soluzione dei problemi. Il rispetto nasce da noi, ma deve anche esserci riconosciuto. Spesso penso alle persone che ho conosciuto nella mia vita e alle donne che ho incontrato in tanti anni. Credo che il momento sia molto brutto oggi, e non solo per noi donne. Noi donne anziane, però, abbiamo una missione: continuare a dialogare con le giovani per non lasciarle sole. Una speranza ancora c’è».
 
fonte: libereta.it
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[STAMPA] “CARI EX COLLEGHI SENATORI, BASTA CON LA QUESTUA”


Gli ex onorevoli chiedono sostegno per difendere i privilegi
 
Cari ex senatori, in quanto ex senatrice (dimissionaria prima della fine dell'unica legislatura da me sostenuta), ho ricevuto una circolare (qui sotto) inviatami dalla vostra Associazione che mi ha lasciato basita. In detta circolare sono contenute inesattezze (per usare un eufemismo) davvero imbarazzanti.
 
Voi parlate di una “insidiosa” (perché insidiosa? direi giusta) campagna mediatica sui “costi impropri della politica” a proposito delle vostre condizioni di parlamentari cessati dal mandato e dei “presunti privilegi” che, per quanto vi riguarda, sarebbero “inesistenti”.
 
Avete un gran senso dell'umorismo a definire i vostri privilegi “presunti” e “inesistenti”! Agli occhi di tutti gli italiani, anche di quelli stupidi, i vostri privilegi sono reali, non presunti: esistono eccome! A botte di vitalizi da 3.000, 5.000, 7.000 euro mensili (rispettivamente dopo una, due o tre legislature) che, trattandosi appunto di vitalizi, sono a vita!
 
Ma state ragionando con la testa o con un’altra parte del corpo lontana dal cervello? Il vostro programma prevede incontri di approfondimento sulla legge elettorale, sul Mezzogiorno, ma anche “sul debito pubblico” e “sulla corruzione”. È encomiabile che vi preoccupiate del debito pubblico che avete contribuito alla grande a far diventare smisurato (siamo vicini ai 2 mila miliardi di euro). Scopro poi che avete pure una sede in Parlamento: pagate l'affitto?
 
La vostra lettera si chiude con una questua da accattoni: cioè con la richiesta ai “soci” (socia a me? Ma soci sarete voi!) di un contributo di 15 euro mensili. Seguono le firme degli ex onorevoli o senatori Antonello Falomi (4 legislature, se non erro 9.000 euro al mese di vitalizio); Gerardo Bianco (7 legislature, è invecchiato lì, non oso immaginare il vitalizio al mese); Maurizio Eufemi (2 legislature, credo 5.000 euro); e Renzo Patria (una sola legislatura, appena 3.000 euro, poveretto).
Che cos'è, uno scherzo?
 
Franca Rame
 
La lettera dell'associazione...
 
No alla furia anti-casta
Caro/cara Collega,
in questo anno una insidiosa campagna mediatica ha attaccato, con il pretesto dei costi impropri della politica, le nostre condizioni di parlamentari cessati dal mandato. Noi abbiamo difeso l’istituzione parlamentare e chiarito il valore politico e democratico anche dei trattamenti economici, gettando luce sui dati reali e contrastando anche certi luoghi comuni su presunti privilegi che per quanto ci riguarda sono inesistenti. Il Convegno sui costi della politica ha avuto un buon risultato e crediamo che abbia contribuito a creare anche un clima diverso da quello della “caccia alle streghe”. Quest’azione di contrasto all’anti-politica e al populismo che indeboliscono il sistema parlamentare e democratico richiede un nostro costante impegno anche sui temi politici più scottanti in agenda sui quali non possiamo tacere. Il nostro programma prevede incontri di approfondimento sulla legge elettorale il 29 febbraio p.v., su Mezzogiorno, sul debito pubblico, sulla corruzione. Altri argomenti sono in cantiere per il prossimo semestre. Il carico economico di questa attività grava totalmente sui nostri iscritti e le risorse restano limitate. Se vogliamo far sentire più forte la nostra voce abbiamo bisogno di ulteriori sostegni. La tua adesione all’Associazione con il modesto contributo di 15 euro mensili, oltre che a rendere più autorevole con la tua partecipazione la rappresentatività dell’Associazione, aiuterebbe anche in modo più adeguato ad affrontare la spesa crescente. Ecco ancora una volta che ti preghiamo caldamente di aderire al nostro sodalizio per una più forte ed incisiva azione per il futuro dell’Italia. Fiduciosi nella risposta positiva, cogliamo l’occasione per inviarti il più cordiale saluto.
Il Presidente Gerardo Bianco
Il Vicepresidente Vicario Renzo Bianco
Il Segretario Antonello Falomi
Il Tesoriere Maurizio Eufemi.  
 
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[STAMPA] Ex senatori chiedono la carità Franca Rame li sputtana

Gli ex onorevoli chiedono sostegno per le loro attività e per difendere i privilegi. La pungente replica della moglie di Dario Fo leggi tutto

 

franca rame
 
"Ma state ragionando con la testa o con un'altra parte del corpo lontana dal cervello?". Una frase semplice, diretta ed efficace rivolta dall'ex senatrice Franca Rame agli ex senatori. Il punto è che la moglie di Dario Fo ha ricevuto una lettera dell'associazione degli ex componenti di Palazzo Madama, una lettera che, spiega la Rame, "si chiude con una questua da accattoni: cioè con la richiesta ai 'socio' (socia a me? Ma soci sarete voi) di un contributo di 15 euro mensili" per finanziare il loro programma di incontri ("il carico economico di questa attività grava totalmente sui nostri iscritti e le risorse restano limitate", spiegano nella lettera). La denuncia della Rame è stata ospitata dalle pagine de Il Fatto Quotidiano, dove fa capolino anche la versione integrale della missiva firmata dal presidente dell'associazione, Gerardo Bianco, dal vicepresidente vicario Renzo Bianco, dal segretario Antonello Falomi e dal tesoriere Maurizio Eufemi.
 
"Privilegi reali" - Come ricorda la Rame, Falomi, con 4 legislature alle spalle, "se non erro" ha maturato un vitalizio da 9mila euro al mese; di Gerardo Bianco, 7 legislature, "non oso immaginare il vitalizio al mese"; Maurizio Eufemi, 2 legislature, "credo 5mila euro"; Renzo Patria, "una sola legilsatura, appena 3mila euro, poveretto". Ma nella lettera i componenti dell'associazione si scagliano contro "una insidiosa campagna mediatica sui costi impropri della politica" e definiscono i loro privilegi in quanto ex senatori "presunti" e "inesistenti". Dura la risposta della Rame, che conoscendo il mondo della politica dall'interno replica pungente: "Avete un gran senso dell'umorismo a definire i vostri privilegi presunti e inesistenti. (...) I vostri privilegi sono reali, non presunti: esistono eccome! A botte di vitalizi da 3mila, 5mila e 7mila euro mensili".
 
07/03/2012
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[STAMPA] Una giornata europea per ricordare i Giusti del mondo

Proposta L' iniziativa dell' associazione Gariwo di Gabriele Nissim ha raccolto l' adesione di cento parlamentari Ue e il sostegno di Fo, Rame e Veronesi


Una giornata europea per ricordare i Giusti del mondo


La memoria Dedicare il 6 marzo a chi si è opposto ai totalitarismi. L' incontro a Milano al Teatro Parenti
 
 
corriere della sera
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