“Hanno aspettato proprio il momento buono”, commentava una donna del quartiere, guardando in su, verso gli immigrati in equilibrio sui tetti dello stabile di Via Lecco 9 e affacciati al balcone pericolante d’angolo, mentre sotto i poliziotti sfondavano il portone. Hanno aspettato che mettessero nella mangiatoia il bambino, che la gente si sentisse santificata dalla notte di Natale, la pancia piena di cibo e panettoni, per portare a termine il loro colpaccio tranquilli e quasi indisturbati. Carabinieri e guardie di P.S. avevano avuto solo il fastidio di dover spaccare con i grossi tronchesini le catene alle quali si erano legati dei ragazzi. Il portone non s’è spalancato ma si è staccato dai cardini ed è ricaduto verso l’interno, a rischio di schiacciare gli uomini di colore che stavano di là. Poi, con qualche spintone, la forza è entrata, seguita dai rappresentanti dell’Arci, della Caritas e da Don Colmegna. Sono cominciate le trattative. I quotidiani oggi dicono che tutte le soluzioni offerte dal Comune non sono state accettate dagli occupanti e nemmeno quelle proposte dalla Cgil, dalla Cartitas e dall’Arci. Quei cocciuti hanno risposto sempre di no. Ma in che consistevano quelle “ragionevoli” soluzioni d’accomodamento? Il Comune a tutti i 267 rifugiati offriva dei container sistemati in uno scantinato. Io mi trovavo con Franca a qualche metro dal gruppo dei proponitori. Mi scappò, detto a voce alta, che in quelle scatole di ferro ci avrei visto volentieri per qualche notte gli amministratori del Comune. “Sistemare esseri umani in quei bacili è un’idea del tutto crudele”, commentò Don Colmegna. I rifugiati politici rifiutano naturalmente anche la solita sistemazione nei dormitori dove devi sloggiare ogni mattina presto e tornarci al tramonto. E di giorno dove vivi?
Ma gli assessori si dimostrano pieni di risorse e arrivano addirittura a proporre un tendone riscaldato da sistemare in una zona già abitata da numerosi campi nomadi. In questo caso le donne e i bambini sarebbero stati collocati altrove. Oltretutto gli abitanti di quella zona minacciavano di protestare in coro e opporsi a quel nuovo arrivo. A TUTTO QUESTO BEN DI DIO DI PROPOSTE I Rifugiati RISPONDONO: “NO, GRAZIE, PREFERIAMO restare sul marciapiede… in strada.” I poliziotti se ne vanno e con loro i responsabili del Comune: “Risolvano come gli pare, noi il nostro dovere l’abbiamo fatto!” Franca urla: “E così lo spettacolo è finito! Guarda che bel presepe avete combinato! Sta venendo giù perfino la neve. Ci manca giusto l’arrivo di Erode per concludere la festa.” Di lì a poco i disperati, gli scacciati, le coperte e i cappelli degli accampati grondano acqua. Qualcuno si leva in piedi e sbatte le coperte. Alcune donne coi loro bimbi in braccio salgono sul pullman dell’ATM, messo a disposizione come rifugio. Come trascorreranno la notte quegli infelici? Li aspetta una veglia non proprio santa. Si può ben dire che anche qui Gesù s’è fermato, come ad Eboli.